Comunicazioni telematiche agli uffici giudiziari. Cosa cambia dopo la modifica del CAD?

Valeria Bove
21 Marzo 2018

Il 27 gennaio 2018 è entrato in vigore il d.lgs. n. 217/2017 che, nell'ambito della c.d. riforma Madia, ha apportato integrazioni e correttivi al codice dell'amministrazione digitale (d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82). Fra le novità introdotte vi è quella del domicilio digitale. L'Autrice prova a dare una prima lettura del testo normativo per verificare se e in che termini le recenti integrazioni superino i limiti oggettivi e soggettivi che hanno inibito la diffusione capillare delle comunicazioni telematiche nel processo penale e consentano, in particolare, di trasmettere le comunicazioni agli uffici giudiziari in modalità telematica.
Notificazioni, comunicazioni ed avvisi telematici: il quadro normativo di riferimento e lo stato dell'arte

La disciplina delle notificazioni nel processo penale trova nell'art. 16, d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni dalla l. 17 novembre 2012, n. 221 («Ulteriori misure urgenti per la crescita del paese») la sua fonte normativa primaria di riferimento.

L'art. 16, comma 4, d.l. 179/2012 nel prevedere che nei procedimenti civili le comunicazioni e le notificazioni a cura della cancelleria siano effettuate esclusivamente per via telematica all'indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi o comunque accessibili alle pubbliche amministrazioni, secondo la normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici – ha stabilito che allo stesso modo si procede per le notificazioni a persona diversa dall'imputato a norma degli artt. 148, comma 2-bis, 149, 150 e 151, comma 2, c.p.p., precisando che la relazione di notificazione viene redatta in forma automatica dai sistemi informatici in dotazione alla cancelleria.

Come noto, dunque, le notificazioni penali a persona diversa dall'imputato, a norma degli artt. 148, comma 2-bis, 149, 150 e 151, comma 2, c.p.p., si effettuano dal 15 dicembre 2014 per via telematica, nello specifico attraverso la PEC.

Se tuttavia le notificazioni penali a persona diversa dall'imputato si effettuano per legge con PEC, molti dubbi sono sorti in ordine alla possibilità di procedere a comunicazioni o avvisi, nell'ambito del processo penale, con modalità telematica.

A parte la difficoltà di distinguere e differenziare tra loro le notificazioni, le comunicazioni e gli avvisi – se non facendo ricorso ad un'interpretazione sistematica complessiva delle norme di rito che porterebbe a qualificare come comunicazioni le trasmissioni della copia di un atto da giudice a giudice o da Giudice a P.M.; come avvisi le trasmissioni di un atto, a una persona, ma anche ad altra A.G., che contiene una serie di informazioni, dati o elementi tratti da provvedimenti giudiziari emessi o da disposizioni normative, di cui il destinatario viene messo a conoscenza e infine, come notificazioni, la consegna di un atto, o della sua copia, al destinatario persona fisica e/o giuridica, realizzata dall'ufficiale giudiziario o con mezzi tecnici idonei – resta il dato di fatto che l'interpretazione letterale dell'art. 16, comma 4, d.l. n. 179/2012 porta a ritenere che il sistema di trasmissione telematica sia consentito solo per le notificazioni di atti e non anche per le comunicazioni o per gli avvisi (così come espressamente definite dall'art. 64 disp. att. c.p.p.).

Gradualmente, tuttavia, anche su impulso degli uffici giudiziari che hanno di fatto iniziato a comunicare tra loro con modalità telematica, ci si è chiesti se esista un fondamento normativo per la trasmissione con modalità telematica delle comunicazioni e se esso sia rintracciabile anche in disposizioni diverse dall'art. 16, d.l. n. 179/2012 o dall'art. 64, comma 4, disp. att. c.p.p..

Si è dunque affermato che il fondamento normativo per la trasmissione telematica delle comunicazioni si rinvenga nell'art. 4, comma 2, d.l. n. 193/2009 cit. (a norma del quale «Nel processo civile e nel processo penale, tutte le comunicazioni e notificazioni per via telematica si effettuano, mediante posta elettronica certificata, ai sensi del d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, del d.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68, e delle regole tecniche stabilite con i decreti previsti dal comma 1») e quindi nel d.m. n. 44/2011 che ne fissa le regole tecniche.

