Il principio di autoresponsabilità della PA nell'ambito della notifica PEC di un atto processuale

05 Aprile 2018

In sede di giudizio amministrativo, in mancanza di un indirizzo PEC inserito nell'elenco del Ministero della Giustizia di cui all'art. 16, comma 12, d.l. n. 179/2012, è possibile qualificare come “scusabile” l'errore di chi abbia notificato il ricorso ad un indirizzo PEC tratto dal registro IPA?
Massima

In caso di mancata comunicazione del proprio indirizzo PEC al Ministero della Giustizia, la Pubblica Amministrazione non può trarre benefici in termini processuali a fronte di un proprio inadempimento, alla luce dei canoni di autoresponsabilità e di lealtà di comportamento. Pertanto, deve ritenersi scusabile l'errore di chi notifichi un atto ad una Pubblica Amministrazione ad un indirizzo PEC contenuto nel registro IPA.

Il caso

Nel corso di un giudizio avente ad oggetto l'impugnazione del silenzio inadempimento di un Comune, i Giudici del Tar Napoli hanno rilevato d'ufficio la circostanza che il ricorso fosse stato notificato all'indirizzo PEC del Comune tratto dal registro IPA e non all'indirizzo PEC inserito nell'elenco tenuto dal Ministero della Giustizia, di cui all'art. 16, comma 12, d.l. n. 179/2012, come imporrebbe la normativa a partire dall'entrata in vigore del d.l. n. 90/2014.

In considerazione dell'operatività relativamente recente delle norme regolanti il PAT e tenuto conto che l'Amministrazione in questione non risultava iscritta nell'elenco tenuto dal Ministero della Giustizia ma solo nel registro IPA, il Collegio ha ritenuto che parte ricorrente fosse incorsa in un errore scusabile ex art. 37 c.p.a., e conseguentemente, ha assegnato a parte ricorrente il termine di trenta giorni per il rinnovo della notifica del ricorso introduttivo.

A sostegno di tale tesi, i Giudici amministrativi, offrendo una nuova interpretazione, hanno in particolare osservato che «la parte può ben ritenere in buona fede, per quanto erroneamente, che la notifica dell'atto all'Amministrazione sia possibile su un indirizzo PEC che la stessa ha comunque fatto inserire in un elenco ufficiale, quale quello IPA, così rendendone di fatto possibile la ricezione, sia pure ad un indirizzo diverso da quello contemplato dalla normativa ai fini della notifica degli atti a valenza giudiziaria».

Il Collegio ha inoltre affermato che l'indirizzo PEC contenuto nel registro IPA non sia del tutto inidoneo alla notifica di atti giudiziari alle PA in quanto è, ad esempio, considerato valido per la notifica agli enti impositori nel processo tributario, ai sensi dell'art. 7, comma 5, d.m. n. 163/2013; pertanto, soprattutto in caso di mancata iscrizione dell'ente nel registro PEC tenuto dal Ministero della Giustizia, è ragionevole che si crei confusione per la parte che debba notificare l'atto, con effetti potenzialmente fuorvianti.

La questione

In sede di giudizio amministrativo, in mancanza di un indirizzo PEC inserito nell'elenco del Ministero della Giustizia di cui all'art. 16, comma 12, d.l. n. 179/2012, è possibile qualificare come “scusabile” l'errore di chi abbia notificato il ricorso ad un indirizzo PEC tratto dal registro IPA?

Le soluzioni giuridiche

L'ordinanza in commento offre l'opportunità di ripercorrere brevemente lo scenario oggi esistente in merito alla notificazione telematica degli atti processuali nei confronti delle PA.

Come noto, a seguito delle modifiche apportate dal d.l. n. 90/2014, il registro IPA, a differenza dell'elenco formato dal Ministero della Giustizia, non è più menzionato nel testo dell'art. 16-ter, d.l. n. 179/2012, contenente l'indicazione dei pubblici elenchi validi ai fini della notificazione e comunicazione degli atti in materia civile, penale, amministrativa, contabile e stragiudiziale e non può, pertanto, essere più utilizzato per notificare validamente un atto ad una Pubblica Amministrazione.

Il mutato contesto normativo ha indotto, pertanto, la giurisprudenza prevalente ad assumere un atteggiamento rigoroso qualificando come nulla la notifica del ricorso giurisdizionale effettuata ad una Pubblica Amministrazione presso un indirizzo PEC non inserito nell'apposito elenco tenuto dal Ministero della Giustizia, con conseguente inammissibilità del ricorso (cfr. ex multis TAR Catania, sez. III, 13 dicembre 2017, n. 2870; TAR Palermo, sez. III, 14 novembre 2017, n. 2603; TAR Firenze, sez. I, 27 ottobre 2017, n. 1287; TAR Potenza, sez. I, 21 settembre 2017, n. 607).

