Limiti del requisito di idoneità professionale per l’affidamento di servizio di consulenza in materia di investimenti finanziari

Giusj Simone
08 Maggio 2018

Non è violativa dei principi di concorrenza e di proporzionalità la previsione del bando di gara avente ad oggetto l'affidamento del servizio di consulenza in materia di investimenti finanziari, prescrivente il requisito soggettivo dell'aver conseguito l'autorizzazione a svolgere servizi di consulenza in materia di investimenti ex art. 1, comma 5, D.lgs. n. 58 del 1998 ovvero l'abilitazione a svolgere in Italia i medesimi servizi ex art. 27 e ss.

Il caso. Nel caso di specie viene in rilievo l'impugnazione di un bando di gara per l'affidamento del servizio di consulenza a favore di ente previdenziale (avente natura di organismo di diritto pubblico) in materia di investimenti finanziari, adempimenti operativi sul portafoglio dell'ente e predisposizione di procedure a evidenza pubblica per l'affidamento di servizi finanziari.

La ricorrente – società con sede legale nella Confederazione elvetica – contesta la legittimità della clausola del bando che prescrive, quale requisito di partecipazione, l'avere conseguito l'autorizzazione a svolgere servizi di consulenza in materia di investimenti ex art. 1, comma 5, del D.lgs. n. 58 del 1998 ovvero l'abilitazione a svolgere in Italia i medesimi servizi ex art. 27 e ss., ovverosia un requisito proprio dei soggetti gestori e non consulenti (qual è la società ricorrente, consulente uscente): ciò varrebbe a limitare la partecipazione alle sole banche, con conseguente violazione del principio di concorrenza, oltre a rendere le previsioni della lex specialis contraddittorie e in contrasto col principio di proporzionalità, per incongruità del requisito (proprio dell'attività gestionale) rispetto alle aspettative dell'ente appaltante (di tipo consulenziale), e con l'accordo di Marrakesh fra U.E. e Confederazione elvetica, che non prevedrebbe alcuna autorizzazione per lo svolgimento di attività di consulenza finanziaria ove non rivolta al pubblico.

La sentenza. L'adito TAR, preliminarmente, rileva che: i) la mancanza del requisito di partecipazione in questione in capo a parte ricorrente vale a rendere ammissibile il ricorso dalla stessa proposto, ponendosi il prescritto requisito come immediatamente escludente con onere di espressa impugnativa; ii) la natura di organismo di diritto pubblico dell'ente appaltante, con conseguente applicabilità della normativa in parola (i.e. D.lgs. n. 58 del 1998), vale ad escludere la pretesa violazione dell'accordo di Marrakesh.

Nel merito, il TAR capitolino passa in rassegna le numerose diposizioni della normativa applicabile (artt. 18, 18-ter, 19 e 28 del cit. D.lgs.) che richiedono l'autorizzazione per l'attività di intermediazione finanziaria, dalle quali deduce l'evidente legittimità del controverso requisito di partecipazione. Trattasi, a ben vedere, di richiesta del tutto compatibile con la doverosa apertura al mercato degli operatori, non ultronea o esageratamente inflittiva e, per l'effetto, in alcun modo violativa del principio di concorrenza e di proporzionalità.

Sarà cura dell'ente tenere in concreto distinti i ruoli tra soggetto consulente e soggetto gestore al fine di evitare il conflitto di interessi che potrebbe scaturire ove il primo mutuasse prerogative pertinenti al secondo.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.