La “posizione di garanzia” e le ipotesi di responsabilità del datore di lavoro nella normativa anti-infortunistica

10 Maggio 2018

La rigida disciplina introdotta con il d.lgs 81/2008 (e successive modifiche), volta a tutelare, nella forma più ampia ed estesa possibile, la salute dei lavoratori e la sicurezza negli ambienti di lavoro, ha comportato, una serie di obblighi particolarmente pressanti in capo al datore di lavoro, finalizzati a ridurre al minimo il rischio da cui deriva una responsabilità penale dello stesso (in caso di infortunio), “quasi sempre obbligatoria”.
Abstract

La rigida disciplina introdotta con il d.lgs 81/2008 (e successive modifiche), volta a tutelare, nella forma più ampia ed estesa possibile, la salute dei lavoratori e la sicurezza negli ambienti di lavoro, ha comportato, una serie di obblighi particolarmente pressanti in capo al datore di lavoro, finalizzati a ridurre al minimo il rischio da cui deriva una responsabilità penale dello stesso (in caso di infortunio), “quasi sempre obbligatoria”.

La “posizione di garanzia” del datore di lavoro, stante la delicatezza del bene di cui è affidatario, fa sì che egli incorrerà nella responsabilità di cui all'art. 40, comma 2, c.p., in combinato disposto con la fattispecie incriminatrice di parte speciale, di volta in volta in questione, qualora non adempia agli obblighi di tutela.

La possibilità, dunque, che lo stesso vada esente da responsabilità penale configura un'ipotesi meramente residuale, e ciò accade quando il datore abbia posto in essere tutti i presidi infortunistici previsti, nonché adottato ed efficacemente attuato i modelli idonei a prevenire il rischio, ovvero quando il comportamento del lavoratore sia assolutamente abnorme, eccezionale o imprevedibile (Cass. civ., Sez. lavoro, 5 gennaio 2018, n. 146).

Gli obblighi del datore di lavoro nel d.lgs. 81/2008 in ragione della sua “posizione di garanzia”

Nella predisposizione della normativa in tema di salute e sicurezza sul lavoro, il Legislatore ha voluto attribuire al datore di lavoro specifici obblighi giuridici, connessi alla gestione e alla valutazione del rischio, in quanto unico soggetto avente il dominio sull'impresa ed un connesso potere preventivo/impeditivo, reale ed effettivo, di determinati eventi lesivi.

Il datore di lavoro, dunque, più nello specifico, ha un obbligo di prevenzione dei rischi connessi all'attività lavorativa: prevenzione che richiede una programmazione attenta del sistema di sicurezza aziendale e la collaborazione di una serie di figure professionali, più o meno specializzate in particolari settori, per minimizzare i rischi connessi all'attività d'impresa.

E non è un caso che si faccia riferimento al rischio, e non al pericolo, in quanto solo il primo è un concetto strettamente legato all'attività d'impresa, consistendo nella probabilità di un danno quale conseguenza di scelte e decisioni prese da chi ha la direzione dell'azienda.

Il datore, dunque, rivestendo un ruolo di garante di beni di rango primario, quali la salute e l'integrità fisica e morale dei lavoratori (ai sensi dell'art. 17 d.lgs. 81/2008 e dell'art. 2087 c.c.) deve porre in essere scelte bilanciate e idonee a ridurre l'area di rischio, predisponendo una programmazione della prevenzione efficace, attraverso due fasi: valutazione del rischio e redazione di un documento di sicurezza aziendale, unitamente ad altre figure professionali (su cui gravano, in maniera proporzionata alle proprie funzioni, altrettanti oneri di sicurezza).

Il c.d. governo dei rischi in capo al garante consiste nella disamina, selezione e applicazione di regole cautelari, con annesse misure di prevenzione e protezione, volte a minimizzare i rischi anche in relazione alle conoscenze tecnico-scientifiche disponibili.

