Distruzione della cosa locata

Giorgio Grasselli
19 Marzo 2018

La distruzione della cosa locata è un evento che non partecipa della struttura del contratto di locazione, bensì al suo esterno, e soggiace alla regola generale per cui il consegnatario di una cosa, ha l'obbligo di custodirla. Di qui, una presunzione di colpa dell'inquilino, peraltro semplice e quindi vincibile con una prova contraria. In definitiva, la distruzione per una causa esterna della cosa, si pone come un incidente di percorso nella dinamica del rapporto locatizio.
Il quadro normativo

La fattispecie trova la sua fonte primaria nelle disposizioni che disciplinano la risoluzione per impossibilità sopravvenuta (art. 1256 c.c.).

Con la distruzione della cosa locata, la prestazione del locatore diviene impossibile, e pertanto il contratto cessa per il venir meno del suo oggetto.

Nella materia precipuamente locatizia, gli effetti sul contratto di locazione dell'evento «perdita o distruzione della cosa» è previsto dall'art. 1588 c.c., come un evento del quale risponde il conduttore, salva la prova di esonero da ogni responsabilità, in forza dell'obbligo di custodia che gli deriva dall'art 1587 c.c.

Per una approfondita rassegna, dobbiamo cercare un riscontro nella disciplina generale di cui gli artt. 1256, 1258, 1463 e 1464 c.c.

La distruzione della cosa locata

La cosa locata si ha per distrutta, allorché viene meno nella sua essenza materiale. La definizione la si trae dal lessico italiano, che definisce questo termine come: «annientamento (nell'ambito della violenza bellica o di un processo tecnico, oppure più o meno volontario o fortuito)» (Devoto - Oli).

Secondo la dottrina, «si ha la perdita della cosa locata quando si verifica la rovina o la disintegrazione degli elementi principali e strutturali della res locata, al punto che se ne renda impossibile totalmente e durevolmente il godimento» (Bucci - Malpica - Redivo).

Il nostro codice civile, dà per conosciuto il significato di distruzione, e richiama la «perdita», nel significato di distruzione, assieme al «deterioramento», per addossarne la responsabilità al conduttore, quando si verifichi nel corso della locazione (art. 1588 c.c.).

Analoga la previsione dell'art. 1589 c.c., se la cosa è distrutta per causa di incendio.

É tuttavia il caso di rilevare che il concetto di «perdita» sembra riferirsi più propriamente alla cosa mobile data in locazione che non all'immobile che, di per sé non può essere “perduto” dal conduttore, ma semmai andare completamente in rovina, come può verificarsi nel caso di crollo o di incendio, evento quest'ultimo che comporta, più che la risoluzione del contratto, la cessazione della locazione per il venir meno dell'oggetto, ferma restando la responsabilità presunta del conduttore.

La presunzione di responsabilità del conduttore

Una conseguenza della distruzione della cosa locata è che, ai sensi dell'art. 1588 c.c., ne risponde immediatamente il conduttore non appena detto evento, con carattere di definitività, si verifica, senza che il locatore debba attendere la scadenza del contratto per far valere il proprio diritto.

Con singolare disposizione, l'art. 1588 c.c., prevede infatti che il conduttore «risponde della perdita e del deterioramento della cosa che avvengono nel corso della locazione» qualora non provi che siano accaduti per causa a lui non imputabile.

La ratio della norma va rinvenuta nella stretta relazione tra conduttore e immobile locato, donde il dovere di custodirlo con la diligenza del buon padre di famiglia, che si esplica altresì negli obblighi di avvisare il locatore se l'immobile abbia necessità di riparazioni (art. 1577 c.c.), o se un terzo vanti pretese su di esso (art. 1586 c.c.).

Secondo un'autorevole dottrina, «la responsabilità sancita nell'art. 1588 c.c. , se pur è connessa alla obbligazione di custodire siccome strumentale a quella di restituire, non costituisce tuttavia una obbligazione autonoma del conduttore, ma un effetto non obbligatorio del contratto di locazione» (Tabet). Si è altresì osservato che la responsabilità, di per sé, «non è obbligazione, ma fonte di obbligazione risarcitoria, o quanto meno modalità imposta al soggetto nell'adempimento del dovere o nell'esercizio del diritto»; il che porterebbe ad escludere che la norma di cui all'art. 1588 c.c. costituisca una delle obbligazioni del conduttore.

