Modifiche del fondo patrimoniale fra autonomia dei coniugi e interesse del figlio minore

20 Marzo 2018

L'Autrice analizza i recenti mutamenti giurisprudenziali in tema di scioglimento del fondo patrimoniale, con particolare riferimento alla tutela dei figli minori. Di fondamentale importanza è la pronuncia della Corte di Cassazione, Cass. civ., 8 agosto 2014, n. 17811 che ha offerto un'interpretazione innovativa dell'istituto, sollevando altresì ulteriori e nuovi interrogativi sull'argomento.
Lo scioglimento del fondo patrimoniale

L'atto di costituzione del fondo patrimoniale può essere modificato in ogni tempo, purché nel rispetto delle forme previste per la modifica delle convenzioni matrimoniali previste dall'art. 163 c.c.. Tra queste è pacifica l'inclusione dell'ipotesi di scioglimento della convenzione, ossia la cessazione per mutuo consenso dei coniugi senza necessità di alcuna autorizzazione da parte dell'autorità giudiziaria. Nonostante un dettato normativo apparentemente chiaro, la dottrina e la giurisprudenza si sono a lungo interrogate sulla concreta applicazione della disciplina, in particolare sollevando diversi dubbi in relazione alla presenza o meno di figli minori, che hanno reso necessaria un'analisi relativa ai limiti dello scioglimento volontario del fondo.

Gli orientamenti contrapposti

Anteriormente alla pronuncia della Corte di Cassazione dell'agosto 2014 (Cass. civ., sez. I, 8 agosto 2014, n. 17811) – chiave di volta del sistema, intervenuta dirimendo il conflitto giurisprudenziale e dottrinale sul tema – era possibile riscontrare due orientamenti opposti che ruotavano attorno all'interpretazione dell'art. 169 c.c..
L'articolo in questione prevede che non è possibile «alienare, ipotecare, dare in pegno o comunque vincolare» i beni del fondo se non con il mutuo consenso dei coniugi, aggiungendo poi che, in caso di presenza di figli minori, è necessario un provvedimento del Giudice. Gli atti di disposizione sono, in ogni caso, possibili «nei soli casi di necessità e utilità evidente». Viene, tuttavia, fatta salva la possibilità per i coniugi di prevedere diversamente nell'atto di costituzione. È proprio intorno all'inciso «se non è stato espressamente consentito nell'atto di costituzione» che si sono sviluppati i due filoni di pensiero. Secondo un primo orientamento, la deroga negoziale non sarebbe consentita laddove vi siano figli minori (R. Israel, Fondo patrimoniale e Cassazione 8 agosto 2014: un nuovo ostacolo alla circolazione giuridica degli immobili?, in Federnotizie.it, il quale fa riferimento a V. De Paola, Il regime patrimoniale della famiglia coniugale, III, Giuffrè, 1996, 128; A. e M. Finocchiaro, Diritto di famiglia, I, Giuffrè, 1984, 832 ss.; Corsi, Il regime patrimoniale della famiglia,in A. Cicu e F. Messineo (diretto da) Trattato di diritto civile e commerciale, II, Giuffrè, 1984, 106; E. Russo, Il fondo patrimoniale,in Studi sulla riforma del diritto di famiglia, Giuffrè, 1973, 549 ss.. In giurisprudenza: Trib. Modena, 1 marzo 2011; App. Bologna, 5 agosto 2011; Trib. Venezia, 21 aprile 2011.) I sostenitori di tale tesi muovevano dal presupposto per cui qualora l'articolo si volesse riferire all'espresso consenso dei costituenti, lo farebbe unicamente in collegamento con la prima parte della medesima disposizione, quindi non si potrebbe derogare all'intervento giudiziale in presenza di figli minori.
L'orientamento opposto, certamente di impronta più liberale, ammetteva invece la possibilità di deroga, sia in relazione alla previsione di consenso congiunto, sia all'ipotesi di intervento dell'autorità giudiziaria (ex multis Trib. min. Venezia, 7 febbraio 2001; Trib. min. Venezia, 17 novembre 1997; Trib. min. Lecce, 25 novembre 1999; Trib. Milano, 6 marzo 2013).

