Luca Griselli
22 Maggio 2020

La disciplina dei criteri di selezione dell'offerta migliore (c.d. criteri di aggiudicazione) riveste fondamentale rilievo, in quanto volta a garantire che l'aggiudicazione dei contratti pubblici avvenga in un contesto realmente trasparente e concorrenziale, oltre a garantirne l'effettiva convenienza e la qualità, in ossequio ai principi di efficienza ed economicità dell'azione amministrativa.
Inquadramento

Contenuto in fase di aggiornamento autorale di prossima pubblicazione

La disciplina dei criteri di selezione dell'offerta migliore (c.d. criteri di aggiudicazione) riveste fondamentale rilievo, in quanto volta a garantire che l'aggiudicazione dei contratti pubblici avvenga in un contesto realmente trasparente e concorrenziale, oltre a garantirne l'effettiva convenienza e la qualità, in ossequio ai principi di efficienza ed economicità dell'azione amministrativa.

Il d.lgs. 163 del 2006, che, in forza dell'art. 216 del D.Lgs.n. 50 del 2016, continua a trovare applicazione per le residue procedure formalmente avviate fino alla pubblicazione del nuovo Codice dei contratti pubblici (e, dunque, per i contenziosi che ad esse si riferiscano) disciplinava la materia agli artt. 81 ss., che trovavano applicazione tanto nei settori ordinari quanto nei settori speciali, costituendo attuazione dell'art. 53 della Direttiva 2004/18/CE e dell'art. 55 della Direttiva 2004/17/CE.

La predetta disciplina, è stata peraltro notevolmente modificata dal citato d.lgs. 50 del 2016, che ha recepito le nuove Direttive UE in materia di appalti e concessioni e che si occupa dei criteri di aggiudicazione agli artt. 95 e 96, di cui si dirà nei prossimi paragrafi.

Si esamineranno dunque prima le regole del Codice del 2006, tutt'ora d'interesse nei limiti anzidetti, per poi passare alla ricostruzione del nuovo quadro normativo.

L'art. 81 d.lgs. 163 del 2006. stabiliva in linea generale che la migliore offerta dovesse essere selezionata attraverso l'utilizzo di due criteri: il criterio del prezzo più basso o il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa (art. 81, comma 1).

Si trattava di criteri esclusivi, tassativi e alternativi;esclusivi e tassativi, in quanto le Stazioni appaltanti non potevano utilizzarne di diversi, né discostarsi dalla disciplina primaria e secondaria (costituita dal regolamento di attuazione del Codice degli appalti, d.P.R. n. 207 del 2010) nella loro concreta attuazione, salvi i margini di discrezionalità da essa riconosciuti;alternativi, in quanto la scelta dell'uno escludeva naturalmente la possibilità di avvalersi dell'altro e in quanto l'opzione tra i due criteri era rimessa all'apprezzamento discrezionale dell'Ente appaltante.

Tali principi potevano essere derogati soltanto nelle ipotesi espressamente previste da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative, riguardanti la remunerazione di servizi specifici (come stabilito dall'art. 81, comma 1, D.Lgs. 163/06): si trattava di fattispecie eccezionali, normalmente riconducibili ai servizi intellettuali, connotati da evidenti peculiarità, ovvero ad altre particolari modalità di affidamento di contratti pubblici (ad esempio tramite Consip).

Principali differenze tra i criteri di aggiudicazione

Nell'ambito della disciplina dei lavori pubblici, la l. n. 109 del 1994 (L. quadro in materia di appalti e concessioni di lavori pubblici) aveva fortemente limitato la possibilità di utilizzare il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa (art. 21), in favore dell'utilizzo del criterio del prezzo più basso.

La scelta legislativa dell'epoca, risentendo delle note vicende e inchieste penali, era orientata a ridurre al minimo la discrezionalità della Stazione appaltante nell'individuazione dei propri contraenti, imponendo la prevalente adozione di un criterio, quello appunto del prezzo più basso, basato su meri automatismi.

Tale soluzione era stata nondimeno avversata dalla Corte di giustizia europea, che aveva ravvisato l'incompatibilità dell'art. 21, l. n. 109 del 1994 con l'art. 30, n. 1, direttiva 93/37/CEE, ritenendo che «la fissazione da parte del legislatore italiano, in termini generali e astratti, di un unico criterio di aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici priva(sse) le amministrazioni aggiudicatrici della possibilità di prendere in considerazione la natura e le caratteristiche peculiari di tali appalti isolatamente considerati scegliendo per ognuno di essi il criterio più idoneo a garantire la libera concorrenza e ad assicurare la selezione della migliore offerta» (Corte giust. UE, Sez. II, 7 ottobre 2004, in causa C-247/2002).

Pertanto, il D.Lgs. 163/06 aveva sancito la piena libertà per la Stazione appaltante nella selezione del criterio ritenuto più opportuno, salvo il rispetto del criterio di “adeguatezza” (di cui si dirà infra § Il principio di adeguatezza del criterio prescelto).

Venendo alle principali differenze tra i due criteri di aggiudicazione, può osservarsi che il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa si basava sulla valutazione dei profili economici e di quelli tecnici delle offerte pervenute, confrontandole tra loro.

In tal modo la Commissione giudicatrice risultava investita di un potere di apprezzamento discrezionale delle varie soluzioni presentate dai concorrenti, che a sua volta avrebbe dovuto conformarsi ai criteri e sub criteri previamente stabiliti dal Bando e dagli altri atti di gara (art. 83 c.c.p.).

Laddove, viceversa, si fosse applicato il criterio del prezzo più basso, l'offerta aggiudicataria sarebbe risultata sempre e comunque quella che avesse proposto l'esecuzione del contratto alle condizioni economiche più convenienti per la Stazione appaltante (salva l'ovvia verifica di congruità dell'offerta stessa).

Pertanto, in tale ipotesi era del tutto assente ogni profilo di discrezionalità (tant'è che, come rilevato da parte della giurisprudenza, per la valutazione delle offerte non occorreva nominare la Commissione giudicatrice, dal momento che l'art. 84 c.c.p. prevedeva specifici requisiti e condizioni di composizione della commissione nei soli casi di procedura con offerta economicamente più vantaggiosa, la cui ratio era quella di assicurare che la stazione appaltante disponesse di specifiche professionalità nei casi in cui fossenecessario apprezzare nel merito le condizioni di vantaggiosità dell'offerta; TAR Calabria, Reggio Calabria, Sez. I, 22 gennaio 2014 n. 54).

In sintesi, mentre l'adozione del criterio del prezzo più basso comportava l'aggiudicazione del contratto al concorrente che avesse offerto il prezzo minore, a prescindere da ogni valutazione sulle caratteristiche tecniche dell'oggetto della prestazione contrattuale, il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa era strutturato in modo tale da impedire che la competizione tra gli operatori economici avvenisse sul versante squisitamente economico, richiedendo anche una delibazione qualitativa dell'offerta (qualità, pregio tecnico, caratteristiche estetiche e funzionali, ecc.) (TAR Puglia, Lecce, Sez. II, 29 luglio 2014, n. 2026).

Il principio di adeguatezza del criterio prescelto

In base all'art. 81, comma 2, c.c.p., le stazioni appaltanti erano chiamate a scegliere il criterio più adeguato in relazione alle caratteristiche dell'oggetto del contratto, indicando nel bando quale dei due criteri sarebbe stato applicato per selezionare la migliore offerta.

Quanto più era complessa la prestazione da affidare e da valutare (ad esempio in quanto ai concorrenti venissero assegnati margini di discrezionalità nel formulare l'offerta, tramite la possibilità di proporre varianti al progetto posto a base di gara), tanto più sarebbe risultata necessaria l'applicazione di un criterio a sua volta discrezionale ed elastico. In tali casi, dunque, risultava maggiormente aderente al criterio di “adeguatezza” indicato dall'art. 81, comma 2, l'opzione per il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa.

La scelta del criterio di aggiudicazione è comunque sempre stata considerata espressione di discrezionalità tecnica della Stazione appaltante, come tale soggetta alla possibilità di un sindacato giurisdizionale, sia pure di tipo “debole”, che era (ed è) ammesso dalla giurisprudenza, sotto il profilo dell'eccesso di potere, qualora venissero utilizzati criteri non adeguati rispetto all'oggetto del contratto oppure illogici o eccessivamente “sbilanciati” a favore di taluni elementi dell'offerta di rilievo marginale.

