Revoca del fallimento e giudizio di opposizione allo stato passivo

La Redazione
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22 Febbraio 2018

La sopravvenuta revoca della dichiarazione di fallimento, passata in giudicato, rende improcedibile il giudizio di opposizione allo stato passivo, attesa la natura endofallimentare di detto giudizio, inteso all'accertamento del credito con effetti limitati al concorso.

La sopravvenuta revoca della dichiarazione di fallimento, passata in giudicato, rende improcedibile il giudizio di opposizione allo stato passivo, attesa la natura endofallimentare di detto giudizio, inteso all'accertamento del credito con effetti limitati al concorso.

Il caso. Il Tribunale respingeva l'opposizione allo stato passivo del fallimento di una S.p.a. proposta da due professionisti in relazione all'attività svolta nella fase di concordato preventivo. Impugnato il provvedimento in cassazione, nel frattempo il fallimento veniva revocato.

L'improcedibilità dipendente dalla revoca del fallimento. La S. Corte ha ritenuto che, diversamente da quanto statuito nella vigenza della normativa ante riforma (ossia che il riacquisto della capacità processuale del fallito, conseguente alla chiusura o alla revoca del fallimento determina soltanto l'interruzione del processo nel quale sia parte il curatore fallimentare, onde il giudizio di opposizione allo stato passivo può essere riassunto nei confronti del - o proseguito dal - fallito tornato in bonis, al fine di giungere all'accertamento giudiziale sull'esistenza o meno del credito di cui si era chiesta l'ammissione al passivo), alla stregua invece della legge fallimentare riformata la revoca del fallimento determina l'improcedibilità del giudizio di opposizione al passivo. Infatti tale giudizio è ora inteso ad accertare il credito ai soli fini dell'ammissione al passivo, come chiaramente emerge dell'espressa disposizione di cui all'art. 96 ultimo comma l. fall., che dispone che il decreto che rende esecutivo lo stato passivo e le decisioni assunte all'esito dei giudizi di cui all'art. 99 l. fall. "producono effetti soltanto ai fini del concorso" e da quella di cui all'ultimo comma dell'art. 120 l. fall., che prevede che "il decreto o la sentenza con la quale il credito è stato ammesso al passivo costituisce prova scritta per gli effetti di cui all'art. 634 del codice di procedura civile". Ne consegue che il creditore, che intenda agire nei confronti del debitore tornato in bonis, dovrà munirsi di un titolo esecutivo, potendo avvalersi della pronuncia di ammissione al passivo solo come prova scritta, ai fini del conseguimento del decreto ingiuntivo, così chiaramente rimanendo preclusa all'accertamento del credito effettuato nella procedura fallimentare la piena efficacia ultrafallimentare.

Su dette basi si giustifica il convincimento dello stretto ed ineludibile rapporto tra il giudizio di opposizione al passivo e la procedura fallimentare, sì da dover concludere per l'improcedibilità del primo a ragione della revoca del fallimento, passata in giudicato.