Ma si è anche detto che il fondamento normativo per le comunicazioni si rinvenga nel d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82 (di seguito, CAD) e in particolare in quella disposizione contenuta all'art. 2, comma 6, introdotta dal d.lgs. 26 agosto 2016, n. 179, che per la prima volta enuncia un principio generale, dalla portata quasi rivoluzionaria, stabilendo che «Le disposizioni del presente Codice si applicano altresì al processo civile, penale, amministrativo, contabile e tributario, in quanto compatibili e salvo che non sia diversamente disposto dalle disposizioni in materia di processo telematico».

È un correttivo, questo, di portata quasi rivoluzionari ed esso merita una riflessione attenta.

Il CAD si applica al processo penale?

Prima di soffermarsi sui recenti correttivi al CAD, occorre rispondere a una domanda apparentemente semplice, e tuttavia cruciale: le norme del CAD si applicano al processo penale?

Per rispondere alla domanda, va letto il testo normativo del CAD nella parte in cui (all'art. 2, comma 2) individua i soggetti cui si applica il Codice dell'Amministrazione Digitale ed indica, tra i vari, alla lettera a) «[…] le pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, nel rispetto del riparto di competenza di cui all'art. 117 Cost.».

Ebbene, l'art. 1, comma 2, d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 elenca nell'ambito delle pubbliche amministrazioni: tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, nel rispetto del riparto di competenza di cui all'art. 117 Cost., ivi comprese le autorità di sistema portuale, nonché alle autorità amministrative indi-pendenti di garanzia, vigilanza e regolazione.

La prima domanda da porsi è quindi: nell'ambito delle amministrazioni dello Stato vi rientrano gli uffici giudiziari?

La risposta è sicuramente positiva se l'ufficio giudiziario opera quale organo di pubblica amministrazione e dunque nei rapporti di pubblica amministrazione. Non è invece così scontata quando l'ufficio giudiziario è inteso come organo dello Stato che esercita attività di giurisdizione.

Di qui le perplessità a ritenere che le norme del CAD si potessero applicare anche agli uffici giudiziari e dunque anche nell'ambito del processo penale.

Il quadro deve ritenersi tuttavia mutato a seguito degli ultimi correttivi al CAD e, in particolare, a seguito di quello realizzato con l'introduzione del principio di portata generale contenuto all'art. 2, comma 6, CAD.

In base alla norma in esame, le norme del CAD vanno applicate al processo penale (oltre che a quello civile, amministrativo, contabile e tributario) con due limiti. Esse devono essere compatibili (locuzione, questa, che fa verosimilmente riferimento ad una compatibilità fisica, operativa, tecnica) e il settore non deve essere diversamente disciplinato dalle disposizioni in materia di processo telematico.

La norma in esame desta qualche perplessità, da un lato, perché introduce una clausola di specialità in favore di norme generalmente di rango sottordinato, quali quelle in materia di processo telematico, normalmente disciplinato con decreti ministeriali soprattutto regolamentari, oltre che da disposizioni dirigenziali; dall'altro, perché, interpretandola a contrario, si può anche sostenere che la retrocessione del CAD non si abbia quando il settore sia disciplinato in termini differenti da disposizioni normative d'ordine generale, con tutte le conseguenze del caso.

Al netto di queste problematiche interpretative, resta tuttavia la portata rivoluzionaria delle norma in esame, che ha il grande pregio di “introdurre” le norme del CAD anche in ambiti, quelli appunto processuali, che sono diversi rispetto ai rapporti tra le pubbliche amministrazioni.

Rispondendo dunque al quesito posto in apertura del paragrafo, si può oggi affermare che le norme del CAD si applicano anche agli uffici giudiziari quando esercitano attività giudiziaria, e dunque al processo penale, sempre che esse non siano incompatibili e che il settore non sia diversamente disciplinato da disposizioni in materia di processo telematico.

Dalla PEC al domicilio digitale

Lo strumento che il legislatore italiano ha previsto per la trasmissione delle notificazioni e più in generale delle comunicazioni telematiche è, come noto, la posta elettronica certificata (di seguito, PEC) ed è questo lo strumento che di fatto è utilizzato nel processo civile e nel procedimento penale.

Ebbene, oggi il discorso sulla PEC è strettamente connesso a quello sul domicilio digitale introdotto, nell'ambito della c.d. riforma Madia, con d.lgs. 13 dicembre 2017, n. 217 ( «Disposizioni integrative e correttive al d.lgs. 26 agosto 2016, n. 179, concernente modifiche ed integrazioni al CAD, di cui al d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82, ai sensi dell'art. 1 , l. 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche») pubblicato su G.U. Serie generale n. 9 del 12 gennaio 2018 ed entrato in vigore il 27 gennaio 2018.