Ferma restando la discrezionalità della Stazione appaltante, si ritieneva che il prezzo più basso fosse da preferire, in caso di affidamento appalti fortemente standardizzati nei contenuti e nelle regole di prestazione, che lasciavano stretto spazio di modulazione dell'offerta da parte dell'impresa interessata, con la conseguenza che il valore economico della stessa assurgeva a parametro idoneo ai fini della selezione dell'affidatario (cfr. ANAC, deliberazione n. 65 del 2009 e Cons. St., Sez. III, 11 luglio 2013 n. 6738).

Pertanto, era considerata illogica la scelta del criterio del prezzo più basso nel caso in cui la legge di gara avesse attribuito rilievo ad aspetti qualitativi variabili dell'offerta, in riferimento al particolare valore tecnologico delle prestazioni, al loro numero, al livello quantitativo e qualitativo dei servizi di formazione del personale e di manutenzione delle apparecchiature. In questi casi la pluralità di elementi presi in considerazione dalla lex specialis si poneva infatti in contrasto con la caratteristica unicità del criterio del prezzo più basso comportando la violazione degli articoli 81 e 82, d.lgs. n. 163 del 2006 (Cons. St., Sez. V, 3 dicembre 2010, n. 8408).

In evidenza

Determinazione dell'AVCP – ora ANAC 8 ottobre 2008, n. 5

La scelta del criterio di aggiudicazione rientra nella discrezionalità tecnica delle Stazioni appaltanti, che devono valutarne l'adeguatezza rispetto alle caratteristiche oggettive e specifiche del singolo contratto, applicando criteri obiettivi che garantiscano il rispetto dei principi di trasparenza, di non discriminazione e di parità di trattamento. Il criterio del prezzo più basso può reputarsi adeguato al perseguimento delle esigenze dell'amministrazione quando l'oggetto del contratto non sia caratterizzato da un particolare valore tecnologico o si svolga secondo procedure largamente standardizzate; il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa può essere adottato quando le caratteristiche oggettive dell'appalto inducano a ritenere rilevanti, ai fini dell'aggiudicazione, uno o più aspetti qualitativi, quali ad esempio, l'organizzazione del lavoro, le caratteristiche tecniche dei materiali, l'impatto ambientale, la metodologia utilizzata.

La mancata aggiudicazione dell'appalto

L'art. 81, comma 3, c.c.p., attribuiva alle Stazioni appaltanti il potere di non procedere all'aggiudicazione «se nessuna offerta risulti conveniente o idonea in relazione all'oggetto del contratto».

Si trattava di previsione da coordinare con quanto stabilito dall'art. 55, comma 4, c.c.p., a mente del quale «il bando può prevedere che non si procederà ad aggiudicazione nel caso di una sola offerta valida, ovvero nel caso di due sole offerte valide, che non verranno aperte. Quando il bando non contiene tale previsione, resta comunque ferma la disciplina di cui all'articolo 81, comma 3».

Nell'ipotesi disciplinata dall'art. 55, comma 4, la Stazione appaltante, laddove il bando l'avesse previsto espressamente, e qualora fossero pervenute non più di due offerte valide, avrebbe potuto ometterne l'apertura e non procedere alla relativa aggiudicazione. L'esercizio di tale potere, purché espressamente previsto dal bando, non richiedeva alcuna particolare motivazione, trovando esso adeguata giustificazione nell'assenza di una sufficiente concorrenza.

Qualora per contro una clausola siffatta non fosse stata inserita nel bando, residuava comunque il potere della Stazione appaltante, di cui all'art. 81, comma 3, c.c.p., che si fondava tuttavia su diversi presupposti.

Tale ultima previsione autorizzava la Stazione appaltante a non procedere con l'aggiudicazione definitiva. La mancata aggiudicazione presupponeva che la Stazione appaltante avesse ritenuto che nessuna delle offerte pervenute e già valutate (dunque aperte, contrariamente all'ipotesi di cui all'art. 55, comma 4), fosse conveniente o idonea in relazione all'oggetto del contratto.

Si ritieneva che una siffatta eventualità non potesse mai verificarsi, laddove il criterio di aggiudicazione prescelto fosse quello del prezzo più basso. In tal caso, infatti, la Stazione appaltante aveva autonomamente determinato la base d'asta, così manifestando che il prezzo “di partenza” del confronto concorrenziale era per ciò stesso in linea con il mercato.

Il che escludeva, appunto, che potesse essere ritenuta non conveniente un'offerta, quand'anche essa fosse risultata solo di poco inferiore alla base d'asta (restando comunque fermi i poteri di autotutela in relazione all'intera gara, laddove la Stazione appaltante avesse ritenuto che la determinazione della base d'asta non fosse avvenuta correttamente).

Si era chiarito che l'art. 81, comma 3, richiedeva alla stazione appaltante un giudizio di convenienza sul futuro contratto, che conseguiva, tra l'altro, da apprezzamenti sull'inopportunità economica del rapporto negoziale per specifiche ed obiettive ragioni di interesse pubblico ed anche alla luce, se del caso, di una generale riconsiderazione dell'appalto, nell'esercizio di ampi poteri in funzione di controllo, non condizionati, quindi, dalle valutazioni tecniche del seggio di gara (cfr. Cons. St., Sez. III, 4 settembre 2013 n. 4433).

Ed era stato inoltre precisato che siffatto giudizio implicava una specifica e penetrante motivazione, corredata dall'esplicitazione precisa e circostanziata degli elementi di inidoneità dell'offerta che giustificavano la mancata aggiudicazione (Cons. St., Sez. V, 11 giugno 2013 n. 3215; Cons. St.,Sez. III, 20 aprile 2015, n. 1994).

Il criterio del prezzo più basso

Il criterio del prezzo più basso consisteva nel mero confronto (da operare con diverse modalità) tra le offerte economiche proposte dai concorrenti, in modo da individuare quella che, in relazione al valore posto dalla Stazione a base d'asta, fosse risultata la più conveniente.

La norma non consentiva offerte in aumento, rispetto alla base d'asta stessa.

Pertanto, non si trattava di un'aggiudicazione a favore del prezzo più basso fra quelli offerti in senso assoluto, ma a favore dell'offerta che avesse indicato il prezzo più basso in relazione all'importo posto a base di gara (TRGA Trentino Alto Adige, Sez. I, 02 febbraio 2012, n. 39).

Il divieto di offerte in aumento in caso di procedure regolate dal criterio del prezzo più basso era volto ad impedire lievitazioni della spesa pubblica rispetto alla programmazione della Stazione appaltante (parere AVCP –ora ANAC- del 12 febbraio 2009; TAR Lombardia, Milano, Sez. I, 21 novembre 2013, n. 2588). Peraltro, l'ANAC aveva altresì ritenuto che, considerata la ratio del richiamato divieto di offerte in aumento, esso operasse anche laddove l'aggiudicazione dovesse avvenire con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa (cfr. determinazione 10 ottobre 2012, n. 4).

Quanto alle modalità di individuazione del prezzo più basso, ai sensi dell'art. 82, comma 2, c.c.p., il bando di gara era la sede in cui si doveva stabilire: a) se il prezzo più basso, per i contratti da stipulare a misura, era determinato mediante ribasso sull'elenco prezzi posto a base di gara ovvero mediante offerta a prezzi unitari; b) se il prezzo più basso, per i contratti da stipulare a corpo, era determinato mediante ribasso sull'importo dei lavori posto a base di gara ovvero mediante offerta a prezzi unitari.

Dunque, le modalità differivano a seconda della natura delle caratteristiche del contratto da aggiudicare, a misura o a corpo. La distinzione tra le suddette due tipologie di appalto assumeva rilevanza nella fase esecutiva del rapporto contrattuale. Infatti, da sempre, mentre nell'appalto “a misura” il corrispettivo può variare in più o in meno rispetto all'ammontare pattuito in funzione della maggiore o minore quantità di lavoro eseguito, nell'appalto “a corpo” (o a forfait) il prezzo convenuto è fisso ed invariabile in quanto riferito all'opera considerata globalmente, senza che nessuna delle parti contraenti possa pretendere una modifica del prezzo convenuto, sulla base di una verifica delle quantità delle lavorazioni effettivamente eseguite. In altri termini, in questa seconda ipotesi l'appaltatore assume anche l'alea rappresentata dalla maggiore o minore quantità dei fattori produttivi che si rendano necessari rispetto a quella prevista nell'offerta (deliberazione dell'ANAC, 21 febbraio 2002, n. 51; Cass. civ., Sez. I, 7 giugno 2012, n. 9246).

