D.lgs. 36/2018: perseguibilità a querela per alcuni delitti contro la persona e contro il patrimonio

Paolo Pittaro
30 Aprile 2018

In attuazione della delega di cui all'art. 1, comma 16, della legge 23 giugno 2017, n. 103 il d.lgs. 10 aprile 2018, n. 36, ha disposto la perseguibilità a querela ...
Abstract

In attuazione della delega di cui all'art. 1, comma 16, della legge 23 giugno 2017, n. 103 (la c.d. riforma Orlando), il d.lgs. 10 aprile 2018, n. 36, ha disposto la perseguibilità a querela dei delitti contro la persona e contro il patrimonio, nei limiti e con le eccezioni stabiliti nella delegazione stessa. Peraltro, il Governo ha ritenuto di mantenere la perseguibilità ex officio per una serie di delitti che, pur rientrando nelle suddette categorie, non si prestavano a tale modifica, sottolineando le ragioni sottese a tale decisione.

La c.d. riforma Orlando: disposizioni operative e deleghe al Governo

La legge 23 giugno 2017, n. 103, recante Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario(la c.d. riforma Orlando) è un provvedimento alquanto complesso e, come tale, contiene disposizioni immediatamente vigenti (dal 3 agosto 2017) e alcune deleghe rivolte al Governo relative all'innovazione ed alla revisione di certi settori.

Nel primo gruppo ricordiamo il massiccio pacchetto di norme di cui all'art. 1, commi da 21 a 79, relative a profonde modifiche al codice di procedura penale (ed alle connesse norme di attuazione, di coordinamento e transitorie), mentre nel secondo gruppo possiamo evidenziare le deleghe relative alla modifica delle misure di sicurezza personali (art. 1, comma 16) alla revisione del casellario giudiziario (art. 1, comma 18), per la riforma della disciplina in materia di intercettazione di conversazioni o comunicazioni (art. 1, commi 82, 83 e 84, lett. a), b), c), d) e), già attuata con d.lgs. 29 dicembre 2017, n. 216, nonché dei giudizi di impugnazione nel processo penale (art. 1, commi 82, 83 e 84, lett. f), g), h), i) m), già attuata con d.lgs. 6 febbraio 2018, n. 11.

Peraltro, proprio di recente il d.lgs. 1° marzo 2018, n. 21, in attuazione di quanto disposto dall'art. 1, comma 85, lettera q) della legge 103 del 2017, ha introdotto nel codice penale l'art. 3-bis, rubricato Principio della riserva di codice, in forza del quale «Nuove disposizioni che prevedono reati possono essere introdotte nell'ordinamento solo se modificano il codice penale ovvero se sono inserite in leggi che disciplinano in modo organico la materia», e con il conseguente inserimento nel codice penale di varie disposizioni finora contenute nella legislazione speciale o complementare.

In questo ampio quadro, si deve rilevare una ulteriore serie di disposizioni proprie del diritto penale sostanziale.

La delega relativa al regime di procedibilità dei delitti

L'art. 1, comma 16, della legge 103 del 2017 delega il Governo ad adottare entro un anno un decreto legislativo che modifichi la disciplina del regime di procedibilità di taluni reati e, nella specie, di prevedere la punibilità a querela per i reati contro la persona puniti con la pena edittale pecuniaria o con la pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, sola, congiunta o alternativa con la pena pecuniaria, fatta eccezione per il delitto di violenza privata di cui all'art. 610 c.p., nonché per i reati contro il patrimonio previsti dal codice penale. Viene in ogni caso fatta salva la procedibilità d'ufficio qualora la persona offesa sia incapace per età o per infermità, quando ricorrano circostanze aggravanti ad effetto speciale ovvero le circostanze indicate nell'art. 339 c.p., nonché, nei reati contro il patrimonio, il danno arrecato alla persona offesa sia di rilevante gravità.

Ricordiamo, a tale proposito, che le circostanze aggravanti a effetto speciale sono quelle che prevedono un aumento proporzionale della pena superiore ad un terzo (art. 63, comma 3, c.p.) e che le circostanze indicate all'art. 339 c.p., ed in tale contesto riferibili ai delitti dei privati contro la pubblica amministrazione, si riferiscono al fatto commesso con armi, o da persona travisata, o da più persone riunite, o con scritto anonimo, o in modo simbolico, o valendosi della forza intimidatrice derivante da segrete associazioni, esistenti o supposte. Peraltro, il danno di rilevante gravità è già presente come circostanza aggravante comune ad effetto comune (art. 61, n. 7 c.p.) in ordine, per l'appunto, ai delitti contro il patrimonio (o che comunque offendono il patrimonio ovvero determinati da motivi di lucro).

