Trasferimento intracomunitario della sede sociale e libertà di stabilimento nella giurisprudenza della Cgue
Sara Buonomo
18 Dicembre 2017
Prendendo spunto dalla recentissima sentenza della Corte di Giustizia, 25 ottobre 2017, il presente contributo intende riprendere il percorso interpretativo della Cgue sul tema del trasferimento di sede sociale all'interno del territorio dell'Unione Europea. Per poterlo fare é però necessario partire dalle fondamenta su cui poggiano tutte le questioni giuridiche legate al trasferimento di sede sociale intracomunitario, ovvero dalla libertà di stabilimento sancita dai Trattati.
Premessa
Il 25 ottobre 2017 la Corte di Giustizia dell'Unione Europea si é pronunciata nuovamente sull'interpretazione degli artt. 49 e 54 TFUE ed in particolare su una questione pregiudiziale sollevata dalla Corte Suprema polacca a seguito del ricorso promosso da una società di diritto polacco, la Polbud – Wykonawstwo sp. z o.o., avverso la decisione di rigetto dell'istanza di cancellazione dal registro delle imprese polacco formulata dalla Polbud – Wykonawstwo sp. z o.o. in seguito al trasferimento della propria sede legale in Lussemburgo.
Ripercorrendo le varie fasi della propria giurisprudenza in tema di trasferimento di sede sociale, la recentissima pronuncia conferma un orientamento ormai consolidato.
Prendendo spunto dalla recentissima sentenza di cui sopra, il presente contributo intende riprendere il percorso interpretativo della Corte di Giustizia sul tema del trasferimento di sede sociale all'interno del territorio dell'Unione Europea. Per poterlo fare é però necessario partire dalle fondamenta su cui poggiano tutte le questioni giuridiche legate al trasferimento di sede sociale intracomunitario, ovvero dalla libertà di stabilimento sancita dai Trattati.
Il trasferimento di sede sociale come corollario della libertà di stabilimento
Per libertà di stabilimento si intende la possibilità per il cittadino di uno Stato Membro di svolgere attività indipendenti e di creare e gestire imprese al fine di esercitare un'attività permanente su base stabile e continuativa, alle stesse condizioni che la legislazione dello Stato membro di stabilimento definisce per i propri cittadini.
Tale libertà, prevista all'art. 49 TFUE per le persone fisiche, é estesa alle società grazie al combinato disposto con l'art. 54 TFUE, il quale sancisce il principio di equivalenza tra persono fisiche e persone giuridiche. In base al principio di equivalenza le società costituite conformemente alla legislazione di uno Stato membro e aventi la sede sociale, l'amministrazione centrale o il centro di attività principale all'interno dell'Unione, sono equiparate, ai fini del diritto di stabilimento, alle persone fisiche aventi la cittadinanza degli Stati membri.
É dunque attraverso la norma-passerella dell'art. 54 TFUE che il legislatore comunitario consente alle società di poter beneficiare della libertà di esercitare un'attività in uno Stato Membro diverso da quello di origine. Libertà che, come chiarisce la Corte di Giustizia, può estrinsecarsi in vari modi ed il trasferimento di sede sociale é solo uno di essi.
Le difficoltà poste dal trasferimento di sede sociale e dalla carenza di armonizzazione da parte del legislatore europeo
É dunque un graduale e delicato lavoro di interpretazione della nozione di libertà di stabilimento quello che la Corte di Giustizia porta avanti allo scopo di definire la propria posizione sul tema del trasferimento della sede sociale.
Graduale, in quanto si tratta di un'elaborazione giurisprudenziale che, nel corso di più di venti anni, si é evoluta ed arrichita lentamente ma con costanza, allo scopo di estendere al massimo la portata del principio della libertà di stabilimento con le sue diverse sfumature.
Delicato, perché il trasferimento intracomunitario di sede sociale pone molteplici difficoltà di natura politica, economica e giuridica. La sua regolamentazione si pone non a caso da decenni come pomo della discordia sui tavoli dei negoziati europei aventi ad oggetto la riforma del diritto societario dell'Unione.