E' stato altresì chiarito che“per la parte di opere il cui prezzo sia pattuito a corpo, il rischio può addossarsi all'appaltatore soltanto quando il progetto dell'opera individui compiutamente e dettagliatamente i lavori da realizzare e il relativo costo e, cioè, quando siano correttamente rappresentati tutti gli elementi che possano influire sulla previsione di spesa dell'appaltatore, potendosi, in tal caso, ritenere, alla stregua del principio di cui all'art. 1175 c.c., che la maggiore onerosità rientri nell'alea normale del contratto. Per contro, qualora, come nel caso di specie, l'Amministrazione, per negligenza o imperizia in sede di progettazione, abbia ingenerato nell'appaltatore una erronea rappresentazione in ordine ai costi e alle modalità di realizzazione dell'opera rendendo così imprevedibili le eventuali eccessive onerosità e le difficoltà di esecuzione, queste ultime, alla stregua dell'art. 1175 c.c., non potranno essere poste a carico dell'appaltatore” (Cass. Civ., Sez.I, 09.09.11 n.18559; idem, 17.03.15 n.5262).

Le concrete modalità applicative del ribasso sull'elenco prezzi e dell'offerta a prezzi unitari erano stabilite dal regolamento, di cui al d.P.R. n. 207 del 2010 (si vedano in particolare gli artt. 118 e ss.).

Per i contratti da stipulare parte a corpo e parte a misura, il prezzo più basso si determinava mediante offerta a prezzi unitari.

Le previsioni in materia di costo del lavoro negli appalti pubblici (art. 82, comma 3-bis, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163)

L'art. 82, comma 3-bis, introdotto dal d.l. 21 giugno, n. 69 (cd. “decreto del Fare”), convertito con modificazioni dalla l. 9 agosto 2013, n. 98, aveva reintrodotto, senza sostanziali modifiche, il testo dell'art. 81, comma 3-bis (a suo tempo già abrogato dall'art. 44, d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla l. 22 dicembre 2011, n. 214).

La norma stabiliva che «il prezzo più basso è determinato al netto delle spese relative al costo del personale, valutato sulla base dei minimi salariali definiti dalla contrattazione collettiva nazionale di settore tra le organizzazioni sindacali dei lavoratori e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, delle voci retributive previste dalla contrattazione integrativa di secondo livello e delle misure di adempimento alle disposizioni in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro».

Si trattava di previsione che poneva problematiche notevoli, peraltro già riscontrate a carico dell'art. 81, comma 3-bis, tanto da comportare l'abrogazione di tale ultima disposizione. L'unica differenza sostanziale tra le due previsioni, riguardava il fatto che il “nuovo” art. 82, comma 3-bis, si riferiva solo alle procedure di gara in cui veniva in rilievo il criterio di aggiudicazione del prezzo più basso, mentre il precedente art. 81, comma 3-bis, era riferito a qualunque tipologia di procedura, indipendentemente dal criterio di aggiudicazione impiegato.

L'ANAC (già AVCP) aveva segnalato al Governo e al Parlamento le più importanti criticità provocate dalla re-introduzione (sia pure nei limiti di cui s'è detto) di tale norma (atto di segnalazione n. 2 del 19 marzo 2014).

In primo luogo si poneva un problema interpretativo. Infatti, la norma poteva essere interpretata (i) nel senso che la valutazione del prezzo dovesse avvenire scorporando il costo del personale dal resto delle voci indicate in sede di offerta dal concorrente, ovvero (ii) nel senso che il costo del personale, come quello relativo alla sicurezza, dovessero essere determinati ex ante nel bando di gara dalla stazione appaltante, per sottrarli al confronto competitivo.

In entrambi i casi, risultava essere stato introdotto un precetto difficile da attuare in concreto e, comunque, foriero di potenziali effetti distorsivi della concorrenza.

Laddove si fosse preferita l'interpretazione sub (i) l'aggiudicazione avrebbe dovuto avvenire sulla base di un ribasso offerto relativamente a quote di prezzo differenti, derivanti dalla diversità delle stesse, a seguito dello scorporo delle somme relative agli oneri derivanti dal costo del personale, oltre che delle misure di sicurezza (cfr. segnalazione ANAC n. 2 del 2014). Qualora fosse prevalsa l'interpretazione sub (ii) si sarebbero riproposte le medesime criticità già prospettate nei confronti dell'abrogato art. 81, comma 3bis, con particolare (ma non esclusivo) riguardo alle gravi difficoltà (se non addirittura all'impossibilità) per le Stazioni appaltanti di conoscere con certezza e secondo un criterio uniforme l'effettiva entità del costo del lavoro (tenendo presente che esso dipende da fattori mutevoli, a seconda del contratto collettivo che ciascuna impresa ha sottoscritto, nonché dell'organizzazione del lavoro e delle risorse da parte di ogni concorrente, che incidono sulla quantità complessiva di ore di lavoro per il singolo appalto).

In realtà la soluzione più ragionevole sembrava essere quella secondo cui, ferma restando l'imprescindibile tutela dei lavoratori e della relativa sicurezza, la verifica in ordine all'adeguatezza dei costi esposti dai concorrenti venisse operata nell'ambito della valutazione di anomalia delle offerte ai sensi dell'art. 86, comma 3, c.c.p., e non già ex ante, in fase di predisposizione degli atti di gara.

Il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa

Il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa si fondava sull'esame di profili dell'offerta non meramente economici, richiedendo per contro l'apprezzamento di aspetti tecnici e, più in generale, qualitativi, della stessa, alla stregua dei criteri e sub criteri stabiliti dal bando di gara.

Pertanto, in forza del già richiamato principio di adeguatezza (supra § Il principio di adeguatezza del criterio prescelto), era preferibile il suo utilizzo laddove ai concorrenti non si fosse richiesto un confronto relativo a prestazioni completamente standardizzate, bensì l'elaborazione di un'offerta complessa, con margini di discrezionalità nella relativa configurazione, si da giustificare una valutazione di tipo (non solo economico, ma anche) tecnico/qualitativa.

L'art. 83, comma 1, imponeva che i criteri di valutazione delle offerte fossero pertinenti alla natura, all'oggetto e alle caratteristiche del contratto. Con il che veniva stabilito un criterio di pertinenza e proporzionalità dei criteri medesimi, che le Stazioni appaltanti erano tenute ad osservare e la cui violazione poteva essere sindacata dal Giudice amministrativo.

Lo stesso art. 83 elencava taluni possibili criteri di valutazione (prezzo, qualità, pregio tecnico, caratteristiche estetiche e funzionali, caratteristiche ambientali e contenimento dei consumi energetici e delle risorse ambientali dell'opera o del prodotto, costo di utilizzazione e manutenzione, redditività, servizio successivo alla vendita, assistenza tecnica, data di consegna ovvero termine di consegna o di esecuzione; impegno in materia di pezzi di ricambio, sicurezza di approvvigionamento e origine produttiva; in caso di concessioni, altresì la durata del contratto, le modalità di gestione, il livello e i criteri di aggiornamento delle tariffe da praticare agli utenti).

I criteri elencati dall'art. 83 erano qualificati espressamente come “esemplificativi” e, dunque, la Stazione appaltante poteva anche introdurne di diversi (o non avvalersi di tutti quelli ivi elencati). Né in linea di massima esisteva una rigidità nell'assegnare a ciascuno di essi il relativo “peso”, in funzione dell'importanza che la Stazione appaltante avesse riconosciuto a ciascuno di essi, a seconda dell'oggetto dell'appalto e delle esigenze da esso sottintese, fatto salvo il doveroso rispetto del principio di proporzionalità.

La giurisprudenza aveva chiarito che la distribuzione del punteggio tra i vari elementi di valutazione poteva essere censurata per irrazionalità o irragionevolezza, nell'ipotesi in cui essa non sia equilibrata, ad esempio attribuendo un “peso” ingiustificatamente preponderante a taluni criteri, a discapito degli altri (TAR Lazio, Roma, Sez. III quater, 13 novembre 2008, n. 10141).

In proposito, peraltro, l'art. 120, d.P.R. n. 207 del 2010 stabiliva che, in caso di contratti aventi ad oggetto, oltre alla realizzazione dei lavori, anche la progettazione (definitiva o esecutiva), di cui all'art. 53, comma 2, lettere b) e c), c.c.p., i fattori ponderali da assegnare ai “pesi” o “punteggi” attribuiti agli elementi riferiti alla qualità, al pregio tecnico, alle caratteristiche estetiche e funzionali e alle caratteristiche ambientali non avrebbero dovuto essere complessivamente inferiori a sessantacinque.

In ogni caso, l'indicazione del peso ponderale assegnato ad ogni criterio doveva essere sempre operata nel Bando.

La ratio della previa individuazione dei criteri (e del loro “peso”) nell'aggiudicazione dell'offerta era puntualmente descritta dal 46° considerando della Direttiva 18/04/CE, di cui gli artt. 81 e ss. costituivano attuazione diretta.