A seguito del correttivo da ultimo apportato, il CAD disciplina ora il domicilio digitale, definendolo «un indirizzo elettronico eletto presso un servizio di posta elettronica certificata o un servizio elettronico di recapito certificato qualificato, come definito dal Regolamento (UE) 23 luglio 2014, n. 910 del Parlamento europeo e del Consiglio in materia di identificazione elettronica e servizi fiduciari per le transazioni elettroniche nel mercato interno e che abroga la Direttiva 1999/93/CE, di seguito “Regolamento eIDAS”,valido ai fini delle comunicazioni elettroniche aventi valore legale» (art. 1, lett. n-ter, CAD).

La PEC è infatti una modalità di comunicazione che appartiene soltanto all'Italia e per adeguare il sistema al regolamento eIDAS (electronic IDentification Authentication and Signature) –Regolamento UE n. 910/2014 sull'identità digitale – che ha a sua volta l'obiettivo di fornire una base normativa a livello comunitario per i servizi fiduciari e i mezzi di identificazione elettronica degli stati membri, si è evidentemente inteso prevedere normativamente la possibilità che, accanto alla Pec, possa essere utilizzato un servizio elettronico di recapito certificato qualificato che rientri nei criteri e che abbia le caratteristiche richieste dal Regolamento eIDAS.

Già il d.lgs. n. 179/2016 cit. aveva adeguato il CAD al Regolamento eIDAS; oggi l'ulteriore adeguamento si è realizzato, anche attraverso il domicilio digitale, mediante il d.lgs. n. 217/2017

Di qui la previsione del domicilio digitale, che, volendo semplificare, si presenta come un genus rispetto alla species costituita dalla PEC.

La disciplina del “domicilio digitale” cosi come introdotto con d.lgs. n. 217/2017

Il CAD dedica al domicilio digitale vari articoli e ne amplia e rafforza molto la portata, anche più di quanto non abbia fatto in passato con la PEC.

In primo luogo, prevede che le norme sul domicilio digitale si applichino anche ai privati, ove non diversamente previsto, introducendo per la prima volta, come destinatari del sistema, ed in senso generalizzato, i privati (art. 2, comma 3, CAD).

L'ambito soggettivo di applicazione del domicilio digitale è dunque sicuramente più ampio rispetto a quello della Pec.

In secondo luogo, è previsto un obbligo generalizzato di dotarsi e di tenere a regime il domicilio digitale, che viene esteso a tutti i soggetti cui si applica il CAD, ai professionisti tenuti all'iscrizione in albi ed elenchi ed ai soggetti tenuti all'iscrizione nel registro delle imprese (art. 3-bis, CAD).

La previsione sdogana, rendendolo obbligatorio, l'indirizzo elettronico eletto presso un servizio di posta elettronica certificata o un servizio elettronico di recapito certificato qualificato per una serie notevole di destinatari.

In altri termini:

  • tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane. e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, nel rispetto del riparto di competenza di cui all'art. 117 Cost., ivi comprese le autorità di sistema portuale, nonché alle autorità amministrative indi-pendenti di garanzia, vigilanza e regolazione;
  • i gestori di servizi pubblici, ivi comprese le società quotate, in relazione ai servizi di pubblico interesse;
  • le società a controllo pubblico come definite nel d.lgs. 19 agosto 2016, n. 175, escluse le società quotate di cui all'articolo 2, comma 1, lettera p), del medesimo decreto che non rientrino nella categoria di cui alla lettera b);
  • i professionisti tenuti all'iscrizione in albi ed elenchi;
  • i soggetti tenuti all'iscrizione nel registro delle imprese

saranno obbligati non solo a dotarsi di un domicilio digitale ma anche a farne un uso diligente ed a comunicare ogni modifica o variazione del medesimo secondo le modalità fissate nelle linee guida.

In concreto il domicilio digitale verrà utilizzato per le comunicazioni che vanno dunque effettuate agli indirizzi inseriti nell'elenco corrispondente al rispettivo Indice nazionale dei domicili digitali: ne deriva che i soggetti di cui all'articolo 2, comma 2, (ossia tutti i destinatari del CAD) e le ulteriori categorie sopraindicate, potranno notificare direttamente i propri atti, nel qual caso la conformità della copia informatica del documento notificato all'originale è attestata dal responsabile del procedimento in conformità a quanto disposto agli artt. 22 e 23-bis del Cad.

