Antimafia e “White list”: va dichiarata, pena cancellazione dall’elenco, anche la nomina del direttore tecnico

Alessandro Balzano
31 Gennaio 2018

La necessità di scongiurare infiltrazioni mafiose nelle attività delle imprese impone alle Prefetture di estendere le verifiche antimafia anche ai direttori tecnici, con la conseguenza che le imprese hanno un preciso obbligo – pena l'esclusione dalla white list - di comunicare qualsiasi variazione che riguardi, per l'appunto, anche il direttore tecnico.

Il caso. Con apposita istanza, la società appellata richiedeva alla competente Prefettura l'iscrizione nell'elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa nei settori interessati (c.d. white list).

Alla predetta istanza, la società allegava idonea autocertificazione circa la rappresentazione dell'assetto proprietario e gestionale, la comunicazione del direttore tecnico in carica e dei familiari conviventi delle figure apicali.

Conclusa l'istruttoria di legge, ed in assenza di cause ostative, la medesima Prefettura comunicava alla società interessata l'avvenuta iscrizione nella White list.

Nelle more, diveniva operativa la Banca Dati Nazionale Unica Antimafia (B.D.N.A.) di talché la Prefettura procedeva ad inserire la società interessata – odierna appellata - nei relativi elenchi.

Dal confronto tra le risultanze della B.D.N.A. e quanto auto-certificato dalla società, emergeva una difformità rispetto a quanto la stessa aveva dichiarato in sede di iscrizione alla c.d. white list.

Più precisamente, risultava la nomina di un direttore tecnico mai comunicata alla competente Prefettura ragione per la quale, la stessa, veniva cancellata dalla white list, con apposito provvedimento emesso a valle di un'articolata istruttoria.

Il giudizio di primo grado. Avverso tale provvedimento, insorgeva la società chiedendone l'annullamento sulla base del presupposto che lo stesso aveva inteso estendere i presupposti dell'art. 1, comma 55), della l. n. 190 del 2012 – limitato alle modifiche dell'assetto dei soggetti “apicali” e degli organi sociali – anche al direttore tecnico.

I giudici di prime cure, accogliendo la tesi della ricorrente, oggi appellata, annullavano il provvedimento di cancellazione.

La soluzione del Consiglio di Stato. Ciò nonostante, il Consiglio di Stato – attraverso un articolato iter argomentativo – ha ribaltato l'orientamento dei Giudici di prime cure con le seguenti motivazioni.

In primo luogo, l'art. 1), comma 55, della l. n. 190 del 2012, a mente del quale «qualsiasi modifica dell'assetto proprietario e dei propri organi sociali» deve essere comunicata alla competente Prefettura entro trenta giorni dall'avvenuta modifica, non può ritenersi “svincolato” dalla normativa generale dettata codice antimafia (art. 85, commi 1 e 2, del d. lgs. n. 159 del 2011) la quale prevede espressamente che tali controlli e/o verifiche vengano effettuate – anche - sulla figura del direttore tecnico, in ragione del suo delicato ruolo gestionale ed operativo.

I due sottosistemi – quello della c.d. white list, da un lato, e quello delle comunicazioni antimafia, dall'altro – vanno letti in modo “coordinato” tra di essi ed interpretati secondo una ratio complessiva di sistema, con la conseguenza che i controlli – ed i relativi obblighi di comunicazione - andranno estesi a tutti i soggetti comunque titolari di incarichi di amministrazione, direzione e controllo.

Conclusioni. Il ragionamento articolato dal Collegio, determina quindi che: i) la necessità di scongiurare infiltrazioni mafiose nelle attività delle imprese, impone alla Prefetture di estendere le verifiche antimafia anche ai direttori tecnici; ii) conseguentemente, le impresa hanno un preciso obbligo – pena l'esclusione dalla white list - di comunicare qualsiasi variazione che riguardi, per l'appunto, anche il direttore tecnico.