Da sottotetto a mansarda ad uso abitativo in assenza dei permessi necessari. Quale reato si integra?
25 Gennaio 2018
Quale fattispecie delittuosa si pone in essere qualora venga cambiata la destinazione d'uso di un sottotetto in mansarda ad uso abitativo in assenza dei permessi richiesti dalla legge?
Il mutamento della destinazione d'uso di un sottotetto in mansarda a uso abitativo, in assenza del relativo permesso di costruire ovvero, nei casi consentiti dalla legge (v. art. 10, comma 2, d.P.R. n. 380/2001, che prevede una competenza concorrente tra Stato e Regioni), in assenza di Dia (oggi Scia), o in totale difformità da questi, integra il reato di cui all'art. 44, lett. b), d.P.R. n. 380/2001. Sul punto, la giurisprudenza della Cassazione è molto rigorosa e più volte è intervenuta per affermare il principio di diritto secondo cui «in tema di reati edilizi, la modifica di destinazione d'uso è integrata anche dalla realizzazione di sole opere interne, come ad esempio nel caso di mutamento in abitazione del sottotetto mediante la predisposizione di impianti tecnologici sottotraccia. In particolare, è configurabile il reato di cui all'art. 44, comma 1, lett. b), d.P.R. del 2001, commesso mediante il mutamento abusivo, con opere, della destinazione d'uso di un immobile, quando viene effettuata la predisposizione di impianti tecnologici sottotraccia all'interno di un vano autorizzato come 'vuoto tecnico', in quanto tale tipologia di intervento costituisce circostanza idonea per ritenere la destinazione abitativa dell'immobile» (Cass. pen., Sez. III, 13 ottobre 2016, n. 49840; conf., ex plurimis, Cass. pen., Sez. III, 7 maggio 2015, n. 42453; Cass. pen., Sez. III, 12 dicembre 2013, n. 5482; Cass. pen., Sez. III, 20 maggio 2010, n. 27713; Cass. pen., Sez. III, 8 marzo 2007, n. 17359). La Corte di cassazione ritiene, inoltre, che il reato in questione abbia natura permanente per tutto il tempo in cui perdura l'attività edilizia illecita (nel caso di specie, di regola, il cambiamento di destinazione d'uso di un vuoto tecnico come il sottotetto in vano ad uso abitativo avviene attraverso il compimento di opere edilizie) e il suo momento di cessazione va individuato o nella sospensione di lavori, sia essa volontaria o imposta ex auctoritate (provvedimento di sospensione dei lavori dell'autorità amministrativa; provvedimento di sequestro preventivo dell'immobile dell'autorità giudiziaria), o nella ultimazione dei lavori per il completamento dell'opera o, infine, nella sentenza di primo grado, ove i lavori siano proseguiti dopo l'accertamento e sino alla data del giudizio (Cass. pen., Sez. III, 4 novembre 2015, n. 49990; Cass. pen., Sez. III, 6 maggio 2014, n. 29974; Cass. pen., Sez. III, 25 settembre 2001, n. 38136). Ovviamente se detta attività edilizia comporta la realizzazione di manufatti in cemento armato, deve essere rispettata la specifica normativa tecnica; idem se l'immobile ricade in una zona sismica, con riguardo alla normativa antisismica, tenuto conto che ordinariamente la modifica della destinazione d'uso da sottotetto a mansarda abitabile implica anche un significativo aumento del carico sul solaio e che l'art. 32, d.P.R. 380/2001, individua tra le «variazioni essenziali», rispetto al titolo abilitativo, sia «il mutamento della destinazione d'uso che implichi variazioni degli standard previsti dal d.m. 2 aprile 1968, pubblicato nella G.U. n. 97 del 16 aprile 1968» (lett. a)), sia «la violazione delle norme vigenti in materia edilizia antisismica, quando non attenga a fatti procedurali» (lett. d)). La violazione di entrambe le normative è punita da speciali ipotesi di reato, previste dagli artt. 71 e ss. (in combinato disposto con gli artt. 64 ss.) del d.P.R. 380/2001, per le opere in cemento armato, e