PAT: è ammissibile la notifica cartacea dopo il 1 gennaio 2018?
19 Gennaio 2018
Massima
Deve ritenersi meramente irregolare, e non inesistente o nullo, il ricorso redatto in formato cartaceo sottoscritto con firma autografa dal difensore e parimenti notificato alla controparte. Pur non essendo conforme alle regole di redazione di cui all'art. 136, comma 2-bis, c.p.a. e art. 9, comma 1, d.P.C.M. n. 40/2016, infatti, non incorre in espressa comminatoria legale di nullità e raggiunge comunque il suo scopo tipico poiché ne è certa la paternità e l'intellegibilità quale strumento finalizzato alla chiamata in giustizia e all'articolazione delle altrui difese. Ne consegue la sola esigenza di regolarizzazione nonostante la parte cui l'appello era indirizzato si sia costituita in giudizio. Il caso
Nel caso in esame l'atto di appello è stato notificato con modalità cartacea, una volta munito di firma autografa dal difensore. La sintetica esposizione del fatto recata nel provvedimento non consente, tuttavia, di comprendere quale sia l'effettivo iter seguito dal difensore nelle attività di notificazione e deposito telematico. Il Collegio, infatti, dopo aver esposto i contrapposti orientamenti giurisprudenziali in tema delle conseguenze processuali della violazione della forma digitale, ha ordinato alla parte appellante di effettuare nuovamente la notificazione dell'atto di appello ai sensi dell'art. 44, comma 2, d.lgs. n. 104/2010. La questione
Nel processo amministrativo telematico l'utilizzo di documenti cartacei rappresenta un'eccezione. Infatti, l'atto ha forma obbligatoriamente digitale a differenza del processo civile telematico, dove l'art. 16-bis, d.l. n. 179/2012, permette alle parti di depositare gli atti con modalità cartacea fino alla costituzione in giudizio. A partire dal 1 gennaio 2018, con la fine del doppio binario, non solo i nuovi giudizi, ma anche quelli nati cartacei, vedono applicare il sistema del PAT. La gestione del documento cartaceo deve, pertanto, essere attenta e improntata ai principi del Codice dell'Amministrazione Digitale, richiamato dal d.P.C.M. n. 40/2016 fin dalla notificazione. Nel caso di specie il problema della gestione del documento cartaceo emerge dal punto di vista della notificazione con modalità tradizionali. Il Collegio, infatti, lamenta che la notificazione effettuata con modalità cartacea sarebbe nulla in quanto l'atto non sarebbe munito di firma digitale. Ciò, in violazione dell'art. 136 c.p.c. e dell'art. 9, d.P.C.M. n. 40/2016, secondo cui l'atto del processo viene formato come documento informatico sottoscritto con firma digitale. Tale assunto, tuttavia, non troverebbe espressa conferma nel d.P.C.M. n. 40/2016 che, limitandosi a indicare le istruzioni per il deposito telematico della notifica cartacea, nulla aggiunge sulle tradizionali modalità di notifica. Lo stesso art. 14, d.P.C.M. n. 40/2016, infatti, chiarisce che è possibile notificare alle parti resistenti in modalità cartacea: d'altronde, qualora non sia presente in un pubblico registro un indirizzo di posta elettronica certificata valido, la notifica cartacea sarebbe l'unica via percorribile. In tal caso, come si pone la previsione di cui all'art. 136 c.p.a. in materia di firma digitale? Oltre al tema della notificazione, la gestione del documento cartaceo attiene anche al momento del deposito telematico. Il d.P.C.M. n. 40/2016, infatti, è chiaro nello stabilire che l'atto da depositare debba avere forma di documento informatico nativo digitale, mentre il deposito dell'atto come copia informatica per immagine (ovvero, la scansione dell'atto cartaceo notificato) è relegato a ipotesi residuali. In seguito alla pubblicazione del provvedimento in oggetto, in molti si sono chiesti se la notifica cartacea possa ancora eseguirsi e, nel caso, con quali modalità sia in fase di notifica che in fase di deposito telematico. Le soluzioni giuridiche
Il tema della gestione dei documenti cartacei nel PAT è stato affrontato in diverse pronunce giurisprudenziali e opinioni dottrinali sia per quanto riguarda il tema della notificazione che del deposito telematico. Sotto il primo profilo, è invalsa la prassi, nel corso del 2017, di considerare l'atto cartaceo notificato originale come l'atto digitale munito di firma digitale destinato al deposito telematico. È la teoria del c.d. doppio originale, dapprima oggetto di un documento delle associazioni di rappresentanza dell'avvocatura amministrativa, e quindi oggetto del provvedimento TAR Lazio, 9 maggio 2017, n. 5545 (v. E. Barbujani, Il principio di raggiungimento dello scopo nella notifica cartacea, in IlProcessotelematico.it). Secondo la teoria del c.d. “doppio originale” il difensore, dopo aver stampato l'atto, dovrebbe solamente apporre la propria firma autografa. Tale firma permetterebbe di riferire in modo inequivocabile il contenuto dell'atto al difensore anche in assenza di una firma