Efficace in Italia la sentenza estera di adozione a favore di coppia straniera dello stesso sesso

Alessandra Gatto
07 Marzo 2018

In caso di adozione di minore c.d. interna, in quanto disposta da un Tribunale brasiliano a favore di due cittadini brasiliani, può essere affermata la competenza della Corte d'Appello in relazione alla sussistenza dei requisiti necessari per la trascrizione? Inoltre, è contraria all'ordine pubblico una sentenza di adozione di minore pronunciata dall'Autorità di uno Stato in cui la normativa consente l'adozione in favore di due cittadini di quello stesso Stato del medesimo sesso?
Massima

Anche se l'istituto dell'adozione non è previsto dalla normativa per le coppie omossessuali, tale esclusione non rappresenta un principio fondamentale del nostro ordinamento, sicché deve ritenersi che il diverso regime seguito dalla sentenza straniera non rappresenta una violazione dell'ordine pubblico.

Il caso

Tizio, cittadino brasiliano, chiedeva alla Corte d'Appello di Genova l'accertamento dei requisiti per dichiarare l'efficacia nello Stato italiano della sentenza emessa dall'Autorità giudiziaria brasiliana, con la quale era stata concessa allo stesso e al proprio coniuge Sempronio (anch'egli cittadino brasiliano), l'adozione di un minore.

Il Comune rifiutava la trascrizione rilevando la contrarietà di siffatto provvedimento all'ordine pubblico italiano e, costituitosi in giudizio, eccepiva l'incompetenza per grado della Corte territoriale, ritenendo competente il Tribunale per i minorenni.

Il Procuratore presso la Corte d'Appello sollevava alcuni profili preliminari d'inammissibilità del ricorso, chiedendone in subordine l'accoglimento.

La Corte accoglieva la domanda.

La questione

In caso di adozione di minore c.d. interna, in quanto disposta da un Tribunale brasiliano a favore di due cittadini brasiliani, può trovare applicazione l'art. 41, comma 1, l. n. 218/1995 con conseguente competenza della Corte d'Appello in relazione alla sussistenza dei requisiti necessari per la trascrizione?

Può essere considerata contraria all'ordine pubblico una sentenza di adozione di minore pronunciata dall'Autorità di uno Stato in cui la normativa consente tale adozione in favore di due cittadini di quello stesso Stato, del medesimo sesso?

Le soluzioni giuridiche

L'ordinanza in esame, ai fini del riconoscimento della sentenza di adozione, esclude l'applicazione dell'art. 41, comma 2, l. n. 218/1995 (che a sua volta richiama le disposizioni di cui alla l. 4 maggio 1983, n. 184 che attribuiscono la competenza al Tribunale per i minorenni, per quanto concerne l'accertamento dei requisiti necessari ai fini della trascrizione del provvedimento straniero di adozione), venendo in rilievo, nel caso di specie, un'adozione interna e non un'adozione internazionale.

La Corte d'appello dispone, infatti, l'applicazione dell'art. 41, comma 1, l. n. 195/1998 che richiama gli artt. 64, 65 e 66 l. n. 195/1998 i quali riconoscono la sua competenza in relazione all'accertamento dei requisiti necessari ai fini del riconoscimento della sentenza di adozione. A tal proposito, Corte cost. 7 aprile 2016, n. 76 ha stabilito che il provvedimento straniero di adozione del figlio del partner omosessuale è automaticamente efficace nell'ordinamento giuridico italiano ai sensi dell'art. 41, comma 1, l. n. 218/1995, ritenendo inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 35 e 36, l. n. 184/1983, nella parte in cui non consentirebbero al giudice di valutare caso per caso se il riconoscimento di quella sentenza risponda effettivamente all'interesse del minore. Invero, l'art. 41 l. 31 maggio 1995, n. 218 prevede due diversi procedimenti per giungere al riconoscimento di provvedimenti stranieri di adozione. Il comma 1 stabilisce, quale regola di carattere generale, un riconoscimento "automatico" delle pronunce straniere in materia di adozione, attraverso il rinvio agli artt. 64, 65 e 66 l. n. 218/1995.

