Vi è conflitto di interessi se la stazione appaltante è socia in una terza società dell’unico proprietario di un concorrente?

Paolo Provenzano
12 Aprile 2018

La Stazione appaltante deve escludere, in virtù del combinato disposto degli artt. 42 e 80 del D.Lgs. n. 50/2016, un concorrente posseduto al 100% da una Società detentitrice di un pacchetto azionario di una Società terza di cui sia socia anche la medesima Stazione appaltante.

La questione giuridica al vaglio del TAR. Con la sentenza in oggetto il T.A.R. Salerno opera un'analitica ricostruzione della portata dell'art. 42 del D.Lgs. n. 50/2016 e, più precisamente, del comma 2 di tale disposizione, a mente del quale «si ha conflitto d'interesse quando il personale di una stazione appaltante o di un prestatore di servizi che (…) interviene nello svolgimento della procedura di aggiudicazione (…) o può influenzarne, il qualsiasi modo, il risultato, ha, direttamente o indirettamente, un interesse finanziario, economico o altro interesse personale che può essere percepito come una minaccia alla sua imparzialità e indipendenza».

In particolare, il Collegio era chiamato a verificare se vi è un “conflitto d'interessi” nel caso in cui la Società risultata aggiudicataria sia «interamente posseduta» da altra Società, a sua volta, socia, in una terza Società, del medesimo Comune che ha bandito la gara.

In altri termini, esemplificando, oggetto del contendere era se vi è, o meno, “conflitto di interessi” qualora il Comune e la Società “madre” della Società concorrente ad una procedura di gara detengono, rispettivamente, il 48% e il 50% delle azioni di un'ulteriore Società.

Il principio di diritto enucleato nella sentenza in commento. A valle dell'analisi dei Patti parasociali della Società in cui il Comune e la Società unica proprietaria di quella risultata aggiudicataria dell'appalto in questione sono soci, il T.A.R. Campania giunge a ritenere che tra l'ente pubblico e la Società “madre” di quella aggiudicataria vi sia una «cointeressanza di fatto», «non dichiarata in sede di domanda di partecipazione (…) e comunque non risolvibile», «che avrebbe dovuto determinare l'esclusione» dell'aggiudicataria, «non potendosi in [tale evenienza in] astratto escludersi il rischio di distorsioni nell'azione amministrativa e nei poteri esercitati».

Dunque, secondo il Collegio, la veste di «socio (di minoranza) della Società proprietaria dell'aggiudicataria» è idonea, di per sé, ad intaccare, almeno potenzialmente, l'imparzialità della Stazione appaltante, e, di conseguenza, ad integrare un'ipotesi di “conflitto di interessi”, che si ha, come ricorda la sentenza in commento richiamando la pertinente giurisprudenza della Corte di giustizia, ogniqualvolta vi sia «il rischio che l'amministrazione pubblica si lasci guidare da considerazioni estranee all'appalto in oggetto e che sia accordata una preferenza a un offerente unicamente per tale motivo» (Corte. Giust., 12-3-2015, in causa C-538/13).