Vengono quindi creati gli elenchi inseriti in Indici nazionali dei domicili digitali, prevedendosi accanto ad un Indice nazionale dei domicili digitali delle imprese e dei professionisti (art. 6- bis CAD, come da ultimo modificato), e ad un Indice dei domicili digitali delle pubbliche amministrazioni e dei gestori di pubblici servizi (art. 6-ter CAD, come da ultimo modificato), anche (altra novità) un Indice nazionale dei domicili digitali delle persone fisiche e degli altri enti di diritto privato, non tenuti all'iscrizione in albi professionali o nel registro delle imprese (art. 6-quater CAD, come da ultimo modificato), indice, quest'ultimo, che, come stabilito dalla norma transitoria, verrà realizzato entro il 26 gennaio 2019 (cfr art. 65, commi 4 e 5, d.lgs. n. 217/2017).

Ai sensi dell'art. 6 CAD la comunicazione che avviene tramite i domicili digitali produce, quanto al momento della spedizione e del ricevimento, gli stessi effetti giuridici delle comunicazioni a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno ed equivale alla notificazione per mezzo della posta salvo che la legge disponga diversamente. Le suddette comunicazioni si intendono spedite dal mittente se inviate al proprio gestore e si intendono consegnate se rese disponibili al domicilio digitale del destinatario, salva la prova che la mancata consegna sia dovuta a fatto non imputabile al destinatario medesimo. La data e l'ora di trasmissione e ricezione del documento informatico sono quindi opponibili ai terzi se apposte in conformità alle Linee guida.

La norma in esame va letta in uno all'abrogazione, a decorrere dal 1 gennaio 2019 dell'art. 48 CAD, ossia della disposizione normativa secondo cui la trasmissione telematica di comunicazioni che necessitano di una ricevuta di invio e di una ricevuta di consegna avviene mediante la posta elettronica certificata ai sensi del d.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68 o mediante altre soluzioni tecnologiche individuate con le Linee guida ed essa equivale, salvo che la legge disponga diversamente, alla notificazione per mezzo della posta, nella quale tanto la data quanto l'ora di trasmissione e di ricezione di un documento informatico trasmesso mediante Pec sono opponibili ai terzi.

Il domicilio digitale, a norma dell'art. 3-bis, comma 3-bis, CAD, diventa dunque la modalità obbligatoria ed esclusiva di comunicazione per un'ampia categoria di soggetti, ossia per tutti i destinatari del CAD.

L'attuazione del domicilio digitale

L'attuazione del domicilio digitale presuppone e non può prescindere dall'attuazione dei correttivi al CAD, che avverrà mediante adozione di Linee guida.

Per la data a decorrere dalla quale le comunicazioni tra i soggetti destinatari del CAD – obbligati tutti a munirsi di domicilio digitale – e coloro che, al di fuori dei primi, abbiano esercitato la facoltà di eleggerlo, dovranno avvenire esclusivamente in forma elettronica occorrerà attendere il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro delegato per la semplificazione e la pubblica amministrazione, sentiti l'AgID e il Garante per la protezione dei dati personali e acquisito il parere della Conferenza unificata. Il decreto in questione non fisserà solo la data di obbligatorietà delle comunicazioni tramite domicilio digitale, ma indicherà anche le modalità con le quali viene messo a disposizione il domicilio digitale (art. 3-bis, comma 3-bis, CAD).

In ogni caso, ed a monte, il nuovo CAD richiede nuove Regole tecniche per i documenti informatici, per le firme elettroniche ed anche per la PEC e tali Regole tecniche, a norma dell'art. 71 CAD, verranno emanate nella forma di Linee guida (art. 71 CAD).

Quanto alle modalità di adozione delle Linee guida, viene espressamente previsto che l'AgID, previa consultazione pubblica da svolgersi entro il termine di trenta giorni, sentite le amministrazioni competenti e il Garante per la protezione dei dati personali nelle materie di competenza, nonché acquisito il parere della Conferenza unificata, adotta Linee guida contenenti le regole tecniche e di indirizzo per l'attuazione del CAD. Le Linee guida divengono efficaci dopo la loro pubblicazione nell'apposita area del sito Internet istituzionale dell'AgID e di essa ne è data notizia nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

In altri termini, occorrerà attendere l'attuazione del CAD (e dunque l'adozione delle Linee guida) e quindi l'emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro delegato per la semplificazione e la pubblica amministrazione che fisserà la data a decorrere dalla quale le comunicazioni tra i soggetti destinatari del CAD, obbligati tutti a munirsi di domicilio digitale, dovranno avvenire esclusivamente in forma elettronica, tramite domicilio digitale, ma da quel momento le comunicazioni tramite domicilio digitale produrranno, quanto al momento della spedizione e del ricevimento, gli stessi effetti giuridici delle comunicazioni a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno ed equivarranno alla notificazione per mezzo della posta salvo, che la legge disponga diversamente (in questo senso l'art. 6 CAD).