L'art. 41, comma 2, l. n. 218/1995, invece, opera un riferimento, anzitutto, agli artt. 35 e 36, l. 4 maggio 1983, n. 184 i quali prevedono che il riconoscimento in parola sia subordinato ad un vaglio da parte del Tribunale per i minorenni. L'applicazione della legislazione speciale in materia di riconoscimento di adozione internazionale di minori non può che escludere il contemporaneo rinvio alle disposizioni ordinarie sul riconoscimento "automatico" dei provvedimenti stranieri.

La Corte ha sottolineato come l'art. 36, comma 4, l. n. 184/1983 non sia applicabile all'adozione di una minore cittadina statunitense da parte di una donna che, al momento dell'adozione stessa, era cittadina statunitense in quanto tale disposizione è volta ad impedire l'elusione, da parte dei soli cittadini italiani, della disciplina nazionale in materia di adozione di minori in stato di abbandono, attraverso un fittizio trasferimento della residenza all'estero.

Nel caso di specie, la Corte d'Appello di Genova, ha ritenuto applicabile l'art. 41, comma 1, l. n. 218/1995 stante il fatto che l'adozione in discorso era stata pronunciata dall'Autorità brasiliana nei confronti di cittadini brasiliani e venendo, quindi, in rilievo non un'adozione internazionale ma un'adozione interna.

Tale norma rinvia agli artt. 64, 65 e 66, l. n. 218/1995, attribuendo alla Corte d'Appello la competenza relativa all'eventuale accertamento circa la conformità all'ordine pubblico della decisione emessa da un'Autorità estera.

In particolare, si discute in merito alla conformità del suddetto provvedimento all'ordine pubblico ai sensi dell'art. 65 l. n. 218/1995. La Corte d'Appello, a tal proposito, richiama un principio enunciato dalla Suprema Corte (v. Cass. civ., sez. III, 22 agosto 2013, n. 19405) secondo il quale il concetto di ordine pubblico deve intendersi, ai fini internazionalprivatistici, come il complesso dei principi fondamentali caratterizzanti l'ordinamento interno in un determinato periodo storico o fondati su esigenze di tutela dei diritti fondamentali dell'uomo, comuni ai diversi sistemi statuali. L'esigenza di tutelare l'ordine pubblico non può realizzarsi in modo automatico senza prendere in considerazione l'interesse del minore e la relazione genitoriale, indipendentemente dal legame genetico.

La concezione di ordine pubblico, elaborata dalla Corte di Cassazione, si sostanzia pertanto nella tutela del superiore interesse del minore, anche sotto il profilo della sua identità personale e sociale, diritti certamente qualificabili come fondamentali.

Nel caso affrontato dalla Corte d'Appello di Genova il minore era stato affidato dall'età di dodici mesi (sin dal giugno 2015) al ricorrente e al suo coniuge, divenendo loro figlio nell'anno successivo, con sentenza passata in giudicato.

In particolare, viene osservato come il bambino abbia trascorso presso il nucleo familiare già due anni: emerge qui l'interesse del minore al tranquillo godimento della status di filiazione che passa anche attraverso la trascrizione della sentenza di adozione.

Alla luce di ciò, con l'ordinanza in commento, si afferma che nonostante l'istituto dell'adozione non sia previsto dalla normativa per le coppie omossessuali, tale esclusione non rappresenta un principio fondamentale del nostro ordinamento, sicché deve ritenersi che il diverso regime seguito dalla sentenza straniera non rappresenta una violazione dell'ordine pubblico.

Osservazioni

La nozione di ordine pubblico, secondo quanto affermato dalla giurisprudenza di legittimità (e ribadito nell'ordinanza in esame) è quindi costituita dai diritti fondamentali dell'uomo, comuni ai diversi sistemi statuali.

Valore primario nel sistema nazionale e sovranazionale è riconosciuto, senza dubbio, all'interesse del minore che costituisce la pietra angolare sulla quale devono poggiare tutte le decisioni tese a influire nella sua sfera individuale.

Partendo dall'analisi delle disposizioni di rango sovranazionale, l'art. 24, comma 2, Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, sancisce la regola secondo la quale in tutti gli atti relativi ai minori, siano essi formati da autorità pubbliche o da istituzioni private, l'interesse superiore dello stesso deve essere considerato preminente.

Inoltre il comma 1 dell'art. 3 della Convenzione dei diritti del fanciullo, firmata a New York il 20 novembre 1989 e ratificata dall'Italia con l. 27 maggio 1991, n. 176, attribuisce un ruolo preminente al superiore interesse del minore in tutte le decisioni relative allo stesso, di competenza delle istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei Tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi.

