L'evoluzione giurisprudenziale della perdita di chance

06 Febbraio 2018

L'affermarsi nel nostro ordinamento della chance è corso parallelo alla fase di progressiva espansione subita dal sintagma “danno ingiusto”. Questo, riferito alle sole lesioni arrecate al diritto soggettivo e in particolare ai diritti soggettivi di contenuto patrimoniale, accoglieva via via nella sua traduzione di interesse giuridicamente meritevole di protezione non soltanto diritti soggetti assoluti e relativi, ma pure interessi legittimi e aspettative.
Danno emergente e lucro cessante

Nella nostra legge, il pregiudizio al quale si collega il rimedio risarcitorio si declina sia per la responsabilità da inadempimento delle obbligazioni, sia per quella da fatto illecito nel danno emergente e nel lucro cessante. Il primo definisce il decremento (patrimoniale e non) subito dal creditore come dal danneggiato, che si misura in ragione del valore della prestazione mancata o del bene leso. Il secondo assicura la reintegrazione pure delle utilità e dei vantaggi che l'avente diritto al risarcimento avrebbe conseguito dalla disponibilità del bene di cui, invece, è stato privato (G. VALCAVI, L'indennizzo del mero lucro cessante, Roma, 1990). La quantificazione del lucro cessante difficilmente si fonda su dati certi, e così la sua liquidazione si compie spesso ricorrendo all'equità.

Al lucro cessante si suole sovente ricondurre il tema della perdita di chance e del suo apprezzamento in sede di liquidazione del danno, come se la perdita di chance integri un danno conseguenza anziché la lesione di una situazione di attesa che non deve pregiudicarsi perché anch'essa rappresenta un interesse giuridicamente rilevante e protetto.

QUALIFICAZIONE DELLA PERDITA DELLA CHANCE COME LUCRO CESSANTE

La formulazione dell'art. 2056 c.c., il quale, per la determinazione del risarcimento da illecito extracontrattuale, richiama, al comma 1, anche la disposizione dell'art. 1226 (valutazione equitativa del danno), aggiungendo, al comma 2, che il lucro cessante è determinato dal giudice con equo apprezzamento delle circostanze del caso, non autorizza la conclusione che il comma 2 del detto art. 2056 preveda una totale relevatio ob onere probandi in ordine all'accertamento delle circostanze del fatto ed all'esistenza del danno da lucro cessante; al contrario, in relazione a tale danno, sia esso originato da responsabilità contrattuale che da responsabilità extracontrattuale, la valutazione equitativa del giudice, che integra non un giudizio di equità ma un giudizio di diritto caratterizzato dalla cosiddetta equità giudiziale, non riguarda la prova dell'esistenza del pregiudizio patrimoniale, il cui onere permane a carico della parte interessata, ma solo l'entità del pregiudizio stesso, in considerazione dell'impossibilità, o, quanto meno, della grande difficoltà, di dimostrare la misura del danno (Cass. civ., 4 settembre 1985, n. 4609).

L'omissione della diagnosi di un processo morboso terminale, quando abbia determinato la tardiva esecuzione di un intervento chirurgico che normalmente sia da praticare per evitare che l'esito definitivo del processo morboso si verifichi anzitempo prima del suo normale decorso, e risulti per effetto del ritardo, oltre alla verificazione dell'intervento in termini più ampi, anche che sia andata in conseguenza perduta dal paziente la chance di conservare durante quel decorso una migliore qualità di vita e la chance di vivere alcune settimane o alcuni mesi di più rispetto a quelli poi vissuti, integra l'esistenza di un danno risarcibile alla persona (Cass. civ., 18 settembre 2008, n. 23846).

La perdita di chance nei rapporti contrattuali. La pendenza della condizione e la responsabilità precontrattuale

Nei rapporti contrattuali l'attesa di concretare l'acquisto di un diritto (o l'assunzione di un obbligo) trova espressione esplicita nella pendenza della condizione, la fase che precede e tendenzialmente prelude al verificarsi o al mancare dell'evento dedotto in condizione. In pendenza degli effetti del contratto, al contraente interessato è data tutela, legittimandolo all'esercizio di azioni capaci di salvaguardare la conservazione del bene che potrà, al compimento della condizione, entrare o rientrare nel patrimonio dell'acquirente o del disponente. In pendenza dell'avveramento della condizione le parti contrattuali debbono osservare condotta conforme alla buona fede e perciò non compromettere il corso dell'evento dedotto, tanto che la trasgressione dell'obbligo di buona fede può sanzionarsi con la fictio che dà per avverato l'evento di cui si è contrastato il verificarsi.