La sentenza n. 17811/2014 della Corte di Cassazione

I contrasti sopra accennati sembravano essersi consolidati per lo meno fino alla pronuncia dell'agosto 2014, Cass. civ., 8 agosto 2014, n. 17811. Dalla lettura della sentenza appare evidente l'orientamento scelto dalla Suprema Corte, la quale, concentrandosi sulla legittimità dello scioglimento del fondo in presenza di figli minori, ne riconosce l'ammissibilità attribuendo, però, ai figli stessi un ruolo pregnante. Posto, infatti, che il fondo patrimoniale ha come primario scopo quello di sopperire ai bisogni della famiglia, diventa necessario riconoscere un ruolo di “gestione” del vincolo gravante sui beni costituenti il fondo sui figli medesimi. È stato in tal modo riconosciuto un diritto soggettivo in capo ai figli minori relativamente alla gestione del fondo. La sentenza in questione ha fatto luce, inoltre, su diversi punti controversi. Innanzitutto la Suprema Corte riconosce come ammissibile lo scioglimento del fondo, esclusivamente sulla base del consenso congiunto dei coniugi solamente in mancanza di figli, in presenza dei quali, invece, non sarebbe ammesso lo scioglimento consensuale. Questa statuizione è volta a tutelare quell'interesse riconosciuto ai figli quali componenti “deboli” della famiglia in ordine agli atti di disposizione del fondo. Secondo quanto affermato nella sentenza in commento, non è compromessa la facoltà prevista dall'art. 169 c.c. di derogare convenzionalmente alla previsione del divieto di alienazione dei beni del fondo patrimoniale. Invero, viene riconosciuta una netta distinzione di fattispecie tra alienazione dei beni del fondo e scioglimento dello stesso, prevedendo che la deroga in questione non trovi applicazione in caso di scioglimento (si vedrà nel prosieguo come tale inciso abbia creato non pochi problemi). Di non trascurabile importanza è, infine, il fatto che la decisione estenda l'applicabilità della disciplina al caso di nascituri.

Di conseguenza, lo scioglimento del fondo sarebbe, in linea di principio, possibile anche in presenza di figli minori, rappresentati da un curatore speciale autorizzato, purché ciò non risulti lesivo del riconosciuto interesse alla conservazione della consistenza del fondo patrimoniale.

La sentenza, poi, riconoscendo espressamente la possibilità per i coniugi di sciogliere volontariamente il fondo patrimoniale, smentisce una prevalente dottrina che sosteneva che ciò non fosse ammissibile in virtù di una lettura dell'art. 171 c.c. che prevedrebbe un'elencazione tassativa dei motivi di scioglimento (tra i quali non è ricompreso il consenso dei coniugi).
In conformità a tale orientamento, la giurisprudenza tendeva a rigettare le istanze con cui si chiedeva lo scioglimento del fondo patrimoniale per volontà dei coniugi in presenza di figli minori. Lo scioglimento era previsto esclusivamente per gli specifici motivi contemplati dall'articolo citato (App. Bologna, 13 marzo 2008). Si era affermato, inoltre, che anche nel caso in cui il vincolo di indisponibilità venisse meno (ossia al venire meno del vincolo coniugale), in presenza di figli minori, l'istituto permanesse fino al compimento della maggiore età del figlio più piccolo (Trib. min. Milano, 11 novembre 2010).

Riconducendo il fondo all'interno del novero delle convenzioni matrimoniali trova, inoltre, piena attuazione il principio di autonomia di cui agli artt. 1322 e 1372 c.c..

Il panorama attuale

La pronuncia della Cassazione ha fornito i principi generali di interpretazione sui quali le Corti hanno fondato le proprie decisioni successive. Si riportano di seguito alcuni provvedimenti che, pur in conformità dell'orientamento dei Giudici della Suprema Corte, hanno colmato alcune lacune e chiarito le modalità di applicazione.

