L'art. 80 comma 5, lett. c) e la rilevanza ostativa degli illeciti Antitrust

07 Maggio 2018

Il focus è dedicato ai problemi applicativi del disposto del comma 5, lett. c), dell'art. 80, D.Lgs 50/2016, a tenore del quale rilevano quali cause di esclusione di un operatore economico dalla partecipazione ad una procedura d'appalto «gli illeciti professionali gravi tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità». La tematica è affrontata alla luce delle recenti pronunce giurisprudenziali e delle indicazioni fornite dall'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) e dall'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), con particolare riferimento al problema della rilevanza escludente dei provvedimenti esecutivi dell'Antitrust.
L'art. 80, comma 5, lett. c): i cc.dd. «gravi illeciti professionali»

L'art. 80 del Codice dei Contratti Pubblici, rubricato «motivi di esclusione», reca l'elenco dei cc.dd. requisiti di carattere generale (o di idoneità morale) che devono possedere sia i concorrenti sia i subappaltatori ai fini della partecipazione ad una procedura d'appalto o concessione.

Al pari del previgente art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006, la norma in parola reca l'elenco dei diversi requisiti il cui difetto costituisce causa di esclusione dell'operatore economico da una procedura ad evidenza pubblica.

Particolare interesse tra le diverse cause ostative considerate dall'art. 80, comma 5, riveste l'ipotesi considerata dalla lett. c), secondo la quale la stazione appaltante può escludere un operatore economico da una procedura di gara qualora dimostri con mezzi adeguati che questi «si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità». La norma precisa che si considerano tali:

  1. «le significative carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata all'esito di un giudizio, ovvero hanno dato luogo ad una condanna al risarcimento del danno o ad altre sanzioni»;
  2. «il tentativo di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate ai fini di proprio vantaggio»;
  3. «il fornire, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull'esclusione, la selezione o l'aggiudicazione»;
  4. «l'omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione».

Rispetto al disposto del previgente art. 38, l'art. 80 non opera alcuna distinzione tra precedenti rapporti contrattuali con la medesima o con diversa stazione appaltante e non fa riferimento solo alla negligenza o errore professionale, ma, più in generale, all'illecito professionale. Da ciò la prima conseguenza che la nuova norma abbraccia fattispecie anche diverse dall'errore o negligenza, ed include condotte che intervengono non solo in fase di esecuzione contrattuale (come si riteneva nella disciplina previgente), ma anche in fase di gara (e.g. le false informazioni, l'omissione di informazioni, il tentativo di influenzare il processo decisionale della stazione appaltante; in tal senso, ex multis, TAR Lazio, Roma, Sez. I, Sentenza 31 gennaio 2018, n. 1119; Cons. St., Sez. V, Sentenza 4 dicembre 2017, n. 5704; parere della Commissione speciale del Cons. St., 3 novembre 2016 n. 2286).

La seconda osservazione da fare è che l'art. 80, c. 5, lett. c), non contempla un numero chiuso di illeciti professionali, in quanto l'elencazione dallo stesso recata ha chiaramente natura esemplificativa e non tassativa; il che lascia ampi spazi alla discrezionalità delle stazioni appaltanti nella concreta individuazione delle ipotesi che possono configurare grave illecito professionale, nonostante i margini risultino ristretti dalle linee guida dettate al riguardo dall'Anac.

Come precisato dal Consiglio di Stato con il parere n. 2042 del 25 settembre 2017, l'espressione grave illecito professionale rappresenta un tipico concetto giuridico indeterminato, che, in quanto tale, richiede necessariamente la sua specificazione o il suo completamento con elementi o criteri extragiuridici rimessi all'opera dell'interprete.

