La natura delle fondazioni: inconfigurabilità dell'in house providing e difetto di giurisdizione contabile

26 Marzo 2018

La figura dell'in house providing, trovando precipua collocazione nell'ambito di attività economiche da svolgersi con criteri imprenditoriali, è incompatibile con la struttura di una fondazione il cui Statuto escluda espressamente lo svolgimento di attività lucrativa.
Massima

La figura dell'in house providing, trovando precipua collocazione nell'ambito di attività economiche

da svolgersi con criteri imprenditoriali, è incompatibile con la struttura di una fondazione il cui Statuto escluda espressamente lo svolgimento di attività lucrativa. Conseguentemente è esclusa la giurisdizione della Corte dei Conti per quel che concerne eventuali azioni di responsabilità nei confronti del Presidente per il danno arrecato al patrimonio della fondazione con la propria mala gestio.

Il caso

Il caso giunto all'esame delle Sezioni Unite della Cassazione trae origine dal ricorso proposto per motivi di giurisdizione avverso la sentenza con cui la Sezione Giurisdizionale di Appello della Corte dei Conti aveva condannato il Presidente di una fondazione (Fondazione Festival Pucciniano) per il pregiudizio arrecato con la propria mala gestio al patrimonio dell'Ente.

In particolare, oggetto di contestazione della Procura della Corte dei Conti era l'affidamento di tre incarichi professionali, di cui l'ultimo avrebbe costituito una sostanziale sovrapposizione dei precedenti, la mancata adozione di una procedura di evidenza pubblica dalla quale sarebbe potuto derivare risparmio per la Fondazione, nonché l'aver affidato l'incarico di RUP a due soggetti in successione, il primo privo di adeguato titolo di studio, ed il secondo in conflitto di interessi in quanto appartenente alla Fondazione.

Con il ricorso proposto, il ricorrente ha chiesto la cassazione della sentenza di condanna ravvisando il difetto di giurisdizione della Corte dei Conti per quanto concerne l'azione di responsabilità azionata, giurisdizione da individuarsi in favore dell'Autorità Giudiziaria Ordinaria.

La questione

Le Sezioni Unite, nel risolvere il caso sottoposto al proprio esame, si sono trovate innanzitutto a dover analizzare la questione del contenuto e dei limiti della giurisdizione contabile.

Ebbene, l'art. 103, co. 2 Cost. impone, al di fuori delle materie di contabilità pubblica, di trovare il fondamento della giurisdizione della Corte dei Conti in una specifica disposizione di legge, rinvenibile oggi nella L. n. 20 del 14 gennaio 1994, il cui art. 1, co. 4 ne estende la portata alla responsabilità di amministratori e dipendenti pubblici anche per danni cagionati ad amministrazioni o enti pubblici diversi da quelli di appartenenza.

Considerato che nell'attuale assetto normativo il perseguimento delle finalità istituzionali proprie della pubblica amministrazione si realizza anche mediante attività disciplinate in tutto o in parte da diritto privato, la Cassazione, nel radicare la giurisdizione contabile, ha individuato quale elemento essenziale l'evento dannoso che si verifichi a carico dell'Amministrazione. Dunque, la giurisprudenza ha adottato un approccio sostanzialistico, in sostituzione del precedente criterio eminentemente soggettivo che identificava l'elemento fondante della giurisdizione della Corte dei Conti nella condizione giuridica pubblica dell'agente.

Ciò precisato, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (sentenza n. 26283 del 25 novembre 2013) hanno ravvisato sussistere la giurisdizione contabile nei confronti degli amministratori di società c.d. in house in virtù di un «rapporto di alterità tra l'ente pubblico partecipante e la società in house che ad esso fa capo», dal quale deriva che «la distinzione tra il patrimonio dell'ente e quello della società si può porre in termini di separazione patrimoniale, ma non di distinta titolarità». Da tali considerazioni consegue che il danno inferto al patrimonio di tale società da atti illegittimi degli amministratori deve considerarsi direttamente arrecato ad un patrimonio che, seppure separato, è pur sempre riconducibile all'ente pubblico.

Proprio in considerazione di ciò, il d.lgs. n. 175 del 2016, all'art. 12, comma 1 ha previsto «la giurisdizione della Corte dei Conti per il danno erariale causato dagli amministratori e dai dipendenti delle società in house», derogando così alla generale azione civile di responsabilità – attribuita all'Autorità Giudiziaria Ordinaria – prevista per gli organi di amministrazione e controllo delle società partecipate.

Le soluzioni giuridiche

Chiariti i limiti ed i confini della giurisdizione della Corte dei Conti, la Suprema Corte ha proceduto alla verifica in ordine alla possibilità di qualificare in termini di società in house la fondazione lirica al cui patrimonio era stato arrecato il pregiudizio dal ricorrente.

Come noto, la società in house, secondo un consolidato orientamento della giurisprudenza, avrebbe solamente la forma esteriore di una società, costituendo, in realtà, un'articolazione in senso sostanziale della pubblica amministrazione, da cui promana e non un soggetto giuridico a questa esterno ed estraneo. Da qui la non assoggettabilità alle regole dell'evidenza pubblica con riguardo agli affidamenti da parte dell'Amministrazione nei confronti della “propria” società in house.

