Il sistema documentale TIAP: esame delle questioni sorte a qualche anno dalla sua introduzione

Luigi Giordano
04 Gennaio 2018

Nel processo penale è stato progressivamente introdotto l'utilizzo di un sistema informatico, denominato con l'acronimo TIAP, che mira a digitalizzare il fascicolo del procedimento. Si tratta di un applicativo che rende disponibili in forma digitale gli atti processuali, i quali, peraltro, continuano ad essere formati in originale su supporto cartaceo. Trascorsi alcuni anni dall'introduzione del sistema, è possibile procedere ad una ricognizione delle questioni che sono state affrontate dalla Corte di Cassazione.
Il sistema TIAP

Il

TIAP

(Trattamento Informatico Atti Processuali) è un applicativo sviluppato dal Ministero della Giustizia per la gestione informatica del fascicolo che consente di integrare i contenuti nelle varie fasi del procedimento penale con atti, documenti e supporti multimediali. L'obiettivo è quello di pervenire alla digitalizzazione del fascicolo per mezzo della “scannerizzazione” di documenti cartacei o dell'acquisizione di file digitali. Successivamente si procede alla classificazione, alla codifica e all'indicizzazione degli atti in modo da formare i fascicoli, con possibilità di ricerca, consultazione, esportazione e stampa dell'intero fascicolo oppure di singoli atti.

In alcune sedi giudiziarie il sistema è stato introdotto a partire dal 2010. Con ordine di servizio del Procuratore della Repubblica di Napoli n. 97 del 2010, ad esempio, è stata disposta la “scannerizzazione” degli atti di tutti i fascicoli relativi a reati di competenza collegiale nella fase della notifica dell'avviso di conclusioni delle indagini nonché della quasi totalità delle richieste di misure cautelari personali e reali. In data 2 ottobre 2012 è stato sottoscritto un protocollo d'intesa tra Procura della Repubblica di Napoli, Tribunale di Napoli, Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Napoli e Camera penale di Napoli avente ad oggetto la regolamentazione del sistema

TIAP

. A far data dal 10 febbraio 2013, la Procura della Repubblica di questa città trasmette normalmente in via informatica al Tribunale gli atti relativi alle procedure di riesame delle misure cautelari.

Una circolare della Direzione generale per i sistemi informativi automatizzati (DGSIA) del Ministero della Giustizia del 26 gennaio 2016 ha individuato il

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come gestore documentale unico nazionale, facendo salvo tuttavia il recupero del patrimonio documentale acquisito con gli altri sistemi più o meno diffusi sul territorio nazionale (AURORA, DIGIT, SIDIP) di cui è stata prevista apposita “migrazione”.

Le funzioni essenziali

Il gestore documentale

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è strutturato per seguire il flusso del procedimento penale. Esso prevede che un determinato fascicolo possa essere individuato univocamente con i numeri assegnati allo stesso dalla Procura della Repubblica, dall'ufficio del giudice delle indagini preliminari e dal tribunale settore dibattimento.

Sarebbe riduttivo, invero, definire il sistema informatico come un mero contenitore di atti processuali e documenti, trattandosi piuttosto di uno strumento che gestisce il fascicolo in tutte le fasi processuali. In particolare, il

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consente, nelle diverse fasi processuali, la “creazione” di fascicoli informatici per realizzare la c.d. discovery, con una cadenza che ricalca perfettamente la creazione dei fascicoli processuali cartacei.

Le modalità con le quali procedere alla discovery possono essere adattate alle esigenze degli uffici, così come può essere personalizzata la strutturazione del fascicolo al momento dell'inserimento degli atti e quella di visualizzazione in fase di successivo studio (ad esempio, per documenti sparsi o raggruppati in faldoni).

Il profilo dell'indicizzazione è centrale, in quanto mira a favorire lo studio degli atti del procedimento.

Il

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, inoltre, “logga” tutti gli accessi, in modo da permettere successivi accertamenti; consente statistiche personali; è gestore di PEC, facilitando quindi il compimento di notifiche che sono originate direttamente a partire dai documenti presenti nel fascicolo, mentre gli esiti sono automaticamente ricollocati nello stesso in relazione agli atti a cui si riferiscono.