In primis, la libertà di stabilimento e il trasferimento intracomunitario di sede sociale pongono gli Stati Membri in concorrenza tra loro, spingendoli a proporre legislazioni «accattivanti» allo scopo di attirare società straniere e nuovi investimenti sul proprio territorio. La conseguenza, come sovente accade in condizioni di libera concorrenza tra ordinamenti giuridici, é una corsa delle imprese al forum shopping o cosiddetto «effetto Delaware» in cui ad essere favoriti sono quegli Stati le cui legislazioni nazionali in tema di creazione e funzionamento delle società garantiscono maggiore flessibilità…
In secondo luogo, il trasferimento intracomunitario di sede sociale impone agli Stati Membri una presa di posizione sulla repressione di eventuali comportamenti fraudolosi delle società che proprio attraverso lo scudo della libertà di stabilimento mirano sostanzialmente ad aggirare le disposizioni delle legislazioni nazionali poste a tutela di soggetti deboli quali i lavoratori, i creditori sociali e i soci di minoranza.
Infine, il trasferimento intracomunitario di sede sociale presuppone in sè un confronto tra le due legislazioni nazionali coinvolte nell'operazione : quella dello Stato di origine e quella dello Stato di destinazione. Confronto che il più delle volte si traduce in un vero e proprio conflitto tra ordinamenti giuridici. Come vedremo a breve, la conflittualità di cui sopra é causata essenzialmente dalla mancata armonizzione tra gli Stati Membri riguardo al criterio di collegamento utilizzato.
A tal riguardo é utile ricordare che il riconoscimento della «nazionalità» di una società é dato da un fattore, il cosiddetto «criterio di collegamento», che collega una determinata società alla legislazione di un determinato Stato. Quale sia tale criterio di collegamento che consente convenzionalemente di risalire alla legislazione applicabile ad una società é una domanda che non prevede un'unica risposta possibile.
Storicamente le posizioni degli Stati europei si sono da sempre divise attorno a due grandi teorie: lateoria dell'incorporazione e quella delle sede reale. In base alla prima teoria (teoria dell'incorporazione), una società é soggetta alla legge dello stato in cui la stessa é stata incorporata e sul cui territorio risulta formalmente registrata la propria sede sociale; in base alla seconda teoria (teoria della sede reale), affinché una società sia soggetta alla legge di un determinato Stato é necessario che sul territorio dello stesso essa abbia la propria amministrazione centrale.
Ad oggi il legislatore europeo non ha apportato alcuna armonizzazione in tema di criterio di collegamento, lasciando a ciascuno Stato Membro la facoltà di scegliere se identificarlo con la presenza della sede sociale, l'amministrazione centrale o il centro di attività principale sul proprio territorio.
Tale presa di posizione é espressa all'art. 54 TFUE ed é confermata chiaramente dalla stessa Corte di Giustizia in tutte le sue storiche pronunce: in assenza di uniformità nel diritto dell'Unione, la definizione del criterio di collegamento che determina il diritto nazionale applicabile ad una società rientra, conformemente all'art. 54 TFUE, nella competenza di ciascuno Stato membro, avendo tale articolo posto sullo stesso piano la sede sociale, l'amministrazione centrale e il centro d'attività principale di una società come criteri di collegamento.
La mancata armonizzazione sul tema del criterio di collegamento e la mancanza di una direttiva che disciplini uniformemente il trasferimento intracomunitario di sede sociale fanno sì che le società che decidono di esercitare la propria libertà di stabilimento trasferendo la propria sede da uno Stato Membro ad un altro si trovino sovente in una condizione di grande incertezza del diritto.
Proprio la necessità di rimediare a tale importante carenza del legislatore europeo ha spinto la Corte di Giustizia ad elaborare un vero e proprio diritto pretoriano del trasferimento intracomunitario di sede sociale, le cui fasi più importanti si possono ricondurre alle storiche sentenze Centros, Daily Mail, Uberseeing, Sevic, Cartesio e Vale.
La giurisprudenza della Corte di Giustizia in tema di libertà di stabilimento e trasferimento di sede sociale: la sentenza Centros e la libertà di stabilimento secondario
Secondo la Corte di Giustizia, la libertà di stabilimento può manifestarsi attraverso la creazione di una filiale, una succursale o un'agenzia sul territorio di un altro Stato Membro senza dover necessariamente costituire una nuova società in tale Stato. In tal caso si parlerà di libertà di stabilimento «secondario». Ed é proprio in tema di stabilimento secondario che la Corte rende la sua prima pronuncia storica, la celebre sentenza Centros del 9 marzo 1999.
