I poteri del PM nella negoziazione assistita "senza figli"
15 Febbraio 2018
Massima
I coniugi senza figli minorenni, maggiorenni non autosufficienti o portatori di handicap grave, non possono effettuare cessioni di quote di s.r.l. con gli accordi di negoziazione assistita familiare, essendo ammissibile solo un impegno a trasferire; conseguentemente il Procuratore della Repubblica, cui l'accordo sia stato trasmesso ex art. 6, d.l. n. 132/2014, può legittimamente rifiutarsi di apporre il nulla osta. Il caso
Tizia e Caio, assistiti ciascuno di essi da un avvocato, hanno depositato presso la Procura della Repubblica del Tribunale di Torino un accordo di divorzio concluso a seguito di convenzione di negoziazione assistita, assumendo: i) di non avere figli minorenni, maggiorenni non autosufficienti o portatori di handicap; ii) di essersi separati consensualmente a mezzo di accordo ex art. 6, d.l. n. 132/2014, cui era stato apposto il nulla osta da parte del Procuratore della Repubblica; iii) che dalla separazione erano trascorsi i sei mesi di legge. Con riferimento alle pattuizioni accessorie, le parti avevano dato atto della cessione fatta da Tizia a favore di Caio della quota di partecipazione sociale di una s.r.l. e che Tizia, a titolo di una tantum ex art. 5, l. n. 898/1970, avrebbe rinunziato al proprio credito derivante da una delle clausole della separazione. Gli Avvocati delle parti hanno dunque depositato l'originale dell'accordo sottoscritto dalle parti nonché da loro stessi (per la certificazione dell'autografia della firma dei coniugi e per la dichiarazione di conformità dell'accordo all'ordine pubblico e alle norme imperative) alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torino, unitamente ai documenti richiesti dalla prassi locale (http://procura.torino.it/allegatinews/negoziazione_assist_9235.pdf) al fine di ottenere il nulla osta, apposto il quale l'accordo avrebbe prodotto gli effetti della sentenza di cessazione degli effetti civili del matrimonio da loro contratto. La questione
L'art. 6, d.l. n. 132/2014 non dice nulla in merito ai limiti e ai poteri del Procuratore della Repubblica con riferimento al rilascio del nulla osta agli accordi di negoziazione assistita conclusi tra coniugi che non hanno figli minorenni, maggiorenni non economicamente autosufficienti o portatori di handicap: il suo controllo è limitato solo all'aspetto formale? Deve invece fare una compiuta verifica sul merito degli accordi? Quando può legittimamente rifiutare di apporre il proprio nulla osta? Il Procuratore della Repubblica di Torino, con il provvedimento in questione, prende una posizione netta sulle questioni sollevate. Le soluzioni giuridiche
Come è noto, la legge sulla negoziazione assistita prevede un meccanismo bicefalo ed eventualmente bifasico. Se la coppia che intende separarsi o divorziare (o sciogliere l'unione civile) mediante negoziazione assistita, ha figli minorenni, maggiorenni non autosufficienti o portatori di handicap grave, deve chiedere al Pubblico Ministero l'autorizzazione all'accordo; nel caso di rifiuto, il PM deve trasmettere, entro 5 giorni, gli atti al Presidente del Tribunale, che fissa udienza di comparizione delle parti e «provvede senza ritardo». La laconicità della norma ha creato un vivace dibattito dottrinale (cfr. F. Danovi, Il PM nella procedura di negoziazione assistita. I rapporti con il Presidente del Tribunale, in Fam. e Dir., 2017, 69) e giurisprudenziale (cfr. Trib. Termini Imerese, 24 marzo 2015, v. C. Trapuzzano, La natura del procedimento e i poteri presidenziali dopo il diniego del PM all'accordo di negoziazione assistita, in IlFamiliarista.it; Trib. Pistoia, 16 marzo 2015, v. L. M. Cosmai, Negoziazione assistita: l'omologazione degli accordi della separazione consensuale, in IlFamiliarista.it; Trib. Palermo, 1 dicembre 2016, v. C. Calabrese, Nell'ambito della negoziazione assistita il Presidente non è vincolato dai rilievi fatti dal Pubblico Ministero, in IlFamiliarista.it). Allo stato l'interpretazione dominante ritiene che il Pubblico Ministero possa rifiutarsi di autorizzare l'accordo ove rinvenga vizi formali (p.e. nel caso in cui gli Avvocati non abbiano