Ove dunque non ottemperi a tali obblighi di tutela, in quanto garante degli stessi, il datore sarà chiamato a rispondere dell'evento lesivo verificatosi, ai sensi dell'art. 40, comma 2, c.p. (principio di equivalenza)

Ulteriore aspetto connesso al suo ruolo di “garante” è la non delegabilità di funzioni prevenzionistiche connesse alla valutazione dei rischi e alla redazione del documento (espressamente previsto dall'art. 28 del d.lgs. 81/2008), nonché alla designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione (argomenti di cui si dirà più diffusamente nel successivo paragrafo).

Passando agli obblighi specifici richiesti al datore di lavoro, si potranno rinvenire:

  • doveri di prevenzione tecnica ed organizzativa, con la messa a disposizione di macchinari e strumenti lavorativi sicuri e non pericolosi, secondo la migliore tecnologia;
  • dovere di prevenzione informativa e formativa sui pericoli derivanti dall'uso scorretto delle macchine o dal mancato rispetto di certe norme di sicurezza;
  • dovere di controllo e vigilanza, in maniera assidua ed ininterrotta, sul rispetto scrupoloso delle regole antinfortunistiche;
  • dovere di vigilanza sull'adempimento degli obblighi dei preposti, dei lavoratori, dei progettisti, dei fabbricanti, dei fornitori, degli installatori e del medico competente (art. 18 comma 3-bis d.lgs. 81/2008 introdotto dal d.lgs. 106/2009).
Delega di funzioni

Strettamente connesso al concetto di dominio dell'impresa in capo al datore di lavoro, è quello della delega di funzioni (espressamente introdotta dagli art. 16 e 17 del d.lgs. 81/2008 e parzialmente modificata con il d.lgs 106/2009) e del relativo dovere di vigilanza.

Per delega di funzioni si intende quell'atto organizzativo con cui si trasferiscono specifiche funzioni e annessi poteri, dal titolare ex lege, ovvero garante originario, ad un altro soggetto che assume la veste di garante derivato: per essere efficace, essa deve attribuire al delegato poteri di organizzazione, gestione e controllo, nonché autonomia di spesa per lo svolgimento delle funzioni delegate.

L'atto di delega è ammesso a condizione che risulti da atto scritto avente data certa; che il delegato possegga tutti i requisiti di professionalità ed esperienza richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate; che essa attribuisca al delegato tutti i poteri di organizzazione, gestione e controllo richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate nonché autonomia di spesa; che sia accettata dal delegato per iscritto e che ne venga data adeguata e tempestiva pubblicità.

L'art. 16 d.lgs. 81/2008 prevede un principio di generale delegabilità, fatta eccezione per quanto espressamente previsto nel successivo art. 17 d.lgs. 81/2008: come confermato dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 4123/2008 (sentenza ThyssenKrupp), infatti, tra gli obblighi non delegabili vi rientrano quelli di valutazione dei rischi connessi all'attività d'impresa; di individuazione delle misure di protezione e di designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dei rischi, in quanto aspetti ontologicamente connessi alla qualifica e alle funzioni proprie del datore di lavoro.

Il delegato (soggetto tecnicamente e professionalmente idoneo), a cui vengono trasferite effettivamente quote di responsabilità funzionale (proprie del delegante), in virtù di valida delega, diviene a sua volta garante di quella porzione di funzioni/poteri attribuitigli; mentre il delegante rimane portatore di un dovere ontologico di vigilanza e controllo (inteso come controllo della complessiva tenuta del sistema organizzativo e del corretto espletamento, in capo al delegato, delle funzioni trasferite).

Con la sentenza n. 38343/2014, la Corte di cassazione, a Sezioni unite, ha ulteriormente ribadito che gli obblighi di prevenzione, assicurazione e sorveglianza gravanti sul datore di lavoro, possono essere trasferiti con conseguente subentro del delegato nella posizione di garanzia, a condizione che il relativo atto di delega ex art. 16 d.lgs. 81/2008 riguardi un ambito ben definito e non l'intera gestione aziendale; sia espresso ed effettivo; non equivoco e investa un soggetto qualificato per professionalità ed esperienza, dotato di poteri di organizzazione, gestione, controllo e spesa.