Ivi si sottolineava, infatti, come l'aggiudicazione dell'appalto dovesse essere effettuata applicando criteri obiettivi che garantissero il rispetto dei principi di trasparenza, di non discriminazione e di parità di trattamento e che assicurassero una valutazione delle offerte in condizioni di effettiva concorrenza.

Al fine di garantire il rispetto del principio della parità di trattamento in sede di aggiudicazione degli appalti era dunque obbligatorio assicurare la trasparenza, necessariaper consentire a qualsiasi offerente di essere ragionevolmente informato dei criteri e delle modalità applicati per individuare l'offerta economicamente più vantaggiosa.

In base a tale principio, spettava quindi alle Amministrazioni aggiudicatrici indicare i criteri di aggiudicazione nonché la ponderazione relativa attribuita a ciascuno di tali criteri e questo in tempo utile affinché gli offerenti ne siano a conoscenza quando preparano le offerte (Corte di Giustizia, Sez. I, Sentenza

del 24.1.2008 in causa C-532/06).

Il medesimo principio ha anche orientato le successive scelte legislative, a proposito della diffusa prassi invalsa, secondo cui la Commissione giudicatrice avrebbe potuto introdurre ulteriori specificazioni dei criteri di aggiudicazione indicati dal Bando.

In ordine a tale questione, in un primo tempo, era stato precisato che l'introduzione di sotto-criteri da parte della Commissione poteva ritenersi ammissibile, purché ciò avvenisse prima di conoscere il contenuto delle offerte presentate, per evidenti ragioni di trasparenza e par condicio.

Tale possibilità era stata espressamente introdotta nel comma 4 dell'art. 83 c.c.p. (si tratta dei c.d. “criteri motivazionali”), ma è stata successivamente soppressa con il d.lgs. n. 152 del 2008 (terzo correttivo), proprio a causa di una procedura di infrazione, che era stata aperta dalla Commissione Europea, in quanto la medesima norma attribuiva una eccessiva discrezionalità alla Commissione giudicatrice.

Casistica a proposito dell'offerta economicamente più vantaggiosa nel D.Lgs. 163/06

TAR Lazio, Roma, Sez. III, 22 settembre 2015, n. 11347

Come costantemente affermato dalla giurisprudenza, quando per l'aggiudicazione della gara viene prescelto il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa rientra nella discrezionalità della stazione appaltante la determinazione degli elementi e dei relativi pesi o punteggi e, tuttavia, la natura propria del criterio di cui trattasi postula la ricerca di un equilibrio tra il prezzo e la qualità, il quale equilibrio è, necessariamente, correlato alla specificità di ciascun affidamento.

Inoltre, è insegnamento pacifico e condiviso che le regole contenute nella lex specialis di gara pubblica vincolano non solo i concorrenti, ma anche la stessa amministrazione, che non conserva più alcun margine di discrezionalità nella loro concreta attuazione, non potendo disapplicarle neppure nel caso in cui eventualmente talune di esse risultino inopportunamente o incongruamente formulate, salva la sola possibilità di far luogo, nell'esercizio del potere di autotutela, all'annullamento del bando (cfr., ex multis, Cons. St., Sez. V, 31 ottobre 2012, n. 5570).

Cons. St., Sez. III, 24 aprile 2015, n. 2050

Nelle gare pubbliche il punteggio numerico assegnato ai singoli elementi di valutazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa integra una sufficiente motivazione a condizione che siano prefissati, con chiarezza e adeguato grado di dettaglio, i criteri di valutazione, prevedenti un minimo ed un massimo di modo che sussiste violazione dell'art. 83 c.c.p., in caso di mancata predeterminazione di precisi e puntuali criteri per l'attribuzione dei punteggi relativi agli elementi tecnici dell'offerta, atteso che solo la presenza di criteri sufficientemente puntuali consente la verifica dell'operato dell' amministrazione da parte del privato, nonché l'effettivo esercizio del sindacato di legittimità da parte del giudice amministrativo.

TAR Lazio, Latina, Sez. I, 23 aprile 2015, n. 368

Nelle gare con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, la predeterminazione di una soglia qualitativa minima di sbarramento (nella specie fissata a 50 punti sui 70 complessivamente disponibili per la qualità), lungi dal pregiudicare una partecipazione qualificata, esprime una scelta della stazione appaltante di privilegiare offerte particolarmente appezzabili che non può dirsi manifestamente irragionevole; invero, la ratio legis dell'art. 83, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 va individuata nell'esigenza, strettamente inerente al criterio selettivo dell'offerta economicamente più vantaggiosa, di garantire il migliore livello qualitativo delle offerte presentate, con conseguente valutazione negativa di quelle offerte che, pur potendo apparire convenienti sotto il profilo economico, possano, però, essere a priori riconosciute come non conformi rispetto a determinati standard minimi già individuati, sul piano più generale, dalla lex specialis, allo scopo di evitare il rischio di prestazioni inadeguate e di offerte, nel complesso, inaffidabili.

Cons. St,, Sez. V, 17 marzo 2015, n. 1371

Nelle gare pubbliche il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa si fonda su una pluralità di elementi di natura qualitativa ed economica tra loro integrati, la cui determinazione, con l'indicazione del relativo peso è rimessa alla discrezionalità della stazione appaltante; peraltro quest'ultima, nell'effettuare le proprie scelte, è vincolata dalla natura propria del criterio in esame, postulante la ricerca di un equilibrio tra prezzo e qualità, che verrebbe inevitabilmente meno nel caso in cui la stazione appaltante riconoscesse all'elemento prezzo un peso ponderale sproporzionato rispetto a quello attribuito agli altri elementi; di conseguenza il prezzo deve essere combinato con la qualità onde assicurare, da un lato, alla stazione appaltante il risultato migliore e più conveniente e, dall'altro, consentire ai partecipanti di confidare in una uniforme e trasparente valutazione dell'offerta, ed è per tale motivo che l'art. 83, commi 2 e 4, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 dispone che il bando di gara elenchi i criteri di valutazione, precisi la ponderazione attribuita a ciascuno di essi e, ove necessario, preveda i sub-criteri e sub-pesi, disaggregando il criterio nei suoi aspetti più essenziali, fermo restando il peso o punteggio massimo attribuito a quel dato criterio.

I criteri “matematici” per la ponderazione delle offerte

Pur vertendosi nell'ambito del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, il legislatore aveva inteso circoscrivere la discrezionalità della Commissione giudicatrice.

A tale fine, l'art. 83, comma 5, c.c.p., prevedeva che, per attuare la ponderazione o comunque attribuire il punteggio ai vari elementi dell'offerta, venissero utilizzate metodologie tali «da consentire di individuare con un unico parametro numerico finale l'offerta più vantaggiosa».

Tali metodologie erano stabilite dal Regolamento di esecuzione del Codice, distintamente per i lavori, i servizi e le forniture.

Per quanto riguarda i lavori veniva in rilievo l'art. 120, comma 2, Regolamento (d.P.R. n. 207 del 2010), che prevedeva che la Commissione valutasse le offerte tecniche e procedesse all'assegnazione dei relativi punteggi, applicando i criteri e le formule indicati nel bando o nella lettera invito secondo quanto previsto dall'allegato G.

L'allegato G, a sua volta, prevedeva vari metodi, corrispondenti a modelli matematici, per la valutazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa, illustrandone le modalità applicative (i principali sono il metodo aggregativo – compensatore e il metodo electre, ferma restando la possibilità di avvalersi di altri metodi multicriteri o multiobiettivi rinvenibili nella letteratura scientifica, quali il metodo analityc hierarchy process (AHP), il metodo avamix, il metodo TOPSIS, che comunque devono essere previamente indicati nel bando o avviso di gara o nella lettera invito).

L'allegato G indicava anche le Linee guida per l'applicazione del metodo del c.d. “confronto a coppie”, per la determinazione da parte dei componenti della Commissione giudicatrice dei coefficienti variabili tra 0 e 1 per la valutazione di ogni elemento qualitativo delle offerte.

Per quanto concerne i servizi e le forniture, l'art. 283, comma 2, d.P.R. n. 207 del 2010, con previsione speculare a quella vigente in materia di lavori pubblici, stabiliva l'obbligo della Commissione di utilizzare i criteri indicati dagli atti di gara, con rinvio alle formule di cui all'allegato P.

L'allegato P a sua volta stabiliva che il calcolo dell'offerta economicamente più vantaggiosa potesse essere effettuato a scelta della stazione appaltante utilizzando i medesimi metodi multicriteri e multiobiettivi già indicati nell'allegato G, ovvero utilizzando la c.d. interpolazione lineare, che a sua volta richiedeva di avvalersi del metodo del “confronto a coppie” per la determinazione dei coefficienti di assegnazione dei punteggi da parte dei componenti della Commissione giudicatrice (in argomento cfr. .Il Quaderno dell'AVCP, ora ANAC, “Il criterio di aggiudicazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa”, ED. 2011).

