L’annullamento di una sentenza di rito del TAR comporta la rimessione della causa al primo giudice?

19 Aprile 2018

Vanno rimesse all'Adunanza Plenaria le conseguenze dell'annullamento di una sentenza del TAR che, risolvendo la controversia in rito, non ha deciso il merito della questione.

Il caso oggetto della sentenza che si segnala è tutt'altro che raro: nel primo grado di giudizio il TAR aveva definito la questione in rito, ravvisando l'inammissibilità e l'improcedibilità della domanda, e di conseguenza aveva obliterato il merito della controversia. Rispetto a tale circostanza, il CGA ravvisa una divergenza di orientamenti interpretativi circa le conseguenze dell'annullamento di una simile decisione da parte del giudice di appello e, in particolare, se quest'ultimo possa anche decidere la questione (in unico grado, quanto al merito) o debba invece rimettere gli atti al TAR.

Il CGA propende per la seconda soluzione, alla luce delle seguenti convergenti ragioni:

  • in primo luogo, ove il giudice di appello decidesse direttamente la controversia, verrebbe vulnerato il diritto di difesa del ricorrente, in violazione dell'art.105, primo comma, c.p.a., e soprattutto dell'art.125, secondo comma, Cost.; verificandosi, in tal caso, la ingiusta sottrazione, alla sua disponibilità, di un grado di giudizio;
  • in secondo luogo, la mancata pronunzia di merito da parte del Giudice di primo grado potrebbe essere assimilata ad una vera e propria declinatoria della giurisdizione, caso in cui l'art. 105 c.p.a. impone la rimessione al Giudice di primo grado;
  • in terzo luogo, lo stesso art. 105 c.p.a. impone il rinvio al Giudice di primo grado (perché decida nel merito nell'esercizio della sua competenza funzionale) in tutte le ipotesi in cui il Giudice d'appello - escluse quelle di riforma di statuizioni di merito (per le quali non si pone, all'evidenza, alcun problema di rinvio) - pervenga ad una pronunzia di nullità (o di annullamento) della sentenza appellata, il che certamente è quanto si verifica nel caso di pronunzia cassatoria della sentenza di inammissibilità o di improcedibilità.

Alla luce di tali circostanze, il CGA ha rimesso all'Adunanza Plenaria le seguenti questioni interpretative:

a) se l'annullamento della sentenza di inammissibilità e/o di improcedibilità, disvelando che l'omessa trattazione del merito della causa in primo grado ha determinato una ingiusta compressione e dunque lesione del ‘diritto di difesa' del ricorrente - lesione che verrebbe ulteriormente perpetrata, per la sottrazione alla sua disponibilità di un grado di giudizio, ove la causa fosse trattata (nel merito) direttamente dal Giudice d'appello - non determini la necessità di rinviare la causa, ai sensi dell'art. 105 del c.p.a., al Giudice di primo grado;

b) se la pronunzia con cui il Giudice di primo grado abbia dichiarato l'inammissibilità o l'improcedibilità di una domanda giudiziale (rinunciando, dunque, all'esercizio ulteriore del potere giurisdizionale per stabilirne la fondatezza nel merito), possa essere assimilata - ai fini dell'applicazione dell'art. 105, primo comma, del c.p.a. e per gli effetti devolutivi ivi previsti - ad una ipotesi di “declinazione” (pur se latu sensu intesa) della giurisdizione;

c) se la statuizione con cui il Giudice d'appello “riformi” la sentenza di inammissibilità o di improcedibilità emessa dal Giudice di primo grado debba essere ritenuta - al di là del nomen juris utilizzato nel dispositivo - una vera e propria “sentenza di annullamento”; e se una “sentenza di annullamento” (di una pronuncia di inammissibilità o di improcedibilità) possa essere assimilata ad una sentenza “dichiarativa di nullità” in esito alla quale occorre rinviare la causa al primo giudice, ai sensi dell'art. 105 c.p.a., perché decida nel merito le questioni precedentemente non trattate.

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