La mancanza della firma congiunta nell’offerta (da parte dei soggetti muniti del potere di rappresentanza) non incide sulla sua validità

Ester Santoro
08 Marzo 2018

L'offerta sottoscritta solo da uno dei due amministratori di una Società è valida anche se lo statuto societario prevede la firma congiunta dei soggetti muniti del potere di rappresentanza per gli atti aventi un valore economico equivalente a quello dell'appalto. In questo caso, secondo il Consiglio di Stato, la questione non è assimilabile a quella dell'offerta del tutto carente di sottoscrizione, bensì alla fattispecie della «non corretta spendita del potere rappresentativo» che rileva solo sul piano dell'efficacia dell'atto ma non su quello della sua validità.

La vicenda. Il Consiglio di Stato ha rigettato la censura (assorbita dal Giudice di primo grado) con la quale la Società ricorrente aveva dedotto che il RTI aggiudicatario avrebbe dovuto essere escluso dalla gara per avere presentato un'offerta sottoscritta da un soggetto della capogruppo privo dei necessari poteri di rappresentanza e di firma, in ragione del valore economico dell'appalto. Nel caso di specie, lo statuto della Società mandataria prevedeva, infatti, che il soggetto “sottoscrittore” (Presidente) fosse titolare dei poteri di rappresentanza a firma singola solo per gli atti di valore non superiore a € 1.000.000 in caso di contratti attivi e a € 100.000 per l'assunzione di obbligazioni per conto della Società, mentre per gli atti eccedenti tali valori sarebbe stata necessaria la firma congiunta dell'Amministratore Delegato.

L'inefficacia. Il Consiglio di Stato, richiamando TAR Lazio, Roma, sent., n. 6923 del 2016, ha statuito che, in questo caso, non si può parlare di invalidità dell'offerta, ma di inefficacia. Va, infatti, considerato che l'offerta reca comunque la sottoscrizione di uno dei due amministratori, per cui si pone solo una questione di non corretta spendita del potere rappresentativo, che si traduce – come affermato dalla citata sentenza del TAR Lazio – nella mera inefficacia dell'atto nei confronti della società falsamente rappresentata, unico soggetto legittimato ad eccepirla.

La sanabilità. Inoltre, il Consiglio di Stato ha rilevato che la fattispecie in esame rientrerebbe tra i casi di vizi sanabili della domanda. Ciò risultava dall'art. 38, comma 2-bis e dall'art. 46, comma 1-ter del D.Lgs. n. 163/2006 (i quali facevano riferimento all'esclusione solo in caso di incertezza assoluta sulla provenienza dell'offerta) ed è stato confermato anche dal nuovo Codice, il cui art. 59, comma 3, fa riferimento alla mera irregolarità delle offerte che non rispettano i documenti di gara.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.