Il sistema, dunque, rappresenta una tappa nella direzione del fascicolo interamente digitale.

Fascicolo digitale e visibilità

Per l'accesso al fascicolo e per la visibilità degli atti in esso contenuti sono rilevanti due parametri: 1) la fase processuale in cui ci si trova (c.d. stato del fascicolo); 2) l'associazione tra fascicolo e utente.

In particolare, nella fase delle indagini preliminari il fascicolo in

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si trova in fase “IND. PREL”, essendo interamente visibile solo al pubblico ministero titolare del procedimento e agli utenti a questo collegati.

Nel caso di richiesta della misura cautelare, il fascicolo si trova in fase “IND. PREL: RMC”. In tale ipotesi, il PM, dopo avere inserito gli atti necessari, durante la fase delle indagini preliminari, permette la visione al GIP, trasmettendo un “sotto-fascicolo virtuale”. Il PM, al momento dell'invio, provvede ad individuare gli atti di cui intende operare la discovery a sostegno della misura, potendo anche selezionare parzialmente i documenti raccolti e operare "omissis" sugli stessi. Gli atti trasmessi rimangono immodificabili. L'ufficio del Tribunale “ricezione atti GIP” riceve un fascicolo

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“da assegnare GIP". Il Presidente della Sezione GIP (o chi ne fa le veci), dopo l'inoltro telematico del fascicolo da parte della Procura della Repubblica, provvede ad abilitare il Giudice assegnatario del fascicolo. Il GIP assegnatario, una volta emesso il provvedimento relativo alla richiesta, cura l'inserimento dello stesso nel sistema

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. Il GIP o la relativa cancelleria provvede analogamente per ogni altro provvedimento o atto riguardante il procedimento riferibile alla fase immediatamente successiva e connessa alla emissione ed esecuzione della ordinanza di misura cautelare (interrogatorio di garanzia, istanze di revoca ecc.).

Allo stesso modo il PM trasmette gli atti al Tribunale del Riesame attraverso l'attivazione della specifica funzione denominata “INVIA ATTI AL RIESAME”. In tale ipotesi vengono trasmessi gli atti del “sotto-fascicolo virtuale” già trasmesso al Gip con l'aggiunta dell'ordinanza applicativa della misura cautelare e degli eventuali atti compiuti dal Gip.

Il fascicolo, poi, può essere in stato “415-bis/ GIP/GUP”, cioè aver raggiunto la fase dell'avvenuta conclusione delle indagini preliminari. In tale sede il fascicolo è visibile al Magistrato titolare e agli utenti a questi collegati.

Gli utenti del dibattimento non hanno accesso al fascicolo. Essi vi possono avere accesso limitatamente ai documenti che risultano nello stato “DIB”. Attualmente, inoltre, la Corte di appello non ha un modulo in

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che consenta di acquisire gli atti. Non partecipa, pertanto, all'attività di acquisizione e catalogazione di atti in

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. Tuttavia, è possibile per le Corti di Appello – ciò avviene ad esempio presso la Corte di appello di Napoli – ottenere la possibilità di avere in visione le sentenze di primo grado ed anche eventualmente gli atti presenti nei fascicoli processuali di primo grado presenti in

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.

L'accesso agli atti dei difensori

L'avvocato può verificare la presenza del fascicolo nel sistema

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accedendo ad un monitor d'informazione situato in una sala appositamente allestita per la consultazione del

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.

Effettuata con risultato positivo tale verifica, il difensore può presentare una richiesta di accesso con contestuale dichiarazione di aver ricevuto mandato dalla parte. Questa dichiarazione ha efficacia al solo fine di accedere al sistema per navigare nel fascicolo d'interesse. Valutata la ritualità della richiesta, il difensore riceve le credenziali di accesso per visualizzare il fascicolo digitalizzato; può, quindi, selezionare gli atti di cui intende chiedere copia; le credenziali rilasciate consentono l'accesso per una singola sessione di consultazione; l'addetto, quindi, procede al rilascio delle copie degli atti selezionati dal difensore (in formato cartaceo o elettronico, a seconda della richiesta), riscuotendo i diritti se dovuti.