Nell'attesa dell'adozione delle Linee guida e dunque fino all'attuazione del CAD si applicheranno le regole tecniche esistenti (art. 65, comma 10, d.lgs. n. 217/2017)

Il domicilio digitale si applica alle comunicazioni nel processo penale?

La risposta a questa domanda non è scontata e dipende da una serie di fattori.

La premessa da cui occorre partire è la conclusione cui si è giunti in precedenza, ossia che l'art. 2, comma 6, CAD estende l'ambito di applicazione del CAD al processo penale (ma anche civile, amministrativo, contabile e tributario) e tale estensione, letta in uno all'art. 2, comma 2, CAD, che individua, tra gli altri, quali destinatari del CAD le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nel rispetto del riparto di competenza di cui all'art. 117 Cost., porta fondatamente a sostenere che in tale ultima categoria, ossia fra i destinatari del CAD, non vi rientri solo l'ufficio giudiziario inteso quale organo dell'amministrazione dello Stato, ma anche l'ufficio giudiziario inteso quale organo che svolge attività giudiziaria.

Se questa è la premessa, cui si perviene per le ragioni sopraesposte, allora il domicilio digitale dovrebbe in astratto applicarsi non solo a tutte le comunicazioni che, nel processo penale, avverranno tra uffici giudiziari (in quanto soggetti destinatari del CAD e tenuti a munirsi obbligatoriamente di domicilio digitale) ma anche a quelle tra uffici giudiziari e soggetti iscritti in albi (anch'essi tenuti a munirsi obbligatoriamente di domicilio digitale), tra i quali vi rientrano gli avvocati, e ciò sia “in uscita”, che “in entrata” verso un ufficio giudiziario.

La lettura sistematica dell'art. 3-bis, commi 1 e 3-bis, e dell'art. 6, CAD, porta anche a ritenere che l'unica differenza tra le comunicazioni tramite domicilio digitale che dovessero avvenire tra uffici giudiziari e quelle che dovessero avvenire tra un ufficio giudiziario ed un professionista iscritto in albi sia nella modalità di trasmissione, che, nel primo caso, sarebbe esclusiva (in questo senso il riferimento contenuto all'art. 3-bis, comma 3-bis ai soli soggetti destinatari del CAD ai sensi dell'art. 2, comma 2, nel quale non sono inclusi i professionisti iscritti in albi, contemplati invece dall'art. 3-bis, comma 1, CAD, oltre che dall'art. 6 CAD), mentre nel secondo non sarebbe connotata da esclusività.

A prescindere da ciò, la modalità di comunicazione tramite domicilio digitale, nell'uno come nell'altro caso, sarà tuttavia possibile solo se ricorrono una serie di condizioni.

In primo luogo, occorrerà attendere l'attuazione dei correttivi al CAD e dunque l'adozione delle Linee guida, per la redazione delle quali andranno sentiti i Ministeri competenti e pertanto anche il Ministero della giustizia; quindi sarà necessaria l'adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro delegato per la semplificazione e la pubblica amministrazione (sentiti l'AgID e il Garante per la protezione dei dati personali e acquisito il parere della Conferenza unificata) nel quale verrà fissata la data a decorrere dalla quale le comunicazioni tra i soggetti destinatari del CAD ai sensi dell'art. 2, comma 2, dovranno avvenire esclusivamente tramite domicilio digitale, e nel quale verranno indicate anche le modalità con cui viene messo a disposizione il domicilio digitale.

Quando in concreto il domicilio digitale sarà divenuto operativo si potrà comprendere se esso sia in generale compatibile anche con le comunicazioni giudiziarie nell'ambito del processo penale (in uscita ma anche in entrata verso un ufficio giudiziario).

