Irrilevanza della regolarizzazione postuma del durc e poteri del giudice amministrativo

Giusj Simone
18 Gennaio 2018

Non rientra nei poteri del giudice amministrativo l'annullamento del d.u.r.c. impugnato, di competenza del giudice ordinario, bensì soltanto l'accertamento in via incidentale della sua illegittimità, quale atto interno della fase procedimentale di verifica dei requisiti di ammissione dichiarati dal partecipante ad una gara ai fini dell'aggiudicazione di un appalto pubblico. La sussistenza del requisito della regolarità contributiva deve essere riferita alla scadenza del termine per la presentazione delle offerte, a nulla rilevando una regolarizzazione successiva la quale non potrà determinare il venir meno della situazione di irregolarità ai fini della singola gara, che, ove effettivamente esistente, dovrà essere attestata dall'Ente previdenziale su richiesta della Stazione appaltante.

Il caso. Viene all'attenzione del Consiglio di Stato la questione concernente la pretesa illegittimità del provvedimento di esclusione disposto da un'amministrazione comunale nei confronti del RTI aggiudicatario per essere risultato lo stesso, a seguito delle verifiche avviate in relazione al possesso dei requisiti generali, carente di alcuni dei detti requisiti, tra cui il requisito di regolarità contributiva (art. 38, comma 1, lett. i), d.lgs. n. 163 del 2006). Sarebbe emersa, invero, l'irregolarità del d.u.r.c. - con riferimento alla mandante del RTI aggiudicatario - alla data della presentazione della domanda di partecipazione alla gara, e comunque, alla data della scadenza del termine di presentazione delle offerte, risultando un omesso pagamento dei contributi dovuti a INAIL per la somma complessiva di euro 933,00.

La tesi di parte appellante… La sentenza di prime cure (TAR Lombardia, Milano, sez. IV, n. 1657/2016), oggetto di appello, non avrebbe correttamente ricostruito la genesi del d.u.r.c. ottenuto dall'amministrazione aggiudicatrice in sede di verifica dei requisiti soggettivi in capo al RTI aggiudicatario e riferito retroattivamente alla data del deposito della domanda di partecipazione alla gara ovvero alla data di scadenza del termine di presentazione delle offerte, posto che a quella data l'irregolarità non era né formata né conoscibile da parte della mandante del medesimo RTI. Il debito contributivo sarebbe emerso, invero, solo a seguito della decisione, successivamente comunicata dall'ente previdenziale (INAIL), dell'impossibilità dell'operare della compensazione con altri crediti vantati dalla mandante medesima verso l'ente. Oltretutto, l'art. 3, comma 2, del D.M. 30 gennaio 2015, considera regolare la posizione di un'impresa ammessa a compensazione.

…e la richiesta – in subordine – di pregiudizialità ai sensi dell'art. 267 del TFUE. Ove fosse condivisa l'interpretazione del giudice di prime cure nel senso della irrilevanza della condizione di non conoscibilità della somma previdenziale effettivamente dovuta e della non imputabilità della c.d. irregolarità storica, parte appellante chiede all'adito Consiglio di Stato di formulare alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea il quesito inerente la conformità alla Direttiva 2004/18/CE (art. 45) e al TFUE (artt. 49 e 56) di una normativa nazionale che, nell'ambito di una procedura d'appalto sopra soglia, consenta la richiesta d'ufficio della certificazione formata dagli istituti previdenziali (d.u.r.c.) ed obblighi la stazione appaltante a considerare ostativa una certificazione dalla quale si evince una violazione contributiva pregressa ed in particolare sussistente al momento della partecipazione alla gara d'appalto, tuttavia non conosciuta e non conoscibile dall'operatore economico interessato - il quale ha partecipato in forza di un d.u.r.c. positivo in corso di validità e prima ancora che l'ente previdenziale determinasse e gli comunicasse la somma definitiva dovuta a titolo di contributi previdenziali - e comunque non più sussistente al momento dell'aggiudicazione o della verifica d'ufficio.

La sentenza. Sulla pretesa illegittimità del provvedimento di esclusione e la conseguente pretesa erroneità della sentenza di prime cure, il Consiglio di Stato ritiene entrambe destituite di ogni fondamento e torna a ribadire i confini tra giurisdizione ordinaria e giurisdizione amministrativa in punto di d.u.r.c.: non rientra, invero, nei poteri del giudice amministrativo l'annullamento del d.u.r.c. impugnato, di competenza del giudice ordinario, bensì soltanto l'accertamento in via incidentale della sua illegittimità, quale atto interno della fase procedimentale di verifica dei requisiti di ammissione dichiarati dal partecipante ad una gara ai fini dell'aggiudicazione di un appalto pubblico (in tal senso l'Adunanza Plenaria n. 10 del 25 maggio 2016).

A nulla rileva l'invocata regolarizzazione successiva rispetto al termine per la presentazione delle offerte, dovendo essere riferito – e attestato dall'Ente previdenziale su richiesta della Stazione appaltante – il requisito della regolarità contributiva alla scadenza di tale ultimo termine (in tal senso, cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., nn. 5 e 6 del 29 dicembre 2016 e n. 10 del 25 maggio 2016; v. anche Cons. Stato, sez. VI, 15 settembre 2017, n. 4349).

Né l'Amministrazione ha alcuna discrezionalità sul punto, nel rispetto del principio di par condicio competitorum: la nozione di violazione grave di cui all'art. 38, comma 2, del d.lgs. n. 163 del 2006 non è rimessa alla valutazione della Stazione appaltante, ma si desume dalla disciplina previdenziale, non potendo l'Amministrazione esercitare alcun sindacato sul contenuto delle certificazioni emesse dagli enti previdenziali.

In virtù del principio di autoresponsabilità e diligenza incombe, semmai, all'impresa interessata la verifica - possibile in ogni momento e anche online - della situazione effettiva di regolarità contributiva al momento della presentazione della domanda di partecipazione alla gara.

La sentenza. Sulla richiesta di rimessione della questione pregiudiziale comunitaria, il Consiglio di Stato ritiene non sussistano gli estremi, in mancanza di contrasto tra la normativa nazionale come interpretata dai giudici di prime cure e condivisa dal medesimo Consiglio di Stato, e la normativa comunitaria in materia di gare pubbliche. Del resto trattasi di questione già specificamente affrontata dalla Corte di Giustizia (cfr. sentenza 10 luglio 2014, C-358/12, Consorzio Stabile Libor Lavori Pubblici sulla conformità tra l'art. 38, comma 1, lett. i), del d.lgs. n. 163 del 2006 e l'art. 45, paragrafo 2, della direttiva 2004/18/CE, nonché gli artt. 49 e 56 del TFUE e il principio di proporzionalità: è legittima la normativa nazionale che obblighi l'Amministrazione aggiudicatrice ad escludere dalla procedura di aggiudicazione dell'appalto un offerente responsabile di un'infrazione in materia di versamento di prestazioni previdenziali se lo scostamento tra le somme dovute e quelle versate è di importo superiore, al contempo, ad euro 100 e al 5% delle somme dovute. V. anche sentenza 10 novembre 2016, causa C 199/15).

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