PEC: mezzo idoneo a garantire certezza di ricezione ma più irregolare del fax
30 Gennaio 2018
Massima
L'utilizzo da parte del difensore della posta elettronica certificata come mezzo per inviare alla cancelleria una richiesta di rinvio d'udienza per legittimo impedimento, pur essendo idoneo a dare certezza dell'avvenuta ricezione dell'istanza da parte dell'ufficio giudiziario destinatario, è comunque da considerare irregolare in quanto, a differenza del telefax, si tratta di un mezzo di comunicazione ulteriormente incerto circa l'effettiva possibilità che la comunicazione sia tempestivamente letta dal destinatario in tempo utile per poter essere portata a conoscenza del Giudice. Il caso
La Corte di appello di Firenze confermava una sentenza di condanna di primo grado, rigettando l'istanza di rinvio per legittimo impedimento proposta dal difensore dell'imputato in quanto ritenuta non documentata. Nello specifico, il difensore, dopo aver tentato invano di trasmettere un'istanza di rinvio per legittimo impedimento a mezzo fax, la inviava a mezzo posta elettronica certificata; l'istanza veniva correttamente ricevuta dalla cancelleria e trasmessa ai giudici, come attestato nel verbale d'udienza. Il difensore inviava anche un'altra PEC con allegata la documentazione attestante la sussistenza del legittimo impedimento, ma tale documentazione non giungeva all'attenzione della Corte la quale, ritenuto l'impedimento non giustificato, rigettava l'istanza e procedeva alla discussione dell'appello senza il difensore di fiducia. Avverso detta ordinanza il difensore proponeva ricorso per cassazione, eccependo la nullità di ordine generale ex art. 178 c.p.p. per inosservanza delle norme concernenti l'assistenza dell'imputato in giudizio. La questione
Può la PEC essere considerata un mezzo di comunicazione idoneo e regolare per l'invio in cancelleria di un'istanza di rinvio dell'udienza per legittimo impedimento del difensore? Le soluzioni giuridiche
La PEC è mezzo idoneo, ma irregolare con conseguente onere del difensore di verificare che l'istanza trasmessa sia effettivamente stata portata all'attenzione del giudice. La sentenza in commento decide su un tema nuovo, il deposito in cancelleria di un'istanza di rinvio per legittimo impedimento del difensore a mezzo PEC, affrontando la questione negli stessi termini riservati alla trasmissione dell'istanza di rinvio d'udienza a mezzo fax. Percorrendo lo stesso solco già tracciato dalla giurisprudenza della stessa sezione (cfr. Cass. pen., sez. II, 22 maggio 2015, n. 24515; Cass. civ., 5 novembre 2013, n. 9030), la Corte ribadisce innanzitutto il principio di diritto secondo cui l'unica modalità regolare per indirizzare memorie ed istante al Giudice rimane, ai sensi dell'art. 121 c.p.p., il deposito materiale dell'atto in cancelleria. Tuttavia, proseguono i Giudici di legittimità, le istanze inviate a mezzo fax non possono essere considerate né irricevibili, né inammissibili in quanto il mezzo di comunicazione di per sé è idoneo a dare certezza dell'avvenuta ricezione da parte dell'Ufficio giudiziario destinatario, ed il Giudice che ne sia portato tempestivamente a conoscenza deve pertanto valutarle. Trattandosi, però, di un mezzo irregolare in quanto non espressamente previsto dalla legge, incombe sulla parte il rischio della mancata trasmissione dell'istanza al Giudice competente a valutarla e dunque, per essere legittimata a proporre doglianza concernente la sua omessa valutazione, la parte ha l'onere di verificare che l'istanza trasmessa a mezzo fax sia effettivamente pervenuta nella cancelleria e portata all'attenzione del Giudice. Si tratta di una giurisprudenza non univocamente orientata all'interno delle varie sezioni della Corte di Cassazione. La Prima Sezione (cfr. Cass. pen., sez. I, 16 novembre 2017, n. 1904; Cass. pen., sez. I, 25 novembre 2014, n. 37826) si pone sulla stessa linea interpretativa della sentenza in commento. La Sesta Sezione ha, invece, sempre sostenuto una tesi più rigida e formalistica sancendo l'assoluta inammissibilità dell'istanza di rinvio trasmessa a mezzo fax stante la previsione di cui all'art. 121 c.p.p., ritenendo il mezzo riservato esclusivamente