Ambito di incidenza delle clausole sociali contenute nella lex specialis di gara

Benedetta Valcastelli
06 Febbraio 2018

È legittima la clausola sociale che comporta l'obbligo, per l'impresa aggiudicataria di un appalto, di assumere a tempo indeterminato e in forma automatica il personale utilizzato dall'impresa “uscente”?

È legittima la clausola sociale che comporta l'obbligo, per l'impresa aggiudicataria di un appalto, di assumere a tempo indeterminato e in forma automatica il personale utilizzato dall'impresa “uscente”?

L'art. 50 del d.lgs. n. 50 del 2016 (Codice dei contratti pubblici) prevede che per gli affidamenti dei contratti di concessione e di appalto di lavori e servizi diversi da quelli aventi natura intellettuale, con particolare riguardo a quelli relativi a contratti ad alta intensità di manodopera, i bandi di gara, gli avvisi e gli inviti inseriscono, nel rispetto dei principi dell'UE, specifiche clausole sociali volte a promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato, prevedendo l'applicazione da parte dell'aggiudicatario, dei contratti collettivi di settore di cui all'articolo 51 del d.lgs n. 81 del 2015. La norma precisa altresì che i servizi ad alta intensità di manodopera sono quelli nei quali il costo della manodopera è pari almeno al 50 per cento dell'importo totale del contratto.

La clausola sociale ha quindi la funzione di garantire la continuità del servizio e di assicurare la stabilità occupazionale dei lavoratori.

Venendo alla risposta al quesito prospettato, è ragionevole ritenere che una clausola sociale che imponga l'obbligo, per l'impresa aggiudicataria di un appalto, di assumere a tempo indeterminato e in forma automatica il personale utilizzato dall'impresa “uscente”, sia considerata illegittima.

La giurisprudenza amministrativa ha infatti circoscritto l'ambito di incidenza delle clausole sociali, da un lato ritenendo che le stesse debbano «rispondere a una ferrea logica di correlazione tra requisiti richiesti e prestazioni da appaltare» (TAR Toscana, Firenze, Sez. I, 2 gennaio 2018, n. 18), dall'altro escludendo che tali clausole possano comportare in forma automatica e generalizzata l'obbligo di assunzione del personale uscente, dovendo essere armonizzate con il principio di libertà di organizzazione dell'imprenditore (Cons. St., Sez., III, 30 marzo 2016, n. 1255; Id., 9 dicembre 2015, n. 5598).

In particolare, la giurisprudenza richiamata ha affermato che:

  • la “clausola sociale” deve conformarsi ai principi nazionali e comunitari in materia di libertà di iniziativa imprenditoriale e di concorrenza, risultando, altrimenti, lesiva della concorrenza, scoraggiando la partecipazione alla gara e limitando ultroneamente la platea dei partecipanti, nonché atta a ledere la libertà d'impresa, riconosciuta e garantita dall'art. 41 Cost.;
  • conseguentemente, l'obbligo di riassorbimento dei lavoratori alle dipendenze dell'appaltatore uscente, nello stesso posto di lavoro e nel contesto dello stesso appalto, deve essere armonizzato e reso compatibile con l'organizzazione di impresa prescelta dall'imprenditore subentrante;
  • la clausola non comporta invece alcun obbligo per l'impresa aggiudicataria di un appalto pubblico di assumere a tempo indeterminato ed in forma automatica e generalizzata il personale già utilizzato dalla precedente impresa o società affidataria (da ultimo, TAR Toscana, Firenze, Sez. I, 2 gennaio 2018, n. 18; Id., Sez. III, 13 febbraio 2017, n. 231).

Sul punto, peraltro, anche l'ANAC ha avuto modo di evidenziare che la “clausola sociale” deve solo comportare priorità nell'assorbimento del personale uscente, mentre non può comportare obbligo di integrale assorbimento (pareri n. 41 del 2013 e 40 del 2014).

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