Questa particolare responsabilità nel rapporto di locazione potrebbe rivelarsi inutile, dato che, egualmente, la si sarebbe potuta derivare dall'art. 1218 c.c., che tratta della responsabilità del debitore, il quale non adempie o adempie inesattamente la propria prestazione. In sostanza, la responsabilità del conduttore per la perdita o il deterioramento della cosa locata costituirebbe inadempimento all'obbligo di custodia, strumentale a quello di restituzione di cui all'art. 1590 c.c.

Si deve ricordare che l'art. 1177 c.c. prevede che: «L'obbligazione di consegnare una cosa determinata include quella di custodirla fino alla consegna».

Lo stesso vale per il caso di perdita o deterioramento dovuti a disastro naturale.

Per la Cassazione (Cass. civ., sez. I, 12 maggio 2006, n. 11005) la prova della mancanza di colpa per la perdita o il deterioramento della cosa locata, di cui il conduttore è onerato ai sensi dell'art. 1588 c.c., deve essere piena e completa; con la conseguenza che, anche se causata da un disastro naturale, non è sufficiente la prova di questo, ma è necessario provare, più ampiamente, che il conduttore ha adempiuto diligentemente il suo obbligo di custodia.

Gli effetti della distruzione della cosa locata sul contratto di locazione

A seguito della distruzione della cosa locata, l'obbligazione del locatore si estingue per impossibilità della prestazione (art. 1256 c.c.) e viene meno, di conseguenza, l'obbligazione del conduttore di pagare il canone (art. 1463 c.c.). In sostanza, la distruzione della cosa locata provoca la risoluzione anticipata del rapporto di locazione, che si verifica automaticamente come effetto diretto dell'evento. La tesi ha trovato conferma nella sentenza della Corte Cost. n. 576/1987 che, in tema di sospetta incostituzionalità dell'art. 34 della l. n. 392/1978, ha affermato che la distruzione dell'immobile comporta automaticamente la risoluzione del rapporto, con il conseguente venir meno dei reciproci diritti e obblighi delle parti, ivi compreso il diritto all'indennità per la perdita dell'avviamento.

In evidenza

La totale distruzione dell'immobile locato comporta, secondo i principi generali, l'estinzione del rapporto di locazione per l'impossibilità del conduttore di continuare a godere del bene locato, e inoltre l'obbligo del conduttore di risarcire il danno conseguente al perimento del bene, a meno che non riesca a provare che l'immobile sia perito per causa a lui non imputabile. (Cass. civ., sez. III, 9 giugno 2003, n. 9199).

La totale distruzione dell'immobile locato comporta l'estinzione della locazione, per la permanente impossibilità per il conduttore di godere del bene, con la conseguente cessazione della sua obbligazione per il corrispettivo, con riferimento al periodo successivo alla perdita dell'immobile, sino alla scadenza del rapporto, quale originariamente stabilita. Tuttavia, se il conduttore non superi la presunzione di colpa sancita a suo carico dall'art. 1588 c.c. e la risoluzione del contratto derivi, quindi, da fatto al medesimo addebitabile a titolo di inadempimento, al locatore spetta il risarcimento del danno, che deve in tal caso comprendere anche i canoni dovuti in base al contratto e fino allo spirare convenzionale dello stesso, a titolo di mancato guadagno in conseguenza di un evento risolutivo della locazione dal locatore non voluto né altrimenti determinato (Cass. civ., sez. III, 17 maggio 2010, n. 11972).

Anche la totale e definitiva instabilità dell'edificio, esistente al momento della conclusione del contratto, ne determina la nullità assoluta, rilevabile d'ufficio a norma dell'art. 1421 c.c., mentre, se la stessa si verifica nel corso del rapporto, costituisce causa di risoluzione del contratto per sopravvenuta impossibilità della prestazione, essendo irrilevante, a tali fini, la circostanza che al momento della conclusione del negozio tale instabilità già esisteva in misura modesta. (Cass. civ., sez. III, 24 agosto 1978, n. 3967).