Secondo i sostenitori di tale orientamento più restrittivo, non è circostanza idonea ad ingenerare un errore scusabile il fatto che il sito dell'Amministrazione rechi l'indicazione generica di un recapito PEC, in quanto incombe sul ricorrente l'onere di verificare se tale indirizzo sia utile non solo per l'accettazione della corrispondenza proveniente dall'utenza, ma anche ai fini della notificazione dei ricorsi in vigenza del c.d. processo amministrativo telematico. Inoltre, in mancanza di un indirizzo PEC di riferimento presso l'elenco del Ministero della Giustizia, è sempre possibile utilizzare strumenti “analogici”, ossia il formato cartaceo ed a mezzo dell'ufficiale giudiziario.

Si sta però parallelamente affermando un nuovo filone giurisprudenziale decisamente più permissivo il quale, piuttosto che dichiarare inammissibile tout court il ricorso notificato via PEC ad un indirizzo estratto dal registro IPA, sostiene che, in difetto di costituzione della Pubblica Amministrazione resistente, sia possibile sanare il vizio della notificazione così eseguita mediante la rinnovazione della notifica da effettuarsi a mezzo di ufficiale giudiziario o del servizio postale (cfr. TAR Palermo, sez. II, 4 dicembre 2017, n. 2089 e TAR Palermo, 1 dicembre 2017, n. 2779; TAR Campobasso, 13 novembre 2017, n. 420).

Su questa scia, i Giudici del TAR Napoli, pur argomentando diversamente, hanno invocato, in primo luogo, i canoni di autoresponsabilità, legittimo affidamento e leale comportamento ai quali deve conformarsi l'Amministrazione, la quale non può, a fronte di un proprio inadempimento trarne benefici in termini processuali, così impedendo di fatto alla controparte di effettuare la notifica nei propri confronti con modalità telematiche.

Il TAR Napoli ha in questo senso ripreso un principio generale affermato di recente anche da Cons. Stato, sez. III, 5 febbraio 2018, n. 744, secondo cui dall'eventuale assenza nell'elenco ufficiale dell'indirizzo PEC di una Pubblica Amministrazione non possano derivare preclusioni processuali per la parte privata.

A differenza di quanto sostenuto dalla giurisprudenza più rigorosa sopra richiamata, i Giudici amministrativi, hanno, inoltre, preso atto dell'esistenza di una pronuncia del TAR Milano (TAR Milano, sez. III, 14 dicembre 2017, n. 2381) che ha qualificato come nulla la notifica del ricorso effettuata all'Amministrazione in forma cartacea anziché telematica, in quanto contrastante con il disposto di cui all'art. 14, d.P.C.M. 16 febbraio 2016, n. 40.

È indubbio che uno scenario di questo tipo non può che causare effetti fuorvianti per i soggetti notificanti, consentendo di classificare l'errore di notifica in cui è incorso il ricorrente come “scusabile” ai sensi dell'art. 37 c.p.a., con conseguente necessità di rimessione in termini della parte ai fini del rinnovo della notifica.

Osservazioni

La notificazione a mezzo di posta elettronica certificata è sicuramente un efficace e veloce strumento per la notifica degli atti giudiziari ma spesso, nonostante i numerosi e indubbi vantaggi che comporta, risulta uno meccanismo tutt'altro che agevole per gli operatori giuridici.

Una delle questioni più controverse è proprio quella che torna nuovamente all'attenzione dei Giudici amministrativi nel caso in esame, soprattutto in considerazione del fatto che non è raro che molte Amministrazioni, benché in possesso di un indirizzo PEC inserito nel registro IPA, non abbiano invece comunicato al Ministero della Giustizia, entro la data del 30 novembre 2014, un indirizzo da inserire nel relativo elenco ufficiale.

Il TAR Napoli risolve la questione aderendo ad una linea più permissiva, discostandosi dall'orientamento prevalente in giurisprudenza eccessivamente rigido e formalistico, che di fatto sembra premiare le Amministrazioni inadempienti che in caso di irrituale notifica nei loro confronti decidano di non costituirsi, magari al fine di evitare ulteriori aggravi derivanti da una possibile soccombenza.

La soluzione proposta nell'ordinanza in commento, basandosi sui principi di autoresponsabilità, di legittimo affidamento e di leale comportamento che devono guidare sempre l'azione dell'Amministrazione, ha l'indubbio pregio di cercare di ridurre la disparità in termini processuali che spesso di genera tra Pubblica Amministrazione e privati.

Per risolvere definitivamente il rischio che il ricorso venga dichiarato inammissibile per un errore di notifica dovuto il più delle volte alle incertezze applicative causate dalla stratificazione normativa ed alla circostanza che le Pubbliche Amministrazioni continuino senza motivo a distanza di più di tre anni ad astenersi dal comunicare al Ministero della Giustizia gli indirizzi PEC validi ai fini della notifica degli atti processuali, sarebbe necessario un nuovo intervento da parte del legislatore, ma sicuramente intanto un primo passo da parte della giurisprudenza è stato fatto.

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