Madre ostacola la bigenitorialità: nessuna conseguenza automatica sulla collocazione del minore
12 Aprile 2018
Massima
Il provvedimento giudiziale relativo alla collocazione del minore ha l'esclusiva funzione di assicurare il preminente interesse di quest'ultimo alla bigenitorialità e alle esigenze di stabilità di vita, in relazione alla miglior attuazione delle quali debbono essere valutate, in chiave prognostica, le rispettive capacità genitoriali, anche con riferimento alla loro verosimile interazione. Alla decisione del genitore di spostare senza autorizzazione la residenza del minore, pur se illegittima, non può dunque seguire automaticamente un giudizio d'inadeguatezza alla collocazione del figlio presso di sé, ancorché si sia tradotta in un ostacolo al corretto esercizio della responsabilità genitoriale, sanzionabile come tale nell'ambito dei provvedimenti da assumere anche d'ufficio ex art. 709-ter c.p.c.. Il caso
Il Tribunale di Milano si è espresso, nell'ambito di un procedimento ex art. 337 ss. c.c., su una controversia avente ad oggetto la collocazione del figlio minore, che ciascun genitore voleva venisse determinata presso di sé. Espletata consulenza tecnica d'ufficio sulle capacità genitoriali delle parti, ed accertato che in ogni caso nessuno dei genitori viveva più nel luogo ove il minore aveva trascorso gli ultimi mesi della loro convivenza, il Tribunale rilevava che la madre aveva trasferito la residenza del figlio presso di sé senza il consenso del padre, in assenza di preventiva autorizzazione giudiziale ed in difetto di cogenti ed indifferibili ragioni giustificatrici. Tale condotta, censurata in quanto ostacolante il corretto esercizio della responsabilità genitoriale della controparte, da un lato è stata sanzionata con l'irrogazione, d'ufficio, di ammonimento e di sanzione pecuniaria ai sensi dell'art. 709-ter c.p.c., dall'altro lato tuttavia non ha di per sé sola implicato una valutazione di inadeguatezza della madre ad essere collocataria del minore. Il Tribunale, in coerenza con le conclusioni della consulenza tecnica d'ufficio, disponeva infatti la collocazione preferenziale del figlio presso la madre, sul duplice presupposto della corrispondenza di tale decisione ai bisogni affettivi del minore di accudimento e di contatto stabile con la figura materna, e dell'impossibilità di far discendere dal comportamento illegittimo posto in essere da uno dei genitori automaticamente e necessariamente un giudizio di inidoneità genitoriale in capo allo stesso. La questione
La questione affrontata dal Tribunale di Milano consiste nello stabilire quale rilievo debba essere attribuito, nella decisione circa il collocamento del figlio minore, alla condotta del genitore che abbia consapevolmente e deliberatamente ostacolato l'esplicazione della responsabilità genitoriale della controparte, nella specie, avendo la madre trasferito la residenza del figlio insieme alla sua, senza il consenso del padre e senza preventiva autorizzazione del Tribunale. Le soluzioni giuridiche
La decisione giudiziale circa la collocazione del figlio minore, in conseguenza della crisi in atto fra i genitori, deve essere ancorata in modo preminente all'interesse del minore stesso. Il Giudice dovrà quindi condurre il proprio sindacato tenendo conto sia delle migliori modalità di esplicazione, in chiave prognostica, della bigenitorialità (da accertarsi con riferimento tanto all'idoneità genitoriale di ciascuno quanto alla capacità delle parti di interazione e di comunicazione), sia delle prevalenti esigenze di stabilità di vita del minore, dei suoi bisogni affettivi e dei legami in concreto formatisi tra questi e i due genitori. Il principale corollario di tale assunto consiste nel difetto di ogni automatismo valutativo, rispetto alla determinazione della collocazione prevalente del figlio, di un comportamento genitoriale indebito e comunque ostacolante l'esercizio della bigenitorialità, che, pur concretamente censurato (nella fattispecie in esame, con la duplice sanzione dell'ammonimento e della sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle ammende: in senso conforme, Trib. Tivoli, 1 febbraio 2011; Trib. Pisa, ord., 20 dicembre 2006), non può implicare, di per sé solo, un giudizio di inadeguatezza in capo al genitore che lo ha posto in essere. Come correttamente osservato dal Tribunale di Milano «non vi è alcun automatismo possibile: in altri termini , al comportamento posto in essere dalla madre non consegue – ipso facto- una statuizione di inadeguatezza della medesima a svolgere il ruolo di affidatario o ad essere collocataria del minore. La soluzione che il Tribunale è nella presente sede chiamato a valutare è quella che – considerate le strutture personologiche dei genitori ma anche i loro comportamenti- maggiormente risponde all'interesse del minore C. di crescere con il costante apporto, ove possibile, di entrambi i suoi genitori. Il diritto che va privilegiato è solo quello di C. alla bigenitorialità: scopo di questo procedimento non è “ condannare” la resistente, ma valutare se il comportamento dalla stessa posto in essere sia sintomatico di una grave carenza sotto il profilo genitoriale che, solo se verificato, potrebbe giustificare il radicale mutamento di collocamento invocato dal ricorrente». Giova a questo proposito citare un diverso provvedimento di merito, emesso nell'ambito di procedimento ex art. 337 ss. c.c. contraddistinto da reiterati trasferimenti della residenza del figlio minore unilateralmente attuati, anche in pendenza di giudizio, da parte di entrambi i genitori, con il quale, in applicazione del medesimo principio enunciato dal Tribunale milanese, è stato disposto l'affido esclusivo in forma rafforzata del minore al padre (Trib. Asti, 8 marzo 2017). Tale pronuncia, che giunge solo apparentemente a conclusioni difformi, risulta in realtà dettata dall'osservazione, coerente alle risultanze peritali, che le condotte indebite della madre (che per ben due volte aveva modificato unilateralmente la residenza del figlio, conducendolo con sé in luogo peraltro posto a diverse centinaia di chilometri dall'abitazione paterna) palesassero in concreto, ed a prescindere dal fatto in sé del trasferimento, maggior indifferenza alle esigenze di serenità e di stabilità di vita del bambino rispetto all'analogo contegno paterno (isolato ed emendato in corso di giudizio) e costituissero quindi esatta esplicazione di caratteristiche personologiche che rendevano la madre inadatta a ricoprire il ruolo genitoriale. Osservazioni