Ebbene, su tali presupposti la Corte di Cassazione ha affermato che alla Fondazione in oggetto non possa attribuirsi la natura giuridica di società in house, in quanto titolare di un proprio patrimonio, autonomo e distinto da quello del Comune dal quale ha avuto origine. Conseguenza ne è che il pregiudizio economico che la Corte dei Conti ha imputato al Presidente della Fondazione, in realtà, ha prodotto i propri effetti diretti nei confronti del patrimonio di tale soggetto giuridico, e non già di quello del Comune, venendo così meno i presupposti sopra rappresentati ai fini della configurabilità del danno erariale.

A tale affermazione i Giudici della Suprema Corte hanno aggiunto che, in termini più generali, «la figura dell'affidamento in house trova la sua precipua collocazione nell'ambito di attività economiche da svolgersi con criteri imprenditoriali e che proprio in tali ambiti può trovare spazio l'analisi dell'ente al fine di rinvenire un agire sul mercato in termini concorrenziali con altri soggetti». Ebbene, nel caso de quo, essendo escluso dallo statuto della Fondazione il perseguimento di scopi di lucro, verrebbe meno ogni possibilità di ragionare in termini di in house providing.

Osservazioni

La sentenza oggetto di commento si presenta particolarmente interessante, non tanto per la conclusione cui giunge in ordine alla non configurabilità della Fondazione lirica in termini di società in house in ragione dell'accertata autonomia patrimoniale rispetto al Comune di Viareggio, quanto per il passaggio finale – quale obiter dictum – volto ad escludere la compatibilità tra assenza di scopo di lucro e società in house.

L'essenzialità dello scopo lucrativo – in realtà non scontata per parte della dottrina – sembrerebbe doversi rintracciare nella previsione della legge delega in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche (L. n. 124 del 2015) secondo la quale «la regolazione dei flussi finanziari, sotto qualsiasi forma, tra amministrazione pubblica e società partecipate» debba avvenire secondo i criteri di “parità di trattamento tra imprese economiche pubbliche e private e operatore di mercato” (art. 18, co. 1 lett. l). Invero, l'operatore di mercato cui la legge si riferisce, sembrerebbe corrispondere alla figura dell'investitore privato operante in normali condizioni di mercato, introdotta dalla normativa europea in materia di aiuti di Stato.

Si aggiunga che la previsione di cui all'art. 14, comma 1, d.lgs. n. 175 del 2016 relativa all'assoggettamento delle società pubbliche – da intendersi riferita anche a quelle in house – sembrerebbe presupporre non solo la natura di soggetto privato di tali organismi societari, ma anche la qualifica di imprenditore commerciale.

Tale sentenza, in ogni caso, si pone in discontinuità rispetto ai precedenti arresti con cui il Consiglio di Stato (cfr. Cons. St., sent. n. 5781 del 2008, Cons. St., sent. n. 66 del 2013) pur non analizzando ex professo la questione della compatibilità tra fondazioni e in house providing, nel verificare se nei casi sottoposti al proprio esame ricorressero i famosi tre presupposti delineati dalla giurisprudenza ai fini della configurabilità dell'istituto, aveva dato per presupposta l'astratta configurabilità tra tale modulo organizzativo ed enti privi di scopo di lucro.

Ebbene, nella sentenza esaminata, al contrario, pur non affrontando esaustivamente la questione, le Sezioni Unite della Cassazione hanno ritenuto imprescindibile uno scopo di lucro nell'attività del soggetto giuridico affinché questo possa essere qualificato in termini di in house. Da tale ultimo arresto giurisprudenziale ne deriva che, ogni qualvolta l'operatore si trovi al cospetto di un soggetto giuridico di diritto privato, ma caratterizzato da spiccati elementi pubblicistici che ne connotino la struttura, preliminare all'esame circa la sussistenza dei tre elementi la cui compresenza determina la configurabilità in termini di società in house, sarà la verifica del carattere imprenditoriale dell'ente; difatti, in assenza dello scopo di lucro, non potrà ravvisarsi la qualifica di operatore commerciale e, di conseguenza, la configurabilità del soggetto in termini di società in house.

In ogni caso, l'auspicio non può che essere una futura pronuncia con cui le Sezioni Unite di Cassazione facciano definitivamente chiarezza sul punto, indicando anche le specifiche motivazioni in base alle quali un soggetto privo di scopo di lucro – pur svolgendo eventualmente attività economico-commerciali – non possa essere qualificato in termini di in house.

Guida all'approfondimento

In dottrina si segnala:

  • V. Tenore, La nuova Corte dei Conti: responsabilità, pensioni, controlli, Edizione 2013, Giuffrè;
  • R. Chieppa - R. Giovagnoli, Manuale di Diritto Amministrativo, Edizione 2017, Giuffrè;
  • F. Cerioni, Le società pubbliche nel testo unico, Giuffrè;
  • V. Donativi, Le società a partecipazione pubblica, Milano.

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