Fascicolo informatico e fascicolo cartaceo

Da quanto sinteticamente illustrato si comprende agevolmente che, allo stato, il sistema

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non costituisce un modello integralmente sostitutivo della struttura cartacea che contraddistingue gli atti processuali, né di un sistema che ne modifica la genesi, permettendone, cioè, la nascita in forma originariamente informatica. Il software applicativo stesso rende solo “disponibili” in forma digitale gli atti processuali, formati, comunque, in originale, su supporto cartaceo (cfr., per una ricostruzione del sistema in esame, Cass. n. 44424/2016). La data in cui è compiuto l'atto, ad esempio, non corrisponde a quella in cui è inserito nel sistema

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, ma resta quella in cui è realizzato il documento cartaceo (cfr. Cass. n. 926/2016, relativa alla nomina di un consulente da parte del pubblico ministero per la traduzione di conversazioni in lingua straniera che venivano intercettate).

Ciò avviene, in concreto, per mezzo di una impegnativa attività di “scannerizzazione” che duplica, nella forma digitale, gli atti che sono realizzati su supporto cartaceo, inglobando i relativi file in un raccoglitore virtuale che il sistema genera, creando un fascicolo informatico corrispondente, per completezza, a quello originale di formato cartaceo.

Il fascicolo informatico così realizzato risulta composto dai soli atti e documenti che, di volta in volta, attraverso interventi di sistema, gli operatori abilitati hanno inserito.

È altresì possibile includere nel raccoglitore informatico atti, che, tuttavia, non risultino ancora visibili a tutte le parti o i soggetti del procedimento. Ciò in ragione delle scelte che competono, a seconda della fase procedimentale a ciascuna di esse ed, in particolare, durante le indagini preliminari al PM che, in ossequio a valutazioni proprie, ha discrezionalità nel rendere ostensibili o meno determinati documenti.

Le prime questioni affrontate dalla Corte di Cassazione sul sistema TIAP: il controllo sull'autenticità degli atti

Una delle questioni che è stata posta a seguito dell'utilizzo del sistema informatico

TIAP

ha riguardato il controllo sull'autenticità degli atti e sulla loro immodificabilità che, secondo una certa prospettazione difensiva, non sarebbe garantita nel processo penale a differenza di quanto avviene in quello civile. La trasmissione degli atti in formato digitale, inoltre, in linea generale, non costituirebbe effettivo assolvimento dell'obbligo di deposito gravante sul PM. Il difensore, inoltre, manterrebbe comunque il diritto ad accedere al fascicolo cartaceo, secondo le previsioni codicistiche.

Queste eccezioni, intese invero a mettere in discussione la complessiva legittimità del sistema implementato, non sono state accolte dalla Corte di Cassazione, la quale ha rilevato che, in difetto di specifici rilievi, non sussiste alcuna ragione per ritenere che gli atti contenuti nel sistema

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abbiano una valenza inferiore, in termini di autenticità,rispetto a quelli cartacei. In particolare, «l'architettura del sistema

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prevede la cifratura di tutti i documenti ed una procedura di archiviazione che non consente alcun collegamento tra il documento (criptato) ed i soggetti o il procedimento cui esso si riferisce». È prevista la cifratura di tutti i c.d. “metadati” (cioè i dati relativi ai procedimenti). «L'accesso al fascicolo e le singole operazioni effettuate (consultazione, ricerca, modifica) vengono registrate, permettendo così l'esatta tracciabilità di chiunque abbia operato sui sistemi (…). Non risponde pertanto al vero ogni riferimento giornalistico ad una asserita accessibilità al sistema, sottratta alle politiche di sicurezza adottate (…). Inoltre non è consentito in alcun modo l'accesso al

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dall'esterno della rete giustizia». La Corte, dunque,ha affermato la legittimità dell'utilizzo del sistema informatico in esame, che risponde all'esigenza di rapidità che connota il processo penale soprattutto nella fase cautelare. (Cass. n. 14869/2017).

