"Netto il contrasto con il principio di effettività sostanziale della tutela": il rito super-speciale al vaglio della Corte di Giustizia dell’UE!

26 Gennaio 2018

Il TAR Piemonte ha posto, in via pregiudiziale, alla Corte di Giustizia dell'UE, due quesiti sulla compatibilità della disciplina del rito super-speciale (art. 120, commi 2-bis e 6-bis, c.p.a. e 29, comma 1 del Codice) con la disciplina europea in materia di diritto di difesa, di giusto processo e di effettività sostanziale della tutela (segnatamente, gli articoli artt. 6 e 13 della CEDU, l'art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea e l'art. 1 e 2 delle direttive ricorsi).

Lesione del diritto di difesa e ostacolo all'accesso alla giustizia. L'ordinanza in epigrafe solleva dubbi sulla compatibilità della disciplina del rito super-speciale (art. 120, commi 2-bis e 6-bis, c.p.a. e 29, comma 1 del Codice) con la disciplina europea in materia di diritto di difesa, di giusto processo e di effettività sostanziale della tutela (segnatamente, gli articoli artt. 6 e 13 della CEDU, l'art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea e l'art. 1 e 2 delle direttive ricorsi), rimettendo la questione alla Corte di Giustizia dell'UE.

Il Collegio, richiamando quanto evidenziato dalla migliore dottrina anche in questo Portale (si v. M.A. SANDULLI, Nuovi limiti al diritto di difesa introdotti dal d.lgs. n. 50 del 2016 in contrasto con il diritto eurounitario e la Costituzione), evidenzia che il rito super –speciale «si prospetta potenzialmente idoneo a dissuadere i concorrenti da iniziative processuali anticipate rispetto al verificarsi della lesione concreta” sicché “sembrano trovare fondamento le critiche sollevate da parte della dottrina che ha attribuito alla novella legislativa l'intendimento di ridurre le facoltà di difesa e, al contempo, le occasioni di sindacato del giudice amministrativo sull'esito delle gare pubbliche».

L'ordinanza sottolinea che il “mini-rito” imponendo di:

  1. impugnare il provvedimento di ammissione di tutte le altre ditte partecipanti;
  2. proporre il relativo ricorso in una fase del procedimento in cui la cognizione dei documenti di gara degli altri concorrenti è resa problematica dalla disciplina dettata nell'art. 53 del d.lgs. n. 50 del 2016;
  3. formulare censure avverso ogni atto di ammissione, per evitare di incorrere nell'inammissibilità di un ricorso cumulativo (giacchè «ogni ammissione potrebbe risultare affetta da vizi propri e distinti rispetto all'altra, con diversità oggettiva e soggettiva per ogni ricorso»), risulta in netto «contrasto con il principio di effettività sostanziale della tutela assicurato dalla direttiva recepita (89/665), laddove prevede una decadenza di motivi ricorsuali deducibili nel momento in cui l'esigenza di tutela soggettiva diviene concreta ed attuale, cioè con l'aggiudicazione».

L'incompatibilità della giurisdizione “oggettiva” con il diritto euro-unitario. Il Collegio in secondo luogo sottolinea che il rito di cui all'art 120 comma 2-bis c.p.a. introduce una tutela di tipo “oggettivo”, in cui l'azione non è sostenuta da un interesse attuale e da una lesione concreta della situazione giuridica soggettiva, sicché (anche) sotto tale profilo contrasta con i principi comunitari laddove, al contrario «forgiano il diritto di azione come diritto del solo soggetto titolare di un interesse attuale e concreto, interesse che, nell'ipotesi delle gare di appalto, consiste unicamente nel conseguimento dell'aggiudicazione, o, al più, quale modalità strumentale al perseguimento del medesimo fine, nella chance derivante dalla rinnovazione della gara».

Peraltro – evidenzia l'ordinanza – il concorrente obbligato a proporre il ricorso secondo lo schema del rito “superaccelerato” non solo non ha un interesse concreto ed attuale ad una pronuncia dell'autorità giudiziaria, «ma subisce anche un danno dall'applicazione dell'art. 120 c. 2-bis c.p.a., non solo con riferimento agli esborsi economici ingentissimi collegati alla proposizione di plurimi ricorsi avverso l'ammissione di tutti i concorrenti alla gara (in un numero potenzialmente molto elevato), ma anche per la potenziale compromissione della propria posizione agli occhi della Commissione di gara della S.A., destinataria dei plurimi ricorsi, che è chiamata nelle more del giudizio a valutare l'offerta tecnica del ricorrente; e per le nefaste conseguenze in merito al rating d'impresa disciplinato dall'art. 83 c.c.p., che individua come parametro di giudizio (negativo) l'incidenza dei contenziosi attivati dall'operatore economico nelle gare d'appalto».

L'ordinanza evidenzia che, per quanto possa estendersi la nozione di interesse processualmente rilevante fino a comprendervi l'accezione anche di un interesse strumentale alla rinnovazione della procedura, non possono certo ravvisarsi gli estremi della condizione dell'azione in una situazione in cui dall'accoglimento del ricorso non derivi neanche il limitato effetto dell'indizione di una nuova procedura.

Il contrasto con il principio di proporzionalità. Il Collegio evidenzia, infine, che la disciplina del mini-rito contrasta anche con il principio di proporzionalità giacché se da un lato «genera il rischio di una proliferazione dei ricorsi nella fase di “qualificazione”, cioè di ammissione delle imprese, e di una conseguente paralisi dei procedimenti di gara, soprattutto di quelli relativi ad appalti di rilevante importo, rispetto ai quali il gravoso onere economico dell'iniziativa giudiziaria non rappresenta una remora, con buona pace delle esigenze di celerità procedimentale e di deflazione del contenzioso che si immaginano garantite dalla riforma», dall'altro può comportare, specialmente per appalti di non elevatissimo importo, «rinunce da parte dell'interessato alla scelta di proporre il ricorso giurisdizionale».

Gravissimo - sottolinea il TAR - «è il rischio che l'operare del nuovo meccanismo preclusivo finisca per rendere inattaccabili aggiudicazioni disposte in favore di soggetti privi dei requisiti di partecipazione, posti a presidio della corretta esecuzione delle prestazioni contrattuali».

In conclusione, il Collegio sottopone all'esame della Corte di Giustizia dell'Unione Europea i due seguenti quesiti:

  1. se la disciplina europea in materia di diritto di difesa, di giusto processo e di effettività sostanziale della tutela, segnatamente, gli articoli artt. 6 e 13 della CEDU, l'art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea e l'art. 1 Dir. 89/665/CEE, 1 e 2 della Direttiva, ostino ad una normativa nazionale, quale l'art. 120 comma 2-bis c.p.a, che, impone all'operatore che partecipa ad una procedura di gara di impugnare l'ammissione/mancata esclusione di un altro soggetto, entro il termine di 30 giorni dalla comunicazione del provvedimento con cui viene disposta l'ammissione/esclusione dei partecipanti;
  2. se la disciplina europea in materia di diritto di difesa, di giusto processo e di effettività sostanziale della tutela, segnatamente, gli articoli artt. 6 e 13 della CEDU, l'art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea e l'art. 1 Dir. 89/665/CEE, 1 e 2 della Direttiva, osti ad una normativa nazionale quale l'art. 120 comma 2-bis c.p.a, che preclude all'operatore economico di far valere, a conclusione del procedimento, anche con ricorso incidentale, l'illegittimità degli atti di ammissione degli altri operatori, in particolare dell'aggiudicatario o del ricorrente principale, senza aver precedentemente impugnato l'atto di ammissione nel termine suindicato.

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