Ricorso improcedibile se manca l’attestazione di conformità delle copie della sentenza impugnata e della relativa notifica

14 Febbraio 2018

È improcedibile il ricorso per cassazione nel caso in cui sia stata depositata copia cartacea della sentenza impugnata e/o della relativa notifica via PEC priva dell'attestazione di conformità ai documenti informatici da cui è tratta?
Massima

In tema di ricorso per cassazione, qualora la notifica della sentenza impugnata sia stata eseguita con modalità telematica ai sensi dell'art. 3-bis, l. 21 gennaio 1994, n. 53, per soddisfare l'onere di deposito della copia autentica della relativa relata sancito, a pena di improcedibilità del ricorso, dall'art. 369, comma 2, n. 2, c.p.c., il difensore del ricorrente, destinatario della notificazione, deve estrarre copie cartacee del messaggio di posta elettronica certificata pervenutogli e dei suoi allegati, tra i quali la relata di notifica redatta dal mittente, attestare con propria sottoscrizione autografa la conformità agli originali digitali delle copie analogiche e depositarle presso la cancelleria della Corte entro il termine di legge.

Il caso

Contro un atto di costituzione di fondo patrimoniale su beni immobili stipulato da due coniugi era proposta azione revocatoria ordinaria, disattesa in primo grado dal Tribunale di Lecco ed accolta, a seguito di impugnazione, dalla Corte di Appello di Milano. Nel successivo giudizio di legittimità, era rilevata d'ufficio ed esaminata in via preliminare la questione dell'improcedibilità del ricorso ai sensi dell'art. 369, comma 2, n. 2, c.p.c., per mancato deposito della «copia autentica della sentenza o della decisione impugnata con la relazione di notificazione, se questa è avvenuta». Agli atti del fascicolo risultava, allegata da parte ricorrente, copia autentica di detta sentenza, rilasciata con attestazione di conformità dalla Cancelleria dell'Ufficio giudiziario emittente. Quanto alla relazione di notificazione, parte ricorrente aveva prodotto soltanto la copia stampata, priva di qualsivoglia attestazione di conformità, del solo messaggio PEC di notificazione in proprio della sentenza, ma non risultava aliunde acquisita la copia autentica della relativa relazione di notifica, non avendo il controricorrente allegato tale documento né risultando lo stesso presente agli atti del fascicolo di ufficio.

La questione

È improcedibile il ricorso per cassazione nel caso in cui sia stata depositata copia cartacea della sentenza impugnata e/o della relativa notifica via PEC priva dell'attestazione di conformità ai documenti informatici da cui è tratta?

Le soluzioni giuridiche

Nel provvedimento in esame sono affrontate tre importanti questioni:

  1. le modalità di deposito, a pena di improcedibilità ai sensi dell'art. 369, comma 2, n. 2, c.p.c., della copia autentica della sentenza o della decisione impugnata con la relazione di notificazione, se questa è avvenuta a mezzo PEC;
  2. l'estensione soggettiva del potere di autentica ex art. 9, comma 1-bis e 1-ter, l. n. 53/1994;
  3. le conseguenze della mancata attestazione di conformità.

1. Quanto alle modalità di deposito, la Corte anzitutto ricorda di aver più volte ribadito che, qualora la sentenza impugnata sia stata notificata con modalità telematica ai sensi dell'art. 3-bis, l. n. 53/1994, per soddisfare l'onere di deposito previsto a pena d'improcedibilità del ricorso per cassazione dall'art. 369, comma 2, n. 2, c.p.c., il difensore del ricorrente destinatario della notificazione deve estrarre copie cartacee del messaggio PEC pervenutogli e della relativa relata di notifica, attestarne con propria firma autografa la conformità agli originali digitali e così depositarle presso la cancelleria della Corte entro il termine di legge (in tal senso, sulla scia di Cass. civ., 10 ottobre 2017, n. 23668, v. Omesso deposito della relata di notificazione: quando il ricorso è improcedibile?, in IlProcessotelematico.it; Cass. civ., 14 luglio 2017, n. 17450 e Cass. civ., 16 ottobre 2017, n. 24292; v. per entrambe E. Colazingari, Attestazione di conformità e improcedibilità del ricorso per cassazione. Un'altra trappola da “eccessivo carico”, in IlProcessocivile.it; Cass. civ., 9 novembre 2017, n. 26520, v. N. Gargano, Ricorso in Cassazione improcedibile senza copie conformi della sentenza impugnata e della notifica della stessa ricevuta via PEC, in IlProcessotelematico.it). Il Collegio ripercorre poi in sintesi le principali argomentazioni poste a fondamento dell'enunciato principio di diritto.