La trasmissione degli atti tra gli uffici giudiziari, più in particolare, può essere effettuata attraverso la loro trasposizione in formato digitale, purché la difesa sia posta in grado, in un tempo compatibile con i termini che le sono riconosciuti, di estrarre copia del supporto informatico ovvero di consultarne il contenuto (Cass. n. 20832/2017; Cass. n. 48415/2014).

Segue. il rispetto del diritto di difesa

La Corte di Cassazione, poi, ha affermato che la facoltà concessa alla difesa di consultare telematicamente gli atti presso l'Ufficio

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, competente al rilascio copie, mediante visione nella postazione dei computer a disposizione dei difensori, esclude senz'altro la violazione del diritto di difesa, non essendo impedita alcuna attività da espletarsi in relazione alla consultazione e al rilascio di copie degli atti (Cass. n. 55081/2016).

In particolare, in un procedimento è stata eccepita la violazione del diritto di difesa perché il difensore aveva ricevuto telematicamente solo in data 1 giugno 2016, alle 11:03, l'avviso di deposito dei documenti a corredo di una richiesta di custodia cautelare in carcere ed era stato di fatto impossibilitato al loro esame prima dell'interrogatorio di garanzia svoltosi il 3 giugno successivo per il quale non era stata accolta dal Gip la richiesta di differimento, precisando che gli atti erano consultabili solo a mezzo del sistema

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in una sala avvocati appositamente attrezzata con 8 postazioni, aperta dalla ore 9.00 alle ore 12.00 e che il giorno 2 giugno era festivo.

La Corte ha agevolmente rigettato la questione, osservando che l'interrogatorio di garanzia è viziato da nullità solo quando non sia stato preceduto dal deposito nella cancelleria del giudice, a norma dell'art. 293, comma 3, c.p.p., dell'ordinanza applicativa, della richiesta del PM e degli atti con essa presentati.

Sono state aggiunte, quindi, alcune interessanti riflessioni sul sistema in esame. È stato rilevato che «L'utilizzo di mezzi telematici per le comunicazioni di atti risponde all'esigenza di rapidità che connota la procedura di riesame in funzione dell'interesse de libertate della persona sottoposta a misura coercitiva». In ogni caso, «dal punto di vista pratico, eventuali difficoltà che possono insorgere alle parti nella consultazione degli atti dovranno essere evitate o superate mediante le più opportune misure organizzative, affidate ai responsabili degli uffici, per consentire l'apertura della sala a ciò destinata anche nei giorni festivi o per orari più ampi» (Cass. n. 3272/2017).

Segue: la tempestività della trasmissione degli atti

L'art. 309, comma 5, c.p.p. prevede che, entro il quinto giorno dal deposito della richiesta di riesame, il pubblico ministero debba trasmettere al Tribunale gli atti presentati al Gip ai sensi dell'art. 291 c.p.p. a sostegno della richiesta di misura cautelare nonché tutti gli elementi sopravvenuti a favore della persona sottoposta alle indagini. Il rispetto di questo termine è previsto a pena di inefficacia della misura cautelare (art. 309, comma 10, c.p.p.).

Nel caso in cui il fascicolo sia stato digitalizzato, questa trasmissione è notevolmente semplificata. Il PM, infatti, trasmette gli atti al Tribunale del Riesame attivando la specifica funzione denominata “INVIA ATTI AL RIESAME”. In tale ipotesi vengono trasmessi gli atti del “sotto-fascicolo virtuale” già trasmesso al Gip con l'aggiunta dell'ordinanza applicativa della misura cautelare e degli eventuali atti compiuti dal Gip.

In un procedimento, in particolare, è stata eccepita la violazione del termine di trasmissione degli atti procedimentali.

La norma, invero, è stata chiaramente scritta postulando la trasmissione degli atti presentati ai sensi dell'art. 291 c.p.p. in forma cartacea. Su di essi, invero, come numerati e foliati, il cancelliere in servizio presso il Tribunale del Riesame è tenuto ad apporre la data in cui sono pervenuti, documentando il rispetto dei termini di cui all'art. 309, comma 5, c.p.p. indicato.