Quando il rimedio della fictio non è applicabile, al contraente leso nelle sue ragionevoli attese si riconosce il ristoro del danno per la opportunità perduta. Anche con riferimento alla responsabilità precontrattuale la perdita di chance ha fatto la sua comparsa per identificare il danno consistente nella perdita di altre trattative.

La violazione del canone di buona fede nella fase precontrattuale, e perciò di ingiustificato recesso dalle trattative – la figura più frequentemente rilevata come violazione del disposto dell'art. 1337 c.c. –, farebbe emergere come pregiudizio pure quello di avere distratto le proprie energie da trattative alternative per dedicarsi ad una negoziazione vanificata dall'altrui illegittimo recesso. Questa specie di danno da lucro cessante è riconosciuto nell'ambito della responsabilità precontrattuale, indipendentemente dal suo inquadramento o meno nell'area del fatto illecito.

PENDENZA DELLA CONDIZIONE E FICTIO

In caso in cui in pendenza di condizione sospensiva il soggetto che ha interesse contrario all'avveramento della condizione stessa compia atti in malafede idonei ad impedire l'avveramento della condizione stessa, è applicabile l'art. 1359 c.c. con la conseguenza che la condizione si considera avverata (Cass. civ., 27 gennaio 2012, n. 1181).

Secondo la giurisprudenza di questa Corte (Cass. civ., n. 2718/1967; Cass. civ., n. 6676/1992), se è vero che la disciplina dell'art. 1359 c.c., relativa agli effetti del mancato avveramento della condizione per fatto imputabile alla parte avente interesse contrario all'avveramento, non è applicabile alla "condicio iuris" sospensiva non potendosi sostituire con una semplice funzione legale la effettiva emanazione dell'atto amministrativo di autorizzazione, richiesto dalla legge come requisito legale dell'efficacia del negozio e come tale, peraltro, eventualmente considerato dalle stesse parti private; è però anche vero che, in tal caso, il contratto, benché rimasto inefficace per il mancato avveramento della condizione, può, tuttavia, essere dichiarato risolto in danno della parte colpevole - con la conseguente condanna al risarcimento dei danni - per essere stati violati (con dolo o con colpa o con specifici atti diretti ad impedire il verificarsi dell'evento), oltre che il generico dovere di lealtà e correttezza imposto dall'art. 1375 c.c., lo specifico obbligo previsto dall'art. 1358 c.c. stesso codice di comportarsi, in pendenza della condizione, secondo buona fede e cioè in modo da non influire sul libero corso della condizione pendente e di non accrescere il margine di incertezza insito nell'evento condizionato, onde conservare integre le ragioni dell'altra parte (Cass. civ., 22 marzo 2001, n. 4110).

Il danno che ricorre nella responsabilità precontrattuale afferisce due componenti e rispettivamente, le spese inutilmente supportate unitamente alle perdite subite, quali rientranti nel cosiddetto danno emergente, nonché la perdita conseguente ai vantaggi derivanti da altre situazioni favorevoli sfuggite al contraente e rientrati nel cosiddetto lucro cessante, oggetto di rinuncia da parte del contraente danneggiato (Cass. civ., 30 luglio 2004 n. 14539).

Perdita di chance e lesione di interessi legittimi

Ancora di perdita di chance si legge anche nella giurisprudenza amministrativa per dare riparazione al danno che subisce chi sia stato estromesso da una procedura di selezione. La chance trova in questi casi il suo significato più letterale di evento solo probabile. Quando la esclusione dalla procedura di selezione è illegittima, il partecipante perde occasione d'ottenere risultato utile. La lesione di questa aspettativa integrerebbe violazione non di un diritto soggettivo, bensì di un interesse legittimo, figura che ha trovato albergo pure nei rapporti di diritto privato soprattutto in materia di lavoro.

