La legittimità dell’art. 38, comma 1, lett. c), Vecchio Codice in riferimento alla normativa comunitaria del 2004
03 Febbraio 2018
Richiama la sentenza 20 dicembre 2017, in causa C-178/16, con la quale la Corte di Giustizia ha ritenuto che l'art. 45, paragrafo 2, comma 1, lett. c), d) e g), della direttiva 2004/18/CE, nonché i principi di parità di trattamento e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che non ostano ad una normativa nazionale che consente all'amministrazione aggiudicatrice :
La Corte di Giustizia ha inoltre affermato che lo Stato membro ha «il diritto di determinare le condizioni di tale dissociazione e di richiedere, come avviene nel diritto italiano, che l'impresa offerente informi l'amministrazione aggiudicatrice della condanna subita da un suo amministratore, anche se tale condanna non è ancora definitiva» (punto 41); ha altresì statuito che «l'impresa offerente, che deve soddisfare tali condizioni, può presentare tutte le prove che, a suo avviso, dimostrano una siffatta dissociazione» (punto 42), aggiungendo infine che «se detta dissociazione non può essere dimostrata in modo tale da convincere l'amministrazione aggiudicatrice, ne consegue necessariamente che si applica la causa di esclusione» (punto 43).
In tale modo la Corte di Giustizia ha confermato la legittimità comunitaria di una norma, quale l'art. 38, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 163 del 2006, che pone a carico dei concorrenti obblighi dichiarativi sull'assenza di sentenze definitive di condanna, correlandovi una causa di esclusione dalla gara, ove l'impresa non riesca adeguatamente a dimostrare che vi sia stata la dissociazione dalla condotta penalmente sanzionata, rimettendo, in definitiva, all'Amministrazione la valutazione discrezionale sull'integrazione della condotta dissociativa. |