Alla CGUE la questione pregiudiziale di compatibilità euro-unitaria del limite italiano al subappalto

Guglielmo Aldo Giuffrè
12 Febbraio 2018

Il TAR Lomardia, nella sentenza in commento, pur conscio della legittimità dell'esclusione in base alla normativa interna, ha ritenuto tuttavia necessario sollevare, al fine della corretta decisione della questione, alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea la questione pregiudiziale di compatibilità con il diritto euro-unitario, che non prevede alcuna limitazione quantitativa in tema di subappalto, del suddetto limite, imposto dalla normativa nostrana in materia di contratti pubblici.
Massima

Il TAR Milano ha sollevato alla CGUE la seguente questione pregiudiziale: «Se i principi di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi, di cui agli articoli 49 e 56 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea (TFUE), l'articolo 71 della direttiva 2014/24del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014, il quale non contempla limitazioni quantitative al subappalto, e il principio eurounitario di proporzionalità, ostino all'applicazione di una normativa nazionale in materia di appalti pubblici, quale quella italiana contenuta nell'articolo 105, comma 2, terzo periodo, del decreto legislativo18 aprile 2016, n. 50, secondo la quale il subappalto non può superare la quota del 30 per cento dell'importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture».

Il caso

La vicenda ha ad oggetto una procedura ristretta indetta da Autostrade per l'Italia S.p.A. per l'affidamento dei lavori di ampliamento della quinta corsia dell'Autostrada A8 della barriera di Milano Nord all'Interconnessione di Lainate, con un importo a base di gara pari a € 85.211.216,84 IVA esclusa, di cui € 6.056.940,86 per oneri della sicurezza non soggetti a ribasso.

La questione

La Commissione di gara ha accertato il superamento da parte di un concorrente del limite massimo, imposto dall'art. 105, comma 2, d.lgs. 50/2016 s.m.i., del 30% delle prestazioni subappaltabili e, di conseguenza, la Stazione appaltante ha disposto l'esclusione della stessa dalla procedura di gara. Il TAR, adito dal concorrente escluso, pur conscio della legittimità dell'esclusione in base alla normativa interna, ha ritenuto tuttavia necessario sollevare, al fine della corretta decisione della questione, alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea la questione pregiudiziale di compatibilità con il diritto euro-unitario, che non prevede alcuna limitazione quantitativa in tema di subappalto, del suddetto limite, imposto dalla normativa nostrana in materia di contratti pubblici.

Le soluzioni giuridiche

Il Collegio, partendo dalla ricostruzione del quadro normativo in tema di subappalto, ha rilevato che l'introduzione di limiti quantitativi al subappalto risale sin dall'art. 18 l. 19 marzo 1990 n. 55, volta a prevenire la delinquenza di tipo mafioso e altre gravi forme di pericolosità sociale; quella originaria impostazione individuava nel subappalto uno strumento “pericoloso”, in quanto atto a essere utilizzato fraudolentemente per eludere le regole di gara al fine di acquisire indebitamente le commesse pubbliche, specialmente nei casi in cui veniva utilizzato nella sola fase esecutiva dell'appalto, sfuggendo così a ogni controllo amministrativo.

La pronuncia ha poi dato conto dei pareri resi dal Consiglio di Stato in merito alla disposizione di cui all'art. 105, comma 2, d.lgs. n. 50 del 2016 dell'attuale codice: per un verso, rammentando che nel parere 855/2016 era stato affermato che il legislatore nazionale poteva introdurre limiti di maggior rigore rispetto a quanto previsto dalla direttiva 24/2014 in tema di subappalto, in quanto non poteva considerarsi violazione del divieto di gold plating, né tradursi in un ingiustificato ostacolo alla concorrenza, l'introduzione di un limite giustificato dalla salvaguardia di fondamentali interessi e valori costituzionali, tutelati anche dall'art. 36 TFUE, oltre che da pregnanti ragioni di ordine pubblico, di tutela della trasparenza e del mercato del lavoro; per altro verso, che nel parere 782/2017 (dovendo ricondursi tutta la giurisprudenza della CGUE contraria all'apposizione di limiti quantitativi al subappalto alla vigenza della precedente direttiva 18/2004), era stato evidenziato che la direttiva 24/2014 includeva espressamente per la prima volta nella disciplina del subappalto le finalità di maggiore trasparenza e di tutela giuslavoristica oltre che di tutela delle micro, piccole e medie imprese. Una simile prospettiva sembra rafforzare l'idea di una disciplina più restrittiva e, quantomeno, non porsi in frontale contrasto con l'introduzione di limiti quantitativi al subappalto, pure non contemplati espressamente (così come nelle direttive precedenti).