L'esigenza, di natura pubblicistica, di consentire alla Corte il controllo sulla tempestività dell'impugnazione nel c.d. termine breve stabilito dall'art. 325 c.p.c., in caso di notificazione della sentenza, comporta la necessaria verifica officiosa sulla relativa relata, ritualmente prodotta dal ricorrente (senza che possa rivestire alcuna valenza la mancata proposizione di eccezione ad hoc di parte controricorrente né la conferma ad opera di quest'ultima dell'avvenuta notifica della sentenza nella data ex adverso indicata) oppure comunque nella disponibilità del Giudice, perché tempestivamente prodotta dal controricorrente o perché presente tra gli atti del fascicolo di ufficio trasmesso dal giudice a quo. L'omessa produzione non rileva invece ove l'impugnazione appaia certamente tempestiva, come in caso di notifica del ricorso per cassazione, dal lato del ricorrente, perfezionata entro il sessantesimo giorno dalla pubblicazione della sentenza, con evidente rispetto del termine breve.

Tali principi generali, aggiunge la Corte, devono essere armonizzati, da un lato, con la peculiare disciplina delle notifiche via PEC - la cui prova risiede nei file delle ricevute di accettazione e di avvenuta consegna completa contenente i documenti notificati e la relata - dall'altro, con le specificità del giudizio per cassazione e con l'attuale limitata applicabilità al medesimo delle disposizioni sul PCT, cui consegue la necessità di deposito delle stampe dei rispettivi originali informatici. Il combinato disposto dell'art. 9, commi 1-bis e 1-ter, l. n. 53/1994 abilita l'avvocato ad estrarre le copie cartacee «del messaggio di posta elettronica certificata, dei suoi allegati e della ricevuta di accettazione e di avvenuta consegna» e ad attestarne la conformità ai documenti informatici da cui sono tratte «in tutti i casi in cui l'avvocato debba fornire prova della notificazione e non sia possibile fornirla con modalità telematiche», come quello del giudizio di Cassazione, in cui i depositi telematici sono ancora in fase di test senza validità legale. Nella prospettiva del destinatario della notificazione telematica, ritiene in conclusione sul punto la Corte, le predette disposizioni impongono, per soddisfare l'onere di produzione stabilito dall'art. 369, comma 2, n. 2, c.p.c., l'estrazione di copie analogiche del messaggio di posta elettronica certificata ricevuto e dei suoi allegati (tra i quali è inclusa la relazione di notificazione), la redazione di un'attestazione cartacea di conformità con sottoscrizione autografa e il deposito di tali documenti presso la cancelleria della Corte entro il termine ad hoc fissato dal codice di rito.

2) Quanto all'estensione soggettiva del potere di autentica ex art. 9, commi 1-bis e 1-ter, l. n. 53/1994, il Collegio deve affrontare i rilievi in tema del ricorrente, secondo cui nel procedimento notificatorio disegnato dalla l. n. 53/1994 il difensore può estrarre copie analogiche ed attestare la conformità agli originali informatici unicamente degli atti da lui formati oppure dei messaggi PEC dei quali sia mittente, e non anche di quelli di cui sia destinatario. Tali rilievi si inseriscono in un dibattito tra i sostenitori di una tesi più restrittiva, secondo la quale il comma 1-ter è mera norma di chiusura riferibile al potere di attestazione riservato al difensore notificante, e quelli della tesi più estensiva, che ravvisa nella norma de qua appunto l'estensione del predetto potere anche al difensore ricevente. Nell'ordinanza in commento de qua, il Collegio aderisce a quest'ultima posizione, evidenziando come il tenore testuale dell'art. 9, commi 1-bis e 1-ter, l. n. 53/1994, non ponga tali limiti al potere di autentica dell'avvocato, il quale ha ad oggetto i messaggi PEC e i relativi allegati, senza alcuna distinzione tra quelli inviati e quelli ricevuti.