Le nuove direttive comunitarie in materia di appalti e concessioni

Il legislatore comunitario è nuovamente intervenuto nella materia degli appalti pubblici, a distanza di dieci anni esatti dall'emanazione delle direttive 2004/18 (settori ordinari) e 2004/17 (settori speciali). A febbraio del 2014, infatti, state pubblicate: la direttiva 2014/24/UE (sugli appalti pubblici nei settori ordinari, che abroga la direttiva 2004/18); la direttiva 2014/25/UE (sugli appalti pubblici nei settori speciali, che abroga la direttiva 2004/17); infine, la direttiva 2014/23/UE, che per la prima volta disciplina anche la materia delle concessioni di servizi pubblici.

Le nuove Direttive hanno operato una sorta di rivisitazione del precedente corpus normativo, recependo e così consolidando la copiosa giurisprudenza della Corte di giustizia UE.

Per quanto concerne la disciplina dei criteri di aggiudicazione, si registra un significativo mutamento di terminologia. Infatti, sin dall'89° considerando della direttiva 2014/24/UE il legislatore comunitario ha sottolineato l'opportunità di utilizzare la nozione di “miglior rapporto qualità prezzo”, per meglio definire il criterio già noto come “offerta economicamente più vantaggiosa”.

Inoltre, la Direttiva ha espresso un chiaro sfavore per il criterio del prezzo più basso (inteso quale criterio che, ai fini dell'aggiudicazione di un appalto pubblico, fa leva esclusivamente sul prezzo offerto dai concorrenti, indipendentemente dalla qualità della prestazione).

Così, ad esempio, nel 90° considerando si legge che: «Al fine di incoraggiare maggiormente l''orientamento alla qualità degli appalti pubblici, dovrebbe essere consentito agli Stati membri di proibire o limitare il ricorso al solo criterio del prezzo o del costo per valutare l''offerta economicamente più vantaggiosa qualora lo ritengano appropriato».

Tali premesse si sono tradotte nella disciplina positiva, di cui agli artt. 67-69.

In particolare, l'art. 67 ha stabilito che «fatte salve le disposizioni legislative, regolamentari o amministrative nazionali relative al prezzo di determinate forniture o alla remunerazione di taluni servizi, le amministrazioni aggiudicatrici procedono all'aggiudicazione degli appalti sulla base dell'offerta economicamente più vantaggiosa», che dovrebbe essere individuata sulla base «del prezzo o del costo, seguendo un approccio costo/efficacia, quale il costo del ciclo di vita conformemente all'articolo 68, e può includere il miglior rapporto qualità/prezzo, valutato sulla base di criteri, quali gli aspetti qualitativi, ambientali e/o sociali, connessi all'oggetto dell'appalto pubblico in questione».

Di particolare interesse è l'introduzione, tra i criteri qualitativi di aggiudicazione, dei profili attinenti alla organizzazione, alle qualifiche e all'esperienza del personale aziendale: si tratta, infatti, di criterio eminentemente soggettivo (che non concerne, cioè, le caratteristiche oggettive dell'appalto) e che, per tale motivo, secondo la giurisprudenza comunitaria, non poteva tendenzialmente essere utilizzato ai fini della selezione dell'appaltatore, per i possibili effetti distorsivi che esso avrebbe potuto comportare, a favore di aziende da più tempo presenti sul mercato.

Si riteneva, infatti, che tra i criteri di valutazione delle offerte, non avrebbero dovuto essere inclusi elementi attinenti alla capacità tecnica dell'impresa (certificazione di qualità e pregressa esperienza presso soggetti pubblici e privati), bensì solo quelli relativi alla qualità dell'offerta, alla luce dei principi ostativi a ogni commistione fra i criteri soggettivi di qualificazione e criteri afferenti alla valutazione dell'offerta ai fini dell'aggiudicazione (cfr. ad esempio Cons. St., Sez. V, 28 agosto 2013, n. 4191).

Peraltro, si era da tempo affacciato anche un orientamento, meno rigido, che riteneva che il predetto principio, della netta separazione tra criteri soggettivi di qualificazione e criteri di aggiudicazione, dovesse essere interpretato «consentendo alle stazioni appaltanti – nei casi in cui determinate caratteristiche soggettive del concorrente, in quanto direttamente riguardanti l'oggetto del contratto, possano essere valutate anche per la selezione dell'offerta – di prevedere nel bando di gara anche elementi di valutazione dell'offerta tecnica di tipo soggettivo, concernenti, in particolare, la specifica attitudine del concorrente, anche sulla base di analoghe esperienze pregresse, a realizzare lo specifico progetto oggetto di gara» (cfr. ad esempio, Cons. St., Sez. V, 3 ottobre 2012, n. 5197).

L'art. 67, comma 2, lett. b), direttiva 2014/24/UE, dunque, ha fatto proprio tale ultimo approccio, ma dovrebbe ritenersi che resti valido anche l'insegnamento secondo cui la predetta “commistione” sia ammissibile, se ed in quanto, per un verso, gli aspetti dell'attività dell'impresa da valorizzare ai fini dell'assegnazione del punteggio possano effettivamente illuminare la qualità dell'offerta e, per altro verso, lo specifico punteggio assegnato, ai fini dell'aggiudicazione, per attività analoghe a quella oggetto dell'appalto, non incida in maniera rilevante sulla determinazione del punteggio complessivo (cfr. ancora Cons. St., n. 5197 del 2012).

I criteri di aggiudicazione nel d.lgs. 50 del 2016 (così come novellato dal D.Lgs. 56/2017 c.d. “correttivo” e dai successivi D.L. 18 aprile 2019 n. 32, conv. in L. 14 giugno 2019 n. 55): profili generali

La legge delega per il recepimento delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE, per quanto riguarda i criteri di aggiudicazione, individua i seguenti principi e criteri direttivi: – utilizzo, nel rispetto dei principi di trasparenza, di non discriminazione e di parità di trattamento, per l'aggiudicazione degli appalti pubblici e dei contratti di concessione, del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, seguendo un approccio costo/efficacia, quale il costo del ciclo di vita includendo il «miglior rapporto qualità/prezzo» valutato con criteri oggettivi sulla base di aspetti qualitativi, ambientali o sociali connessi all'oggetto dell'appalto pubblico o del contratto di concessione; regolazione espressa dei criteri, delle caratteristiche tecniche e prestazionali e delle soglie di importo entro le quali le stazioni appaltanti ricorrono al solo criterio di aggiudicazione del prezzo o del costo, inteso come criterio del prezzo più basso o del massimo ribasso d'asta, nonché indicazione delle modalità di individuazione e valutazione delle offerte anomale, che rendano non predeterminabili i parametri di riferimento per il calcolo dell'offerta anomala, con particolare riguardo ad appalti di valore inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria (previsione dell'applicazione del solo criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa per gli appalti relativi a servizi sociali e di ristorazione ospedaliera, assistenziale e scolastica, nonché per quelli ad alta intensità di manodopera).

I predetti principi e criteri hanno trovato attuazione negli artt. 95 e 96 del nuovo Codice dei contratti pubblici, di cui al d.lgs. 50 del 2016, entrato in vigore il 19 aprile 2016.

In particolare, ha trovato attuazione l'espressa preferenza del legislatore comunitario per il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa (OEPV), con conseguente connotazione (apparentemente) residuale del criterio del prezzo più basso.

La ragione della preferenza per il primo dei due criteri sopra indicati è duplice.

Da un lato, si tratta di criterio che consente di far prevalere la componente qualitativa delle offerte (a discapito di quella puramente economica), con conseguente miglioramento della qualità dei lavori, servizi e forniture (e con auspicata riduzione del fenomeno delle varianti in corso d'opera). D'altro lato, si tratta di criterio che in linea teorica dovrebbe rappresentare un elemento di contrasto dei fenomeni di malaffare e corruzione, oltre che di sfruttamento della manodopera.

Il primo comma dell'art. 95 esordisce con una disposizione, che più altro sembra costituire una sorta di “monito” (dal dubbio carattere immediatamente precettivo) per le Stazioni appaltanti.

Esso, infatti, stabilisce che: «I criteri di aggiudicazione non conferiscono alla stazione appaltante un potere di scelta illimitata dell'offerta. Essi garantiscono la possibilità di una concorrenza effettiva e sono accompagnati da specifiche che consentono l'efficace verifica delle informazioni fornite dagli offerenti al fine di valutare il grado di soddisfacimento dei criteri di aggiudicazione delle offerte. Le stazioni appaltanti verificano l'accuratezza delle informazioni e delle prove fornite dagli offerenti».

