Il domicilio digitale nel processo amministrativo telematico

Elia Barbujani
26 Marzo 2018

Per domicilio digitale nel processo telematico si intende la disciplina che individua ex lege il luogo di notificazione di alcuni atti e provvedimenti o delle comunicazioni presso l'indirizzo di posta elettronica certificata dell'avvocato. Sulla questione si è recentemente espresso l'Ufficio Studi del Segretariato Generale della Giustizia Amministrativa.
Inquadramento

Per domicilio digitale nel processo telematico si intende la disciplina che individua ex lege il luogo di notificazione di alcuni atti e provvedimenti o delle comunicazioni presso l'indirizzo di posta elettronica certificata dell'avvocato.

L'avvento del processo amministrativo telematico ha determinato la necessità di individuare un domicilio digitale in sostituzione (o affiancamento, per quanto si dirà di seguito) del domicilio fisico. L'opportunità di effettuare un deposito telematico anche al di fuori del proprio foro senza avvalersi di colleghi, infatti, ha reso meno rilevante la necessità di eleggere un domicilio fisico.

Tuttavia, la mancata corrispondenza tra tali luoghi digitali e fisici determina una possibile fonte di incertezza sul luogo da imputare ai fini dell'applicazione del codice del processo amministrativo, con conseguenze non banali rispetto al rispetto dei termini di decadenza.

Si pensi alle conseguenze nel caso in cui la notifica dell'atto di appello avvenga presso luogo diverso da quello preposto ai sensi di legge.

Tale difficoltà interpretativa nasce dal regime transitorio del domicilio digitale previsto dall'art. 25, d.lgs. n. 104/2010, che da un lato introduce il domicilio digitale, ma dall'altro abroga la disposizione riguardante la c.d. domiciliazione automatica presso la segreteria dell'ufficio giudiziario qualora il difensore abbia stabilito il proprio domicilio fuori dal comune sede dell'ufficio stesso.

Sulla questione si è recentemente espresso l'Ufficio Studi del Segretariato Generale della Giustizia Amministrativa.

Il domicilio digitale nel processo civile telematico

Il domicilio digitale dell'avvocato corrisponde all'indirizzo di posta elettronica certificata presente su pubblici elenchi (il Registro Generale degli Indirizzi Elettronici).

La fissazione del domicilio digitale ex lege operata dal nuovo art. 25, d.lgs. n. 104/2010 rinvia alla disciplina del domicilio digitale prevista per il processo civile telematico.

Risulta pertanto utile richiamare brevemente tale disciplina, già oggetto di acceso dibattito giurisprudenziale, sebbene il processo amministrativo telematico presenti una propria disciplina speciale.

L'art. 52, d.l. n. 90/2014 ha infatti introdotto l'art. 16-sexies, d.l. n. 179/2012, recante la disciplina del domicilio digitale con riferimento alle notificazioni.

Infatti, qualora il destinatario della notifica non abbia eletto domicilio presso il comune dove ha sede l'ufficio giudiziario, non sarà possibile, ad esempio, effettuare la notifica presso la cancelleria della sentenza per il decorrere del termine breve o dell'atto di appello.

Tale regola vale per tutti i casi in cui la legge prevede che le notificazioni degli atti al difensore siano eseguite presso la cancelleria.

Nell'ipotesi di mancata elezione di domicilio, infatti, l'avvocato notificante è obbligato a eseguire una notificazione a mezzo posta elettronica certificata, ovvero presso il domicilio digitale fissato ex lege.

In evidenza

Ai fini delle notificazioni a mezzo PEC, sia nel processo civile telematico che nel processo amministrativo telematico, si applica la disciplina di cui alla l. n. 53/1994.

Secondo tale disciplina, l'indirizzo PEC del destinatario deve essere estratto unicamente dai pubblici elenchi.

Sono considerati pubblici elenchi, ai fini della norma, ReGIndE (dove sono presenti gli indirizzi PEC degli avvocati), Registro PP.AA. (dove sono presenti gli indirizzi delle Pubbliche Amministrazioni), A.N.P.R. (non ancora in funzione), INI-PEC (società e professionisti), Registro Imprese.

Pertanto, la notifica presso la cancelleria può essere effettuata solo in via subordinata, qualora sia impossibile effettuare la notifica a mezzo PEC per causa imputabile al destinatario.

Tale regola generale si applica “in quanto compatibile” al processo amministrativo telematico in forza dell'espresso richiamo operato dall'art. 25, comma 1-bis, d.lgs. n. 104/2010.

L'introduzione del domicilio digitale, tuttavia, non è stata coordinata con una contestuale abrogazione dell'art. 82, r.d. n. 37/1934, tutt'oggi vigente, secondo cui l'avvocato deve eleggere il domicilio presso un collega del comune dove ha sede l'ufficio giudiziario.