L'elemento di peculiarità della fattispecie in esame, rispetto a quelle oggetto dei precedenti arresti della Suprema Corte, risiede però nel fatto del patrocinio del ricorrente in sede di legittimità espletato da un avvocato diverso da quello destinatario della notifica telematica della pronuncia, quale difensore costituito o anche soltanto domiciliatario della parte nel pregresso grado di giudizio. Ritiene il Collegio che la necessità di documentare la notificazione della sentenza impugnata per cassazione con le modalità anzidette non soffra deroga neppure nell'ipotesi qui in esame: grava sul difensore costituito o domiciliatario, ancorché sia stato revocato o abbia rinunciato al mandato, l'obbligo non solo di informare la parte già rappresentata dell'avvenuta notifica della sentenza ma anche di compiere tempestivamente le descritte attività di estrazione copia ed attestazione di conformità, nonché di consegnare i relativi documenti al nuovo difensore o alla parte stessa, in adempimento del più generale dovere di diligenza professionale dell'avvocato, sotto pena della relativa responsabilità.

3) Quanto infine alle conseguenze del mancato rispetto delle formalità di deposito ed attestazione di conformità, la Corte rileva che parte ricorrente ha provveduto solo al deposito del messaggio PEC, inviato dalla controparte, in copia cartacea priva dell'attestazione di conformità e omesso la produzione della necessaria copia conforme della relata di notifica della sentenza, ritiene pertanto non rispettate le prescrizioni dell'art. 369, comma 2, n. 2, c.p.c., e dunque ravvisa i presupposti per una dichiarazione d'improcedibilità del ricorso per cassazione, in convinta adesione all'univoco orientamento sul tema affermatosi, di cui ai sopra menzionati arresti. Considerandola peraltro questione di massima di particolare importanza, con importanti ed evidenti riverberi di natura pratico-applicativa, il Collegio rimette pertanto il ricorso al Primo Presidente perché valuti ex art. 374 c.p.c. l'opportunità di un'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite per una pronuncia nomofilattica.

Osservazioni

L'invocato intervento delle Sezioni Unite non si è reso necessario: con decreto Cass. civ., 29 dicembre 2017, il Primo Presidente Aggiunto ha disposto la restituzione del relativo ricorso alla terza sezione di provenienza. Nel frattempo infatti, con ordinanza Cass. civ., 22 dicembre 2017, n. 30765, la Sesta Sezione Civile, nella particolare composizione prevista dal paragrafo 41.2 delle tabelle della Corte al fine di attribuire alla pronuncia una specifica valenza nomofilattica, ha inoltre affermato il seguente principio di diritto, conforme all'ordinanza qui in commento e agli altri numerosi provvedimenti della Corte ivi (e sopra) menzionati: «ai fini del rispetto di quanto imposto, a pena d'improcedibilità, dall'art. 369, comma 2, n. 2, c.p.c., il difensore che propone ricorso per cassazione contro un provvedimento che gli è stato notificato con modalità telematiche, deve depositare nella cancelleria della Corte di cassazione copia analogica, con attestazione di conformità ai sensi dei commi 1-bis e 1-ter dell'art. 9 della legge 53/1994, del messaggio di posta elettronica certificata ricevuto, nonché della relazione di notifica e del provvedimento impugnato, allegati al messaggio. Non è necessario anche il deposito di copia autenticata del provvedimento impugnato estratta direttamente dal fascicolo informatico».

È utile ricordare che, con nota ufficiale trasmessa il 24 novembre 2017, il Presidente del Consiglio Nazionale Forense aveva segnalato al Primo Presidente della Cassazione la severità del duplice onere imposto al ricorrente dalle recenti pronunce di inammissibilità: quello di asseverare come conforme all'originale la copia del provvedimento impugnato tratta esclusivamente dal fascicolo informatico e quello di certificare la conformità agli originali digitali del messaggio PEC e della relata redatta dal mittente, pur in assenza di contestazioni sulla data della notifica della sentenza e la tempestività dell'impugnazione. Tali decisioni, rilevava il Presidente del CNF, destano perplessità e preoccupazione, in quanto ispirate ad un rigore formale non giustificato dal quadro normativo e non in sintonia con regole e scansioni del PCT, risolvendosi in irragionevoli restrizioni del diritto ad una decisione nel merito, non allineate con la giurisprudenza della CEDU in tema.

Con le ordinanze Cass. civ. n. 30622/2017 e Cass. civ., n. 30765/2017, la Cassazione ha confermato la necessità delle ricordate formalità relative al messaggio PEC di notifica ricevuta con i suoi allegati, mentre ha accolto parzialmente i rilievi del Presidente del CNF ritenendo non necessario anche il deposito di copia autenticata del provvedimento impugnato estratta direttamente dal fascicolo informatico.

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