Le linee guida dell'ANAC

In attuazione di quanto prescritto dall'art. 80, comma 13, D.Lgs 50 del 2016, con delibera n. 1293 del 16 novembre 2016 (successivamente aggiornata e modificata con delibera n. 1008 dell'11 ottobre 2017), l'ANAC ha pubblicato le linee guida n. 6, precisando – con intento di assicurare l'adozione di comportamenti omogenei da parte delle stazioni appaltanti e garantire certezza agli operatori economici – quali mezzi di prova considerare adeguati per la dimostrazione delle circostanze di esclusione di cui al comma 5, lettera c), ovvero quali carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto siano da ritenere significative ai fini del medesimo alinea. Si tratta, come precisato dalla Commissione Speciale del Consiglio di Stato (Parere 3 novembre 2016, n. 2286), di linee guida non vincolanti, dalle quali è pertanto possibile discostarsi previa adeguata e congrua motivazione. Merita di ricordare che, secondo le suddette linee guida, «rilevano quali cause di esclusione ai sensi dell'art. 80, comma 5, lett. c), gli illeciti professionali gravi accertati con provvedimento esecutivo, tali da rendere dubbia l'integrità del concorrente, intesa come moralità professionale, o la sua affidabilità, intesa come reale capacità tecnico professionale, nello svolgimento dell'attività oggetto di affidamento” e, soprattutto, che “gli illeciti professionali gravi rilevano ai fini dell'esclusione dalle gare a prescindere dalla natura civile, penale o amministrativa dell'illecito». Le linee guida precisano inoltre, quanto alla rilevanza temporale di cui all'art. 80, comma 10, d.lgs 50 del 2016, che «la durata dell'interdizione alla partecipazione alle procedure di affidamento conseguente all'accertamento delle fattispecie di cui al comma 5, lett. c) dell'art. 80 è (…) pari a tre anni, decorrenti dalla data dell'accertamento del fatto, ove non sia intervenuta una sentenza penale di condanna» (il periodo rilevante deve essere conteggiato a ritroso a partire dalla data di pubblicazione dell'avviso o del bando di gara); e che le stazioni appaltanti sono tenute ad instaurare in ogni caso un procedimento in contraddittorio con l'operatore economico che si intende escludere ed a motivare adeguatamente l'eventuale provvedimento di esclusione in aderenza al principio di proporzionalità di matrice eurounitaria. Quanto infine alla possibilità che, ai sensi di quanto disposto dall'art. 80, comma 7, l'operatore economico sia ammesso a provare di aver adottato misure sufficienti a dimostrare la sua integrità e affidabilità nell'esecuzione del contratto oggetto di affidamento nonostante l'esistenza di un pertinente motivo di esclusione (c.d. misure di self claeaning), le linee guida indicano, a titolo esemplificativo, determinate categorie di comportamenti che possono essere considerati idonei ad evitare l'esclusione dell'operatore economico (e.g. la rinnovazione degli organi societari; interventi di carattere organizzativo, strutturale e/o strumentale; l'adozione di modelli di organizzazione e gestione etc.).

La rilevanza del comportamento anti concorrenziale

Le linee guida prevedono inoltre espressamente che siano causa di esclusione «i provvedimenti esecutivi dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato di condanna per pratiche commerciali scorrette o per illeciti antitrust gravi aventi effetti sulla contrattualistica pubblica e posti in essere nel medesimo mercato oggetto del contratto da affidare» (cfr. pagina 7, Linee guida ANAC n. 6 dell'11 ottobre 2017). Significativa differenza rispetto a quanto precedentemente disposto dalla delibera ANAC n. 1293/2016, secondo cui rilevavano ai fini dell'eventuale esclusione del concorrente esclusivamente i provvedimenti dell'AGCM «divenuti inoppugnabili o confermati con sentenza passata in giudicato», è che viene adesso attribuita rilevanza ostativa alla mera esecutività delle sanzioni irrogate dall'AGCM nei confronti di condotte anticoncorrenziali; il che rappresenta il reale elemento di novità.

Il fatto che i comportamenti anticoncorrenziali potessero rientrare nell'alveo delle condotte ascrivibili nel novero dei c.d. “gravi illeciti professionali” era previsione infatti già recata dal considerando 70 della direttiva 2014/23/UE,dal considerando 101 della direttiva 2014/24/UE e dal considerando 106 della direttiva 2014/25/UE, i quali prescrivevano che «…le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori dovrebbero avere la possibilità di escludere operatori economici che si sono dimostrati inaffidabili, per esempio a causa di (…) forme di grave violazione dei doveri professionali, come le violazioni di norme in materia di concorrenza».