Il Collegio ha proseguito con la ricognizione dell'attuale disciplina euro-unitaria dell'istituto, oggi rappresentata essenzialmente dall'art. 71 direttiva 24/2014, ribadendo che tale norma, pur consentendo l'introduzione di previsioni più restrittive sotto diversi aspetti, non contempla alcun limite quantitativo al subappalto; il giudice ha evidenziato altresì la rilevanza degli artt. 49 e 56 del TFUE, che vietano le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini, consentendo loro l'accesso alle attività autonome e al loro esercizio, nonché la costituzione e la gestione di imprese, e alla libera prestazione dei servizi.

La Sezione ha quindi svolto una disamina delle recenti pronunce della CGUE in merito alla legittimità di normative di altri Stati in tema di subappalto, seppur evidenziandone il contrasto con le precedenti direttive e non con quelle attuali, ricordando che la Corte ha statuito l'illegittimità di una normativa nazionale che imponga all'aggiudicatario, anche in caso di ricorso al subappalto, di eseguire in proprio l'opera principale (CGUE, C-298/15, Borta Uab) o che consenta alla stazione appaltante di imporre al futuro aggiudicatario l'esecuzione in proprio di una determinata percentuale dei lavori oggetto dell'appalto, precludendogli così la possibilità di ricorrere in modo illimitato allo strumento del subappalto, salvo il solo caso in cui non sia stata in grado di verificare le capacità degli eventuali subappaltatori (CGUE, C-406/14, Wroclaw).

Esaurita la parte ricostruttiva, il Collegio ha manifestato le proprie perplessità circa la compatibilità dell'art. 105, comma 2, terzo periodo, del d.lgs. n. 50 del 2016 con i principi e le regole ricavabili dagli articoli 49 e 56 TFUE e dall'art. 71 della direttiva 24/2014, sulla base della considerazione che la previsione di un limite generale del 30% per il subappalto, con riferimento all'importo complessivo del contratto, sia per il contratto di lavori, sia per quello di servizi e forniture, impedendo agli operatori economici di subappaltare a terzi una parte cospicua delle opere, potrebbe rendere più difficoltoso l'accesso delle PMI agli appalti pubblici e ostacolare l'esercizio della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi dei cittadini stranieri, precludendo, peraltro, agli stessi acquirenti pubblici l'opportunità di ricevere offerte più numerose e diversificate. Secondo la Sezione, infatti, tale limite, non previsto dall'art. 71 direttiva 24/2014, impone indubitabilmente una restrizione alla facoltà di ricorrere al subappalto per una parte del contratto, fissata peraltro in maniera astratta in una determinata percentuale, a prescindere dalla possibilità di verificare le capacità di eventuali subappaltatori (che sola potrebbe giustificare un simile limite secondo la giurisprudenza della CGUE) e senza alcun riferimento al carattere essenziale delle prestazioni.

Secondo il Collegio, solo l'obiettivo di assicurare l'integrità dei contratti pubblici e la loro immunità da infiltrazioni della criminalità potrebbe giustificare una restrizione alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi, come del resto affermato anche dal parere del Consiglio di Stato; ma, d'altro canto, secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia, una restrizione alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi può essere giustificata solo qualora essa persegua un obiettivo legittimo di interesse pubblico e purché rispetti il principio di proporzionalità. Una simile considerazione porta il Collegio a dubitare che il limite quantitativo imposto dal Codice dei contratti pubblici possa ritenersi giustificato, dal momento che sia l'art. 71 della direttiva 2014/24 sia l'art. 105 del d.lgs. n. 50 del 2016 prevedono una serie di obblighi informativi e di adempimenti procedurali per effetto dei quali l'impresa subappaltatrice può oggi ritenersi assoggettata a controlli analoghi a quelli svolti nei confronti dell'impresa aggiudicataria; e, allo stesso tempo, la stazione appaltante è posta in condizione di conoscere, in anticipo, le parti dell'appalto che si intende subappaltare a terzi e l'identità dei subappaltatori proposti, nonché di verificare, in capo al subappaltatore, il possesso della qualificazione, l'assenza di motivi di esclusione, la posizione di regolarità contributiva e il rispetto degli obblighi di sicurezza. Quindi, secondo il TAR, nel descritto contesto normativo, «la misura drastica della limitazione quantitativa del subappalto al 30% dell'importo complessivo del contratto non sembra rappresentare lo strumento più efficace ed utile (che “non vada oltre quanto è necessario a tal fine”) al soddisfacimento dell'obiettivo di assicurare l'integrità del mercato dei contratti pubblici; tale obiettivo, infatti, pare potersi ritenere già adeguatamente soddisfatto per mezzo delle nuove previsioni che consentono (purché correttamente applicate) di effettuare verifiche e controlli più pregnanti rispetto al passato, finalizzate a garantire che il subappalto venga affidato, in condizioni di trasparenza, ad operatori capaci e immuni da controindicazioni».