La nuova disciplina dei criteri di aggiudicazione

Il nuovo Codice ha fatto propria la nuova terminologia contenuta nelle Direttive comunitarie del 2014.

Il c.d. “correttivo” (di cui al D.Lgs. 19 aprile 2017 n. 56) ha ulteriormente affinato il contenuto dell'art. 95, recependo anche taluni suggerimenti provenienti dall'Adunanza della Commissione speciale del C. di Stato chiamata ad esprimere il proprio parere sul disegno di legge (parere del 22 marzo 2017).Fatte salve le disposizioni legislative, regolamentari o amministrative relative al prezzo di determinate forniture o alla remunerazione di servizi specifici, l'art. 95, comma 2, stabilisce che le Stazioni appaltanti procedono all'aggiudicazione degli appalti e all'affidamento dei concorsi di progettazione e di idee «sulla base del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità prezzo o sulla base dell'elemento prezzo o del costo, seguendo un criterio di comparazione costo/efficacia quale il costo del ciclo di vita, conformemente all'articolo 96».

Dunque, mutuando la definizione comunitaria (art. 67 Dir. 2014/24/UE), alla nozione di “offerta economicamente più vantaggiosa” è stato attribuito un significato omnicomprensivo di tutti i possibili criteri di aggiudicazione (nel precedente sistema, come noto, il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa era considerato distintamente dal criterio del prezzo più basso).

Inoltre, è stata prevista la possibile articolazione del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa in un “ventaglio” più ampio di soluzioni, che scaturiscono in particolare dalla concezione più complessa del criterio del “prezzo più basso”, rispetto a quella che eravamo soliti utilizzare.

In particolare, all'ipotesi, per così dire, “pura” di tale criterio (che coincide con l'aggiudicazione al prezzo più basso, inteso come corrispettivo che la Stazione appaltante dovrà corrispondere all'appaltatore), si è aggiunto il criterio del “costo” (che esorbita dal mero prezzo, potendo comprendere anche elementi ulteriori, come i costi di utilizzazione e manutenzione, i consumi energetici e delle risorse naturali, delle emissioni inquinanti, etc.) e che al suo interno può consistere anche nel costo del ciclo di vita (la cui compiuta declinazione è contenuta nell'art. 96).

Avvalendosi della facoltà concessa agli Stati membri dall'art. 67, comma 2, Dir. 2014/24/UE, il d.lgs. 50 del 2016 ha stabilito che in alcune ipotesi sia obbligatorio utilizzare il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo (art. 95, comma 3).

In particolare, è sempre obbligatorio applicare il suddetto criterio nei seguenti casi (art. 95, comma 3):

  • contratti relativi ai servizi sociali e di ristorazione ospedaliera, assistenziale e scolastica, nonché ai servizi ad alta intensità di manodopera, come definiti all'articolo 50, comma 1, fatti salvi gli affidamenti ai sensi dell'art. 36, comma 2, lettera a) (tale ultimo inciso è stato inserito dall'art. 60, c. 1, lett. a), del D.Lgs. 56/2017, c.d. decreto correttivo, al fine di introdurre una deroga per i contratti di importo inferiore a € 40.000/00);
  • contratti relativi all'affidamento dei servizi di ingegneria e architettura e degli altri servizi di natura tecnica e intellettuale di importo pari o superiore a 40.000 euro;
  • contratti di servizi e forniture di importo pari o superiore a 40.000 euro caratterizzati da notevole contenuto tecnologico o che hanno un carattere innovativo (lettera b-bis), aggiunta dall'articolo 1, comma 20, lettera t), numero 1), del D.L. 18 aprile 2019, n. 32, convertito con modificazioni dalla Legge 14 giugno 2019, n. 55).

Per altro verso, l'art. 95, comma 4, del d.lgs. 50 del 2016 ha stabilito le ipotesi (che paiono tassative) in cui è consentito utilizzare il criterio del minor prezzo (da intendersi, deve ritenersi, quale minor prezzo “puro”).

Nella versione successiva al decreto correttivo le ipotesi erano le seguenti:

a) fermo restando quanto previsto dall'articolo 36, comma 2, lettera d), per i lavori di importo pari o inferiore a 2.000.000 di euro, quando l'affidamento dei lavori avviene con procedure ordinarie, sulla base del progetto esecutivo; in tali ipotesi, qualora la stazione appaltante applichi l'esclusione automatica, la stessa ha l'obbligo di ricorrere alle procedure di cui all'articolo 97, commi 2 e 8 (tale lettera è stata integralmente sostituita dall'art. 60, c. 1, lett. b), n. 1), del D.Lgs. 56/2017). In seguito al c.d. decreto correttivo, dunque, era consentito avvalersi del criterio di aggiudicazione del minor prezzo per lavori di importo pari o inferiore a € 2.000.000, fermo restando l'obbligo di affidare i lavori di importi superiore a € 1.000.000 con procedure ordinarie (come previsto dall'art. 36, c. 2, lett. d), a sua volta novellato dall'art. 25 del D.Lgs. 56/17), purché si trattasse di affidamento basato sul progetto esecutivo

b) per i servizi e le forniture con caratteristiche standardizzate o le cui condizioni sono definite dal mercato;

c) per i servizi e le forniture di importo fino a 40.000 euro, nonché per i servizi e le forniture di importo pari o superiore a 40.000 euro e sino alla soglia di cui all'articolo 35 solo se caratterizzati da elevata ripetitività, fatta eccezione per quelli di notevole contenuto tecnologico o che hanno un carattere innovativo (anche tale lettera era stata novellata dal correttivo, così pervenendosi ad una miglior perimetrazione della possibilità di utilizzo del criterio del minor prezzo; il quale non incontra particolari limiti per appalti di servizi e forniture di valore inferiore a 40.000 euro e, invece, da tale importo sino alla soglia di cui all'art. 35, richiede il presupposto dell'elevata ripetitività, con esclusione degli appalti più complessi, per i quali deve invece essere utilizzato il criterio del miglior rapporto qualità prezzo).

Va detto che nella versione originaria il correttivo aveva anche previsto la possibilità di fare sempre ricorso al criterio del minor prezzo al ricorrere dei presupposti di urgenza individuati all'art. 63, comma 2, lett. c) e all'art. 125, comma 1, lett. d).

Tuttavia, tale previsione è stata stralciata dal testo infine approvato e pubblicato, recependo il suggerimento della Commissione speciale del C. di Stato, che aveva manifestato qualche perplessità, trattandosi di previsione che mostrava alcune criticità rispetto all'impianto complessivo della riforma del 2016, decisamente orientata a promuovere la qualità delle offerte e a limitare il ricorso al criterio del minor prezzo.

Da ultimo, le ipotesi di cui alle a) e c) sono state soppresse dall'articolo 1, comma 20, lettera t), numero 2), del D.L. 18 aprile 2019, n. 32 (conv. con modificazioni dalla Legge 14 giugno 2019, n. 55).

Inoltre, alla lettera b) (quella relativa ai “i servizi e le forniture con caratteristiche standardizzate o le cui condizioni sono definite dal mercato”) è stato aggiunto l'inciso “fatta eccezione per i servizi ad alta intensità di manodopera di cui al comma 3, lettera a)”) (cfr. art. 1, c. 20, lett. t), n. 3) D.L. 32/19 cit.).

Sicché si è inteso ulteriormente limitare il ricorso al criterio del minor prezzo, in favore del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo.

Non è poi chiara la regola applicabile agli appalti che non rientrino in nessuna delle fattispecie di cui ai commi 3 e 4.

Posto che il criterio del minor prezzo sembra circoscritto alle fattispecie indicate dal comma 4, potrebbe ritenersi che, laddove non si ricada in alcuna di esse, ma neanche si rientri in quelle indicate al precedente comma 3, riaffiori la tradizionale discrezionalità della Stazione appaltante, che potrà scegliere tra il criterio del miglior rapporto qualità/prezzo e il criterio del costo (che come si è visto è autonomo e si differenzia dal mero prezzo).

Il comma 5 prevede che «Le stazioni appaltanti che dispongono l'aggiudicazione ai sensi del comma 4 ne danno adeguata motivazione e indicano nel bando di gara il criterio applicato per selezionare la migliore offerta»(anche le Linee-guida n. 2, di attuazione del D.Lgs. 18 aprile 2016 n. 50, recanti "Offerta economicamente più vantaggiosa", approvate dal Consiglio dell'Autorità con delibera n. 1005 del 21 settembre 2016, ribadiscono che costituisce un obbligo, e non facoltà, di "dare adeguata motivazione della scelta effettuata ed esplicitare nel bando il criterio utilizzato per la selezione della migliore offerta".

