Competente il Giudice della residenza abituale del minore per i provvedimenti relativi al diritto di visita

28 Febbraio 2018

Con la pronuncia in commento la Suprema Corte affronta la questione relativa all'identificazione della nozione di residenza abituale rilevante ai fini della determinazione del Giudice competente nei procedimenti riguardanti i figli minorenni.
Massima

Per la pronuncia dei provvedimenti di cui all'art. 709-ter c.p.c. relativi al diritto di visita del figlio è competente il Tribunale del luogo in cui si trova la dimora abituale del minore nel momento in cui è stato proposto il ricorso. Non assumono, pertanto, rilievo decisivo la mera residenza anagrafica del minore o eventuali suoi trasferimenti contingenti o temporanei, atteso che nella individuazione in concreto del luogo di abituale dimora non può farsi riferimento a dati meramente quantitativi, rappresentati dalla prossimità temporale del trasferimento di residenza e dalla maggiore durata del soggiorno in altra città, essendo invece necessaria una prognosi sulla probabilità che la "nuova" dimora diventi l'effettivo e stabile centro d'interessi del minore, ovvero resti su un piano di verosimile precarietà o sia un mero espediente per sottrarsi alla disciplina della competenza territoriale.

Il caso

Il padre di un minore proponeva regolamento necessario avverso l'ordinanza con cui il Tribunale di Foggia declinava la propria competenza ad adottare i provvedimenti di cui all'art. 709-ter c.p.c., relativi al diritto di visita del figlio, in favore del Tribunale di Larino, luogo di residenza anagrafica del minore. Il Collegio investito della questione accoglieva il regolamento sul presupposto che, ai fini dell'individuazione del Giudice competente, occorra aver riguardo al luogo di residenza abituale del minore, senza che alcun rilievo assuma la mera residenza anagrafica o eventuali trasferimenti contingenti o temporanei.

La questione

La questione oggetto della decisione in commento è relativa all'identificazione della nozione di residenza abituale, rilevante ai fini della determinazione del Giudice competente nei procedimenti riguardanti i figli minorenni.

Le soluzioni giuridiche

Occorre evidenziare che, con la sentenza in esame, la Suprema Corte non solo ha enunciato il principio per cui rilevante per l'individuazione del Giudice competente ademettere i provvedimenti relativi al diritto di visita del figlio di cui all'art. 709-ter c.p.c. è il concetto di residenza abituale del minore, ma, allineandosi alla definizione offerta dalla giurisprudenza di legittimità, ha individuato anche i criteri a cui attenersi per stabilirne il suo estremamente delicato contenuto (per i criteri relativi all'individuazione di residenza abituale del minore cfr., ex multis: Cass. civ., S.U., 7 settembre 2016, n. 17676, v. A. Scalera, Giurisdizione sulle domande di separazione e responsabilità genitoriale: le Sezioni Unite applicano il Bruxelles II bis, in IlFamiliarista.it; Cass. civ., S.U., 18 marzo 2016, n. 5418; Cass. civ., 19 ottobre 2006, n. 22507; Cass. civ., 11 gennaio 2006, n. 397).

Più nel dettaglio, la Corte, dopo aver enunciato il principio per cui la «residenza abituale è il luogo in cui il minore ha consolidato, consolida, ovvero potrà consolidare una rete di affetti e relazioni, tali da assicurargli un armonico sviluppo psico-fisico», evidenzia come a tal fine non possa farsi riferimento ad un dato «meramente quantitativo quale la prossimità del trasferimento o la durata del soggiorno», ma sia comunque «necessaria una prognosi sulla possibilità che la nuova dimora diventi l'effettivo, stabile e duraturo cento di affetti ed interessi del minore» (v. Cass. civ., 20 ottobre 2015, n. 21285, v. A. Fasano, Se il minore trasferisce la residenza come si radica la competenza?, in IlFamiliarista.it; Trib. Roma, 27 ottobre 2014; Cass. civ., 29 marzo 2013, n. 7944, v. V. Floccari, Per individuare la dimora abituale del minore non rilevano la mera residenza anagrafica o eventuali trasferimenti temporanei, in dirittoegiustizia.it).

