La mancata documentazione di un requisito necessario per la partecipazione alla gara rende irrilevante la malafede o meno del soggetto

Paola Martiello
21 Febbraio 2018

La sanzione pecuniaria contenuta negli articoli 4, co. 7 e 10, co. 1-quater, L. n. 109/1994 (applicabile ratione temporis), non deve applicarsi soltanto quando il concorrente rifiuti od ometta senza giustificato motivo, di fornire le informazioni o di esibire i documenti, ma anche nel caso in cui la documentazione da esso prodotta non sia in concreto idonea a comprovare il possesso del requisito previsto dal bando ai fini della partecipazione della gara.

Il caso. La controversia posta all'attenzione del Collegio concerne un appalto pubblico per l'affidamento dei lavori di manutenzione straordinaria da effettuare presso un'Amministrazione comunale. In particolare le ragioni di doglianza attengono all'esclusione di una concorrente dalla procedura ad evidenza pubblica per aver, questa, indicato in sede di gara una cifra d'affari non sufficiente per raggiungere la capacità economico-finanziaria richiesta dalla lex specialis e per avere , a seguito del sorteggio volto a comprovare tale requisito in sede di verifica, documentato lo stesso importo già indicato in sede di gara, con conseguente segnalazione da parte della Stazione appaltante all'AVCP (ora ANAC).

Quest'ultima sanzionava la ditta in applicazione degli articoli 4, co. 7 e 10, co. 1-quater, Legge n. 109/1994, ( applicabile ratione temporis) pur riconoscendo che il comportamento della concorrente fosse dettato da evidente errore tale da non poter configurare la malafede.

Tale provvedimento, che a parere della ditta esclusa appariva contraddittorio, veniva impugnato innanzi al giudice di prime cure, il quale, accogliendo il ricorso, riteneva sussistente la denunciata contraddittorietà poiché l'esclusione della malafede della ricorrente da parte dell'Autorità precludeva la possibilità di comminare la sanzione inflitta.

La soluzione. Il Collegio, in contrasto con l'orientamento del giudice di prime cure, ha accolto l'appello proposto dall'Autorità ritenendo corretta l'applicazione dell'ipotesi sanzionatoria.

Quest'ultima, osserva il Collegio, non deve applicarsi soltanto quando il concorrente rifiuti od ometta, tout court, senza giustificato motivo, di fornire le informazioni o di esibire i documenti, ma anche nel caso in cui la documentazione da esso prodotta non sia in concreto idonea a comprovare il possesso del requisito previsto dal bando ai fini della partecipazione della gara .

La ratio legis del combinato disposto dell'art. 4, co. 7 e dell'art. 10, co. 1-quater, L. n. 109/1994 infatti, è quella di assoggettare a sanzione colui che ha partecipato indebitamente alla gara, senza averne i requisiti, in ragione dell'interesse di portata generale che nel settore degli appalti pubblici agiscano soggetti non solo idonei, ma anche rispettosi delle regole previste dalle stazioni appaltanti.

In questo senso, osserva il Collegio, è da ritenersi irrilevante se il soggetto abbia agito o meno in malafede, in quanto ciò che conta è il fatto materiale della mancata documentazione, in sede di verifica, del requisito necessario per la partecipazione alla gara.

In conclusione. Il Collegio, accogliendo l'appello, osserva che la malafede - ovverosia la volontà “secondo l'intenzione” diretta alla partecipazione alla gara confidando nella non rilevata violazione delle norme sui requisiti, consapevolmente non posseduti- è un elemento che, nella fattispecie sanzionatoria concorre (sul medesimo piano qualificatorio dell'illecito) con quello colposo della negligenza. E ciò, va precisato, a parere del Collegio, secondo un generale principio della materia, costantemente confermato dalla giurisprudenza amministrativa (e, peraltro, anche ordinaria), principio, (sancito dalla Legge n. 689 del 1981), che deve risultare derogato espressamente (con norma di carattere “speciale” sul piano sistematico ed ermeneutico, e non risultante nel caso in esame) come in ogni altra ipotesi normativa di sanzione c.d. amministrativa.

Da tale regime generale sanzionatorio, osserva il Collegio, discende che, anche qualora si voglia attribuire rilevanza al presunto errore della ditta interessata, quest'ultima, in ogni caso, dovrebbe dimostrare che si tratti di errore incolpevole .

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