Nel caso in cui il fascicolo sia informatizzato, la data di trasmissione è attestata dal cancelliere del Tribunale del riesame, che certifica il momento in cui il collegio può visualizzare gli atti. Il sistema, però, registra ogni accesso e ogni operazione di modifica, siano esse aggiunte o eliminazioni di atti, oscuramenti o autorizzazioni alla visualizzazione. In tal modo è agevole verificare il rispetto della data di trasmissione. Colui che intende eccepire l'inefficacia della misura cautelare, pertanto, non può limitarsi a produrre, ad esempio, un indice relativo ad una certa data anteriore alla scadenza del termine da cui non risulta la trasmissione di determinati atti, ma ha l'onere di richiedere una specifica attestazione che certifichi epoca ed orario di inserimento degli atti stessi e soprattutto della possibilità per il collegio di visualizzarne il contenuto. «In difetto di prova siffatta ed a fronte della certificazione fide facente apposta dal cancelliere sulla data in cui gli atti risultano pervenuti ogni conclusione a smentita del contenuto relativo sarebbe sorretta da pura congettura» (Cass. n. 44424/2016).

È stato altresì precisato che «la sanzione d'inefficacia della misura coercitiva opera nei soli casi

in cui gli atti non siano stati trasmessi tempestivamente al Tribunale del riesame e non nel caso in cui la difesa non abbia avuto per altre ragioni possibilità di visualizzarne il contenuto integrale, attraverso l'applicativo

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» (Cass. n. 44424/2016).

Segue: la trasmissione di atti diversi nel contenuto al Gip e al Tribunale del Riesame

La semplificazione della trasmissione che è permessa dall'utilizzo del fascicolo informatizzato ha generato anche altre delicate questioni.

In particolare, in un procedimento il pubblico ministero ha trasmesso ai sensi dell'art. 291, comma 1, c.p.p., al Gip alcuni verbali di dichiarazioni rese da un collaboratore di giustizia in cui erano stati apposti alcuni omissis, per poi autorizzare il Tribunale alla visione degli stessi verbali in forma integrale. Dinanzi all'eccezione difensiva, la Corte di Cassazione ha rilevato che «il disposto dell'art. 291, comma 1, c.p.p., nella sua formulazione letterale, non consente di ritenere sussistente un obbligo del PM di presentare, al Giudice competente ad applicare la misura cautelare richiesta, tutti gli atti in suo possesso, imponendo viceversa di ritenere che il Pubblico Ministero sia pienamente legittimato a selezionare, con ampia discrezionalità sottratta a controllo, quelli tra detti atti che, a suo giudizio, vanno sottoposti alla decisione del giudice nelle distinte scansioni procedimentali» (Cass. n. 44424/2016). Ed inoltre, «la circostanza che il Pubblico Ministero abbia inteso, successivamente, trasmettere al Tribunale della libertà anche le dichiarazioni integrali, sia pur parziali, non realizza alcuna violazione di legge; al più, risulta aver offerto al giudice del controllo cautelare materiale di maggiore spessore, rispetto a quello che, eventualmente, l'organo inquirente era tenuto a rimettere, secondo il disposto dell'art. 309, comma 5, c.p.p.» (Cass. n. 44424/2016).

In conclusione

La giurisprudenza, dunque, ha affermato la piena legittimità dell'utilizzo del sistema informatico in esame, che risponde all'esigenza di rapidità che connota il processo penale soprattutto nella fase cautelare.

La trasmissione degli atti tra gli uffici giudiziari, più in particolare, può essere effettuata attraverso la loro trasposizione in formato digitale, purché la difesa sia posta in grado, in un tempo compatibile con i termini che le sono riconosciuti, di estrarre copia del supporto informatico ovvero di consultarne il contenuto.

È esclusa qualsiasi violazione del diritto di difesa, non essendo impedita alcuna attività di consultazione degli atti, né il rilascio delle copie.

L'avvocato, utilizzando postazioni dedicate alla difesa nelle varie sedi giudiziarie, può accedere al sistema, verificando la presenza del fascicolo. Può presentare una richiesta di accesso con contestuale dichiarazione di essere il difensore della parte, visionando gli atti e, se necessario, estraendone copia in forma cartacea o elettronica, senza che la digitalizzazione produca alcun effetto sulla tutela del diritto di difesa.