In una fattispecie in cui il conduttore aveva ritardato nella riconsegna di un capannone industriale locatogli e nel frattempo un'eccezionale grandinata ne aveva distrutto la copertura, rendendo non più possibile le riconsegna dell'immobile nelle medesime condizioni in cui era stato locato, il Tribunale di Udine ha ritenuto che l'evento in sé integrava la dimostrazione, da parte del conduttore, che il danno, e quindi il perimento della cosa, si sarebbe prodotto anche nell'ipotesi in cui l'immobile fosse stato tempestivamente restituito al locatore al termine della locazione ed ha quindi affermato in via di principio che, «in materia di locazione, secondo la regola stabilita dall'art. 1221 c.c., il debitore in mora è liberato per la sopravvenuta impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile se provi che l'oggetto della prestazione sarebbe ugualmente perito presso il creditore» (Trib. Udine 3 dicembre 2010).

Le cause del perimento della cosa locata

Il perimento dell'immobile può avvenire per più cause differenti: per crollo, in conseguenza della mancata adozione di opere di straordinaria manutenzione o di una ristrutturazione resasi necessaria; per ragioni di vetustà dell'edificio; per fenomeni sismici; a causa di incendio; per attività pericolose esercitate nei locali dal conduttore o da terzi.

In tutte queste ipotesi, le conseguenze non sono eguali, poiché la responsabilità può essere attribuita ad incuria del locatore, a colpa del costruttore, a forza maggiore, come nel caso di eventi naturali, come inondazioni o terremoti (salvo ovviamente il caso in cui non siano state adottate le prescrizioni costruttive previste per le zone sismiche), all'attività di terzi, o, infine allo stesso conduttore.

In forza delle regole di cui agli artt. 1218 e 1256 c.c., la presunzione di responsabilità dovrebbe gravare sul locatore, trattandosi di mancata prestazione di godimento della cosa locata, nel rapporto di locazione la presunzione di responsabilità grava sul conduttore, per la specifica previsione dell'art. 1588 c.c.

Il risarcimento del danno

In difetto della prova liberatoria, il conduttore è tenuto a risarcire il locatore del danno conseguente al perimento del bene, danno comprensivo sia del danno emergente derivante dalla perdita o dal deterioramento della cosa locata, sia del lucro cessante, che andrà parametrato sulle circostanze del caso concreto ed in specie sulla scadenza contrattuale e sul tempo necessario per il ripristino della cosa nello stato quo ante.

In evidenza

Il conduttore deve restituire la cosa locata allorché il contratto sia cessato per la perdita o per il deterioramento della cosa stessa di gravità tale da aver comportato la risoluzione del contratto. In tal caso il locatore deve essere indennizzato di tutte le conseguenze pregiudizievoli subite, incluso il mancato guadagno, insito nella mancata restituzione, a causa della perdita o del deterioramento della cosa locata, imputabile al conduttore, esclusi solo i danni che il locatore avrebbe potuto evitare usando l'ordinaria diligenza ex art. 1227 c.c. (Cass. civ., sez. III, 9 giugno 2003, n. 9199).

A differenza di quanto dispone l'art. 1590 c.c., che rinvia al momento della consegna l'esecuzione dell'obbligo di restituire la cosa locata nel medesimo stato in cui è stata ricevuta, l'art. 1588 c.c. si pone come una disposizione particolare che prevede una responsabilità del tutto autonoma: sorge, infatti, al momento stesso del verificarsi dell'evento dannoso - costituito dalla perdita o dal deterioramento, anche se derivante da incendio - nel corso della locazione.

La responsabilità del conduttore, in tal caso, è presunta, ma trattasi di presunzione semplice, che può essere vinta con la dimostrazione che gli eventi dannosi si sono verificati per causa a lui non imputabile, in analogia con quanto dispone il già citato art. 1218 c.c.

La causa non imputabile

Quale sia l'esatto significato di «causa non imputabile», l'art. 1588 c.c. non lo dice, ma si intende che al conduttore spetta l'onere di dimostrare che il deterioramento o la perdita della cosa sono dovuti ad un fatto causativo non riconducibile alla sua condotta. Rimane, comunque, la questione circa la prova che il conduttore deve fornire per esonerarsi dalla responsabilità.

