Cumulabilità tra pensione e redditi da lavoro

Innanzi alla Corte d'Appello di Ancona l'INPS impugnava la sentenza del Tribunale che, riconoscendo ad una pensionata il diritto alla totale cumulabilità fra redditi di lavoro e pensione di anzianità ai sensi dell'art. 44, L. n. 289/2002, prevedeva l'obbligo di restituzione delle trattenute effettuate in ragione del principio del divieto di cumulo.

La Corte territoriale accoglieva il gravame dell'Ente, affermando che la donna non avesse maturato il requisito contributivo delle 1924 settimane (37 anni), possedendone solo 1900 settimane, computate senza considerare la contribuzione effettiva per disoccupazione involontaria, che incide sulla misura della pensione ma non rileva ai fini della maturazione del diritto di cumulo.

Avverso la decisone della Corte d'Appello, dunque, la pensionata ricorreva per cassazione.

La Corte, nel rigettare il ricorso, ha affermato il principio per cui «quando l'articolo 44 citato richiama, ai fini della deroga al divieto di cumulo della pensione con i redditi di lavoro, un'anzianità contributiva di 37 anni non può che riferirsi ai contributi utili ai fini del conseguimento della stessa pensione di anzianità oggetto della norma, con esclusione perciò del computo della contribuzione figurativa utile soltanto per la misura della pensione, salvo le eccezioni previste dalla legge».

La pronuncia in esame si inserisce nell'orientamento già espresso dalla Cassazione con la sentenza n. 18192/2017, secondo cui per determinare l'anzianità contributiva che, unitamente all'età anagrafica di 58 anni, dà diritto alla cumulabilità integrale di pensione e redditi da lavoro autonomo o dipendente, deve essere conteggiata la contribuzione effettiva.