La s.p.a. Aeroporto Friuli Venezia Giulia non può essere qualificata come organismo di diritto pubblico

Redazione Scientifica
19 Dicembre 2017

La s.p.a. Aeroporto Friuli Venezia Giulia non può essere qualificata come organismo di diritto pubblico; ad essa va invece attribuita la natura di impresa pubblica ai sensi della lettera t) dell'art. 3...

La s.p.a. Aeroporto Friuli Venezia Giulia non può essere qualificata come organismo di diritto pubblico; ad essa va invece attribuita la natura di impresa pubblica ai sensi della lett. t) dell'art. 3 del nuovo codice dei contratti pubblici, mancando l'elemento teleologico consistente nella sua istituzione «per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale» (art. 3, comma 1, lett. d), d.lgs. n. 50 del 2016, sopra citata).

E' ostativa al riconoscimento del requisito in questione la gestione secondo criteri di efficacia e redditività tipici dell'imprenditore privato e l'assunzione del rischio di impresa (per tutte: Cass. civ., Sez. Un., 7 aprile 2010, n. 8225, cui aderisce la successiva ordinanza del giudice della giurisdizione del 22 dicembre 2015, n. 25770; in precedenza: Cass., sez. un., 9 maggio 2011, n. 10068; nello stesso senso anche Cons. Stato, V, 26 luglio 2016, n. 3345, 30 gennaio 2013, n. 570), in linea con il costante orientamento della Corte di giustizia dell'Unione europea, la quale ha statuito che l'organismo di diritto pubblico si caratterizza per la sua strumentalità rispetto ad esigenze di interesse generale, necessarie affinché l'amministrazione partecipante possa esercitare la sua attività, nel perseguire le quali il soggetto partecipato «si lasci guidare da considerazioni diverse da quelle economiche», quand'anche parte della sua operatività si svolga sul mercato (sentenza 5 ottobre 2017, C-567/15, UAB LitSpecMet; resa con riguardo ad una società fornitrice di locomotive e vetture ferroviarie e della relativa manutenzione per la società ferroviaria lituana; quali pronunce più risalenti del giudice europeo in termini con quella da ultimo menzionata possono essere richiamate le sentenze 10 novembre 1998, C-360/96, BFI Holding e 10 maggio 2001, C-223/99 e C-260/99, Ente Autonomo Fiera internazionale di Milano).

Non è sufficiente la partecipazione, finanche totalitaria, della PA (nella specie la Regione Friuli Venezia Giulia) al capitale sociale del gestore aeroportuale se non accompagnata da una previsione che obbliga l'ente pubblico partecipante al ripiano delle perdite a prescindere dalla partecipazione detenuta nella società di gestione.

Ai sensi della sopra citata lett. t) dell'art. 3 d.lgs. n. 50 del 2016 l'impresa pubblica si contraddistingue per l'«influenza dominante» che le amministrazioni aggiudicatrici possono esercitare, perché tra l'altro «ne sono proprietarie», ed in particolare perché ne «detengono la maggioranza del capitale sottoscritto». Ai sensi di questa previsione di legge l'influenza dominante è dunque assicurata attraverso l'azionariato di maggioranza, secondo i tipici meccanismi civilistici di controllo degli enti societari. La previsione in questione, e prima ancora quella omologa del previgente codice dei contratti pubblici (art. 32, comma 28, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163) hanno chiarito che non vi è «incompatibilità tra interesse pubblico, scopo di lucro e interesse sociale» (in questo senso: Cons. Stato, VI, 20 marzo 2012, n. 1574) e che in particolare lo strumento privatistico della società per azioni è neutro rispetto agli interessi di carattere generale demandati alla cura delle pubbliche amministrazioni.

La figura dell'organismo pubblico non ricorre allorché la sua missione è esercitata in un contesto economico concorrenziale con i privati, per cui il legame con le autorità amministrative partecipanti non acquisisce rilievo nel confronto competitivo con questi ultimi, nel senso di preservare l'ente partecipato dai rischi di impresa.

La Regione Friuli ha inteso assumere il controllo totalitario della società aeroportuale nella «rilevante importanza che l'aeroporto di Ronchi dei Legionari assume» per il territorio nei «campi dell'economia e delle comunicazioni» (art. 1 l. n. 21 del 1995), e nello scopo di provvedere «alla gestione, all'ammodernamento ed al potenziamento dello stesso aeroporto» (art. 2, lett. b), della legge citata). Lo statuto enuncia quindi l'oggetto sociale come segue: «lo sviluppo, la progettazione, la realizzazione, l'adeguamento, la gestione, la manutenzione e l'uso degli impianti e delle infrastrutture per l'esercizio dell'attività aeroportuale sull'Aeroporto di Ronchi dei Legionari, quale aeroporto civile, commerciale e turistico della regione Friuli-Venezia Giulia, nonché delle attività connesse o collegate purché non a carattere prevalente» (art. 3, comma 1). Nell'ambito di questo oggetto è inoltre previsto che la società possa compiere «qualsiasi operazione commerciale, industriale, mobiliare, immobiliare e finanziaria (…) utile od opportuna per il raggiungimento dell'oggetto sociale» (art. 3, comma 2).

