Ignoranza della legge penaleFonte: Cod. Pen Articolo 5
27 Febbraio 2018
Inquadramento
È stata a lungo ritenuta non necessaria la consapevolezza dell'antigiuridicità del fatto, cioè che il fatto fosse vietato dalla legge penale (ignorantia legis non excusat): il principio (assolutamente funzionale al raggiungimento degli scopi di uno Stato autoritario) era stato accolto anche dall'art. 5 c.p. (Nessuno può invocare a propria scusa l'ignoranza della legge penale). Accogliendo l'impostazione della dottrina dominante, la Corte costituzionale, con la fondamentale sentenza n. 364 del 1988 ha dichiarato l'incostituzionalità dell'art. 5 c.p. «nella parte in cui non esclude, dall'inescusabilità dell'ignoranza della legge penale, l'ignoranza inevitabile» (analogamente, per l'ignoranza dei doveri inerenti allo status di militare ex art. 39 c.p.m.p., Corte cost., n. 61/1995). La Corte costituzionale ha osservato che sottoporre il soggetto agente a sanzione penale ove non possa affermarsi che la sua ribellione alla norma incriminatrice sia consapevole, o comunque frutto di indifferenza per le regole dell'ordinamento, equivarrebbe a scardinare le fondamentali garanzie che lo Stato democratico offre al cittadino ed a strumentalizzare la persona umana, facendola retrocedere dalla posizione di vertice che occupa nella scala dei valori costituzionalmente tutelati: il principio di personalità non può, infatti, essere svalutato a discrezione del legislatore, in quanto garantisce al cittadino di poter essere considerato penalmente responsabile soltanto in ordine a condotte da lui poste in essere consapevolmente, che egli poteva controllare e/o omettere, giammai in ordine a comportamenti posti in essere per non colpevole, ed inevitabile, ignoranza del precetto. La rimproverabilità penale della condotta, postula, da un lato, l'adempimento, da parte dello Stato, dei doveri costituzionali concernenti la formulazione, la struttura ed i contenuti delle norme penali, onde renderli conoscibili per i cittadini, dall'altro, l'adempimento, da parte di questi ultimi, del dovere di conoscenza: si impone, infatti, anche in materia il rispetto dei principi di personalità e rieducazione, sanciti rispettivamente dall'art. 27, commi 1 e 3, della Costituzione. Le conseguenze della sentenza della Corte costituzionale n. 364/1988
L'art. 5 c.p. è stato quindi idealmente riformulato dalla Corte costituzionale, con la sentenza n. 364/1988, nei seguenti termini: «nessuno può invocare a propria scusa l'ignoranza della legge penale, salvo che si tratti di ignoranza inevitabile». Affermata la possibile rilevanza (quale causa di esclusione della colpevolezza) dell'ignoranza della legge penale, si pone il problema di stabilire quando essa possa esser ritenuta, in concreto, scusabile; in proposito, le indicazioni di massima fornite dalla Corte costituzionale suggeriscono che l'evitabilità o meno dell'ignoranza della legge penale debba esser valutata: a)sotto il profilo oggettivo, in relazione alla natura delle circostanze di fatto che possono averla determinata (si pensi, ad es., all'assoluta oscurità o contraddittorietà di un testo di legge; all'esistenza di contrastanti interpretazioni giurisprudenziali che per uno stesso fatto abbiano legittimato non soltanto condanne ma anche assoluzioni; ad «assicurazioni erronee» sulla liceità della condotta, incautamente fornite dalla P.A.); b) sotto il profilo soggettivo, in relazione alle concrete conoscenze personali del soggetto agente, che possano renderlo più o meno in grado di accertare l'esistenza ed il significato di una legge (andrebbe, indiscutibilmente, valutata diversamente la scusabilità dell'ignoranza della legge penale da parte di un avvocato o di un soggetto analfabeta). Non potrà, comunque, ravvisarsi l'ignoranza inevitabile «allorché l'agente si rappresenti la possibilità che il fatto sia antigiuridico, salva l'ipotesi di dubbio oggettivamente irrisolvibile (attinente, cioè, alla necessità di agire o non agire per evitare la sanzione). Deve, invece, di regola ritenersi che l'ignoranza sia inevitabile allorché l'assenza di dubbi sull'illiceità del fatto dipenda dalla personale non colpevole carenza di socializzazione del soggetto» (Corte cost., n. 364/1988). All'indomani della sentenza n. 364/1988 della Corte costituzionale, è divenuto compito della giurisprudenza di legittimità individuare in concreto i limiti entro i quali l'ignoranza della legge penale può scusare: si è così giunti all'elaborazione di principi ormai consolidati nel diritto vivente.