PERDITA DI CHANCE E LESIONE DI INTERESSE LEGITTIMO

Nelle ipotesi di risarcimento del danno da provvedimento illegittimo, la prova dell'esistenza del medesimo interviene in base ad una verifica del caso concreto che faccia concludere per la sua "certezza", la quale presuppone:

  1. l'esistenza di una posizione giuridica sostanziale della quale possa assumersi essere intervenuta una lesione; e laddove vi è esercizio di potere tale posizione sostanziale è l'interesse legittimo;
  2. l'esistenza di una lesione, che sussiste sia laddove questo possa essere a tutta evidenza e concretamente riscontrato, sia laddove vi sia «una rilevante probabilità del risultato utile» frustrata dall'agire illegittimo dell'amministrazione.

Quanto a questo secondo aspetto, l'esame della sussistenza del danno da perdita di chance interviene:

  • attraverso la constatazione in concreto della sua esistenza, ottenuta attraverso elementi probatori (ad esempio, con riferimento alle gare d'appalto, si è in presenza di un contratto eseguito o in esecuzione, che avrebbe dovuto essere certamente eseguito da una diversa impresa, in luogo di quella beneficiaria di aggiudicazione illegittima);
  • attraverso una articolazione di argomentazioni logiche, che, sulla base di un processo deduttivo rigorosamente sorvegliato, inducono a concludere per la sua sussistenza;
  • ovvero ancora attraverso un processo deduttivo secondo il criterio del c.d. "più probabile che non" e cioè «alla luce di una regola di giudizio che ben può essere integrata dai dati della comune esperienza, evincibili dall'osservazione dei fenomeni sociali» (Cons. Stato, sez. IV, 12 febbraio 2014, n. 674).

In tema di procedure concorsuali per gli avanzamenti di carriera del personale nell'ambito del rapporto di lavoro privato, qualora il datore di lavoro stabilisca attraverso un bando di concorso i criteri di selezione, assume l'obbligo di procedere secondo tali criteri e comunque secondo i principi di correttezza e buona fede, che si specificano nei doveri di imparzialità e di trasparenza. Ne consegue il sorgere, in capo a ciascun candidato, di una posizione soggettiva, oltreché di credito, di interesse legittimo di diritto privato, e non di soggezione; pertanto incombe sull'imprenditore-debitore provare di aver eseguito le operazioni di valutazione concorsuale attenendosi al suddetto dovere di imparzialità e, in caso di inadempimento, il prestatore di lavoro-creditore ben può esercitare l'azione di esatto adempimento, al fine di ottenere la ripetizione delle operazioni concorsuali e della valutazione, nonché l'azione di risarcimento del danno, danno consistente nella perdita della possibilità di un esito favorevole della valutazione e determinabile dal giudice di merito anche in via equitativa (Cass. civ., sez. lav., 4 marzo 2004, n. 4462).

Perdita di chance e fatto illecito

Il risarcimento dei danni derivati alla parte lesa da un altrui fatto illecito può ristorare anche perdite di chance, sia intese come riduzione d'una probabilità relativa a situazioni patrimoniali, sia intese come riduzione d'una probabilità relativa a situazioni non patrimoniali.

È stato risarcito come danno patrimoniale per perdita di chance la riduzione delle opportunità lavorative della vittima di sinistro stradale. Mentre è stata considerata perdita di chance, ma ascrivibile all'area del danno non patrimoniale, la mancata partecipazione ad un programma “Erasmus” da parte d'uno studente vittima di un incidente stradale e impossibilitato a quella partecipazione per i postumi riportati nel sinistro.

In materia di risarcimento di danno alla persona la perdita di chance sta occupando spazi per definire il pregiudizio che possa lamentarsi dal paziente che si dolga della mancata colpevole tempestiva diagnosi. La giurisprudenza ha inteso allinearsi alle posizioni della medicina sulla importanza di una diagnosi precoce della malattia affinché la sua cura intervenga rapidamente e con migliori effetti. Si legge sovente nelle sentenze in cui si decide di responsabilità sanitaria per omessa o tardiva diagnosi che il paziente ha subito lesione alle sue chance di sopravvivenza se non di guarigione. La probabilità di godere di una vita più lunga o di una sua migliore qualità è l'interesse al quale è data tutela, anche là dove la malattia inevitabilmente compromette la salute della persona e le sue attese di vita. In questi casi l'errore del medico o comunque la sua inadeguata condotta nella esecuzione della prestazione di diagnosi non può considerarsi causa del decesso del paziente. La sanzione della accertata mal practice non può tuttavia mancare e la perdita della chance diviene figura appropriata per dare corpo al pregiudizio risarcibile.