A ogni modo, la delega di funzioni non esclude l'obbligo di vigilanza del datore di lavoro in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite: vigilanza che, però, non può avere ad oggetto la concreta, minuta conformazione delle singole lavorazioni, ma la correttezza della complessiva gestione del rischio da parte del delegato (Cass. pen., n. 10702/2012; Cass. pen., n. 22837/2016).

Limiti della “posizione di garanzia” e ripartizione delle responsabilità

La previsione normativa della delega di funzioni, comporta, come anticipato, una ripartizione di responsabilità tra il delegante e il delegato, con dei limiti netti tra le varie posizioni, correttamente delineati, nel tempo, sia dalla giurisprudenza, che dalla dottrina.

In particolare, la sentenza della Cassazione penale, Sez. IV, 23 novembre 2012, n. 49821 si è pronunciata sull'individuazione dei soggetti responsabili nel caso di infortunio sul lavoro, individuando stringenti criteri di delimitazione delle diverse posizioni di garanzia, sia in termini confini interni (ai fini della distinzione tra datore, dirigente, preposto e responsabile del servizio prevenzione e protezione), che esterni (con riferimento all'efficienza causale del comportamento abnorme del lavoratore exart. 41, comma2, c.p.). Il concetto di rischio (che nell'ambito della sicurezza sul lavoro, è volto a salvaguardare la salute, la sicurezza, l'integrità fisica e la personalità morale dei lavoratori), non può infatti estendersi indistintamente ed in ugual misura su tutti i soggetti coinvolti nella gestione della sicurezza, ma deve necessariamente essere modulato in relazione alle specifiche aree di attività ed ai ruoli che i diversi garanti ricoprono all'interno dell'organizzazione.

Il problema di individuazione degli effettivi responsabili e della ripart...izione di responsabilità, si rende di più difficile soluzione nel caso di imprese di grandi dimensioni, dove il soggetto garante non può essere individuato automaticamente in colui che si trova in una posizione di vertice, essendo necessario accertare in concreto l'effettiva posizione di responsabilità e la titolarità di poteri decisionali concreti; altrimenti si addiverrebbe ad una estensione illimitata degli obblighi, con conseguente violazione del principio di causalità e di personalità.

A tal fine, l'art. 299 del d.lgs 81/2008 ha espressamente optato per una responsabilità legata all'effettività della funzione, stabilendo che le posizioni di garanzia (con le relative responsabilità) debbano gravare anche su coloro che, pur sprovvisti di regolare investitura, esercitino in concreto i relativi poteri giuridici connessi a quella funzione.

Per individuare, quindi, chi è effettivamente responsabile occorre part...ire dall' identificazione del rischio, dall'esistenza o meno di una delega, dall'individuazione dei suoi limiti, dalle caratteristiche del settore di attività e dal livello di chi era deputato al governo di quel rischio, in base al suo ruolo: ad ogni figura è infatti demandata la gestione di una o più aree di rischio.

Secondo l'orientamento prevalente della Cassazione, garante è colui che "gestisce il rischio" ed è obbligato al rispetto delle regole precauzionali dettate dalla prassi e normate: quindi nel sistema prevenzionistico plurimi sono i garanti a cui è affidata una determinata porzione di rischio e di responsabilità.

Il ruolo centrale è rivestito, senza dubbio, dal datore di lavoro, in quanto responsabile dell'organizzazione stessa o dell'unità produttiva, e dotato dei maggiori poteri decisionali e di spesa. Egli, pur in presenza di una delega di funzioni, rimane sempre e comunque obbligato alla vigilanza. Può certamente utilizzare la delega per organizzare e gestire la realtà aziendale, ma ciò non lo esonera da un continuo controllo sulla struttura e sugli assetti organizzativi e sull'operato dei delegati.