dall'art. 95 (in combinato disposto con gli artt. 83 ss. e 93-94) del d.P.R. 380/2001, per le costruzioni in zone sismiche. In merito alla natura giuridica di quest'ultima fattispecie incriminatrice, sussiste un contrasto in seno alla giurisprudenza della Cassazione, tra l'orientamento che afferma che «in materia di normativa antisismica, le contravvenzioni di omesso preavviso d'inizio attività e di inizio lavori senza preventiva autorizzazione sono reati istantanei, che si consumano nel luogo e nel momento in cui il soggetto inizi l'attività di edificazione in carenza dei previi adempimenti o dell'autorizzazione suddetta» (Cass. pen., Sez. III, 8 ottobre 2008, n. 41858; conf., Cass. pen., Sez. III, 25 giugno 2011, n. 23656; Cass. pen., Sez. III, 13 novembre 2003, n. 3351; Cass. pen., Sez. III, 10 novembre 1999, n. 3505), e il contrapposto orientamento che sostiene che «in tema di contravvenzioni antisismiche, a seguito dell'entrata in vigore del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (che ha abrogato, sostituendole, le precedenti fattispecie contemplate dagli artt. 17, 18 e 20 della l. 2 febbraio 1974, n. 64), i reati previsti dagli artt. 93 e 94 del citato decreto, sanzionati dall'art. 95, hanno natura di reati permanenti, in quanto il primo (art. 93) permane sino a quando chi intraprende l'intervento edilizio in zona sismica non presenta la relativa denuncia con l'allegato progetto ovvero non termina l'intervento, e il secondo (art. 94) permane sino a quando chi intraprende l'intervento edilizio in zona sismica lo termina ovvero ottiene la relativa autorizzazione» (Cass. pen., Sez. III, 5 dicembre 2007, n. 3069; conf., Cass. pen., Sez. III, 4 giugno 2013, n. 29737; Cass. pen., Sez. III, 25 giugno 2008, n. 35912; Cass. pen., Sez. III, 19 marzo 1999 n. 7873). A questo riguardo, le Sezioni unite della Cassazione – con una pronuncia antecedente all'insorgere del contrasto interpretativo - hanno operato una distinzione: ha natura di reato permanente «l'esecuzione di costruzioni in difformità delle norme tecniche sull'edilizia in zone sismiche, [e] tale permanenza ha termine con la cessazione dei lavori di costruzione del manufatto, a qualsiasi causa dovuta» (artt. 3 e 20 della l. n. 64 del 1974, oggi sostituiti dagli artt. 83 e 95 del d.P.R. n. 380/2001), in conformità al principio di diritto già elaborato in generale per i reati edilizi che comportino la realizzazione di opere abusive (v. sopra); mentre hanno natura di reati istantanei quelli «previsti e puniti dagli artt. 17, 18 e 20 l. 2 febbraio 1974 n. 64, provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche [oggi sostituiti dagli artt. 93, 94 e 95 del d.P.R. n. 380/2001]), e consistenti nell'omissione della presentazione della denuncia dei lavori e dell'avviso di inizio dei lavori» (Cass. pen., Sez. un., 14 luglio 1999, n. 18; conf., Cass. pen., Sez. III, 22 aprile 1998, n. 6318). Infine, per quanto concerne lo specifico reato contravvenzionale rappresentato dall'utilizzazione di un'opera in cemento armato o a struttura metallica prima del rilascio del certificato di collaudo (art. 75, d.P.R. n. 380/2001), la Suprema Corte è intervenuta a precisare che esso «ha natura di reato permanente a condotta mista in quanto comprende, da un lato, un aspetto commissivo costituito dall'utilizzazione dell'edificio e, dall'altro, un aspetto omissivo, costituito dalla mancata richiesta di collaudo all'autorità competente, con la conseguenza che il momento di cessazione della condotta antigiuridica, da cui far decorrere il termine di prescrizione, coincide con il momento di dismissione dell'utilizzo dell'immobile ovvero con il collaudo» (Cass. pen., Sez. III, 30 giugno 2016, n. 36095; conf., Cass. pen., Sez. III, 3 novembre 2011, n. 1411). |