A tale delega il Governo ha dato corso con il d.lgs. 10 aprile 2018, n. 36 (in Gazz. Uff., 24 aprile 2018, n. 95), recante Disposizioni di modifica della disciplina del regime di procedibilità per taluni reati in attuazione della delega di cui all'articolo 1, commi 16, lettere a) e b), e 17, della legge 23 giugno 2017, n. 103, elencando nel dettaglio le fattispecie del codice penale coinvolte.

In ogni caso, prima di procedere all'analisi delle disposizioni del codice penale che vengono modificate e, anche, di quelle in relazione alle quali (pur rientrando nei reati contro la persona e nel patrimonio entro l'elencato limite di pena) il Governo ha ritenuto di mantenere la procedibilità d'ufficio, è importante ricordare che la suddetta legge di riforma Orlando (art. 1, comma 1) ha inserito nel codice penale l'art. 162-ter, disciplinandone l'applicazione anche ai processi in corso (art. 1, commi 3 e 4).

Tale novella codicistica, immediatamente applicabile (art. 1, comma 2), e rubricata Estinzione del reato per condotte riparatorie, si riferisce ai casi di procedibilità a querela soggetta a remissione (art. 152 c.p.), quando la remissione non abbia avuto luogo. In tale ipotesi il giudice dichiara estinto il reato, sentite le parti e la persona offesa, quando l'imputato ha riparato interamente, entro il termine massimo della dichiarazione di apertura del procedimento di primo grado, il danno cagionato dal reato mediante le restituzioni o il risarcimento, e ha eliminato, ove possibile, le conseguenze dannose o pericolose del reato. Il risarcimento del danno può essere riconosciuto anche in seguito ad offerta reale ai sensi degli artt. 1208 ss. c.c., formulata dall'imputato e non accettata dalla persona offesa, ove il giudice riconosca la congruità della somma offerta a tale titolo. Peraltro, quando dimostra di non aver potuto adempiere, per fatto a lui non imputabile, entro siffatto termine, l'imputato può chiedere al giudice la fissazione di un ulteriore termine, non superiore a sei mesi, per provvedere al pagamento, anche in forma rateale, di quanto dovuto a titolo di risarcimento. In tal caso, il giudice, se accoglie la richiesta, ordina la sospensione del processo e fissa la successiva udienza alla scadenza del termine stabilito e comunque non oltre novanta giorni dalla predetta scadenza, imponendo specifiche prescrizioni. Durante la sospensione del processo il corso della prescrizione resta sospeso e si applica l'art. 240, comma 2, del codice penale (ipotesi di confisca obbligatoria). In ogni caso il giudice dichiara l'estinzione del reato all'esito positivo delle condotte riparatorie.

Pertanto, le due normative devono essere messe in relazione: i delitti originalmente perseguibili d'ufficio ed ora a querela di parte, potranno essere dichiarati estinti, ai sensi del citato art. 162-ter c.p., nel caso in cui il reo abbia riparato il danno, mediante le restituzioni o il risarcimento, e abbia eliminato, ove possibile, le conseguenze dannose o pericolose del reato, nonostante la contrarietà della persona offesa ed a seguito di una decisione rimessa alla discrezionalità del giudice.

Tale mutazione del regìme di procedibilità per taluni delitti, come afferma la Relazione illustrativa del Governo che ha accompagnato la bozza del d.lgs., inviata al Parlamento per il dovuto parere (trasmesso alla Camera dei Deputati – n. 475-bis – il 20 febbraio 2018), riprende in parte, e compatibilmente con i criteri della delega, le proposte della Commissione ministeriale costituita con decreto del Ministro della Giustizia in data 14 dicembre 2012 e presieduta dal prof. Antonio Fiorella.