A quel punto, ove sia stato realizzato secondo parametri che lo rendono compatibili e tenuto conto della estrema varietà delle tipologie di comunicazioni (ma anche di notificazioni e di avvisi), occorrerà verificare se rispetto ad ognuna di esse il domicilio digitale non sia nello specifico incompatibile ed occorrerà accertarsi che non vi siano disposizioni in materia di processo telematico che disciplinino il settore diversamente.

Compiuta tutta questa disanima, sarà infine necessario attenersi ai principi di diritto espressi dalla Cassazione.

Sotto questo profilo, e con riferimento alle comunicazioni da un privato (difensore, o soggetto tenuto a dotarsi di domicilio digitale) in entrata verso un ufficio giudiziario, non sarà possibile ricorrere alla trasmissione telematica dell'atto qualora sussista una specifica modalità di trasmissione (è questo ad esempio il caso delle impugnazioni, per le quali il legislatore individua specificatamente le modalità attraverso cui esse vanno presentate, così escludendo una generica possibilità di trasmissione in forma telematica – cfr. Cass. pen., sez. V, 5 marzo 2015, n. 24332 e Cass. pen., sez. II, 3 dicembre 2015, n. 12878) o ove si ritenga che debba prevalere in ogni caso la modalità generale di trasmissione mediante deposito dell'atto, ai sensi dell'art. 121 c.p.p. e non vi siano margini per trasmissioni telematiche (cfr. Cass. pen., sez. II, 16 maggio 2017, n. 31314, così massimata: «Nel processo penale, alle parti private non è consentito effettuare comunicazioni, notificazioni ed istanze mediante l'utilizzo della posta elettronica certificata»).

Diversamente, non si vedono ragioni ostative all'effettuazione della comunicazione in forma telematica in entrata verso un ufficio giudiziario.

Lo stesso è a dirsi per le comunicazioni telematiche (tramite domicilio digitale) tra uffici giudiziari: per esse occorrerà attenersi egualmente ai principi di diritto espressi dalla Cassazione, anche se il riferimento alla modalità esclusiva di trasmissione contenuto all'art. 3-bis, comma 3-bis, CAD, applicata solo ai soggetti destinatari del Cad ai sensi dell'art. 2, comma 2, tra i quali, per quanto detto in precedenza, vi rientrano gli uffici giudiziari, potrebbe addirittura portare a ritenere che gli uffici giudiziari dovranno comunicare tra loro esclusivamente tramite domicilio digitale.

In conclusione

Se questa sarà la direzione in cui si andrà nel processo penale, occorre, sempre più, organizzarsi.

Va infatti evitato il rischio concreto di “perdere” una comunicazione “in entrata” verso l'ufficio giudiziario, proveniente dai soggetti destinatari del CAD siano essi gli altri uffici giudiziari, siano essi professionisti iscritti in albi (tra cui gli avvocati), siano privati che abbiano eletto un domicilio digitale.

La questione ha ricadute immediate e dirette sull'organizzazione che gli uffici giudiziari devono necessariamente darsi.

In vista di una possibile applicazione del domicilio digitale al processo penale e dunque in caso di trasmissione con esso di comunicazioni giudiziarie, a maggior ragione quando esse abbiano termini perentori, occorre prevedere un'organizzazione strutturata idonea ad assicurare che la comunicazione sia tempestivamente portata all'attenzione dell'ufficio interessato, garantendo anche la necessaria riservatezza, soprattutto quando l'atto sia coperto da segreto istruttorio.

Oggi più che mai, vale dunque quanto già detto: «Fino a quando gli uffici giudiziari non riusciranno ad organizzarsi in questo senso, il rischio di “perdere” una comunicazione è concreto, con tutte le conseguenze negative che da ciò possono derivare; diversamente, un efficiente sistema di monitoraggio, protocollazione e smistamento della comunicazione in entrata potrà dare nuovo impulso alle trasmissioni degli atti, rendendole tempestive, immediate, efficienti ed anche molto meno onerose, sia in termini di risorse umane che economiche». (V. Bove, Comunicazioni ed avvisi tra uffici giudiziari: è possibile trasmetterli con Pec?, in IlPenalista.it).

*Fonte: ilpenalista.it.

Guida all'approfondimento

V. Bove, Notificazioni telematiche e soggetti privati: limiti e nuovi orizzonti, in IlPenalista.it;

V. Bove, Comunicazioni ed avvisi tra uffici giudiziari: è possibile trasmetterli con Pec?, in IlPenalista.it;

V. Bove, La Pec a soggetti diversi dall'imputato è la forma esclusiva di notificazione o un'alternativa privilegiata?, in IlPenalista.it.

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