In altri termini, se non sembra rilevare né il profilo formale anagrafico (dovendosi escludere che la residenza debba considerarsi in senso tecnico formale) né quello meramente quantitativo (il luogo ove il minore ha dimorato di più), «l'abitualità deve potersi verificare mediante un accertamento di fatto che tenga conto degli elementi che caratterizzano l'esistenza dei minori nel luogo indicato» (così Cass. civ., 5 settembre 2014, n. 18817; Cass. civ., 19 luglio 2013, n. 17746).

A tal fine, nei casi di recente trasferimento, quali quello in oggetto, necessaria appare secondo l'ordinanza in esame «una prognosi sulla probabilità che la "nuova" dimora diventi l'effettivo, stabile e duraturo centro di affetti e interessi del minore» e non sia, invece, «un mero espediente per sottrarlo alla vicinanza dell'altro genitore o alla disciplina generale sulla competenza territoriale».

Quella della residenza abituale, da intendersi come il luogo in cui il minore ha già stabilito ovvero stabilirà in futuro il centro della propria vita di relazione, corrisponde, dunque, ad una situazione di fatto, il cui relativo accertamento è «riservato all'apprezzamento del giudice del merito, incensurabile in sede di legittimità, se congruamente e logicamente motivato»(Cass. civ., S.U., 18 settembre 2014, n. 19664, v. A. Fanelli, La nozione di residenza abituale del minore vittima di sottrazione da parte di un genitore, in dirittoegiustizia.it).

Osservazioni

I criteri cui attenersi per stabilire il contenuto del concetto di residenza abituale del minore ora indicati sono gli stessi enunciati anche dalla Corte di giustizia UE (v. Corte di giustizia UE, 9 ottobre 2014, C376-2014; Corte di giustizia UE, 22 dicembre 2010, C497-2010; Corte di giustizia UE, 2 aprile 2009, C523-2007).

Quello della residenza abituale è, infatti, criterio generale, che nasce dalla necessità «di tutelare la continuità affettivo-relazionale del minore nell'ottica della valorizzazione del suo preminente interesse»(cfr.Cass. civ., S.U., 5 giugno 2017, n. 13912, v. G. Pizzolante, La competenza giurisdizionale nel caso di minore bipolide residente all'estero, in IlFamiliarista.it), utilizzato ai fini non solo della determinazione della competenza interna del Giudice italiano, ma anche dell'individuazione del Giudice munito di giurisdizione (Cass. civ., S.U., 13 febbraio 2012, n. 1984), nonché in materia di sottrazione internazionale di minori.

Presupposto della sottrazione illegale è, invero, secondo la Convenzione dell'Aja del 25 ottobre 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori, il trasferimento del minore in luogo diverso dalla residenza abituale (cfr. Cass. civ., S.U., 22 luglio 2014, n. 16648).

L'individuazione della residenza abituale è conseguentemente di cruciale importanza anche per individuare il luogo da cui il minore non deve essere allontanato e, nel caso ciò avvenga, dove deve essere riportato (così Cass. civ., 19 ottobre 2006, n. 22507, cit.).

Se la finalità della citata Convenzione dell'Aja è, dunque, quella d'introdurre uno strumento celere per restituire il minore al luogo in cui si siano localizzati i propri affetti e la propria vita personale prima del trasferimento illecito, il concetto di residenza abituale è anche a tal fine individuato nel luogo del concreto e continuativo svolgimento della sua vita personale, senza che possa essere dato rilievo preminente al suo ultimo trasferimento quando sia prossimo all'accertamento della lamentata sottrazione internazionale.

In relazione alla nozione di residenza abituale del minore ai fini della Convenzione de L'Aia del 25 ottobre 1980, si è precisato altresì che questa va intesa come il luogo del tutto indipendente da quello di prevalente localizzazione della vita matrimoniale (Cass. civ., 16 luglio 2004, n. 13167) in cui il minore vive e cresce, insieme con la persona che effettivamente si prende cura di lui, ciò a prescindere, da un lato, dall'esistenza di altro eventuale discordante titolo giuridico di affidamento, valido in un Paese diverso o sul piano internazionale e, dall'altro lato, dal domicilio o residenza scelta d'accordo tra i coniugi (cfr. Cass. civ., 19 dicembre 2003, n. 19544). Conseguentemente, in quest'ottica non costituisce illegittimo trasferimento del minore, il comportamento di quel genitore che riporta e trattiene con sé il figlio in Italia, al termine di un periodo di soggiorno all'estero con l'altro genitore non idoneo a radicare una nuova residenza abituale del minore (cfr. Cass. civ., 8 novembre 2001, n. 13823).

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