Le conversazioni whatsapp possono costituire prova documentale?
21 Dicembre 2017
Chiamata a decidere il ricorso avverso la sentenza della Corte d'appello di Caltanissetta che confermava la condanna emessa nei confronti del ricorrente a esito di giudizio abbreviato per il delitto di atti persecutori commesso in danno alla ex minorenne, la Corte di cassazione, Sez. V penale, ha affrontato la questione se fosse o meno acquisibile la trascrizione delle conversazioni svoltesi sul canale informatico whatsapp tra l'imputato e la persona offesa. Sul punto il Supremo Collegio ha affermato che: «la registrazione di tali conversazioni, operata da uno degli interlocutori, costituisca una forma di memorizzazione di un fatto storico, della quale si può certamente disporre legittimamente ai fini probatori, trattandosi di una prova documentale, atteso che l'art. 234 c.p.p., comma 1, prevede espressamente la possibilità di acquisire documenti che rappresentano fatti, persone o cose mediante la fotografia, la cinematografia, la fonografia o qualsiasi altro mezzo, l'utilizzabilità della stessa è, tuttavia, condizionata dall'acquisizione del supporto - telematico o figurativo contenente la menzionata registrazione, svolgendo la relativa trascrizione una funzione meramente riproduttiva del contenuto della principale prova documentale: tanto perché occorre controllare l'affidabilità della prova medesima mediante l'esame diretto del supporto onde verificare con certezza sia la paternità delle registrazioni sia l'attendibilità di quanto da esse documentato». |