Nell'ordinamento interno, l'art. 316 c.c., nel disciplinare i poteri del Giudice nel caso in cui sussista un contrasto tra i genitori su questioni di particolare importanza in relazione all'esercizio della responsabilità genitoriale, sancisce la regola secondo la quale l'autorità giudiziaria è chiamata a suggerire le determinazioni che ritiene più utili nell'interesse del figlio e dell'unità familiare.

Con riferimento all'esercizio della responsabilità genitoriale, l'art. 330 c.c. attribuisce al Giudice il potere di pronunciare la decadenza dalla stessa qualora il genitore violi o trascuri i doveri a essa inerenti o abusi dei relativi poteri con grave pregiudizio per il figlio.

L'interesse del figlio costituisce, quindi, il punto fermo nelle decisioni relative alla responsabilità genitoriale e all'esercizio della stessa.

L'art. 336-bis c.c. nel disciplinare poi l'ascolto del minore, esclude la possibilità per il giudice di procedere al relativo adempimento in tutti i casi in cui l'ascolto risulti in contrasto con l'interesse del minore stesso.

In relazione all'adozione dei provvedimenti riguardanti i figli, l'art. 337-ter c.c., nel riconoscere al figlio minore il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale, attribuisce al giudice il potere di adottare i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all'interesse morale e materiale di essa.

L'art. 337-quater c.c., inoltre, attribuisce al giudice il potere di disporre l'affidamento dei figli a uno solo dei genitori qualora ritenga con provvedimento motivato che l'affidamento all'altro sia contrario all'interesse del figlio; l'art. 337-sexies c.c., nel disciplinare l'assegnazione della casa familiare, dispone che il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell'interesse dei figli.

L'art. 317-bis c.c. contempla infine l'interesse del minore in relazione ai rapporti con gli ascendenti: a tal proposito la norma citata dopo aver riconosciuto il diritto degli ascendenti a mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni, riconosce all'ascendente al quale sia impedito l'esercizio di tale diritto, il potere di ricorrere al giudice al fine di chiedere l'adozione dei provvedimenti più idonei nell'esclusivo interesse del minore.

Alla luce delle disposizioni normative sopra citate, emerge pertanto il favor del sistema verso una piena tutela del superiore interesse del minore.

Un altro diritto fondamentale del minore è il diritto alla continuità affettiva e a questo proposito si deve ricordare che siffatto interesse è stato posto alla base della l. 19 ottobre 2015, n. 173, che ha aggiunto il comma 5-bis nell'art. 4, l. 4 maggio 1983, n. 184.

La nuova disposizione, nel valorizzare i legami affettivi significativi e i rapporti stabili e duraturi instauratisi tra il minore e la famiglia affidataria, attribuisce al Tribunale per i minorenni il potere di tenere conto dei suddetti legami nel decidere sull'adozione, qualora, durante un prolungato periodo di affidamento, il minore sia dichiarato adottabile ai sensi delle disposizioni del Capo II, del Titolo II, l. 4 maggio 1983, n. 184.

La Riforma ha altresì introdotto nell'art. 4 il comma 5-ter che sancisce la tutela della continuità delle positive relazioni socio-affettive consolidatesi durante l'affidamento, se rispondente all'interesse del minore, qualora lo stesso faccia ritorno nella famiglia di origine o sia dato in affidamento o adottato da altra famiglia.

La legge citata ha inoltre integrato la lett. a) dell'art. 44 l. 4 maggio 1983, n. 184, che riconosce oggi la possibilità che i minori, orfani di madre e di padre, siano adottati, anche qualora non ricorrano le condizioni di cui al comma 1 dell'art. 7, da persone a lui legate da un preesistente rapporto stabile e duraturo, anche maturato nell'ambito di un prolungato periodo di affidamento.

La continuità affettiva è pertanto esplicazione del diritto del minore alla famiglia.

Alla luce di quanto esposto, deve ritenersi che, quindi, l'ordine pubblico sia costituito anche dal superiore interesse del minore che acquista rilevanza preminente e che si esplica nel diritto di quest'ultimo alla continuità affettiva (espressione del più ampio diritto del minore ad una famiglia), alla tutela della propria identità personale nonché al diritto di vivere serenamente il proprio status filiationis.

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