E' stata, infine, riprodotta la previsione di cui all'art. 67, comma 2, Direttiva 2014/14/UE, in forza della quale «L'elemento relativo al costo può assumere la forma di un prezzo o costo fisso sulla base del quale gli operatori economici competeranno solo in base a criteri qualitativi» (art. 95 comma 7). Dunque, si potrà anche operare l'aggiudicazione sulla base del solo profilo qualitativo dell'offerta, azzerando completamente la rilevanza dell'aspetto economico (nel precedente sistema si riteneva invece che dovesse sempre sussistere un equilibrio nella distribuzione del punteggio, in modo da non neutralizzare in modo sostanziale la componente del prezzo).

Gli elementi di valutazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo

Analogamente a quanto già stabilito dal d.lgs. 163 del 2006, l'art. 95, comma 6, del nuovo Codice prevede che i criteri di aggiudicazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo devono essere predefiniti nei documenti di gara e devono essere “pertinenti alla natura, all'oggetto e alle caratteristiche del contratto”.

Il comma 11 precisa poi che «I criteri di aggiudicazione sono considerati connessi all'oggetto dell'appalto ove riguardino lavori, forniture o servizi da fornire nell'ambito di tale appalto sotto qualsiasi aspetto e in qualsiasi fase del loro ciclo di vita, compresi fattori coinvolti nel processo specifico di produzione, fornitura o scambio di questi lavori, forniture o servizi o in un processo specifico per una fase successiva del loro ciclo di vita, anche se questi fattori non sono parte del loro contenuto sostanziale».

I commi 8 e 9 dell'art. 95 prevedono che i criteri di valutazione e la ponderazione relativa attribuita a ciascuno di essi devono essere elencati nei medesimi documenti di gara, con la precisazione che dev'essere altresì prevista una forcella in cui lo scarto tra il minimo e il massimo sia adeguato. Per ciascun criterio di valutazione prescelto possono essere previsti, ove necessario, sub-criteri e sub- pesi o sub-punteggi. Laddove la ponderazione non sia possibile per ragioni oggettive occorrerà invece indicare nei documenti di gara l'ordine decrescente di importanza dei criteri. Per attuare la ponderazione o comunque attribuire il punteggio a ciascun elemento dell'offerta, è previsto che le amministrazioni aggiudicatrici utilizzino metodologie tali da consentire di individuare con un unico parametro numerico finale l'offerta più vantaggiosa (in proposito, le già citate Linee guida n. 2 del 21.9.2016, valgono quale «guida, di natura prevalentemente tecnico-matematica” e “finalizzate a fornire indicazioni operative per il calcolo dell'OEPV, soprattutto per quanto concerne la scelta del criterio di attribuzione dei punteggi per i diversi elementi qualitativi e quantitativi che compongono l'offerta e la successiva aggregazione dei punteggi»).

L'art. 60, c. 1, lett. f), del D.lgs. n. 56 del 2017 ha introdotto il comma 10bis, a tenore del quale: «La stazione appaltante, al fine di assicurare l'effettiva individuazione del miglior rapporto qualità/prezzo, valorizza gli elementi qualitativi dell'offerta e individua criteri tali da garantire un confronto concorrenziale effettivo sui profili tecnici. A tale fine la stazione appaltante stabilisce un tetto massimo per il punteggio economico entro il limite del 30 per cento».

Si tratta di previsione innovativa, che s'inserisce nel solco di quella giurisprudenza che aveva in qualche occasione evidenziato come l'utilizzo di determinate formule matematiche per l'assegnazione del punteggio economico (ad esempio avvalendosi dei ribassi percentuali, anziché dei valori assoluti offerti), soprattutto nei casi in cui esso avesse un peso notevole, avrebbe potuto condurre ad effetti distorsivi (comportando una svalutazione del profilo tecnico dell'offerta: cfr. in proposito T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III-ter, 4 maggio 2017 n. 5197, C. di Stato, Sez. V, 24 luglio 2014 n. 3940; cfr. anche le Linee guida ANAC n. 2/16 cit., punto IV).

Gli aspetti che possono essere considerati per l'individuazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa sono elencati dal comma 6 (in termini puramente esemplificativi, ma non tassativi e tanto meno esaustivi). Essi, in parte, ricalcano gli elementi già indicati dall'art. 83 del d.lgs. 163, ma ve ne sono anche di nuovi (ad esempio, il criterio di cui alla lettera c), che riguarda «il costo di utilizzazione e manutenzione avuto anche riguardo ai consumi di energia e delle risorse naturali, alle emissioni inquinanti e ai costi complessivi, inclusi quelli esterni e di mitigazione degli impatti dei cambiamenti climatici, riferiti all'intero ciclo di vita dell'opera, bene o servizio, con l'obiettivo strategico di un uso più efficiente delle risorse e di un'economia circolare che promuova ambiente e occupazione». Ed è parimenti interessante la previsione per cui potranno essere apprezzati anche aspetti riguardanti «l'organizzazione, le qualifiche e l'esperienza del personale effettivamente utilizzato nell'appalto, qualora la qualità del personale incaricato possa avere un'influenza significativa sul livello dell'esecuzione dell'appalto» (si tratta di previsione che attua la disciplina comunitaria, già commentata nel precedente paragrafo IX).

Suscita, invece, non poche perplessità la previsione di cui all'art. 95, comma 13, che, sia pure richiamando i principi eurounitari di parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza e proporzionalità, consente alle Amministrazioni di avvalersi anche di criteri premiali (di aggiudicazione), basati sul maggior rating di legalità e di impresa dell'offerente (il riferimento al rating di impresa è stato introdotto dal correttivo. Nella versione originaria si era in realtà prevista la sostituzione del rating di legalità con il rating di impresa; tuttavia la Commissione speciale del C. di Stato aveva evidenziato l'opportunità di prevedere il beneficio sia per il rating di legalità che per quello di impresa, disciplinando l'eventuale ipotesi in cui l'operatore economico li possieda entrambi).

Si introduce così un elemento di valutazione avulso dalla disciplina eurounitaria, estraneo al contenuto dell'offerta e collegato a un profilo soggettivo del concorrente, che è, peraltro, già considerato ai fini dell'ammissione alla procedura di gara, ai sensi dell'art. 83, comma 10, che, oltretutto, sottolinea che il sistema del rating delle imprese e delle relative penalità e premialità è applicabile «solo ai fini della qualificazione delle imprese» (in argomento cfr. Cons. Stato, sez. V, 18/02/2019, n. 1097, che ha ritenuto la clausola sul rating di legalità come criterio premiale nella valutazione dell'offerta tecnica, senza prevedere meccaismi di compensazione, illegittima).

L'articolo 49, comma 1-bis, lettera b), del D.L. 26 ottobre 2019, n. 124, convertito con modificazioni dalla Legge 19 dicembre 2019, n. 157, ha inserito anche il riferimento, quale possibile criterio premiale, alla valutazione dell'impatto generato di cui all'articolo 1, comma 382, lettera b), della legge 28 dicembre 2015, n. 208, anche qualora l'offerente sia un soggetto diverso dalle società benefit.

Il riferimento è alla disciplina di cui ai commi da 376 a 382 della L. 208/2015, volta a promuovere la costituzione a favorire la diffusione “di società, di seguito denominate «società benefit», che nell'esercizio di una attivita' economica, oltre allo scopo di dividerne gli utili, perseguono una o piu' finalità di beneficio comune e operano in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti di persone, comunità, territori e ambiente, beni ed attività culturali e sociali, enti e associazioni ed altri portatori di interesse”.

Sempre nell'ambito del comma 13, si trova la previsione per cui la lex specialis potrà altresì indicare il maggior punteggio assegnabile all'offerta “concernente beni, lavori o servizi che presentano un minore impatto sulla salute e sull'ambiente ivi inclusi i beni o prodotti da filiera corta o a chilometro zero” (quest'ultimo inciso è stato introdotto dal correttivo).

Infine, si segnala che l'art. 95, comma 14, si occupa dell'applicazione del criterio del miglior rapporto qualità prezzo in caso di autorizzazione alla presentazione di varianti in sede di offerta

In particolare, si prevede la possibilità che la lex specialis consenta o esiga la presentazione di varianti da parte degli offerenti (con l'avvertenza che laddove la lex specialis nulla dica le varianti non saranno ammesse). Il correttivo ha inserito altresì la precisazione per cui «le varianti sono comunque collegate all'oggetto dell'appalto», al fine di limitare l'assegnazione di punteggi per proposte avulse dall'oggetto medesimo.

