Intercettazioni di conversazioni in dialetto. Sussiste l'obbligo di traduzione?

08 Maggio 2018

Sussiste l'obbligo di provvedere alla traduzione in italiano delle conversazioni intercettate in dialetto? Secondo un pacifico orientamento giurisprudenziale, non sussiste l'obbligo di procedere alla traduzione di comunicazioni o di conversazioni legittimamente intercettate in lingua dialettale. La valutazione della necessità ...

Sussiste l'obbligo di provvedere alla traduzione in italiano delle conversazioni intercettate in dialetto?

Secondo un pacifico orientamento giurisprudenziale, non sussiste l'obbligo di procedere alla traduzione di comunicazioni o di conversazioni legittimamente intercettate in lingua dialettale. La valutazione della necessità di un simile adempimento spetta al giudice del merito (Cass. pen., n. 5401/2015). Il grado di intellegibilità della conversazione, infatti, consiste in un accertamento di fatto (Cass. pen., n. 4888/2012).

L'art. 109 c.p.p., secondo cui «gli atti del procedimento penale sono compiuti in lingua italiana», in particolare, concerne esclusivamente gli atti del procedimento, che devono essere compiuti in detta lingua (Cass. pen., Sez. unite, n. 38342/2014) ma non riguarda il materiale probatorio raccolto (Cass. pen., n. 44667/2016).

L'eventuale mancanza di traduzione in lingua italiana di conversazioni effettuate in dialetto, peraltro, costituisce una mera irregolarità nell'espletamento dell'incarico da parte del perito trascrittore, non sanzionata da alcuna nullità o inutilizzabilità delle conversazioni intercettate (Cass. pen., n. 24469/2009).

Non rientra tra le facoltà del perito officiato della trascrizione delle intercettazioni nominare un ausiliario che proceda alla traduzione dal dialetto delle conversazioni (Cass. pen., n. 6296/2016), spettando semmai tale potere al tribunale. Se l'interprete è stato nominato direttamente dal perito, si verifica una nullità a regime intermedio della perizia che va rilevata nell'udienza issata per il deposito della perizia (Cass. pen., n. 26617/2013).

Una generica eccezione formulata dalla difesa e concernente la non intellegibilità delle conversazioni perché captate in dialetto, pertanto, sarebbe da reputarsi inammissibile (Cass. pen., n. 44667/2016), sicché anche l'eventuale mancata risposta del giudicante non sarebbe rilevante (Cass. pen., n. 27202/2012). Diversamente, nel caso in cui la difesa indichi specificamente quali conversazioni reputa non comprensibili perché registrate in dialetto: in tale caso, il giudice è tenuto ad affrontare specificamente il tema, potendo anche, se lo ritiene necessario, procedere alla nomina di un interprete.

Nel caso di rito abbreviato, possono essere utilizzati dialoghi captati in dialetto (nella specie calabrese) e compresi “grazie alle competenze linguistiche di un agente di origini calabresi”. La difesa non può limitarsi a eccepire genericamente l'inutilizzabilità del mezzo di prova perché concernente registrazioni di dialoghi in dialetto ma al più, con una puntuale eccezione, deve indicare quali specifici passaggi della conversazione sarebbero stati travisati e l'effettiva specifica incidenza sull'interpretazione dell'insieme probatorio (Cass. pen., n. 50074/2015).

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