Come ribadito anche in una recente sentenza della Suprema Corte (Cass. pen. Sez IV, 18. ottobre 2017 n. 48077) «Nella giurisprudenza di legittimità è costante il principio secondo cui, in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il datore di lavoro, quale responsabile della sicurezza, ha l'obbligo non solo di predisporre le misure antinfortunistiche, ma anche di sorvegliare continuamente sulla loro adozione da parte degli eventuali preposti e dei lavoratori, in quanto, in virtù della generale disposizione di cui all'art. 2087 c.c., egli è costituito garante dell'incolumità fisica dei prestatori di lavoro (Sez. IV, 21 ottobre 2014, n. 4361, Ottino)».

Tale obbligo di vigilanza del datore si intende assolto solo in caso di adozione ed efficace attuazione del modello di verifica e controllo di cui all'art. 30 comma 4, d.lgs. 81/2008 parte integrante del più ampio modello di organizzazione e gestione previsto dal d.lgs. 231/2001 – previsto per l'esonero di responsabilità amministrativa degli enti.

Le misure predisposte per la prevenzione del rischio di eventi dannosi per la salute e la sicurezza, devono quindi essere oggettivamente e intrinsecamente idonee; vanno efficacemente attuate nello specifico contesto aziendale di riferimento e devono essere mantenute nel tempo.

Accanto al datore si colloca la figura del dirigente, il quale, in ragione delle competenze professionali e dei poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico conferitogli, attua le direttive del datore di lavoro, organizzando l'attività lavorativa e vigilando su di essa, e ne condivide oneri e responsabilità.

Alla base della catena gerarchica si colloca il preposto, che disponendo di alcuni poteri direttivi su altri lavoratori, ha l'obbligo di vigilare sulla corretta osservanza delle misure di sicurezza predisposte dai vertici aziendali, e di riferire ad essi sulle carenze delle misure di prevenzione riscontrate nei luoghi di lavoro.

Quanto alla posizione del responsabile del servizio prevenzione e protezione, collaboratore del datore ai fini della prevenzione e protezione, tenuto a segnalare tutti i rischi connessi all'attività e a proporre le soluzioni adeguate al loro superamento, dubbio è il riconoscimento di una sua autonoma posizione di garanzia. Per alcuni indirizzi si tratta di semplici ausiliari del datore di lavoro che non avendo potere decisionale effettivo, non possono essere chiamati a rispondere direttamente del loro operato; per altri orientamenti invece, sarebbero destinatari di specifici obblighi giuridici che comportano scelte operative poi assunte dal datore in materia di sicurezza, e, pertanto, il loro contributo potrebbe costituire un antecedente causale dell'evento dannoso.

Ad ogni buon conto, il giudice di merito è tenuto, nel caso concreto, a valutare l'apporto effettivo di tali soggetti nella causazione dell'evento, la sussistenza di condotte di mancata segnalazione dei rischi o mancato sollecito alla loro rimozione e l'effettiva disponibilità di poteri decisionali e di spesa.

Colpa e nesso di causalità. Il caso limite del comportamento abnorme del lavoratore

Qualora, come già rappresentato, il datore non ottemperi agli obblighi di tutela imposti, risponderà dell'evento lesivo verificatosi per colpa ai sensi dell'art. 40, comma 2, c.p. L'attribuzione per colpa, nonché l'esigibilità di un certo comportamento e la prevedibilità dell'evento, sono principi che trovano fondamento nell'art. 43 c.p. In virtù del giudizio controfattuale o di prognosi postuma, il giudice infatti dovrà verificare se l'adozione delle cautele imposte dalla legge e dal miglior progresso tecnologico avrebbero impedito il verificarsi dell'evento lesivo concretamente accaduto.