Sul tema, la prevalente giurisprudenza amministrativa ha in più occasioni confermato che «l'impianto normativo primario (…) depone senz'altro per l'inclusione del c.d. illecito antitrust tra le condotte professionali valutabili ai fini della possibile esclusione di un concorrente da una gara pubblica, ancorché non espressamente menzionato nel catalogo disegnato dalla lettera c)» (tra le tante, TAR Lazio, Roma, Sez. I, Sentenza 31 gennaio 2018, n. 1119).

In merito, ciò che appare più problematico è la scelta di voler conferire rilevanza a tal fine non solo a provvedimenti dell'AGCM divenuti inoppugnabili o passati in giudicato, ma a tutti i provvedimenti purché esecutivi.

La conseguenza è che i provvedimenti dell'AGCM non definitivi e, pertanto, ancora suscettibili di essere annullati e/o sospesi dal giudice amministrativo, potrebbero assumere rilevanza ai fini delle dichiarazioni da rendere ai sensi dell'art. 80.

L'intervento dell'AGCM

Dal canto suo, la stessa l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con nota n. AS1473 del 13 febbraio u.s., ha rappresentato esplicitamente di non condividere «la scelta di attribuire rilevanza al provvedimento meramente esecutivo dell'Autorità ai fini della sussistenza di un grave illecito professionale».

Secondo l'AGCM, il generico richiamo al provvedimento esecutivo contrasterebbe manifestamente con il disposto dell'art. 80, comma 10, d.lgs n. 50 del 2016, che calcola la durata della causa di esclusione dalla gara in un periodo pari a tre anni decorrenti dalla data del suo accertamento definitivo, da intendersi come accertamento giudiziale definitivo, in aderenza a quanto specificato dalla Commissione Speciale del Consiglio di Stato (parere n. 2286/2016 del 3 novembre 2016, affare 1888/2016) e non come data di emissione della sanzione. In altre parole, secondo l'AGCM appare preferibile individuare la data dell'accertamento definitivo non in quella del provvedimento esecutivo dell'Autorità (che non è definitivo), ma in quello dell'intervenuta inoppugnabilità dell'accertamento da parte dell'Autorità (nell'ipotesi di provvedimenti non impugnati) o nella pronuncia definitiva del giudice amministrativo (in caso di impugnazione) così da evitare da una lato, una notevole proliferazione del contenzioso e, dall'altro, i considerevoli effetti sulle gare in corso che potrebbero discendere dal possibile esito divergente dei giudizi.

Secondo l'AGCM la conclusione appare coerente con quanto affermato dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia, che, nel confermare l'ascrivibilità dell'illecito anticoncorrenziale all'ipotesi escludente del grave errore professionale, riconosce la compatibilità con la disciplina eurounitaria (nel dettaglio, gli artt. 49 e 56 TFUE) di una normativa nazionale che esclude la partecipazione a una procedura di gara d'appalto di un operatore economico che abbia commesso «un'infrazione al diritto della concorrenza, constatata con decisione giurisdizionale passata in giudicato, per la quale gli è stata inflitta un'ammenda» (cfr. causa C470/13, cit., § 39).

Nell'occasione l'Autorità ha peraltro stigmatizzato anche l'inclusione nell'ambito oggettivo dell'art. 80, co. 5, lett. c) anche dei provvedimenti di condanna «per pratiche commerciali scorrette», sottolineando che non è possibile inquadrare nell'ambito di un rapporto di consumo la condotta posta in essere nella fase di partecipazione dell'operatore economico alla gara.

Alla luce delle considerazioni svolte l'AGCM ha suggerito all'ANAC «di modificare il par. 2.2.3.1 delle citate Linee Guida, nel senso di conferire rilevanza ai fini dell'eventuale esclusione del concorrente, ai “provvedimenti divenuti inoppugnabili o definitivamente confermati dal giudice amministrativo, dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato che contengono l'accertamento di illeciti antitrust gravi aventi effetti sulla contrattualistica pubblica e posti in essere nel medesimo mercato oggetto del contratto da affidare».