Osservazioni

Il dubbio manifestato dal TAR Milano in merito alla compatibilità euro-unitaria di detta limitazione - che era già presente nel previgente Codice per i servizi, le forniture e i lavori, ma che, con riferimento a questi ultimi, era applicabile alla sola categoria prevalente, mentre nel nuovo Codice è estesa all'importo complessivo di qualsiasi contratto - appare condivisibile.

Ciò in quanto effettivamente la ratio che in passato poteva giustificare la limitazione della quota di prestazioni oggetto di subappalto, legata al rischio di inaffidabilità del subappaltatore, sembrerebbe essere venuta effettivamente meno in ragione:

  • della necessaria previa autorizzazione della stazione appaltante,
  • della necessaria qualificazione del subappaltatore nella categoria relativa alle prestazioni subappaltategli,
  • della necessaria indicazione delle prestazioni che il concorrente intende subappaltare già al momento dell'offerta,
  • della necessaria dimostrazione da parte del concorrente dell'assenza di motivi di esclusione ex art. 80 in capo ai subappaltatori,
  • della necessaria indicazione della terna di subappaltatori già al momento della formulazione dell'offerta (per gli appalti di importo superiore alle soglie comunitarie e per quelli che, comunque, sono maggiormente esposti a rischio di infiltrazioni mafiose),
  • dell'esclusione dei subappaltatori che abbiano partecipato alla procedura di affidamento dell'appalto.

Vedremo quindi se la c.d. “opzione zero” suggerita dallo stesso Consiglio di Stato in sede di parere sarà avallata o meno dalla Corte di Giustizia.

Per completezza, si segnala altresì che la questione sollevata alla CGUE non sembra l'unica di dubbia compatibilità euro-unitaria concernente la normativa nazionale in tema di subappalto, dal momento che, sollevano alcune perplessità anche la previsione di cui al comma 6 dell'art. 105 Codice, che, benché temperata nel testo finale del decreto correttivo alla luce delle indicazioni del Consiglio di Stato, impone comunque l'obbligatorietà dell'indicazione della terna dei subappaltatori già al momento della presentazione dell'offerta, onerando così un mero concorrente di fornire un'indicazione che sarebbe logico rendesse il solo aggiudicatario. Infatti, la citata disposizione, nella sua formulazione finale prevede siffatto onere “anticipato” in tutti i casi in cui «gli appalti di lavori, servizi e forniture siano di importo pari o superiore alle soglie di cui all'articolo 35 o, indipendentemente dall'importo a base di gara, riguardino le attività maggiormente esposte al rischio di infiltrazione mafiosa, come individuate al comma 53 dell'articolo 1 della legge 6 novembre 2012, n. 190» e anche la sua estensione, nel caso di appalti aventi ad oggetto più tipologie di prestazioni, a ciascuna tipologia di prestazione omogenea prevista nel bando di gara, mentre, per gli appalti sotto le soglie di cui all'articolo 35, impone alle stazioni appaltanti di indicare comunque nel bando di gara le modalità e le tempistiche per la verifica delle condizioni di esclusione di cui all'articolo 80 prima della stipula del contratto stesso, per l'appaltatore e i subappaltatori e l'indicazione dei mezzi di prova richiesti per la dimostrazione delle circostanze di esclusione per gravi illeciti professionali come previsti dal comma 13 dell'articolo 80. Tale disciplina sembra quindi anticipare il momento dell'indicazione dei possibili subappaltatori rispetto a quello imposto dalla direttiva, che, al comma 5, dell'art. 71 la impone solo «dopo l'aggiudicazione dell'appalto e al più tardi all'inizio dell'esecuzione del contratto» e dunque porsi in contrasto con essa, oltre che con la legge delega, che espressamente ha previsto il divieto di gold plating.