La pronuncia qui commentata affronta, con taglio eminentemente pratico, gli aspetti salienti dell'iter motivazionale propri della decisione circa la collocazione preferenziale del figlio minore in caso di contrasto fra i genitori, contrasto acuto a tal punto da avere determinato uno di loro a tenere comportamenti indebiti e idonei a danneggiare la stabilità affettiva della prole. La natura illegittima di siffatte condotte coincide con l'adozione di decisioni incidenti sulla vita dei figli prese unilateralmente, contro la volontà dell'altro genitore ovvero in mancanza di espresso consenso da parte di quest'ultimo, in difetto di autorizzazione giudiziale e senza la giustificazione dell'urgenza o quella del pericolo per l'incolumità del genitore stesso ovvero del minore. Il decreto si caratterizza per la scelta, invero comune alla stragrande maggioranza delle pronunce e del resto coerente con la volontà normativa, di assumere quale canone principe del percorso decisionale la prognosi circa la miglior modalità di vita in funzione delle esigenze del minore, queste ultime coincidenti, per quanto possibile, con l'esplicazione della genitorialità. È necessario ricordare che, in casi analoghi, la Suprema Corte ha ritenuto legittima la decisione della madre di trasferirsi nel proprio paese natale, ove i figli avrebbero potuto beneficiare del sostegno economico e personale del ramo familiare materno, a fronte dell'invero modesto contributo fino a quel momento fornito dal padre (Cass. civ., sez. I, 19 maggio 2011, n. 11062; in un'altra pronuncia ha mandato esente da censura il trasferimento di residenza del minore attuato in via unilaterale dal genitore già collocatario e con modalità tali da non intralciare il diritto di visita dell'altro (Cass. civ., sez. VI, ord., 18 marzo 2014, n. 6208). La questione dell'esercizio della genitorialità da parte di entrambi i genitori ha ricevuto dal Tribunale di Milano un'attenzione rigorosa, collegata a parametri assolutamente condivisibili e suscettibili di replica nella generalità dei casi, ancorché forse assistiti da tacitiana motivazione. Dopo avere escluso la natura sanzionatoria del provvedimento che decide sulla residenza dei figli e con l'ausilio della consulenza tecnica d'ufficio, il Giudice ha dapprima valutato l'idoneità genitoriale di ciascuna parte separatamente considerata, concludendo per entrambe in termini sostanzialmente positivi, ed ha quindi verificato la capacità di ciascun genitore di interagire con l'altro, individuando nella madre la figura più adeguata a consentire alla controparte la corretta esplicazione della genitorialità, pur nella (innegabilmente limitativa, sotto questo profilo) assenza di stabile residenza. Nel caso di specie, il vaglio della collocazione preferenziale più rispondente alle esigenze del minore è stato condotto tenendo altresì conto, per usare le parole del CTU, dei «bisogni affettivi intensi di accudimento e di contatto stabile con la figura materna»,parametro di valutazionenecessariamente rafforzativo del precedente, anche per la detta natura prognostica di quest'ultimo. Solo a tal punto il Giudice, implicitamente ma necessariamente, ha rivalutato il trasferimento unilaterale della residenza del minore illegittimamente posto in essere dalla madre, per escluderne la rilevanza non solo sotto il profilo della mancanza di un automatismo sanzionatorio fra il contegno indebito e la decisione, ma anche quanto alla suscettibilità di costituire un indice svalutativo dell'adeguatezza materna ad essere collocataria del figlio, conclusione esclusa, evidentemente, alla luce della completezza e della sufficienza degli elementi altrimenti raccolti, innanzitutto all'esito dell'istruttoria peritale, a fondamento della decisione. La statuizione del Tribunale di Milano appare in ultima analisi, nella ricostruzione offerta, un arresto di sicuro interesse per l'interprete, sia per la questione che affronta, di frequente ricorrenza pratica e di indubbio rilievo nella regolamentazione dei rapporti all'interno di un nucleo familiare, sia per la nettezza dei passaggi logico – giuridici che se ne possono enucleare e che, sul presupposto della ricerca e dell'attuazione dell'esclusivo interesse del minore, conducono alla decisione sulla miglior collocazione della sua residenza. A. Arceri Diritto alla bigenitorialità e trasferimento di residenza. I criteri di decisione del conflitto in una sentenza del Tribunale di Milano, in Fam. e dir., 2015, 705; G. Buffone, Gli incerti percorsi interpretativi della Cassazione: il trasferimento unilaterale del minore, in Fam. e dir., 2015, 19; M. Iannaccone, Affidamento condiviso e mantenimento della residenza dei figli, in Fam. e dir., 2007, 1051; C. Paladino, L'affidamento condiviso dei figli, commento sistematico delle nuove disposizioni in materia di separazione e di affidamento condiviso dei figli, Torino, 2006, 166; M. Sesta – Baldini, La potestà dei genitori, in M. Sesta – A. Arceri, L'affidamento dei figli nella crisi della famiglia, Torino, 2012, 144; S. Veronesi, Affidamento esclusivo, congiunto e condiviso: chi decide sulla residenza dei figli?, in Fam. e dir., 2007, 356. |