La giurisprudenza amministrativa

Tralasciando la giurisprudenza relativa all'inclusione o meno dell'illecito antitrust maturata con riferimento al previgente art. 38, comma 1, lett. f), d.lgs. n. 163 del 2006, se si osserva la giurisprudenza resa con riferimento all'art. 80, comma 5, lett. c) questa sembrerebbe condividere l'indirizzo dato con le linee guida.

Ed invero, dopo aver ribadito ancora una volta «l'includibilità anche dell'illecito antitrust tra le condotte scrutinabili ai sensi dell'art. 80, comma 5, lettera c», parte della giurisprudenza amministrativa di primo grado ha specificato che «il passaggio in giudicato della sentenza di accertamento dell'illecito antitrust non può assurgere a requisito legittimante lo scrutinio in chiave escludente dell'amministrazione aggiudicatrice» rilevando che «il sistema non richiede affatto (e non ha mai richiesto) che l'illecito antitrust sia stato accertato con una sentenza passata in giudicato» (TAR Roma, Sentenza 22 dicembre 2017, n. 12640).

Ancora, in relazione ad una fattispecie vertente proprio sulla necessità o meno dell'intervento di un giudicato sul provvedimento irrogato dall'AGCM, una recente sentenza del TAR Lazio, Roma, Sez. III, Sentenza 31 gennaio 2018, n. 1119, nel dare per assodata l'inclusione degli illeciti concorrenziali tra le cause ostative ex art. 80, comma 5, d.lgs. n. 163 del 2006, ha pienamente aderito all'opzione dell'ANAC, statuendo che «anche alla luce delle particolari garanzie che assistono l'adozione del provvedimento antitrust (emanazione da parte di un'autorità in posizione di terzietà, rispetto delle garanzie partecipative e del principio del contraddittorio), appare sufficiente, al fine di imporre alla stazione appaltante un onere di valutazione in ordine all'incidenza dei fatti sulla gara in corso di svolgimento, la mera idoneità del provvedimento sanzionatorio a spiegare, in via anche solo temporanea, i suoi effetti, o perché non (o non ancora) gravato o perché, ove impugnato, non sospeso, senza che rilevi se la decisione giudiziale sia stata assunta in sede cautelare o di merito e, in quest'ultimo caso, se la sentenza sia passata o meno in giudicato».

Secondo questa primissima interpretazione giurisprudenziale, dunque, la valutazione degli illeciti antitrust gravanti sugli operatori economici sembrerebbe dover essere effettuata dalle stazioni appaltanti ai fini dell'esclusione, a prescindere da qualsiasi filtro giudiziario.

In ordine alle clausole di esclusione di cui alla lettera c), comma 5, dell'art. 80 del d.lgs. n. 50 del 2016, vige, quindi, la regola secondo la quale la gravità dell'evento è ponderata dalla stazione appaltante, con la conseguenza che «l'operatore economico è tenuto a dichiarare situazioni ed eventi potenzialmente rilevanti ai fini del possesso dei requisiti di ordine generale di partecipazione alle procedure concorsuali, non essendo configurabile in capo all'impresa alcun filtro valutativo o facoltà di scegliere i fatti da dichiarare, sussistendo l'obbligo della onnicomprensività della dichiarazione, in modo da permettere alla Stazione appaltante di espletare, con piena cognizione di causa, le valutazioni di sua competenza» (Consiglio di Stato, Sez. III, Sentenza 5 settembre 2017, n. 4192).

In conclusione, ferma restando la necessità di attendere le future evoluzioni giurisprudenziali sul tema nonché di conoscere le intenzioni dell'ANAC in ordine ai suggerimenti estesi dall'Antitrust, al momento sembrerebbe doversi ritenere che rilevino quale cause di esclusione sub specie di illecito professionale grave, anche le sanzioni irrogate dall'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, senza che si possa posticiparne la rilevanza all'esito dell'eventuale impugnativa della stessa innanzi al giudice amministrativo.

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