La probabilità insita nella chance incrocia nelle vicende di responsabilità sanitaria un'altra probabilità, quella con la quale si interpreta l'elemento del nesso causale. L'uso del criterio del “più probabile che non” può superare le imperscrutabilità scientifiche di alcuni almeno degli effetti indesiderati delle terapie e degli atti iatrogeni. La intersezione della probabilità dell'eziologia del pregiudizio con la probabilità consustanziale alla aspettativa di vita (o di una vita migliore) richiederebbe che la combinazione dei valori probabilistici si potesse comporre in modo da evitare che anche una marginale (50% + 1) probabilità eziologica valga per addebitare responsabilità per perdita di chance, rilevante peraltro quale percentuale non necessariamente superiore al 50%.

La questione della perdita di chance ovvero di aspettativa di vita non si è proposta soltanto nel caso di tardiva diagnosi di patologia neoplastica, ma pure con riferimento alla disinformazione della gestante sulle condizioni di anomalo sviluppo del feto. Mentre nelle ipotesi della prima specie la perdita di chance è stata adeguata alla diminuzione delle possibilità del paziente di affrontare con qualche successo, pur se non definitivo, la patologia, nel caso della disinformazione della gestante la occasione perduta si riferirebbe alla opzione della interruzione volontaria della gravidanza. Il pregiudizio per la gestante deriverebbe dal fatto che l'avanzare della gestazione crea preclusioni alla pratica abortiva, una facoltà che non sempre è certo che la gestante utilizzerebbe, ma che le spetta una volta riconosciutole il diritto di autodeterminazione.

Nell'uno e nell'altro gruppo di casi il ruolo della chance non è però identico. L'aspettativa di vita è un bene che si considera appartenere alla persona e che come tale può essere leso e perciò dare luogo ad un ristoro. Il diritto all'autodeterminazione, ove leso, può comportare per la vittima danni che si manifestano semplicemente nel vulnus recato ad una libertà che in sé reca pure la conseguenza dannosa, se si accerta la ammissibilità di un danno in re ipsa. Più adeguato alle prerogative offerte dalla legge 194/1978 è l'inquadramento della fattispecie nell'area della perdita di chance, ma come conseguenza dell'inadempimento degli obblighi informativi da parte del medico. Come ogni danno per il quale si reclama ristoro, di esso dovrà fornirsi prova valendo il ricorso all'equità solo per la determinazione del liquidando risarcimento.

CHANCE

: POSSIBILITÀ DI UN RISULTATO, PROBABILITÀ EZIOLOGICA E POSSIBILITÀ DI SCELTA

Qualora risulti che la persona investita da un'autovettura, pur non lavorando all'epoca del sinistro, aveva in precedenza svolto per un determinato periodo l'attività di cuoca stagionale, non più esercitabile per i postumi dell'incidente, si configura un danno patrimoniale da lucro cessante, sotto il profilo della lesione di chance, quale preclusione della possibilità di conseguire il vantaggio derivante dalla predetta attività lavorativa, con la possibilità di quantificare il pregiudizio in via equitativa (Trib. Piacenza, 11 gennaio 2011, in Foro It., 2011, 2, 1, 596).

La mancata partecipazione ad un programma di studio all'estero (Erasmus) a causa dei postumi invalidanti di un incidente stradale, non viene in rilievo quale danno patrimoniale da perdita di chance ma quale circostanza da tenere in considerazione ai fini della liquidazione del danno non patrimoniale (Trib. Milano, 25 marzo 2010, in Resp. civ., 2010, 7, 556).