Nell'affare Centros, l'amministrazione danese aveva negato ad una società inglese la possibilità di registrare una filiale della suddetta società in Danimarca allo scopo di svolgervi l'essenziale della propria attività economica. La direzione generale del commercio danese giustificava il proprio diniego con il fatto che Centros non aveva svolto alcuna attività economica nello Stato di costituzione e che l'installazione di una sede secondaria in Danimarca non era altro che un escamotage allo scopo di aggirare la legislazione nazionale danese in tema di costituzione di società.
La Corte ha chiarito che rientra nella libertà di stabilimento il fatto che una società costituita secondo il diritto di uno Stato membro nel quale ha la sua sede sociale desideri creare una succursale in un altro Stato membro, quand'anche detta società sia stata costituita, nel primo Stato membro, al solo scopo di stabilirsi nel secondo, nel quale essa svolgerebbe l'essenziale, se non il complesso, delle sue attività economiche.
Ancora, con la sentenza Centros la Corte ha sancito che stabilire la sede, legale o effettiva, di una società, in conformità alla legislazione di uno Stato membro, al fine di beneficiare di una legislazione più vantaggiosa, non può costituire di per sé un abuso del diritto di stabilimento.
Daily Mail e Uberseeing: due sguardi differenti sulla libertà di stabilimento primario
Sancita la libertà di stabilimento secondario, negli anni successivi la Corte si é concentrata sull'analisi e la legittimazione della libertà di stabilimento primario, intendendosi come tale la possibilità per una società di spostare la propria sede sociale in altro Stato Membro rispetto a quello di origine.
Con le fondamentali sentenze Daily Mail e Uberseeing, la Corte di Giustizia ha evidenziato la necessità di esaminare questo fenomeno da due differenti prospettive, quella dello Stato di origine (libertà di stabilimento «in uscita») e quella dello stato di destinazione (libertà di stabilimento «in entrata»).
In Daily Mail la Corte di Giustizia affronta la questione dalla prospettiva dell'emigrazione, ovvero del rapporto tra una società che desidera trasferire la propria sede e lo Stato Membro di origine.
Partendo dal riconoscimento della diversità delle legislazioni nazionali riguardo al criterio di collegamento e alla facoltà e alle modalità di trasferimento della sede sociale, la Corte sancisce il principio secondo cui le società sono enti creati da un ordinamento giuridico nazionale ed esse esistono solo in forza della legislazione nazionale che ne disciplinano costituzione e funzionamento. Sulla base di tali premesse la Corte conclude con il riconoscere il diritto dello Stato Membro di origine a non prevedere nella propria legislazione nazionale la possibilità per le società di trasferire la propria la direzione e l'amministrazione centrale in altro Stato membro pur conservando la nazionalità dello Stato di origine.
In Uberseeing la questione nasceva dal rifiuto da parte dei giudici tedeschi di riconoscere l'esistenza e la capacità di stare in giudizio di una società di diritto olandese ritrovatasi involontariamente ad avere la proria sede effettiva in Germania. In questo caso la Corte di Giustizia ha esaminato la problematica della libertà di stabilimento primario dalla prospettiva dell'immigrazione, ovvero del rapporto tra la società e lo Stato di destinazione, sancendo il principio per cui uno Stato membro non può impedire ad una società costituita conformemente alle leggi di altro Stato membro di trasferire sul proprio territorio la sede effettiva pur volendo mantenere la nazionalità dello Stato di origine e, di conseguenza, non può rifiutarsi di riconoscerne la personalità giuridica.
Le pronunce Cartesio e Vale e la trasformazione transfrontaliera
Nel corso degli anni la Corte ha chiarito come la libertà di stabilimento possa realizzarsi in vari modi: attraverso una fusione trasfrontaliera (sentenza Sevic), trasferendo la sede legale restando soggetti alla legislazione dello Stato di origine (sentenza Daily Mail), o ancora trasferendo la sede sociale allo scopo di trasformarsi in una società soggetta alla legislazione dello Stato di destinazione. Quest'ultima fattispecie é quella esaminata dalla Corte con le sentenze Cartesio e Vale.
Con la sentenza Cartesio, e successivamente con la sentenza Vale, la Corte analizza il fenomeno del trasferimento « in uscita » distinguendo l'ipotesi in cui la società che si trasferisce intende mantenere la nazionalità dello stato di costituzione, dall'ipotesi in cui la società emigrante decide di sottoporsi alla legislazione dello Stato di destinazione e che prende il nome di trasformazione transfrontaliera.