Anche nel processo telematico rimane, pertanto, l'esigenza di individuare un domicilio fisico nel comune sede dell'ufficio giudiziario adito.

Sempre secondo tale norma, qualora l'avvocato non elegga esplicitamente il domicilio “fuori foro”, questo si intende eletto presso la cancelleria dell'ufficio giudiziario adito.

Si tratta della norma di chiusura successivamente fatta propria dal codice del processo civile e dal codice del processo amministrativo e abrogata dalla novella.

Rimanendo, invece, in vigore l'art. 82, r.d. n. 37/1934, sembrerebbe permanere una norma di elezione “automatica” del domicilio presso la segreteria, nei casi in cui manchi una elezione esplicita da parte del difensore.

L'indicazione di tale risalente norma ha comportato non pochi problemi ermeneutici circa l'individuazione del domicilio fisico.

Tale antinomia è stata sciolta dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Cass. civ., S.U., 20 giugno 2012, n. 10143), che hanno sottolineato come le modifiche agli artt. 366 e 125 c.p.c. abbiano determinato un nuovo assetto della disciplina, in favore del domicilio digitale.

Infatti, secondo la Suprema Corte, la domiciliazione ex lege presso la cancelleria dell'autorità giudiziaria avviene solo se il difensore non abbia indicato il proprio indirizzo di posta elettronica certificata. Il domicilio digitale rivestirebbe, pertanto, un ruolo primario nel sistema dematerializzato del processo telematico.

Orientamenti a confronto

ORIENTAMENTI CORTE DI CASSAZIONE SUL DOMICILIO DIGITALE

Domiciliazione ex lege in cancelleria solo se l'avvocato non abbia indicato il proprio indirizzo PEC.

Cass., S.U., 20 giugno 2012, n. 10143.

L'art. 16-sexies, d.l. n. 179/2012 non solo depotenzia la portata dell'elezione di domicilio fisico, ma svuota l'efficacia prescrittiva dell'art. 82, r.d. n. 37/1934.

Cass. civ., sez. VI, ord., 14 dicembre 2017, n. 30139.

La disciplina transitoria del domicilio digitale nel PAT

Sebbene la giurisprudenza del Giudice di merito sembra ormai chiaramente orientata verso un atteggiamento di favore per il domicilio digitale, la specialità delle norme in materia nel processo amministrativo telematico impone un'ulteriore analisi.

Infatti, autorevole dottrina ha ricordato che alcune disposizioni (tra cui l'art. 93, d.lgs. n. 104/2010) non consentono di applicare pedissequamente al processo amministrativo telematico quanto è ormai valido per il processo civile telematico.

La l. n. 197/2016, di conversione del d.l. n. 168/2016, ha infatti modificato l'art. 25 d.lgs. n. 104/2010, determinando un regime transitorio per il domicilio digitale.

A partire dal 1 gennaio 2017 (data di entrata in vigore del PAT) l'introduzione del domicilio digitale veniva affiancata dalla permanenza dell'elezione ex lege del domicilio fisico presso le segreterie di TAR e Consiglio di Stato nei casi di assenza di un'elezione di domicilio fisico esplicita.

A partire dal 1 gennaio 2018, invece, l'art. 25, comma 1-ter, d.lgs. n. 104/2010, dispone che la c.d. domiciliazione “automatica” presso le segreterie non si applica per i ricorsi soggetti alla disciplina del processo amministrativo telematico.

Dalla lettura della disposizione succitata, parrebbe che solo per il 2017 veniva garantita la permanenza del domicilio fisico mentre, a partire dal 2018, nei casi in cui l'avvocato non abbia espressamente eletto domicilio fisico, non sarebbe più applicabile la c.d. domiciliazione automatica in segreteria.

Tale lettura della norma porta a due tipi di conseguenze a partire dal 1 gennaio 2018.

La prima conseguenza concreta attiene alla necessità o meno di eleggere domicilio presso un collega, non potendo eleggere domicilio nemmeno expressis verbis presso la segreteria.

La seconda conseguenza riguarda invece l'esistenza, per l'avvocato notificante, di un diritto a conoscere il domicilio fisico di controparte.

Gli interpreti si sono infatti chiesti se esista un diritto alla notifica cartacea dal momento che, venendo meno l'elezione di domicilio in segreteria, l'avvocato sarebbe obbligato ad effettuare una notifica a mezzo PEC ai sensi della l. n. 53/1994.

Secondo parte della dottrina, infatti, in tali casi la notifica telematica deve essere considerata obbligatoria e più aderente al sistema creato dal processo amministrativo telematico.