Si è così rilevato come la procedibilità a querela venga a porsi come punto di incontro e di mediazione fra varie esigenze:

  • evitare che l'obbligatorietà dell'azione penale, peraltro di rilievo costituzionale (art. 112), venga ad instaurare meccanismi repressivi automatici che impediscano un governo effettivo di fatti realmente offensivi e meritevoli di tutela penale;
  • far emergere e valorizzare l'interesse del privato alla punizione del colpevole, onde evitare che fatti lesivi di beni primari rimangano impuniti o che resti frustrata l'esigenza di ristoro, anche morale, della vittima del reato, cosicché rimettere alla decisione della persona offesa la procedibilità in ordine a tale reato «funziona come indicatore della concreta intollerabilità di singoli episodi conformi alla fattispecie incriminatrice»;
  • perseguire una logica riduzione dei carichi processuali e una incentivazione delle ipotesi conciliative che spesso riescono a perfezionarsi proprio nelle fasi preliminari del giudizio.

D'altra parte, viene rilevato come l'ordinamento giuridico non è nuovo all'ampliamento delle ipotesi di perseguibilità a querela: si ponga mente a quanto disposto, a suo tempo, dalla legge 24 novembre 1981, n. 689 (artt. da 79 a 99).

La procedibilità a querela introdotta nelle varie fattispecie criminose

Il d.lgs. in esame, tenendo presente i princìpi e limiti della delega e le evidenziate esigenze, ha modificato e integrato il codice penale negli artt. da 1 a 12 secondo lo schema che segue.

Art. 612 c.p.Minaccia. Il secondo comma viene modificato e viene aggiunto un terzo comma, nel senso che la minaccia grave non è più procedibile d'ufficio ma a querela di parte (come nel primo comma), mentre se la minaccia è fatta in uno dei modi indicati nell'art. 339 c.p. si procede d'ufficio. Le pene rimangono immutate.

Art. 615 c.p.Violazione di domicilio commessa da pubblico ufficiale.Viene aggiunto un terzo comma, che sancisce la procedibilità a querela per l'ipotesi del capoverso, ossia «se l'abuso consiste nell'introdursi nei detti luoghi senza l'osservanza delle formalità prescritte dalla legge». Rimane, pertanto, procedibile d'ufficio la fattispecie del primo comma, ossia la violazione di domicilio commessa dal pubblico ufficiale «abusando dei poteri inerenti alle sue funzioni».

Art. 617-ter c.p.Falsificazione, alterazione o soppressione del contenuto di comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche. Viene aggiunto un terzo comma che stabilisce la perseguibilità a querela per l'ipotesi del primo comma, che prevede la reclusione da uno a quattro anni per «chiunque, al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, forma falsamente, in tutto o in parte, il testo di una comunicazione o di una conversazione telegrafica o telefonica ovvero altera o sopprime, in tutto o in parte, il contenuto di una conversazione telegrafica o telefonica vera, anche se occasionalmente intercettata, qualora ne faccia uso o lasci che altri ne faccia uso». Rimane procedibile d'ufficio e con la maggior pena della reclusione da uno a cinque anni quanto previsto dal secondo comma, ossia «se il fatto è commesso in danno di un pubblico ufficiale nell'esercizio o a causa delle sue funzioni ovvero da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio o da chi esercita anche abusivamente la professione di investigatore privato».

Art. 617-sexies c.p. - Falsificazione, alterazione o soppressione del contenuto di comunicazioni informatiche o telematiche. Viene aggiunto un terzo comma che stabilisce la perseguibilità a querela per l'ipotesi del primo comma, che prevede la reclusione da uno a quattro anni per «chiunque, al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, forma falsamente ovvero altera o sopprima, o tutto o in parte, il contenuto, anche occasionalmente intercettato, di taluna delle comunicazioni relative ad un sistema informatico o telematico o intercorrenti tra più sistemi, qualora ne faccia uso o lasci che altri ne faccia uso». Rimane procedibile d'ufficio e con la maggiore reclusione da uno a cinque anni quanto previsto dal secondo comma in relazione al quarto comma dell'art. 617-quater, ossia «se il fatto è commesso: 1) in danno di un sistema informatico o telematico utilizzato dallo Stato o da altro ente pubblico o da impresa esercente servizi pubblici o di pubblica necessità; 2) da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio, con abuso di poteri o con violazione di doveri inerenti alla funzione o al servizio, ovvero con abuso della qualità di operatore del sistema; 3) da chi esercita anche abusivamente la professione di investigatore privato».