Secondo la Corte, se da un lato la trasformazione in società retta dal diritto di un altro Stato membro deve realizzarsi conformemente alle condizioni che quest'ultimo prevede affinché essa possa esistere nel suo ordinamento giuridico, dall'altro lo Stato membro di destinazione non può imporre per una simile trasformazione transfrontaliera condizioni più restrittive di quelle che disciplinano una trasformazione puramente interna, impedendo o dissuadendo la società straniera dal procedere all'operazione in quanto questo, fatta eccezione per le restrizioni giustificate da ragioni di interesse generale, sarebbe contrario alla libertà di stabilimento.
Nella sentenza Vale la Corte ribadisce i concetti di cui sopra, precisando che i principi di equivalenza ed effettività si oppongono a che lo Stato membro di destinazione possa rifiutarsi di tener conto dei documenti emanati dallo Stato Membro di origine, ostacolando cosi' la realizzazione della trasformazione.
Dalla premessa di cui sopra emerge come la giurisprudenza della Corte di Giustizia in tema di trasferimento di sede sociale sia sempre necessariamente passata per l'interpretazione dei Trattati in tema di libertà di stabilimento : da un lato perché il trasferimento di sede sociale altro non é che una modalità di espressione della libertà di stabilimento delle società, dall'altro, perché non esistendo una direttiva comunitaria in tema di trasferimento di sede sociale né alcuna armonizzazione sul tema de criterio di collegamento, gli unici riferimenti normativi a disposizione della Corte di Giustizia sono appunto gli articoli 49 e 54 TFUE.
Conclusioni
Dopo aver ripercorso le tappe salienti della giurisprudenza della Corte ritorniamo quindi alla sentenza dello scorso ottobre.
La sentenza in questione tira i fili di una giurisprudenza ormai consolidata e richiamando i principi sanciti nel corso degli anni risponde alla questione della Suprema Corte polacca, chiarendo che la libertà di stabilimento è applicabile al trasferimento della sede legale di una società costituita ai sensi del diritto di uno Stato membro verso il territorio di un altro Stato membro, ai fini della sua trasformazione, conformemente alle condizioni poste dalla legislazione di tale secondo Stato membro, in una società soggetta al diritto di quest'ultimo, senza spostamento della sede effettiva della citata società. Ancora, la Corte precisa che gli articoli 49 e 54 TFUE devono essere interpretati nel senso che essi ostano alla normativa di uno Stato membro che subordina il trasferimento della sede legale di una società ai fini della sua trasformazione alla liquidazione della prima società.
In conclusione, se da un lato la posizione della Corte appare ormai chiara e votata ad un consolidamento quanto più esteso possibile della libertà di trasferimento della sede sociale e della trasformazione intracomunitaria, dall'altro bisogna ricordare che tale lavoro giurisprudenziale per quanto essenziale non é, e non può essere, in grado di risolvere tutte le problematiche e le incertezze ad essi legate.
Parafrasando la Corte di Giustizia nella sentenza Dail Mail, si deve riconoscere che ancora oggi la diversità delle legislazioni nazionali sul criterio di collegamento previsto per le loro società nonché sul tema del trasferimento della sede da uno Stato membro all'altro, costituisce un problema la cui soluzione non si trova nelle norme sul diritto di stabilimento, ma attende da più di venti anni di essere affidata ad iniziative legislative o pattizie, purtroppo non ancora realizzatesi.
Guida all'approfondimento
Le sentenze della Corte di Giustizia:
CGUE, 25 ottobre 2017, Polbud – Wykonawstwo sp. z o.o., causa C-106/16
CGUE, 27 settembre 1988, Daily Mail, causa C-81/87
CGUE, 9 marzo 1999, Centros, causa C-212/97
CGUE, 5 novembre 2002, Überseering, causa C-208/00
CGUE, 13 dicembre 2005, Sevic, causa C-411/03
CGUE, 16 dicembre 2008, Cartesio, causa C-210/06
CGUE, 12 luglio 2012, Vale, causa C-378/10
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Sommario
Il trasferimento di sede sociale come corollario della libertà di stabilimento
Le difficoltà poste dal trasferimento di sede sociale e dalla carenza di armonizzazione da parte del legislatore europeo
La giurisprudenza della Corte di Giustizia in tema di libertà di stabilimento e trasferimento di sede sociale: la sentenza Centros e la libertà di stabilimento secondario
Daily Mail e Uberseeing: due sguardi differenti sulla libertà di stabilimento primario