digitale. La notifica cartacea non sarebbe perciò nulla in quanto, ricorrendo alle modalità tradizionali di notifica, queste avrebbero permesso il raggiungimento dello scopo, «con la conseguenza che non può farsi luogo ad una pronuncia di nullità ex art. 156, comma 3, c.p.c.» (TAR Lazio, sez. II, 1 marzo 2017, n. 2993). Il provvedimento del Consiglio di Stato in commento sembrerebbe invece smentire tale assunto, forse rifacendosi alla contrapposta teoria secondo cui l'atto da affidare all'ufficiale giudiziario o al servizio postale dovrebbe essere munito di una attestazione di conformità rispetto all'atto digitale. Secondo la quinta sezione, infatti, l'atto cartaceo non firmato digitalmente ma notificato con modalità cartacea sarebbe nullo per violazione delle disposizioni in materia di forma digitale dell'atto nel PAT. Meno problematico, invece, il seguito della motivazione, che richiama il noto orientamento del Consiglio di Stato di cui alla sentenza Cons. Stato, 4 aprile 2017, n. 1541 (v. S. Patrisso, La forma del ricorso notificato con modalità tradizionali nel PAT, in IlProcessotelematico.it). Secondo tale orientamento, il deposito telematico di un atto come scansione, anziché del documento informatico nativo digitale, comporta una mera irregolarità, sanabile mediante fissazione di un termine perentorio da parte del Collegio per consentire la regolarizzazione. Il deposito telematico di una scansione, infatti, sebbene in contrasto con le regole tecniche del d.P.C.M. n. 40/2016, permette all'atto di raggiungere lo scopo qualora il suo contenuto sia comunque fruibile da parte del difensore di controparte. Inoltre, recentemente è stato affermato che tale regolarizzazione può essere spontanea, e quindi prescindere da un'espressa attribuzione del termine da parte del Collegio (Cons. Stato, sez. III, 11 settembre 2017, n. 4286). Tale orientamento del Consiglio di Stato è stato ampiamente confermato anche dai Tribunali Amministrativi Regionali. Osservazioni
Nel provvedimento in oggetto, il tema della gestione del documento cartaceo, sia nella fase della notifica che nella fase del deposito telematico, rileva in modo peculiare. La sintetica esposizione dei fatti non consente di individuare se il problema sotteso al ragionamento giuridico operato dal Collegio avesse ad oggetto il caso del deposito di una scansione, oppure se il Collegio abbia ritenuto che la notifica di un atto cartaceo “privo di firma digitale” sia nulla in sé. In questo secondo caso il provvedimento, oltre a rappresentare un nuovo orientamento giurisprudenziale, andrebbe a rinnegare la teoria del c.d. doppio originale fatta propria dall'avvocatura. Infatti, nel primo punto della motivazione si sostiene che l'atto notificato con modalità cartacea privo di firma digitale sarebbe nullo per violazione dell'art. 136 c.p.a. e art. 9, d.P.C.M. n. 40/2016. Tuttavia, è impossibile verificare la presenza di una firma digitale su un documento cartaceo. La mera presenza di segni grafici (quali “coccardine”, o firme stampate) non è di per sé indicativa della presenza di una firma digitale. Le firme elettroniche sono una forma di cifratura del documento informatico che consentono di attribuire la paternità al documento, e che sono verificate sulla base di appositi software, senza che eventuali segni grafici rilevino in alcun modo. Per tale motivo, vista la difficoltà di accertare la nullità di un atto cartaceo dovuta all'assenza di una firma digitale, probabilmente la pronuncia fa riferimento al caso dell'atto di appello notificato a mezzo cartaceo e poi depositato come scansione. In tale ipotesi, il Consiglio di Stato confermerebbe il proprio orientamento nel senso di indicare che il deposito di una scansione comporta una mera irregolarità perciò sanabile. L'elemento innovativo della pronuncia è rappresentato proprio dalla modalità con cui il Collegio ha richiesto la regolarizzazione. La quinta sezione, infatti, ha ordinato la redazione dell'atto di appello con modalità digitale e successiva notificazione alle parti in causa. La regolarizzazione mediante deposito dell'atto nativo digitale firmato digitalmente, infatti, viene normalmente richiesta dai Collegi mediante deposito telematico, senza la necessità di effettuare una nuova notificazione. Ciò in quanto, ben potendo il difensore notificare con modalità tradizionali, il primo momento in cui la carenza di una firma digitale è riscontrabile sarebbe proprio quello del deposito entro il termine di decadenza. L'ordine di regolarizzazione mediante nuova notificazione dell'atto parrebbe, inoltre, in contrasto con la previsione dell'articolo espressamente citato dal Collegio in motivazione e cioè il secondo comma dell'art. 44 c.p.a., che riguarda la regolarizzazione dell'atto, e non il quarto comma della medesima disposizione, riguardante, invece, la fissazione di un termine per la rinnovazione della notificazione. |