informato i genitori dell'importanza per i figli di trascorrere tempi adeguati con ciascuno di essi, v. Trib. Torino 13 maggio 2016) oppure ove le clausole dell'accordo siano in contrasto con l'interesse dei figli (minorenni, maggiorenni economicamente non autosufficienti o portatori di handicap); in questi casi l'accordo potrà essere emendato o autorizzato ex novo dal Presidente del Tribunale il quale non è comunque tenuto al rispetto delle determinazioni del Pubblico Ministero. Anche gli accordi di separazione, divorzio, scioglimento dell'unione civile conclusi a seguito di convenzione di negoziazione assistita per coppie senza figli minorenni, maggiorenni non autosufficienti o portatori di handicap devono essere trasmessi al Procuratore della Repubblica che, ai sensi dell'art. 6, d.l. n. 132/2014, in questo caso ove non ravvisa «irregolarità» si limita a comunicare «agli Avvocati il nulla osta per gli adempimenti ai sensi del comma 3» (ovverosia la trasmissione dell'accordo al Comune). L'interpretazione della procura torinese è molto netta: il Pubblico Ministero ha il potere/dovere di valutare il merito degli accordi presi dai coniugi separandi o a quelli che chiedono di poter divorziare (e, ovviamente anche a coloro che intenderanno sciogliere l'unione civile tra loro contratta). Può, dunque, rifiutarsi di apporre il nulla osta qualora «nell'ambito dell'accordo (...) una delle due parti dichiara di cedere e non di impegnarsi a cedere con successivo atto la quota di partecipazione pari al 50%» di una s.r.l. e comunque tutte le volte in cui «l'accordo sottende complesse questioni patrimoniali in assenza di qualsivoglia allegata documentazione».
Osservazioni
Il Procuratore torinese, con il provvedimento in esame, in assenza di precise disposizioni legislative, si concede poteri molto ampi nell'ambito della negoziazione assistita per coppie senza figli, ritenendo di poter rifiutare l'apposizione del nulla osta, anche qualora non concordi con il merito degli accordi e anche ove non siano presenti soggetti “deboli”. La soluzione torinese presenta più di una criticità e non pare essere condivisibile. Non vi sono dubbi che il Procuratore della Repubblica non solo possa ma debba rifiutare l'apposizione del nulla osta tutte le volte in cui ravvisi deviazioni formali dallo schema legislativamente previsto; ad esempio, se ritiene che i figli maggiorenni non siano economicamente autosufficienti, qualora gli avvocati non abbiano tentato la conciliazione o non abbiano avvertito le parti di poter ricorrere alla mediazione familiare; oppure, ancora, qualora manchi la data di sottoscrizione, oppure la certificazione degli avvocati; ciò però non significa che il potere del PM possa spingersi sino al punto di sindacare il merito degli accordi raggiunti dai coniugi, neppure utilizzando come “grimaldello” interpretativo il fatto che l'accordo non debba mai essere in contrasto con le norme imperative e l'ordine pubblico; detta valutazione, infatti, è rimessa nella fase fisiologica agli avvocati e in quella, eventualmente, patologica, al Giudice che dovesse essere investito dell'eventuale causa di nullità dell'accordo. Il riconoscimento al Procuratore della Repubblica di un ampio potere discrezionale in merito alla congruità degli accordi economici raggiunti tra i coniugi, tramite l'assistenza di due avvocati, si porrebbe poi in stridente contrasto sia con la formulazione letterale della norma (l'uso di termini come irregolarità e nulla osta rimanda necessariamente ad aspetti formali) sia con le finalità e la natura stessa della negoziazione assistita, anche di quella dotata di maggiori peculiarità come la negoziazione assistita familiare. L'interpretazione “torinese” poi produce almeno: i) il PM avrebbe, nell'ambito della negoziazione assistita, poteri ancor più vasti di quelli che gli sono riconosciuti nei procedimenti giurisdizionali di separazione, divorzio e modifica, laddove, ex art. 70 c.p.c. riveste il ruolo di parte; ii) negli accordi di negoziazione assistita familiare, ove sono previsti due avvocati e dunque sono maggiori le forme di prevenzione da eventuali abusi, vi sarebbe un controllo sostanziale più pregnante