Va ancora soggiunto al riguardo che la decisione della Regione Friuli di assumere la partecipazione totalitaria della società di gestione dell'aeroporto di Ronchi dei Legionari si colloca nel contesto della legislazione nazionale di settore, ed in particolare dell'art 10, comma 13, della legge 24 dicembre 1993, n. 537 (Interventi correttivi di finanza pubblica), richiamato dall'art. 1 della legge regionale n. 21 del 1995. La disposizione di legge richiamata prefigura infatti la costituzione di «apposite società di capitale per la gestione dei servizi e per la realizzazione delle infrastrutture degli aeroporti gestiti anche in parte dallo Stato», con la specificazione che a tali società di gestione «possono partecipare anche le regioni e gli enti locali interessati». Tutto ciò nell'ambito di un riordino del «regime dei servizi aeroportuali di assistenza a terra», determinato «sulla base delle normative comunitarie, avendo riguardo alla tutela dell'economicità delle gestioni e dei livelli occupazionali» (art. 10, comma 12, l. n. 537 del 1993). Il modello coniato dalle norme nazionali ora esaminate si connota in particolare per l'affidamento dell'intera gestione degli aeroporti ad un unico soggetto, contemporaneamente incaricato di assicurare da un lato i compiti di interesse pubblico connessi all'amministrazione e gestione in concessione dell'aeroporto (artt. 705 e 706 cod. nav.), da cui ricava le proprie entrate di diritto pubblico (es. diritti di approdo, partenza e sosta aeromobili, diritti di imbarco passeggeri, tasse di imbarco e sbarco merci), e dall'altro lato abilitato allo sfruttamento commerciale dell'infrastruttura aeroportuale.

La gestione di un'infrastruttura quale un aeroporto incontra un'offerta di servizi di carattere commerciale proveniente dagli operatori del settore – in primis le compagnie aeree e quindi gli utenti di queste ultime - suscettibile di essere assicurata in condizioni di equilibrio economico, senza la necessità di sovvenzioni pubbliche. Per altro verso è del pari evidente che la gestione di un aeroporto si colloca nell'ambito di un mercato di stampo concorrenziale, nel quale il singolo operatore si trova a competere con i gestori di aeroporti vicini ed aventi caratteristiche simili, sui quali la domanda dei vettori aerei può indirizzarsi.

In linea generale la gestione in perdita non è in sé indicativa di un operatività in un contesto non concorrenziale. E' notorio infatti che numerosi possono essere i fattori che possono determinare risultati economici negativi, anche per imprenditori tout court privati.

Accertata la natura di impresa pubblica della società di gestione dell'Aeroporto di Ronchi dei legionari viene meno la premessa logico – giuridica dell'applicazione dei codice dei contratti pubblici. L'applicazione di tale testo normativo è infatti limitato alle sole attività «relative allo sfruttamento di un'area geografica per la messa a disposizione di aeroporti» (art. 119 d.lgs. n. 50 del 2016) e cioè ai contratti rientranti nei settori speciali in base all'attuale codice dei contratti pubblici, strumentalmente legati ai servizi di trasporto aereo per i quali si dispone della gestione dell'aeroporto (nei termini esplicati dall'Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato nella sentenza 1° agosto 2011, n. 16, resa in relazione all'omologa disciplina dei settori speciali del previgente codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163).

L'applicazione dell'evidenza pubblica – e la sottesa devoluzione delle relative controversie alla giurisdizione amministrativa – è strettamente legata alle attività di interesse pubblico dei soggetti operanti in questi settori, per il resto contraddistinti dall'esistenza di un mercato competitivo e dell'economicità delle gestioni, e si giustifica in particolare per la posizione di monopolio (legale o di fatto) in cui le medesime attività vengono sovente svolte.

Il contratto avente ad oggetto l'utilizzo di spazi del sedime aeroportuale per l'esercizio dell'attività di distribuzione automatica di bevande calde/fredde e snack a favore dei lavoratori e dei passeggeri dello scalo aeroportuale non rientra in alcuna delle previsioni del sopra citato d.lgs. 18 del 1999, di attuazione della direttiva 96/67/CE relativa ai servizi di assistenza a terra negli aeroporti. In particolare, nell'allegato A di tale decreto legislativo sono inclusi tra tali servizi attività di preparazione e consegna del materiale e delle provviste di cibi e bevande, che è cosa ben diversa dalla distribuzione automatica di bevande calde/fredde e snack.

In linea con quanto affermato sul punto si colloca la costante giurisprudenza delle Sezioni unite della Cassazione, da ultimo ribadita nell'ordinanza 4 marzo 2017, n. 4884, a mente del quale si afferma che i servizi di natura commerciale svolti in aera demaniale che trovano origine in un rapporto derivato fra il concessionario e il terzo, cui l'amministrazione concedente sia estranea e che risultino privi di collegamento con l'atto autoritativo concessorio, che ne costituisce un mero presupposto, non soggiacciono alle regole del procedimento ad evidenza pubblica, ma si risolvono in contratti di diritto privato, devoluti alla giurisdizione ordinaria civile (cfr. Cass., SS.UU., sentenza 2 dicembre 2008, n. 28549; nello stesso senso anche Cons. Stato, V, 24 aprile 2017, nn. 1892, 1897, 1898 e 1899).

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