Art. 619 c.p.Violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza commesse da persona addetta al servizio delle poste, dei telegrafi o dei telefoni.Viene aggiunto un terzo comma che stabilisce la perseguibilità a querela per l'ipotesi del primo comma, che prevede la reclusione da sei mesi a tre anni per «L'addetto al servizio delle poste, dei telegrafi o dei telefoni, il quale commette uno dei fatti preveduti dalla prima parte dell'art. 616», ossia «prende cognizione del contenuto di una corrispondenza chiusa, a lui non diretta, ovvero sottrae o distrae, al fine di prenderne o di farne da altri prendere cognizione, una corrispondenza chiusa o aperta, a lui non diretta, ovvero, in tutto o in parte, la distrugge o sopprime». Rimane procedibile d'ufficio e con la maggiore reclusione da sei mesi a cinque anni e con la multa da 30 a 516 euro quanto previsto dal secondo comma, ossia «se il colpevole, senza giusta causa, rivela, in tutto o in parte, il contenuto della corrispondenza, qualora il fatto non costituisca più grave reato».

Art. 620 c.p.Rivelazione del contenuto di corrispondenza, commessa da persona addetta al servizio delle poste, dei telegrafi o dei telefoni. Viene aggiunto un secondo comma che stabilisce la perseguibilità a querela per l'ipotesi del primo comma, che prevede la reclusione da sei mesi a tre anni per «L'addetto al servizio delle poste, dei telegrafi o dei telefoni, che, avendo notizia, in questa sua qualità, del contenuto di una corrispondenza aperta, o di una corrispondenza telegrafica, o di una conversazione telefonica, lo rivela senza giusta causa ad altri che non sia il destinatario, ovvero a una persona diversa da quelle tra le quali la comunicazione o la comunicazione è interceduta».

Dopo il Capo III del Titolo XII del Libro II del codice penale è inserito il Capo III-bis, rubricato Disposizioni comuni sulla procedibilità, il quale contiene il novello art. 623-ter c.p.Casi di procedibilità d'ufficio, il quale dispone che «per i fatti procedibili a querela dagli art. 612, se la minaccia è grave, 615, secondo comma, 617-ter, primo comma, 617-sexies, primo comma, 619 primo comma, e 620 si procede d'ufficio qualora ricorrano le circostanze aggravanti ad effetto speciale».

Art. 640 c.p.Truffa. Il terzo comma della disposizione che prevede la punibilità «a querela della persona offesa, salvo che ricorra una delle circostanze indicate dal capoverso precedente o un'altra circostanza aggravante», viene modificato nel senso di restringere quest'ultima indicazione solamente alla circostanza aggravante prevista dall'art. 61, primo comma, n. 7 c.p., ossia per aver cagionato alla persona offesa dal reato un danno patrimoniale di rilevante gravità.

Art. 640-ter c.p.Frode informatica. Il quarto comma della disposizione che prevede la punibilità a querela della persona offesa, salvo che ricorra taluna delle circostanze di cui al secondo e terzo comma o un'altra circostanza aggravante, viene modificato nel senso di restringere quest'ultima indicazione solamente «a taluna delle circostanze prevedute dall'art. 61, primo comma, numero 5 [la “minorata difesa”], limitatamente all'aver approfittato di circostanze di persona, anche in riferimento all'età, e numero 7 [il danno patrimoniale di rilevante gravità]».

Art. 646 c.p.Appropriazione indebita. Viene abrogato il terzo comma, il quale prevedeva la procedibilità d'ufficio, se ricorre la circostanza indicata nel capoverso precedente o taluna delle circostanze indicate nel numero 11 dell'articolo 61 c.p. (ossia l'aver commesso il fatto con abuso di autorità o di relazioni domestiche, ovvero con abuso di relazioni d'ufficio, di prestazione d'opera, di coabitazione, o di ospitalità). Pertanto siffatto delitto è perseguibile a querela di parte in ogni ipotesi.