Secondo la giurisprudenza,l'errore sulla«legge penale», che può risultare, o meno, scusabile, è quello che riguarda la struttura del reato, o che incide su norme, nozioni e termini propri di altre branche del diritto, introdotte nella norma penale ad integrazione della fattispecie criminosa; diversamente, «legge diversa dalla legge penale» ai sensi dell'art. 47 c.p. è quella destinata in origine a regolare rapporti giuridici di carattere non penale e non esplicitamente incorporata in una norma penale, o da questa non richiamata neppure implicitamente (Cass. pen., Sez. IV, n. 14011/2015: fattispecie nella quale la S.C. ha ritenuto che l'art. 76 d.P.R. 115 del 2002 – il quale disciplina la materia del patrocinio a spese dello Stato ed è espressamente richiamato dalla norma incriminatrice di cui all'art. 95 stesso d.P.R. 115/2002 –, non costituisca legge extrapenale; conforme, Cass. pen., Sez. VI, n. 25941/2015: fattispecie in tema di rifiuto di atti d'ufficio ex art. 328 c.p., nella quale la S.C. ha ritenuto che l'art. 25 l. 241 del 1990 – il quale che disciplina il diritto di accesso ai documenti amministrativi, consentendo all'interessato di esaminarli e di estrarne copia - non costituisca legge extrapenale).
Il dovere d'informazione si atteggia diversamente per il comune cittadino e per il soggetto che eserciti professionalmente una data attività:
Tendenzialmente, può aversi ignoranza inevitabile, e quindi scusabile, della legge penale soltanto se l'agente tragga la convinzione della correttezza dell'interpretazione normativa e, di conseguenza, della liceità della propria condotta: a) da un atto della P.A. Assumono, in particolare, rilevanza i chiarimenti eventualmente forniti dalla P.A. competente, la cui incidenza va valutata alla stregua delle caratteristiche personali dell'agente, cioè del suo livello di socializzazione o di cultura, e del ruolo professionale, sempre che l'interessato si sia rivolto ad appositi organi squisitamente tecnici, non ad organi che non abbiano tra i loro compiti istituzionali lo studio e la ricerca scientifica nella materia di volta in volta in esame, le cui informazioni sarebbe ampiamente prevedibile che possano risultare errate (Cass. pen., Sez. III, n. 4951/2000); b) da un orientamento giurisprudenziale univoco e costante (Cass. pen., Sez. unite, n. 8154/1994; Cass. pen., Sez. VI, n. 6991/2011). L'agente deve essere particolarmente cauto nel valutare la legittimità della propria condotta in presenza di orientamenti giurisprudenziali contrastanti nell'interpretazione di una norma, poiché l'incertezza che ne deriva non consente, di per sé sola, di invocare la condizione soggettiva d'ignoranza inevitabile della legge penale; al contrario, anche in tal caso il dubbio sulla liceità o meno della condotta deve indurre il soggetto ad un atteggiamento più attento, ed in definitiva ad astenersi da essa se, nonostante le informazioni assunte, permanga l'incertezza sulla sua liceità, considerato che il dubbio, non essendo equiparabile allo stato d'inevitabile ed invincibile ignoranza, non è idoneo ad escludere la consapevolezza dell'illiceità della condotta (Cass. pen., Sez. II, n. 46669/2011).
c) da fattori esterni. La valutazione dell'inevitabilità dell'errore di diritto, e della conseguente esclusione della colpevolezza, deve anche tenere conto dei fattori esterni che possono aver determinato nell'agente l'ignoranza della rilevanza penale del suo comportamento, e delle effettive conoscenze e capacità del medesimo.
L'interprete dovrà tenere conto non soltanto dei particolari requisiti soggettivi dell'agente concreto, ma anche delle difficoltà oggettive che possano avere ostacolato la conoscenza e la corretta interpretazione di una legge, onde valutare se egli avesse effettiva possibilità di adempiere proficuamente al generale dovere di informazione e conoscenza della legge penale, posto a fondamento della convivenza civile. Le disposizioni speciali
L'art. 2, comma 6, d.lgs. 286 del 1998 impone all'autorità che emana i provvedimenti concernenti l'ingresso, il soggiorno e l'espulsione dello straniero che non comprende la lingua italiana, di tradurli, anche sinteticamente, in una lingua comprensibile al destinatario, ovvero, quando ciò non sia possibile, nelle lingue francese, inglese o spagnola, con preferenza per quella indicata dall'interessato. Gli artt. 15 e 16 d.lgs. 74 del 2000 prevedono espressamente la non punibilità delle violazioni (anche penali) di norme tributarie «dipendenti da obiettive condizioni di incertezza sulla loro portata e sul loro ambito di applicazione», e comunque del soggetto che si sia adeguato a pareri del Ministero delle finanze o del Comitato consultivo per l'applicazione delle norme antielusive. Aspetti processuali
Per quanto riguarda la distribuzione dell'onere della prova, spetta al soggetto che intenda invocare di avere ignorato senza colpa la legge penale dimostrare di aver fatto tutto quanto in sua facoltà per attivarsi utilmente onde acquisirne idonea conoscenza. Casistica
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