Autorevole e contraria dottrina ha invece ritenuto che l'abrogazione del primo comma dell'art. 25, d.lgs. n. 104/2010 non comporti alcun obbligo alla notifica telematica ma, piuttosto, un obbligo per i difensori di eleggere domicilio fisico nel comune sede del TAR o Consiglio di Stato in luogo diverso dalla Segreteria.

Infine, la conseguenza più problematica di tale disciplina riguarda l'impossibilità per l'avvocato di notificare a mezzo PEC per causa imputabile al destinatario: in tale situazione, qualora controparte non elegga domicilio fisico, in quale modo effettuare la notifica?

In assenza di una norma di chiusura del sistema capace di risolvere tale concreta esigenza, alcuni interpreti si sono rivolti proprio all'art. 82, r.d. n. 37/1934 per trovare conforto circa il c.d. diritto alla notifica cartacea.

Il parere dell'Ufficio studi del segretariato della Giustizia Amministrativa

Alla luce della difficoltà ermeneutica rappresentata, il Segretariato Generale della Giustizia Amministrativa ha posto alcuni quesiti al proprio Ufficio Studi al fine di stabilire se sia possibile mutuare dalla giurisdizione ordinaria la ricostruzione della normativa del domicilio digitale o se ritenere che permanga l'obbligo di eleggere il domicilio fisico.

In particolare, il quesito posto non si sofferma solo sul caso del domicilio eletto al di fuori del proprio foro ma, più in generale, sulla stessa necessità di elezione di un domicilio fisico anche nei casi in cui l'ufficio giudiziario adito sia nello stesso comune dove ha sede lo Studio dell'avvocato.

In primo luogo, il parere dell'Ufficio Studi ha chiarito che la disciplina del domicilio digitale nel processo amministrativo si applica solo per i giudizi instaurati in primo grado a partire dal 1 gennaio 2017, cioè ai ricorsi “nativi PAT” e a tutti i giudizi che, successivamente al 1 gennaio 2018, sono sottoposti al regime del processo amministrativo telematico.

Come noto, la quasi totalità dei giudizi amministrativi a partire dal 2018 sono soggetti alla disciplina del processo telematico.

In secondo luogo, il parere sottolinea che la notifica a mezzo PEC ai sensi dell'art. 3-bis, l. n. 53/1994 rimane facoltativa e, pertanto, il domicilio fisico non avrebbe perso la sua rilevanza.

Per tali motivi, il parere dell'Ufficio Studi ritiene che l'elezione ex lege del domicilio digitale non ha carattere esclusivo ma preferenziale, e il domicilio fisico dovrebbe rimanere operativo nel caso in cui l'indirizzo PEC del destinatario non sia utilizzabile.

Ai sensi dell'art. 82, r.d. n. 37/1934, il difensore dovrebbe eleggere il domicilio fisico – sia quando l'ufficio giudiziario sia nello stesso comune quanto in comune di diverso – per consentire di essere raggiunto da eventuali notificazioni in caso di inoperatività della propria casella di posta elettronica certificata.

In tal modo, l'Ufficio Studi giunge a soluzione opposta rispetto a quella recentemente seguita dalla Corte di Cassazione nella giurisdizione ordinaria.

Non solo, l'avvocato deve anche comunicare il proprio indirizzo di posta elettronica certificata e il proprio domicilio fisico, ma qualora il domicilio fisico sia stato eletto in comune diverso rispetto a quello dove ha sede l'autorità giudiziaria adita, l'avvocato può procedere a notificazione presso la segreteria dell'ufficio giudiziario stesso.

Tale interpretazione rende irrilevante la chiara volontà del legislatore di abrogare il primo comma dell'art. 25, d.lgs. n. 104/2010 (dal quale derivava proprio la possibilità di notificare al domicilio automatico presso la segreteria) in forza del vigente art. 82, r.d. n. 37/1934.

In evidenza

L'avvocato dovrà indicare, nell'atto e nel modulo di deposito, il proprio domicilio digitale, che corrisponde all'indirizzo di posta elettronica certificata presente sul ReGIndE (consultabile su pst.giustizia.it). Non è obbligatorio indicare il domicilio fisico.

Così sintetizzato il parere reso dall'Ufficio Studi è dunque possibile indicare che l'avvocato sarà tenuto a notificare la sentenza e l'atto di appello al domicilio digitale e, solo qualora questo dovesse essere inefficace per causa imputabile al destinatario, provvedere con la notifica mediante deposito degli atti in segreteria.

L'elezione esplicita del domicilio fisico non è pertanto obbligatoria, dal momento che il “diritto” alla notifica cartacea è assicurato dal carattere sussidiario dell'art. 82, r.d. n. 37/1934.