Dopo il Capo III del Titolo XIII del Libro II del codice penale è inserito il Capo III-bis, rubricato Disposizioni comuni sulla procedibilità, il quale contiene il novello art. 649-bisCasi di procedibilità d'ufficio, il quale dispone che «per i fatti perseguibili a querela preveduti dagli articoli 640, terzo comma, 640-ter, quarto comma, e per i fatti di cui all'art. 646, secondo comma, o aggravati dalle circostanze di cui all'art. 61, primo comma, numero 11, si procede d'ufficio qualora ricorrano le circostanze aggravanti ad effetto speciale». Fra tali ipotesi possiamo ricordare, ad esempio, la finalità di terrorismo e di eversione di cui all'art. 1 del d.l. 15 dicembre 1979 (convertito nella legge 6 febbraio 1980 n. 15), di mafia di cui all'art. 7 del d.l. 13 maggio 1991, n. 152 (convertito nella legge12 luglio 1991, n. 203) o di discriminazione razziale, etnica o religiosa di cui all'art. 3 del d.l. 26 aprile 1993, n. 122 (convertito nella legge25 giugno 1993, n. 205).

Il Legislatore delegato, nel modificare le fattispecie finora evidenziate, ha fin qui attuato quanto previsto dalla delega contenuta nella legge 103 del 2017.

Dal quadro complessivo che è venuto formandosi è possibile evidenziare come, innanzi tutto, è rimasta la procedibilità d'ufficio per i delitti ora divenuti perseguibili a querela in presenza delle circostanze aggravanti ad effetto speciale: e a tale ipotesi sono state introdotte due specifiche disposizioni nell'ambito di due nuovi Capi III nei rispettivi Titoli XII e XIII del codice penale. Mentre, per quanto riguarda il reato di minaccia (art. 612 c.p.), per quanto la perseguibilità della minaccia grave, originariamente perseguibile d'ufficio, ora sia stata modificata a querela di parte, rimane perseguibile d'ufficio in presenza delle modalità di cui all'art. 339 c.p., come previsto dalla delega. Così come, per i reati di truffa (art. 640 c.p.) e di frode informatica (art. 640-ter c.p.), la procedibilità d'ufficio viene ristretta alla configurabilità della sola circostanza aggravante di un danno patrimoniale di rilevante gravità (art. 61, n. 7 c.p.).

Nel complesso, si può notare, almeno in linea di massima, come, delle menzionate fattispecie, la procedibilità a querela venga introdotta quando viene in gioco l'interesse o il diritto di una parte privata, mentre rimane la procedibilità d'ufficio quando l'interesse è pubblico ovvero il soggetto attivo o quello passivo del reato rivestano lo status relativo ad una pubblica funzione ovvero ad un pubblico servizio.

Le disposizioni transitorie

L'art. 12 del d.lgs. 6 del 2018, rubricato Disposizioni transitorie in materia di perseguibilità a querela, dispone che per i reati perseguibili a querela in base alle disposizioni del predetto decreto, se commessi prima della data di entrata in vigore dello stesso, il termine per la presentazione della querela decorre dalla predetta data, ossia dal giorno 9 maggio 2018, se la persona offesa ha avuto in precedenza notizia del fatto costituente reato. Peraltro, se il procedimento è pendente, il pubblico ministero, nel corso delle indagini preliminari, o il giudice, dopo l'esercizio dell'azione penale, anche, se necessario, previa ricerca anagrafica, informa la persona offesa dal reato della facoltà di esercitare il diritto di querela e il termine decorre dal giorno in cui la persona offesa è stata informata.

Deve peraltro notarsi che, nello schema governativo iniziale, tali disposizioni non dovevano applicarsi ai processi che, alla data in vigore del decreto medesimo, sarebbero stati pendenti dinanzi alla Corte di cassazione.

Tale scelta del legislatore delegato, come affermava la Relazione illustrativa, derivava dal fatto che, in tale ipotesi, “l'informazione alla persona offesa diviene assai disagevole”, posto che, per la peculiarità del suo ruolo e della sua funzione, non può onerarsi il giudice della legittimità di un simile incombente.

A tale proposito, tuttavia, la Commissione Giustizia del Senato aveva suggerito di sopprimere, per eccesso di delega, proprio tale esclusione. Ma il Governo aveva ritenuto di non accogliere tale osservazione, sostenendo che estendere l'obbligo di informativa alla Cassazione avrebbe determinato una consistente difficoltà dilatando irragionevolmente i tempi di definizione del processo, perché il giudice di legittimità non dispone del fascicolo e, quindi, delle notizie necessarie alla tempestiva individuazione del domicilio della persona offesa, ove questa non sia costituita parte civile. Ed a tale proposito citava Corte cost., 8 marzo 2005, n. 91, la quale ha affermato che legislatore gode di ampia discrezionalità nella regolamentazione degli effetti temporali di nuovi istituti processuali o delle modificazioni introdotte in istituti già esistenti sui processi in corso e le relative scelte, non censurabile ove non siano manifestamente irragionevoli (e tale principio è stato da ultimo ribadito da Corte cost., 26 novembre 2015 n. 240).

