Illecito concorrenziale come causa di esclusione dalla gara?

15 Febbraio 2018

La condotta anti-concorrenziale di una società che si sia liberamente accordata con altre imprese su di un piano di parità al fine di conseguire obiettivi di interesse comune, non integra di per sé causa di esclusione dalla gara ai sensi dell'art. 38, comma 1, lett. m-quater del d.lgs. n. 163/2006 (ora trasfuso nell'art. 80, comma 5, lett. m del d.lgs. n. 50/2016) inerente alle ipotesi in cui la relazione o la situazione di controllo tra due o più imprese determini l'imputabilità delle offerte ad un unico centro decisionale.

La controversia in questione riguarda la gara avente ad oggetto alcuni servizi destinati al mantenimento del decoro e della funzionalità degli edifici scolastici e dei centri di formazione della pubblica amministrazione bandita da Consip s.p.a.

Successivamente all'aggiudicazione del contratto, con provvedimento dell'AGCM, è stata denunciata nella gara in questione l'adozione di accordi restrittivi della concorrenza da parte del RTI aggiudicatario. Successivamente all'accertamento giudiziale di tale condotta illecita (a seguito dell'infruttuoso esperimento dei rimedi giurisdizionali contro detto provvedimento da parte del soggetto aggiudicatario), Consip s.p.a. ha deciso di recedere dal contratto stipulato.

La parte appellante (ricorrente in primo grado) contesta a Consip s.p.a. di essersi limitata a recedere dal contratto precedentemente stipulato con il RTI aggiudicatario una volta preso atto della predetta condotta anticoncorrenziale, anziché pronunciarne l'esclusione retroattiva dalla gara e disporre il proprio subentro nel contratto. Secondo l'appellante, infatti, l'accertata condotta anticoncorrenziale costituirebbe una causa di esclusione dalla procedura, integrando la fattispecie di cui all'art. 38, comma 1, lett. m-quater del d.lgs. n. 163/2006 (applicabile ratione temporis alla gara in questione ed ora trasfuso nell'art. 80, comma 5, lett. m, del d.lgs. n. 50/2016) che prevedeva come causa di esclusione “una qualsiasi relazione, anche di fatto, se […] comporti che le offerte sono imputabili ad un unico centro decisionale”.

La sentenza di primo grado (TAR Lazio, Roma, sez. II, n. 6778/2017), però, ha negato che in tal caso si possa integrare l'ipotesi di esclusione contemplata dal citato art. 38, comma 1, m-quater, e cioè una situazione di controllo, anche di fatto, idonea a ricondurre più offerte a un unico centro decisionale, in quanto l'accordo anticoncorrenziale non sarebbe idoneo a sottoporre uno dei due soggetti ad esso partecipanti al controllo dell'altro.

Anche il Consiglio di Stato ha rigettato la tesi dell'appellante, volta a ricondurre il caso di condotte anticoncorrenziali in esame nell'alveo della ipotesi in cui le offerte sono imputabili ad un “unico centro decisionale”. Infatti, la causa di esclusione di cui all'art. 38, comma 1, lett. m-quater, riguarda la diversa ipotesi in cui, a fronte della partecipazione ad una gara di diverse imprese (non legate tra loro da formali rapporti di controllo societario e ciascuna con una propria offerta), risulti che una o più di esse siano, in realtà, prive di una reale indipendenza decisionale e che le relative offerte siano state predisposte congiuntamente (dal “medesimo centro decisionale”).

Nel caso di specie, invece, il rapporto tra le imprese parti dell'accordo anticoncorrenziale è di parità e non di controllo, essendosi queste liberamente accordate, ancorché in maniera illecita, per perseguire un vantaggio comune, sicché le offerte da loro proposte non sono imputabili al medesimo centro decisionale, ma autonome. Tale condotta, sebbene illecita, non è di per sé idonea a determinare l'esclusione retroattiva dalla gara, ma ben può costituire motivo di recesso della stazione appaltante dallo stipulato contratto, come è avvenuto nel caso di specie.