Utilizzazione dei risultati dell'intercettazione in un diverso procedimento
05 Marzo 2018
Quando ricorre la fattispecie dell'utilizzazione dei risultati dell'intercettazione in un diverso procedimento?
L'applicazione dell'art. 270 c.p.p. presuppone che i risultati delle intercettazioni siano utilizzati in un procedimento ab origine diverso. Solo in questa ipotesi, ai fini dell'impiego delle captazioni come prova, è necessario che esse siano indispensabili per l'accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l'arresto in flagranza (cfr., tra le altre, Cass. n. 31984/2017). L'indirizzo giurisprudenziale prevalente tende a sterilizzare la portata della disposizione citata, ravvisando lo stesso procedimento sia nel caso in cui, sul piano formale, il giudizio reca lo stesso numero, sia quando, in senso sostanziale, sussiste una stretta connessione tra il contenuto dell'originaria notizia di reato per la quale sono state disposte le intercettazioni ed i reati per i quali si procede. La connessione rilevante è ravvisata sotto il profilo oggettivo, probatorio o finalistico, con riferimento alle previsioni di cui all'art. 12 e 371, comma 2, c.p.p. Per individuare la unitaria identità del procedimento che vale a precludere l'operatività dei presupposti di cui all'art. 270 c.p.p., più specificamente, si fa riferimento in primo luogo al fatto che il procedimento abbia un unico numero identificativo, nonostante la eterogeneità dei reati e la diversità dei soggetti indagati (c.d. identità formale). Solo dove manchi l'originaria identità formale, si pone la questione della identità sostanziale. Quest'ultima, negli approdi giurisprudenziali, sembra prescindere dalla ricerca di una necessaria connessione teleologica tra i reati per i quali si procede e quelli successivamente emersi, che giustificano la separazione o la gemmazione di un nuovo procedimento, essendo sufficiente anche un criterio di connessione oggettiva o probatoria. In tali casi, ove le notitiae criminis riferite alle diverse figure di reato abbiano origine nell'ambito dello stesso procedimento, ancorché diano luogo a distinte iscrizioni nel registro di cui all'art. 335 c.p.p. ed alla germinazione di altri procedimenti, il richiamo alla disciplina dell'art. 270 c.p.p. si ritiene del tutto fuorviante (cfr. tra le altre Cass. n. 1924/2015). Si afferma, pertanto, che, ai fini del divieto di utilizzazione previsto dall'art. 270, comma 1, c.p.p., occorre far riferimento a una nozione sostanziale di "diverso procedimento", secondo cui la "diversità" va collegata al dato dell'insussistenza, tra i due fatti - reato, storicamente differenti, di un nesso ex art. 12 c.p.p. o anche puramente investigativo, e, quindi, all'esistenza di un collegamento meramente fattuale ed occasionale (Cass. n. 2608/2015). Il medesimo principio è affermato dalla Suprema Corte con riferimento alla utilizzabilità dei risultati delle intercettazioni telefoniche eseguite nell'ambito di un procedimento iscritto nei confronti di taluni indagati per reati di usura ed estorsione, a seguito della contestazione nei confronti di diversi soggetti del delitto di associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati esteri (Cass. n. 6702/2014). Ad analoghe conclusioni si è giunti in tema di utilizzabilità delle intercettazioni nei confronti di un soggetto indagato del delitto di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di truffe attraverso il gioco d'azzardo, i cui decreti autorizzativi erano stati emessi per le ipotesi di usura e riciclaggio nei confronti di altri indagati, ipotesi di reato cui l'imputato risultava estraneo. La Corte ha ritenuto che non si trattasse di reati oggetto di un procedimento diverso ab origine, per il quale l'utilizzabilità delle captazioni è soggetta ai diversi parametri espressamente indicati dall'art. 270 c.p.p. e, cioè, all'indispensabilità ed all'obbligatorietà dell'arresto in flagranza (Cass. n. 9500/2016). |