La colpa, dunque, deve essere accertata secondo un criterio oggettivo di esigibilità generale e il connesso obbligo di protezione consiste nell' applicazione delle misure di sicurezza esistenti, già rinvenibili ed esigibili secondo un parametro di adeguatezza sociale. Il giudizio comparativo (Corte cost. 312/1996) tra misure adottate dall'imprenditore e quelle concretamente adottabili viene effettuato sulla base delle misure che, nei diversi settori e nelle differenti lavorazioni, corrispondono ad applicazioni tecnologiche, accorgimenti organizzativi e procedurali generalmente adottati.

A ciò si deve aggiungere un ulteriore obbligo formativo ed informativo, sia di aggiornamento che di addestramento, in capo al datore, oltre ad un costante obbligo di vigilanza e controllo sulla concreta osservanza e rispetto delle disposizioni antinfortunistiche da part...e dei lavoratori. Le norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro, infatti, sono dirette a tutelare il lavoratore non solo dagli incidenti derivanti dalla sua disattenzione, ma anche da quelli ascrivibili ad imperizia, negligenza ed imprudenza dello stesso, con la conseguenza che il datore di lavoro è sempre responsabile dell'infortunio occorso al lavoratore, sia quando ometta di adottare le idonee misure protettive, sia quando non accerti e vigili che di queste misure venga fatto effettivamente uso da part...e del dipendente, non potendo attribuirsi alcun effetto esimente, per l' imprenditore, all' eventuale concorso di colpa del lavoratore.

La condotta del lavoratore, infatti, può comportare l'esonero totale da ogni responsabilità in capo al datore, solo quando presenti i caratteri dell'abnormità, inopinabilità ed esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive ricevute, divenendo causa esclusiva dell'evento: in questo caso il giudice è tenuto ad una rigorosa dimostrazione dell'indipendenza del comportamento del lavoratore dalla sfera di organizzazione e dalle finalità del lavoro, e dell'estraneità del rischio affrontato rispetto alle modalità e alle esigenze del lavoro da svolgere. Potrà considerarsi abnorme quella sola condotta imprevedibile, al di fuori del contesto lavorativo, che nulla ha a che vedere con l'attività svolta.

E' abnorme o imprevedibile, ad esempio, quella condotta del lavoratore esperto che si esponga al pericolo pur in presenza delle cautele attuate dal proprio datore di lavoro, in modo volontario, improvviso, non preannunciato, così procurandosi un infortunio in relazione al quale non poteva adoperarsi nessuna utile precauzione.

Si tratta di condotte che generano un rischio nuovo e diverso da quello per il quale era stata predisposta la cautela del datore e che hanno efficacia autonoma nella causazione del fatto lesivo.

In relazione al concetto di esorbitanza, invece, esso si ha quando il comportamento fuoriesce dall'ambito di mansioni, ordini, disposizioni impartite dal datore di lavoro o da chi ne fa le veci, nell'ambito del contesto lavorativo, ovvero quando esso, pur rientrando nel segmento di lavoro del lavoratore ed essendo strettamente connesso all'attività lavorativa, sia assolutamente imprevedibile.

E ciò in un'ottica di maggior collaborazione, in materia di sicurezza, tra imprenditori e lavoratori. La sentenza n. 24139 del 10 giugno 2016 ribadisce infatti che «in tema di prevenzione antinfortunistica, perché la condotta colposa del lavoratore faccia venir meno la responsabilità del datore di lavoro, occorre un vero e proprio contegno abnorme del lavoratore medesimo, configurabile come un fatto assolutamente eccezionale e del tutto al di fuori della normale prevedibilità, quale non può considerarsi la condotta che si discosti fisiologicamente dal virtuale ideale. […] Sempre con riferimento al concetto di “atto abnorme”, si è pure precisato che tale non può considerarsi il compimento da parte del lavoratore di un'operazione che, pure inutile e imprudente, non sia però eccentrica rispetto alle mansioni a lui specificamente assegnate nell'ambito del ciclo produttivo».