La lex specialis dovrà definire i requisiti minimi che le varianti devono rispettare “nonché le modalità specifiche per la loro presentazione, in particolare se le varianti possono essere presentate solo ove sia stata presentata anche un'offerta, che è diversa da una variante”.

Infine, va segnalato che il correttivo ha inserito il comma 14bis all'art. 95, che prevede che «in caso di appalti aggiudicati con il criterio di cui al comma 3, le stazioni appaltanti non possono attribuire alcun punteggio per l'offerta di opere aggiuntive rispetto a quanto previsto nel progetto esecutivo a base d'asta».

In tal modo si circoscrive e limita la discrezionalità dell'Ente aggiudicatore nella definizione dei criteri di valutazione dell'OEPV.

Il problema dell'onere di impugnazione immediata del criterio di aggiudicazione in seguito all'entrata in vigore del nuovo Codice

Va infine segnalato che, in seguito all'entrata in vigore del nuovo Codice, che come si è visto ha assegnato al criterio del miglior rapporto qualità - prezzo un rilievo prioritario rispetto al criterio del prezzo più basso, si è acceso nuovamente il dibattito relativo alla possibilità (e specularmente all'obbligo) di contestare immediatamente la lex specialis, laddove abbia previsto (per ipotesi illegittimamente) l'utilizzo del prezzo più basso.

Il tema riguarda anche la questione, strettamente correlata, se sia ammissibile il ricorso avverso gli atti di una procedura di gara, laddove sia stato proposto da un operatore economico che non abbia presentato domanda di partecipazione o offerta (e che nondimeno intenda contestare in radice l'illegittimità del criterio di aggiudicazione prescelto).

A tale riguardo, si segnala che tali problematiche hanno formato oggetto di rimessione all'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ad opera della Sezione III (cfr. ordinanza 7 novembre 2017 n. 5138).

Tale ordinanza, sulla scia di quanto giudicato dalla precedente sentenza della stessa III Sezione del Cons. Stato, 2 maggio 2017 n. 2014, aveva evidenziato come l'art. 95 D.Lgs. 50/2016 avesse creato una vera e propria gerarchia fra i due tipici metodi di aggiudicazione di un appalto, ovvero l'offerta economicamente più vantaggiosa e il massimo ribasso (laddove nell'art. 83 del precedente D.Lgs.n. 163 del 2006 tali criteri erano posti su una posizione di parità, e spettava unicamente all'Amministrazione nella sua discrezionalità optare per l'uno per l'altro).

In tal modo si sarebbe imposta l'offerta economicamente più vantaggiosa come criterio "principale", e il massimo ribasso come criterio del tutto "residuale", utilizzabile solo in alcuni e tassativi casi, e comunque previa specifica ed adeguata motivazione.

In tale rinnovato quadro, dunque, si sarebbe profilata una nozione di "bene della vita" meritevole di protezione, più ampia di quella tradizionalmente riferita all'aggiudicazione, che sebbene non coincidente con il generale interesse alla mera legittimità dell'azione amministrativa, sarebbe nondimeno comprensiva del "diritto" dell'operatore economico a competere secondo i criteri predefiniti dal legislatore, nonché a formulare un'offerta che possa validamente rappresentare la qualità delle soluzioni elaborate, e coerentemente aspirare ad essere giudicata in relazione anche a tali aspetti, oltre che sulla limitativa e limitante (se isolatamente considerata) prospettiva dello "sconto".

L'ordinanza concludeva dunque nel senso che sarebbe stato a suo avviso necessario sancire che le contestazioni relative all'utilizzo improprio del criterio di aggiudicazione “prezzo più basso” dovessero essere proposte entro il termine decadenziale di 30 giorni dalla pubblicazione del Bando o, comunque, dell'atto con cui si indice la procedura, senza attendere l'aggiudicazione.

Tale prospettazione, già ritenuta non condivisibile da alcune sentenze di merito (T.A.R. Veneto,sez. III, 13 novembre 2017 n. 1025, contra cfr. T.A.R. Brescia,18 dicembre 2017n. 1449), è stata infine disattesa dall'Adunanza Plenaria (n. 4 in data 26/4/2018).

Il Massimo organo della giustizia amministrativa, a valle di un'articolata disamina dei pregressi orientamenti e degli spunti dell'ordinanza di rimessione, ha in particolare concluso nel senso che le clausole del bando di gara, ivi comprese quelle relative all'individuazione del criterio di aggiudicazione, che non rivestano portata escludente devono essere impugnate unitamente al provvedimento lesivo e possono essere impugnate unicamente dall'operatore economico che abbia partecipato alla gara o manifestato formalmente il proprio interesse alla procedura.

Miscellanea di giurisprudenza sull'art. 95

Cons. Stato, ad. plen., 21/05/2019, n. 8

Gli appalti di servizi ad alta intensità di manodopera ai sensi degli artt. 50, comma 1 e 95, comma 3, lett. a), del codice dei contratti pubblici sono comunque aggiudicati con il criterio del miglior rapporto qualità/ prezzo, quand'anche gli stessi abbiano anche caratteristiche standardizzate ai sensi del comma 4, lett. b), del medesimo articolo»

Cons. Stato, sez. V, 23/08/2019, n. 5808

Il principio della netta separazione tra criteri soggettivi di prequalificazione e criteri di aggiudicazione della gara deve essere interpretato "cum grano salis" nelle procedure relative ad appalti di servizi, consentendo alle stazioni appaltanti, nei casi in cui determinate caratteristiche soggettive del concorrente, in quanto direttamente riguardanti l'oggetto del contratto, possano essere valutate anche per la selezione della offerta, di prevedere nel bando di gara anche elementi di valutazione della offerta tecnica di tipo soggettivo.

T.A.R. Piemonte, sez. I, 03/05/2019, n.542

l rapporto introdotto, nell'ambito dell'art. 95, d.lg. n. 50 del 2016, tra il comma 3 (casi di esclusivo utilizzo del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa) ed il comma 4 (casi di possibile utilizzo del criterio del minor prezzo), è di specie a genere, con la conseguenza che ove ricorrano le fattispecie di cui al comma 3 viene in considerazione un obbligo « ;speciale ;» di adozione del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa: che, a differenza della ordinaria preferenza per tale criterio fatta in via generale dal Codice, non ammette deroghe, nemmeno al ricorrere delle fattispecie di cui al comma 4, a prescindere dall'entità dello sforzo motivazionale dell'Amministrazione

T.A.R. Lazio, Roma, sez. II,25/01/2019, n. 985

Una volta utilizzato tutto il potenziale differenziale previsto per il prezzo, la stazione appaltante gode di ampia discrezionalità nell'individuare le formulein base alle quali attribuire il punteggio per la valutazione dell'offerta economica purché il criterio prescelto sia trasparente ed intelligibile, consentendo così ai concorrenti di calibrare la propria offerta

T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, 14/11/2019, n.5366

La possibilità di formulare offerte integrative del progetto organizzativo a base d'asta è espressamente riconosciuta dall'art. 95, comma 14, lett. a), del vigente Codice degli appalti pubblici, sicchè, anche nel caso in cui le varianti non siano ammesse dalla lex specialis, è tuttavia da considerarsi comunque ammessa la possibilità per gli offerenti di presentare proposte, soluzioni ovvero variazioni migliorative, dovendosi riconoscere in realtà come il punctum dolens della questione sia da individuare nello stabilire la differenza tra le varianti ammissibili solo negli stretti limiti della disposizione richiamata e di quelle ad essa correlate, e i miglioramenti dell'offerta, sempre proponibili dai concorrenti, dovendosi in questo senso considerare, in una gara d'appalto, proposte migliorative tutte le precisazioni, integrazioni e migliorie che siano attuate allo scopo di rendere il progetto prescelto meglio corrispondente e rispondente alle esigenze proprie della Stazione Appaltante, a condizione che non vengano però modificati ed alterati i caratteri essenziali delle prestazioni richieste, in quanto ciò implicherebbe una totale divergenza e un radicale discostamento dall'oggetto della gara stessa.

T.A.R. Lazio, Roma, sez. III, 14/10/2019, n.11806

L'art. 95, comma 12, d.lg. n. 50/2016 ha natura latamente discrezionale e non implica carenza assoluta dei requisiti richiesti, potendo a tal fine essere sufficiente anche una valutazione puntuale e motivata di manifesta inadeguatezza o insufficienza delle caratteristiche tecniche dell'offerta presentata. Ne consegue che legittimamente la Commissione di gara reputa, sulla base di una congrua motivazione in relazione ai diversi parametri individuati previamente dalla Stazione Appaltane, l'offerta della ricorrente complessivamente insufficiente e altrettanto legittimamente le conclusioni della Commissione di gara sono state recepite nel provvedimento di non aggiudicazione della gara

Sommario