Un provvedimento del Tribunale di Milano (Trib. Milano, sez. IX, 30 marzo 2015, v. F. Scarfò, Per alienare un bene costituito in fondo patrimoniale l'autorizzazione giudiziale è necessaria quando vi sono figli minori, in IlFamiliarista.it) ribadisce che «non sussiste la necessità di un'autorizzazione giudiziale nell'ipotesi di scioglimento consensuale del fondo, in mancanza di figli; è, invece, necessario lo scrutinio del giudice ove vi sia prole minore di età». Spetterà, quindi, al Giudice valutare l'interesse del minore ad interloquire sugli atti che i genitori intendono porre in essere mediante audizione ovvero nomina di un curatore speciale. I Giudici milanesi puntualizzano come competa al Giudice la valutazione concreta in ordine alla necessarietà degli atti di disposizione. Per quanto, infatti, si intenda tutelare l'interesse del minore, non è detto che gli atti dei coniugi vengano posti in essere in conflitto con esso: tale ipotesi è configurabile, ad esempio, nel caso in cui i genitori vogliano porre in essere atti di disposizione per ottenere liquidità da mettere a disposizione del minore (spese scolastiche e di vita). In tal senso, l'interesse del figlio è senz'altro tutelato e non sarà necessario il suo intervento nella procedura. In tale ultimo caso, non sarebbe necessaria la nomina del curatore speciale per il minore, come puntualizzato dallo stesso Tribunale un anno più tardi (Trib. Milano, sez. IX, 29 febbraio 2016) riempiendo uno spazio vuoto lasciato dalla sentenza di Cassazione, per cui spetterà all'autorità giudiziaria valutare la sussistenza del conflitto di interessi e definire le modalità con le quali accertare l'interesse del minore (nomina del curatore o ascolto ex art. 336-bis c.c.).

Sussiste, tuttavia, una problematica, non ancora affrontata dalla giurisprudenza, sviluppatasi a seguito della sentenza dell'agosto 2014, relativa alla possibilità di estendere la disciplina finora descritta anche al diverso caso di alienazione dei beni del fondo. Sebbene la Cassazione avesse ben chiara la distinzione tra le due fattispecie («[…]del tutto diversa è l'ipotesi di alienazione di beni del fondo – che comunque, nonostante l'atto dispositivo incidente sulla sua consistenza, conserva la sua validità ed efficacia – rispetto a quello di cessazione dello stesso che ne determina l'estinzione […]»), nella prassi applicativa si riscontra un orientamento opposto che tende a richiedere l'autorizzazione giudiziale non prevista, in violazione della possibilità di deroga contemplata dall'art. 169 c.c.. Estendere la disciplina significherebbe contraddire il dictum normativo dell'articolo sopra citato che esplicitamente prevede la possibilità dei coniugi di derogare alla necessità dell'autorizzazione, attribuendo alla giurisprudenza una funzione che non le compete, (R. Israel, Fondo patrimoniale e Cassazione 8 agosto 2014: un nuovo ostacolo alla circolazione giuridica degli immobili?, in Federnotizie.it)

È possibile, poi, immaginare il caso particolare in cui il fondo patrimoniale sia costituito da un solo bene. In tale ipotesi l'alienazione del bene e lo scioglimento del fondo andrebbero a coincidere, quanto meno sul piano sostanziale. Seguendo l'interpretazione della Corte di Cassazione, i coniugi potrebbero liberamente alienare il bene oggetto del fondo, ma per lo scioglimento dello stesso sarebbe, invece, necessaria l'autorizzazione del giudice. Tale conclusione, tuttavia, non appare in linea con il sistema recentemente delineatosi.

In conclusione

È possibile, in conclusione, affermare che la giurisprudenza si è assestata nel riconoscere la necessità dell'autorizzazione dell'autorità giudiziaria per lo scioglimento del fondo patrimoniale in presenza di figli minori, laddove non venga preventivamente accertato da parte del Tribunale la salvaguardia dell'interesse di quest'ultimo. Ciò posto, numerosi risultano gli interrogativi suscitati dalla prassi applicativa in materia, che necessitano di una soluzione da rivenirsi in ogni caso in conformità dei principi generali dettati dalla Cassazione nel 2014.

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