I luoghi della notificazione

Il parere pubblicato dall'Ufficio Studi sintetizza la casistica dei luoghi della notificazione, sulla base delle situazioni suindicate.

In evidenza

Notificazione dell'impugnazione della sentenza di primo grado alle parti costituite nel primo grado

La notifica va effettuata al domicilio digitale indicato nell'atto della notificazione della sentenza o, in mancanza, indicato al momento della costituzione in primo grado e riportato in sentenza.

L'avvocato non ha indicato il domicilio digitale all'atto della notificazione della sentenza

È onere della parte appellante estrarre l'indirizzo PEC del destinatario dai pubblici elenchi.

La PEC del destinatario è inefficace per causa imputabile al destinatario

La notifica dell'impugnazione va effettuata presso il domicilio fisico indicato in aggiunta a quello digitale.

Notificazione dell'impugnazione della sentenza di primo grado alle parti non costituite nel primo grado

La notifica potrà essere effettuata tanto al domicilio digitale risultante da pubblici elenchi, quanto al domicilio fisico.

Indirizzo PEC inefficace e mancata indicazione del domicilio fisico

La notifica potrà essere effettuata mediante deposito degli atti presso la segreteria del TAR o del Consiglio di Stato.

Le comunicazioni processuali e il domicilio digitale

La disciplina di cui all'art. 25, d.lgs. n. 104/2010 non modifica quanto previsto dall'art. 136, d.lgs. n. 104/2010 in materia di comunicazione processuali.

Secondo tale disposizione, la segreteria estrae dai pubblici registri (es. ReGIndE) l'indirizzo di posta elettronica certificata del difensore da utilizzare ai fini delle comunicazioni processuali.

Si procede così anche nei casi in cui il difensore non abbia indicato il proprio indirizzo PEC nell'atto. L'avvocato ha invece l'obbligo di comunicare alle segreterie dell'ufficio giudiziario adito e alle parti costituite ogni variazione dell'indirizzo di posta elettronica certificata.

Rimane, invece, l'obbligo di indicare nel ricorso o nel primo atto difensivo il proprio numero di fax. Tale recapito potrà essere utilizzato in via sussidiaria dalle segreterie qualora la comunicazione a mezzo PEC non sia possibile per mancato funzionamento del sistema informatico della giustizia amministrativa (SIGA).

Dal momento che, ai sensi dell'art. 13, d.P.C.M. n. 40/2016 le comunicazioni processuali avvengono esclusivamente con modalità telematiche, l'indirizzo di posta elettronica certificata del difensore assume doppio rilievo: sia quale domicilio digitale ai fini delle comunicazioni che ai fini delle notificazioni.

Di conseguenza, l'avvocato non potrà eleggere liberamente il domicilio digitale, dal momento che corrisponderà sempre all'indirizzo comunicato dall'Ordine di appartenenza ai pubblici registri.

Tuttavia, sebbene la modifica apportata all'art. 136, d.lgs. n. 104/2010 fa venir meno l'obbligo per il difensore di eleggere il domicilio digitale ai fini delle comunicazioni nel ricorso, rimane in vigore l'art. 13, d.P.R. n. 115/2002, che prevede la sanzione dell'aumento per metà del costo del contributo unificato nel caso di omessa indicazione.

Infine, l'art. 136, d.lgs. n. 104/2010 dispone che, in caso di comunicazioni processuali a più destinatari, è sufficiente che vada a buon fine una sola delle comunicazioni effettuate a ciascun avvocato componente del collegio difensivo. È pertanto importante considerare i risvolti organizzativi di tale disposizione, circa i compiti attribuiti tra i componenti del collegio difensivo di inoltrare eventuali comunicazioni. Si pensi, infatti, alle conseguenze del ricevimento di un avviso di perenzione a una sola casella PEC poco “consultata”.

Tale disposizione ha immediati risvolti pratici nella compilazione del modulo di deposito.

Infatti, nel modulo di deposito è possibile selezionare se la comunicazione vada inviata a «intero collegio difensivo e al domiciliatario» o «invio al solo domiciliatario».

Selezionando la prima opzione, sulla base di quanto indicato dall'art. 136 c.p.a., la comunicazione ricevuta da un solo destinatario sarebbe comunque efficace. Manca, pertanto, la possibilità di selezionare in modo univoco chi sia il destinatario componente del collegio difensivo.

In evidenza

Secondo l'art. 13, d.P.C.M. n. 40/2016 la comunicazione processuale telematica avviene a mezzo posta elettronica certificata e si perfeziona nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna.

Nel fascicolo informatico sono conservate le ricevute di consegna e di mancata consegna delle comunicazioni telematiche effettuate, accessibili dall'avvocato autenticandosi sul sito della giustizia amministrativa – Portale dell'avvocato.

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