Tuttavia, tale principio non si spinge al punto da esonerare il datore in caso di colpa, disattenzione, disaccortezza del lavoratore, se comunque riconducibili all'area di rischio proprio della lavorazione svolta, in quanto continua sempre a gravare sul datore un obbligo di vigilare sul corretto adempimento delle norme di sicurezza da part.e di tutti i soggetti all'interno dell'impresa.

In conclusione

In conclusione, si sintetizzano alcuni casi in cui il datore, alla luce della normativa in tema di sicurezza sul lavoro, potrà essere chiamato a rispondere del proprio operato, anche in concorso con altri soggetti:

  • se ha trasferito alcune delle sue funzioni in capo al delegato, ma con un atto invalido o privo dei requisiti richiesti dalla norma, e ciò nonostante il delegato abbia comunque svolto in concreto quei poteri giuridici che il delegante intendeva trasferirgli, ai sensi del principio di effettività ex art. 299, entrambi risponderanno in concorso quali intranei nel reato o dell'evento lesivo verificatosi.
  • Se ha trasferito competenze tecniche a soggetto inidoneo ad espletarlo (in base alle proprie conoscenze, esperienze o competenze concrete), entrambi saranno chiamati a rispondere della violazione delle norme infortunistiche, il primo per culpa in eligendo, il secondo per l'assunzione di fatto ex art. 299 del ruolo di garante, c.d. colpa per assunzione.
  • - Se il delegante non trasferisce anche poteri gestionali di spesa al delegato e quest'ultimo acconsente ad una traslazione fittizia, il delegato potrà rispondere a titolo di cooperazione commissiva colposa in qualità di extraneus con il delegante, rimasto unico titolare della posizione di garanzia.
  • In caso di carenze strutturali dovute ad omissioni di scelte generali o relative alla struttura/organizzazione aziendale, il datore sarà sempre responsabile, in via esclusiva, per gli infortuni occorsi ai propri lavoratori (ci si riferisce alla manutenzione degli ambienti di lavoro, alla predisposizione degli impianti, all'adozione di macchinari etc). Si tratta di una responsabilità del datore connessa alle scelte generali di politica aziendale di cui egli è il solo titolare e con la quale nessun altro soggetto può interferire.
  • Qualora l'infortunio avvenga in violazione del buon funzionamento di singoli settori dell'azienda demandati alla responsabilità di altri soggetti, (dirigenti, preposti), il datore potrà rispondere in concorso con costoro, se le carenze sono permanenti ed egli non si sia attivato per rimuoverle.
  • In relazione poi agli obblighi di programmazione della sicurezza, nel caso di errata o lacunosa valutazione generale dei rischi, nucleo indelegabile di poteri e obblighi, il datore risponderà sempre di qualsiasi evento lesivo occorso al lavoratore, anche se imputabile a negligenze dei propri collaboratori.
  • La valutazione dei rischi - generali e non di singole attività - per essere efficace ed effettiva (e dunque esonerare da responsabilità il datore), deve attuarsi attraverso la selezione di soggetti professionalmente capaci cui demandare specifiche funzioni; attraverso la messa a disposizione di strumenti ed informazioni sulla natura dei rischi, sull'organizzazione del lavoro, sulla programmazione, sull'attuazione delle misure preventive e dei processi produttivi; attraverso il controllo delle attività subordinate e attraverso la predisposizione e l'attuazione di efficaci modelli organizzativi ex art. 30, comma 4, d.lgs. 81/2008.
  • Il datore andrà esente da responsabilità solo qualora abbia adottato un modello di organizzazione idoneo ed efficace ovvero, quando, pur avendo adottato misure di prevenzione, il comportamento del lavoratore presenti i caratteri dell'eccezionalità, dell'abnormità, dell'esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive di organizzazione ricevute.

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