rispetto a quello (di fatto inesistente) previsto nel “divorzio amministrativo” ex art. 12, d.l. n. 132/2014; iii) nelle negoziazioni assistite per coppie con figli il PM non potrebbe mai negare l'autorizzazione all'accordo muovendo rilievi alle clausole dell'accordo che riguardano i coniugi, mentre potrebbe farlo nelle negoziazioni assistite per coppie senza figli che, oltretutto, non possono neppure godere della fase “presidenziale” prevista solo per l'ipotesi di mancata autorizzazione; iv) il PM nella negoziazione assistita avrebbe un potere “di veto” maggiore rispetto a quello che è riconosciuto al Presidente nella separazione consensuale, giacché, è noto, quest'ultimo può solo esercitare una forma di moral suasion sulle parti e non certo rifiutare l'omologa che è, invece, di competenza collegiale. In sintesi, dunque, nel caso di accordi di separazione, divorzio, modifica, scioglimento dell'unione civile, per coppie che non abbiano figli comuni minorenni, maggiorenni non economicamente autosufficienti o portatori di handicap, si ritiene che il controllo da parte del Procuratore della Repubblica non possa che essere di natura meramente formale, dovendo, dunque, egli verificare che le parti e gli Avvocati abbiano rispettato tutti i requisiti richiesti dall'art. 6, d.l. n. 132/2014 per la valida conclusione dell'accordo ma non potendo svolgere alcuna indagine nel merito. Il provvedimento torinese, poi, non convincerebbe neppure ove si volesse riconoscere al PM il diritto/dovere di sindacare il merito degli accordi. Nel caso in esame infatti, il nulla osta è stato rifiutato perché «nell'ambito dell'accordo (...) una delle due parti dichiara di cedere e non di impegnarsi a cedere con successivo atto la quota di partecipazione pari al 50%». Così argomentando, il PM piemontese ritiene che con la negoziazione assistita i coniugi non possano mai effettuare trasferimenti di proprietà e/o cessioni o, quanto meno, che dette cessioni non potranno mai avere ad oggetto non solo diritti reali su beni immobili ma anche quote di partecipazioni per il cui trasferimento la legge richiede l'intervento del Notaio (che autentica la sottoscrizione di venditore e acquirente e ne cura il deposito presso il Registro delle Imprese).
La soluzione non convince per due ordini di motivi: 1. Gli accordi conclusi a seguito di convenzione di negoziazione assistita familiare producono gli effetti dei provvedimenti di separazione, divorzio, scioglimento dell'unione civile o modifica e possono contenere anche atti di trasferimento di diritti reali su beni immobili ai sensi dell'art. 5 comma 3, d.l. n. 132/2014; in nessuna parte del testo di legge è dunque previsto, come parrebbe intendere il PM torinese, che l'accordo non possa mai avere a oggetto trasferimenti di proprietà e che, dunque, esso possa solo contenere patti ad effetti obbligatori e mai patti che producono immediatamente l'effetto traslativo; 2. In forza dell'orientamento attualmente dominante (App. Trieste, 6 giugno 2017, v. L. Catania, Negoziazione assistita e trascrizione nei registri immobiliari: è necessario il notaio, in IlFamiliarista.it; Trib. Genova, 8 aprile 2016; Trib. Catania, 12 novembre 2015; Trib. Napoli, 20 gennaio 2016; contra, Trib. Roma, 17 marzo 2017; Trib. Pordenone, 16 marzo 2017, v. C. Loda, Trascrizione del trasferimento immobiliare contenuto in un accordo di negoziazione assistita, in IlFamiliarista.it) è vero che gli accordi di negoziazione assistita che prevedano trasferimenti immediati di diritti reali immobiliari devono essere sottoscritti da pubblico ufficiale a ciò autorizzato ma è altrettanto vero che tale incombente non è richiesto ai fini della validità dell'atto, ma solo ed esclusivamente ai fini della trascrizione; da ciò consegue che il P.M., nel caso in esame, ha travalicato i (già ampi) poteri che egli si è attribuito (quello di entrare nel merito degli accordi tra coniugi), facendo assurgere a requisito di validità dell'accordo quanto invece è richiesto dalla legge (rectius: dall'attuale interpretazione della legge sulla negoziazione assistita) solo ai fini della successiva trascrizione.
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