ai funzionari di cancelleria ai sensi dell'art. 150 c.p.p. (cfr. Cass. pen., sez. II, 30 gennaio 2013, n. 28244; Cass. pen., sez. II, 23 gennaio 2013, n. 21602). Per contro, la Quinta Sezione è da sempre molto attenta alle prerogative ed al rispetto del diritto di difesa riconoscendo, sin dal 2008, la nullità della sentenza con la quale il giudice, investito di un'istanza di rinvio per legittimo impedimento dedotto a mezzo fax, ometta di pronunciarsi sul punto (cfr. Cass. pen., sez. V, 24 aprile 2008, n. 32964) e, più di recente, stabilendo che l'invio a mezzo fax di una richiesta di rinvio per legittimo impedimento non comporta l'onere per la parte di accertare il regolare arrivo del fax ed il suo tempestivo inoltro al giudice, essendo sufficiente dimostrare che il giudice sia stato messo nella condizione di conoscere tempestivamente l'esistenza dell'istanza attraverso la trasmissione all'esatto numero di fax della cancelleria del giudice procedente (cfr. Cass. pen., sez. V, 24 ottobre 2016, n. 535; Cass. pen., sez. V, 18 giugno 2015, n. 37859). La sentenza in commento, come detto, fa applicazione degli stessi principi espressi dalla Seconda sezione in tema di istanze inviate a mezzo fax anche alla posta elettronica certificata, aggiungendo tuttavia un passaggio assai delicato in cui si afferma che la PEC è sì un mezzo di comunicazione irregolare quanto il fax ma, a differenza di quest'ultimo, «ulteriormente incerto circa la effettiva possibilità che la comunicazione sia tempestivamente letta dal destinatario (che potrebbe non controllare la posta elettronica in tempo utile) per poter essere utilmente portata a conoscenza del Giudice». Osservazioni
Le riflessioni vertono da un lato sulla giurisprudenza in tema di istanze trasmesse a mezzo fax, dall'altro sullo specifico assunto in tema di posta elettronica certificata. Sotto il primo profilo, si rileva come il persistere di una giurisprudenza contrastante in ordine alla validità di un'istanza difensiva trasmessa a mezzo fax e la mancanza di un forte ruolo nomofilattico da parte dalla Corte di Cassazione generi un'incertezza giuridica di non poco conto, atteso che la risoluzione della problematica incide direttamente sul concreto ed effettivo esercizio del diritto di difesa, costituzionalmente garantito. In merito al secondo aspetto, invece, si osserva come la valutazione data dai Giudici di legittimità della PEC, qualificata come un mezzo di comunicazione parimenti irregolare, ma ancor più incerto del fax in ordine alla certezza della sua effettiva lettura da parte della cancelleria, denoti come il processo di digitalizzazione della Giustizia sia ancora molto lontano dal raggiungimento di obiettivi minimi primari. Al netto dei limiti congeniti all'ambiente giudiziario, tuttavia, l'arresto deve essere accolto favorevolmente atteso che che attesta un profondo révirement rispetto alla giurisprudenza precedente. È doveroso, infatti, rilevare come solo pochi mesi prima la Seconda Sezione (cfr. Cass. pen., sez. II, 16 maggio 2017, n. 31314) avesse nettamente respinto la censura dedotta da un difensore in merito all'omessa valutazione da parte del Giudice a quo di un'istanza di rinvio per legittimo impedimento trasmessa a mezzo PEC, statuendo che «nel procedimento penale, non è - allo stato - consentito l'utilizzo della Posta Elettronica Certificata quale generalizzata forma di comunicazione o notificazione, né per la presentazione di atti (istanze, memorie)». Con la sentenza in commento, dunque, la Seconda Sezione si allinea ad analogo orientamento adottato dalla Sesta Sezione (cfr. Cass. pen., sez. VI, 19 aprile 2017, n. 35217), al contempo allontanandosi dalla pronuncia, ritenuta caposaldo in materia, secondo cui nel processo penale le parti private non possono mai avvalersi della posta elettronica certificata (cfr. Cass. pen., sez. III, 11 febbraio 2014, n. 7058). Guida all'approfondimento
- F. P. Micozzi, La Cassazione interviene ancora sull'uso della PEC nel processo penale nei casi non espressamente disciplinati, in IlProcessotelematico.it; - P. Grillo, Processo penale telematico: al difensore non è consentito depositare atti a mezzo PEC, in dirittoegiustizia.it. |