Invece, nella approvazione definitiva, il Governo ha abbandonato tale esclusione, sopprimendo il relativo comma, probabilmente ritenendo di non dover correre il rischio, come adombrato dalla Commissione Giustizia del Senato, di incappare in una eccezione di legittimità costituzionale per eccesso di delega, non essendo contemplata tale eventualità dalla legge 103 del 2017.

Le fattispecie escluse dal Legislatore delegato

Il decreto delegato ha dato attuazione solamente parziale alla delega, nel senso che non ha previsto, per quanto con le già elencate eccezioni, la punibilità a querela per tutti i reati contro la persona puniti con la pena edittale pecuniaria o con la pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, sola o congiunta o alternativa con la pena pecuniaria, nonché per tutti i reati contro il patrimonio previsti dal codice penale. Come dire che varie fattispecie delittuose, pur rientrando, come normativamente previste, nell'ipotesi della delega, non sono state prese in considerazione dal legislatore delegato e, pertanto, sono rimaste perseguibili d'ufficio.

La Relazione illustrativa informa che il Governo ha effettuato un'attenta ricognizione e valutazione di tali opzioni alternative, ma alla fine ha deciso di non procedere al mutamento del regime di procedibilità per tutta una serie di delitti, esponendone, peraltro, le ragioni e distinguendoli in otto settori.

Schematicamente, a nostro avviso, potremmo racchiudere le fattispecie escluse in tre gruppi, alla stregua delle motivazioni che hanno sorretto tale decisione.

a) Tenendo presente che l'art. 1, comma 16, della legge n. 103 del 2017 ha fatto salva la procedibilità d'ufficio qualora la persona offesa sia incapace per età o per infermità, il legislatore delegato ha inteso tale concetto in senso lato e più ampio possibile, ossia:

  • posto che il codice, nel delitto di lesioni, equipara la malattia all'incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni, e che altre disposizioni rinviano al concetto di lesioni:
    • art. 582, comma 2 c.p.Lesione personale;
    • art. 590-bis, commi 1, 4, 5 e 6, c.p.Lesioni personali stradali;
    • art. 590, comma 5, c.p.Lesioni personali colpose commesse con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene su lavoro;
    • art. 593 c.p.Omissione di soccorso;
    • art. 613, comma 1, c.p.Stato di incapacità procurato mediante violenza;
    • equiparando l'incapacità alle ipotesi di minorata difesa:
      • art. 608 c.p.Abuso di autorità contro arrestati o detenuti.

b) Ipotesi ove la persona offesa:

  • non è individuabile ovvero appare generica o indeterminata:
    • art. 617-bis, comma 1, c.p.Installazione di apparecchiature atte ad intercettare od impedire comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche;
    • art. 640-quinquies, c.p.Frode informatica del soggetto che presta servizi di certificazione di firma elettronica;
    • art. 648-ter.1, comma 2, c.p.Autoriciclaggio;
    • art. 688, comma 1, c.p.Rissa;
    • quando la persona offesa può non avere immediata cognizione delle condotte da perseguire:
      • art.615-quater, c.p.Detenzione e diffusione abusiva di codici di accesso a sistemi informatici o telematici;
      • art. 615-quinquies c.p.Diffusione di apparecchiature, dispositivi o programmi informatici diretti a danneggiare o interrompere un sistema informatico o telematico;
      • art. 617-quinquies, comma 1, c.p.Installazione di apparecchiature atte ad intercettare, impedire od interrompere comunicazioni informatiche o telematiche.

c) Ipotesi ove sono coinvolti beni pubblici ovvero reati effettuati con violenza e minaccia:

  • art. 635 c.p. - Danneggiamento;
  • art.639-bis c.p.Casi di esclusione della perseguibilità a querela, in riferimento a:
    • art. 631 c.p.Usurpazione;
    • art. 632 c.p.Deviazione di acque e modificazione dello stato dei luoghi;
    • art. 633, comma 1, c.p.Invasione di terreni o edifici;
    • art. 636 c.p.Introduzione o abbandono di animali nel fondo altrui e pascolo abusivo.