La causa non imputabile è concetto che appartiene alla teoria generale delle obbligazioni, e qui, ai fini che interessano, non può che farsene cenno. É certo, tuttavia, che non è sufficiente fornire la prova di avere usato dell'ordinaria diligenza nella custodia dell'immobile, perché la responsabilità di cui all'art. 1588 c.c., anche se connessa all'obbligo di custodia, non è conseguenza dell'inadempimento a tale obbligazione, bensì del fatto oggettivo del verificarsi di un evento dannoso che non sia dovuto ad uso normale o a vetustà (art. 1590 c.c.). Si tratta quindi di vedere «se il conduttore, per liberarsi dalla responsabilità, sia tenuto a provare la causa specifica dell'evento o possa anche dimostrare la mancanza di nesso di causalità tra la sua condotta e l'evento» (Tabet).

La mancanza di una indicazione specifica della prova liberatoria che il conduttore è tenuto a dare - diversamente dal caso di incendio di casa abitata da più inquilini - comporta, tuttavia, che il conduttore dovrà fornire la prova della causa, perché, se questa dovesse restare ignota, si dovrà presumere l'evento come a lui imputabile.

In questo senso è una costante giurisprudenza della Cassazione, secondo cui il comma 1 dell'art. 1588 c.c. sostanzialmente riproduce la disposizione generale contenuta nell'art. 1218 c.c., con la conseguenza che «il conduttore per vincere la presunzione deve dare la prova, piena e completa, non solo del dato obiettivo della perdita o del deterioramento, ma altresì dell'assenza di colpa e, cioè, del caso fortuito o della forza maggiore» (Cass. civ., sez. III, 2 agosto 2000, n. 10126; Cass. civ.,sez. III, 17 dicembre 2010, n. 25644).

Un'eccezione alla regola è stata rinvenuta nel caso in cui il danno riguardi strutture sulle quali il conduttore non abbia alcuna possibilità di controllo (Cass. civ., sez. III, 25 luglio 2008, n. 20434).

Causa non imputabile è certamente anche il fatto del terzo, intendendosi per tale un soggetto che venga in relazione con la cosa locata senza il consenso, tacito od esplicito, del conduttore.

In altre parole, il terzo non deve rientrare nel novero delle persone che egli «ha ammesse, anche temporaneamente, all'uso o al godimento della cosa» (art. 1588, comma 2, c.c.), perché altrimenti il conduttore è del pari ritenuto responsabile. Sono tali, quelle persone la cui partecipazione al godimento della cosa locata rientra nella esplicazione del relativo diritto di cui il conduttore è titolare, con la conseguente responsabilità; e quindi, oltre i conviventi del conduttore, i domestici, gli ospiti anche temporanei, i clienti, i dipendenti o persone che si trovano nell'abitazione del conduttore per eseguire lavori da lui commissionati.

Qualora però il terzo, ammesso al godimento della cosa locata, e quindi tenuto ad osservare lo stesso grado di diligenza del conduttore, dimostri che l'evento non è dovuto a causa a lui imputabile, anche il conduttore va esente da responsabilità (Cass. civ., sez. III, 25 maggio 1998, n. 5193).

Conclusione

Si può concludere che l'art. 1588 c.c. prevede, a favore del locatore, un rafforzamento della garanzia - di contenuto patrimoniale - che la cosa locata venga usata dal conduttore con la diligenza del buon padre di famiglia, non invece un motivo di risoluzione, in quanto la responsabilità sorge per effetto del verificarsi di un evento lesivo dell'integrità della cosa, anche indipendentemente da un inadempimento del conduttore, come conseguenza del rischio del deterioramento o della perdita a lui addossato. Il contratto, quindi, non si risolve, ma cessa di esistere per il fatto stesso del venir meno del suo oggetto.

Guida all'approfondimento

Bucci - Malpica - Redivo, Manuale delle locazioni, Padova, 1989, 129;

Tabet, La locazione-conduzione, Milano, 1972, 551.

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