In caso di responsabilità medica derivante dalla ritardata diagnosi di una neoplasia deve essere risarcito il danno da perdita della chance di guarigione o di sopravvivenza compromesse dalla omessa adozione delle terapie adeguate a causa dell'errore dei sanitari (Trib. Reggio Emilia, 3 gennaio 2008, in Resp. civ., 2008, 3, 280).

Nell'accertamento del nesso causale in materia di responsabilità civile, vige la regola della preponderanza dell' evidenza o del più probabile che non (Cass. civ., 24 ottobre 2017, n. 25112).

Il sanitario consultato da una gestante, nell'ambito del servizio sanitario nazionale, sui rischi di malformazione del concepito è responsabile nei confronti dei genitori dei danni cagionati dalla nascita del figlio malformato, in riferimento alla perdita di chance della gestante di optare per l'interruzione della gravidanza per ragioni terapeutiche (Trib. Pesaro, 26 maggio 2008).

In conclusione

La breve antologia di casi in cui più di sovente si fa richiamo alla perdita di chance è sufficiente per cogliere che talvolta la chance è considerata come bene di per sé presente nel patrimonio del soggetto, alla stregua di altre posizioni giuridiche soggettive che pur non elevandosi al rango di diritto trovano protezione; altre volte la chance si ascrive nell'area del lucro cessante e perciò delle conseguenze derivanti dall'inadempimento o dalla violazione di una regola di condotta.

Queste differenze non sempre si percepiscono in modo nitido nelle decisioni in cui si liquida risarcimento per perdita di chance. La distinzione tra danno evento e danno conseguenza è stata formulata proprio per mettere in luce, segnatamente in relazione all'applicazione dell'art. 2043 c.c., concetti che non sono tra loro sovrapponibili, valendo il danno evento come elemento costitutivo della fattispecie ed il danno conseguenza come effetto negativo sia del fatto illecito sia dell'inadempimento. La separazione fra danno evento e danno conseguenza ha rilievo pratico: incide sul tenore delle domande e sulla determinazione e distribuzione degli oneri probatori. Infatti qualsiasi sia la fonte della responsabilità, chi reclama il risarcimento deve dare dimostrazione specifica del pregiudizio lamentato, sia esso di natura patrimoniale o di natura personale, e della sua fonte causale. Anche nel caso del ristoro del danno da perdita di chance, la sua liquidazione resta subordinata alla sua dimostrazione come effetto negativo della compromissione di un interesse giuridicamente protetto e perciò d'un danno ingiusto. La chance, però, può in sé rappresentare una condizione di attesa, di pendenza, un diritto non ancora attuale, e tuttavia un bene, che né l'inadempimento né la violazione di regole di condotta possono vanificare o ridurre senza incorrere nella reazione dell'ordinamento. La chance è allora la situazione giuridica che reclama rispetto. Il danno o il pregiudizio che la lesione d'una chance possono provocare non coincide con il danno conseguenza per perdita di chance, ma con la conseguenza negativa dovuta alla chance perduta.

LA CHANCE FRA DANNO EVENTO E DANNO CONSEGUENZA

La chance è la mera possibilità di conseguire un risultato favorevole. Essa come rilevato dalla dottrina fa parte della sequenza causale che connette l'effetto dannoso definitivo alla condotta lesiva. È considerata un'entità patrimoniale a sé stante, giuridicamente ed economicamente suscettibile di autonoma valutazione, e non una mera aspettativa di fatto (Cass. civ., n. 1752/2005) […]. In realtà il danno, e la relativa prova, varia da fattispecie a fattispecie: se le lesioni subite in un incidente stradale non sono sufficienti di per sé a sostenere un danno per perdita di chances lavorative (Cass. civ., n. 1752/2005), se in un concorso per titoli va dimostrato il grado di probabilità di conseguire il risultato favorevole (Cass. civ., n. 852/2006; Cass. civ., n. 22524/2006), in un concorso per esami nel quale non rilevi un punteggio di ammissione e nessuno può divinare il risultato finale, è la stessa esclusione illegittima alla partecipazione che comporta la impossibilità di vittoria e quindi la perdita della relativa chance. È pertanto legittima una valutazione equitativa del danno commisurata al grado di probabilità del risultato favorevole o, come nel caso citato, alla perdita delle chances in sé (Trib. Torino, 8 aprile 2009).

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