Inoltre, suscita dubbi di compatibilità anche la permanenza nel vigente art. 105, al comma 14, dell'obbligo per l'affidatario di praticare, per le prestazioni affidate in subappalto, «gli stessi prezzi unitari risultanti dall'aggiudicazione, con ribasso non superiore al venti per cento, nel rispetto degli standard qualitativi e prestazionali previsti nel contratto di appalto» e di «corrispondere i costi della sicurezza e della manodopera, relativi alle prestazioni affidate in subappalto, alle imprese subappaltatrici senza alcun ribasso». Infatti, al fine di evitare eventuali distorsioni di mercato, si dovrebbe interpretare la disposizione nel senso di riferire il ribasso vietato a quello incidente sui minimi previsti dal trattamento economico e normativo stabiliti dai contratti collettivi, similmente a quanto previsto per la verifica dell'appaltatore, anche in considerazione dell'inserimento – con il decreto correttivo, all'art. 23, comma 16, d.lgs. n. 50/2016 del Codice – dell'obbligo di riportare i costi della manodopera nei documenti di gara.

In conclusione, nonostante la condivisibile scelta di non “forzare la mano” – approfittando del tenore più restrittivo delle nuove direttive euro-unitarie in tema di subappalto rispetto a quelle fornite nel 2004 –, modificando il testo dello schema di decreto in una versione più soft, numerose sono le perplessità circa la conformità dell'art. 105 nella sua definitiva formulazione rispetto al diritto euro-unitario.

In particolare, la c.d. “opzione zero”, suggerita dal Consiglio di Stato e dalla Conferenza unificata e accolta con favore dal legislatore delegato, di mantenere invariato il limite massimo del 30% dell'importo complessivo del contratto per la subappaltabilità di tutte le prestazioni oggetto dell'appalto, e di non limitarlo quindi per i lavori, come previsto originariamente dallo schema e come già dettato dalla previgente disciplina, alla sola categoria prevalente, suscita fondati dubbi in quanto tale limite – sia che venga limitato ad alcune categorie sia che venga imposto in via generale – eccede manifestamente le previsioni dettate dall'art. 71 della direttiva e le stesse indicazioni della legge delega, rivelandosi al di fuori di ogni dubbio una chiara ipotesi di gold plating.

Guida all'approfondimento

In dottrina si segnala G.A. GIUFFRÈ, Subappalto, in lamministrativista.it, 2017; G.A. GIUFFRÈ, Le novità in tema di subappalto, in F. CARDARELLI, M. LIPARI, M. A. SANDULLI (a cura di), Il correttivo al codice dei contratti pubblici, Giuffrè Editore, Milano, 2017;A. DI RUZZA, C. LINDA, Art. 118, in S. BACCARINI, G. CHINÈ, R. PROIETTI (a cura di), Codice dell'appalto pubblico, Giuffrè Editore, Milano, 2015, 1366 ss.; V. DI IORIO, G.A. GIUFFRÈ, Il subappalto, in F. CARINGELLA, M. GIUSTINIANI (a cura di), Manuale di Diritto Amministrativo. IV. I contratti pubblici, Roma, 2014, 1378 ss.; F. CARINGELLA, M. PROTTO, Codice dei contratti pubblici, Roma, 2012, 823 ss.; A. CARULLO, G. IUDICA, Commentario breve alla legislazione sugli appalti pubblici e privati, Padova, 2012, 915 ss.; S. BACCARINI, G. CHINÈ, R. PROIETTI (a cura di), Codice dell'appalto pubblico, Giuffrè Editore, Milano 2012, 1344 ss.; S. FANTINI, Il subappalto, in M.A. SANDULLI, R. DE NICTOLIS, R. GAROFOLI (a cura di), Trattato sui contratti pubblici, Milano, 2008, 3401 ss.; M. ZOPPOLATO, Il subappalto, in M.A. SANDULLI, R. DE NICTOLIS, R. GAROFOLI (a cura di), Trattato sui contratti pubblici, Milano, 2011, 4777 ss.; R. GAROFOLI, G. FERRARI, Codice degli appalti pubblici, Nel Diritto, 2011, 1228 ss.

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