Infine, rimane procedibile d'ufficio la seguente fattispecie, inizialmente inserita nello schema fra i delitti modificati con la perseguibilità a querela di parte, ma poi cassata da tale elenco nell'ultima delibera governativa e, quindi, rimasta nella originale previsione codicistica:

  • Art. 638, c.p.Uccisione o danneggiamento di animali altrui. Ove il capoversoprevede la reclusione da sei mesi a quattro anni “se il fatto è commesso su tre o più capi di bestiame raccolti in gregge o in mandria, ovvero su animali bovini o equini, anche non raccolti in mandria”.
In conclusione

Come già premesso, il dettato del d.lgs.n. 36 del 2018, va direttamente collegato all'art. 162-terc.p., introdotto dalla c.d. riforma Orlando (legge 23 giugno 2017, n. 103): un certo numero di reati contro la persona e contro il patrimonio, originariamente procedibili d'ufficio, mutano l'originaria procedibilità d'ufficio nella procedibilità a querela di parte; e restituzione, risarcimento del danno, eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato conducono alla estinzione del reato ove non vi sia stata remissione della querela stessa.

Ora, la previsione che condotte riparatorie conducano alla estinzione del reato, come disposto dalla normativa in esame, parte da lontano. Inizialmente dall'art. 35 della normativa sulla competenza penale del giudice di pace (d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274), per poi uscire da tale sotto-sistema ed approdare anche nel codice penale: la nuova disciplina dell'oltraggio (art. 341-bis c.p., introdotto dalla legge 15 luglio 2009, n. 94) prevede che il risarcimento del danno nei confronti non solo del pubblico ufficiale, ma anche dell'amministrazione di appartenenza estingue il reato. Infine, il riferimento conduce alla “riparazione pecuniaria” di cui all'art. 322-quater c.p., introdotto dalla legge 27 maggio 2015, n. 69.

Una linea di tendenza destinata, indubbiamente, a rafforzarsi e ad ampliarsi. Non a caso si parla, per usare un termine più ampio, di una giustizia penale non punitiva, ma “riparativa”.

Inoltre, deve anche farsi richiamo alla recente depenalizzazione, di cui ai decreti legislativi n. 7 e n. 8 del 15 gennaio 2016. Mentre il d.lgs. 8 prevede un'ampia depenalizzazione tradizionale, ossia la de-rerubricazione della fattispecie di reato in illecito amministrativo, il d.lgs. 7 trasforma la fattispecie penale (che viene abrogata) in un illecito civile, ove accanto alla usuale e propria sanzione del risarcimento del danno, viene prevista una sanzione pecuniaria punitiva, con la relativa forbice edittale.

Un novum che pone un problema dogmatico di non poco conto, che attende una soluzione: qualcuno, ad esempio, parla già di un tertium genus di sanzione, e di conseguenza, di norma giuridica, dopo quella civile e quella penale.

A tale proposito, abbiamo espresso più volte l'opinione che attualmente stiamo assistendo ad una (seppur lenta) “penetrazione” del diritto civile nel diritto penale.

Ed è, dunque, in questo trend che deve situarsi l'estinzione del reato per condotte riparatorie nel caso di perseguibilità a querela di parte di cui alla normativa in oggetto.

Trattasi, indubbiamente, di una scelta dommatica (prima che legislativa: si pensi alla citata Commissione ministeriale del 2012) di non poco conto: nel contesto di un diritto penale c.d. “minimo” ovvero di extrema ratio, la violazione di una norma può essere intesa più come espressione di un conflitto inter-personale, da risolversi con la sanzione civile, ovvero con la mediazione, più che come aperta ribellione alla sovranità dello Stato, quale espressa da una legge penale.

Anche se, a fronte di tale continua riflessione e di stimolo da parte della dottrina, che muove da forti istanze di “decarcerizzazione”, sembra che un'accelerazione al legislatore sia anche dovuta alle pronunce della Corte europea dei diritti dell'uomo, che, a partire dalla nota sentenza Torregiani del 8 gennaio 2013, ha giustamente condannato l'Italia per le condizioni disumane dell'istituzione carceraria, dovute all'eccessivo sovraffollamento.

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