Il Consiglio di Stato conferma l'ammissibilità dell'avvalimento della certificazione di qualità

Marco Calaresu
21 Maggio 2018

Il Consiglio di Stato ribadisce la possibilità di far ricorso all'istituto dell'avvalimento anche in relazione alla certificazione di qualità. A tal fine è però necessario che l'ausiliaria metta a disposizione dell'ausiliata tutti i fattori della produzione e tutte le risorse, che, complessivamente considerati, le hanno consentito di acquisire la certificazione di qualità messa a disposizione.

Il caso: Il giudizio trae origine dal contenzioso relativo alla gara, suddivisa in 3 lotti, per l'affidamento, con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, della fornitura di sistemi di videosorveglianza e servizi connessi per le pubbliche amministrazioni. Nel dettaglio, le contestazioni alla base del giudizio attengono l'aggiudicazione del lotto n. 2 in favore di un RTI. La ricorrente ha infatti contestato in primo grado e in appello, tra gli altri, una serie di vizi attinenti il contratto di avvalimento della certificazione di qualità sottoscritto dalla capogruppo del RTI aggiudicatario.

L'istituto dell'avvalimento nell'ordinamento eurounitario e in quello nazionale. Il Collegio rileva preliminarmente come l'istituto dell'avvalimento, introdotto nell'ordinamento nazionale in attuazione di puntuali prescrizioni dell'ordinamento eurounitario, è volto a conseguire l'apertura degli appalti pubblici alla concorrenza. Come chiarito dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia, si tratta di un obiettivo utile non solo per gli operatori economici, ma anche per le amministrazioni aggiudicatrici (in tal senso, sentenza del 23 dicembre 2009 in causa C-305/08, CoNISMa). Trattandosi di obiettivi generali dell'ordinamento, precisa il Consiglio di Stato, “grava sull'operatore nazionale l'obbligo di interpretare le categorie del diritto nazionale in senso loro conforme (c.d. criterio dell'interpretazione conforme) e di non introdurre in relazione ad essi vincoli e limiti ulteriori e diversi rispetto a quelli che operano in relazione alle analoghe figure del diritto interno (si tratta di un corollario applicativo dei generali principi di parità di trattamento e di non discriminazione che devono assistere le posizioni giuridiche e gli istituti di matrice eurounitaria)”. I richiamati principi ostano, pertanto, all'introduzione da parte dei legislatori nazionali di vincoli e limiti alla generale possibilità per gli operatori di fare affidamento sulle capacità di altri soggetti (in tal senso la sentenza 7 aprile 2016 in causa C-324/14, Partner Apelski Dariusz). Come chiarito dall'Ad. plen. con la sentenza Cons. St. n. 23 del 2016, l'oggetto del contratto di avvalimento non deve essere analizzato sulla base di criteri più rigorosi rispetto a quelli previsti dalla generalità dei contratti ai sensi degli artt. 1325 e 1346 del c.c., cui consegue che al contenuto di tali disposizioni, ed all'interpretazione che ne è comunemente data, va riportato anche il disposto di cui all'art. 88, co. 1, del d.P.R. n. 2017 del 2010.

L'avvalimento della certificazione di qualità. Alla luce delle esposte considerazioni, il Consiglio di Stato ritiene di condividere la posizione precedentemente espressa, dalla medesima Sezione, nella sentenza 27 luglio 2017, n. 3710 che oltre a riconoscere espressamente la possibilità di ricorrere all'istituto dell'avvalimento anche in relazione alla certificazione di qualità, ha ulteriormente sottolineato che l'ausiliaria deve mettere a disposizione dell'ausiliata tutti i fattori della produzione e tutte le risorse, che, complessivamente considerati, le hanno consentito di acquisire la certificazione di qualità da mettere a disposizione (in tal senso funzionale va intesa la messa a disposizione della propria organizzazione aziendale).

Ciò premesso, il Collegio ha ritenuto infondata l'eccezione di nullità, per indeterminatezza del contenuto, del contratto di avvalimento della certificazione di qualità in favore della capogruppo, in quanto l'appellante avrebbe dovuto dimostrare (perlomeno con il ricorso ad obiettivi indici presuntivi) “che le risorse concretamente cedute dall'ausiliaria e puntualmente indicate nel relativo contratto, complessivamente intese, non fossero idonee a soddisfare le condizioni per l'ottenimento della certificazione di qualità di cui trattasi”.

Negli stessi termini si era già espresso il Consiglio di Stato, Sez. IV Sezione, con la sentenza n. 5052 del 2 dicembre 2016 che ha precisato (nella vigenza del d.lgs. n. 163 del 2006) la necessità che “nel contratto e nella dichiarazione unilaterale dell'impresa ausiliaria indirizzata alla stazione appaltante risulti che quest'ultima metta effettivamente a disposizione della concorrente le proprie risorse ed il proprio apparato organizzativo in tutte le parti che giustificano l'attribuzione del requisito di qualità, in conformità a quanto richiesto dagli (allora vigenti) artt. 49 d.lgs. n. 163 del 2006 e 88, comma 1, lett. a), d.P.R. n. 207 del 2010 (Regolamento di attuazione del codice dei contratti pubblici) e che, dunque, l'oggetto del contratto di avvalimento sia determinato attraverso la compiuto indicazione delle risorse e dei mezzi prestati (in questo senso da ultimo, Cons. Stato, V, 13 febbraio 2017, n. 601)”.

Si rileva, da ultimo, che il Consiglio di Stato non ha accolto neppure le ulteriori censure rivolte dall'appellante: i) al contratto di avvalimento sottoscritto dalla capogruppo, relativamente all'indeterminatezza della durata e all'esiguità del corrispettivo del contratto, e ii) al contratto di avvalimento sottoscritto dalla mandante, relativamente all'indeterminatezza della durata, all'assenza di corrispettivo e all'indeterminatezza del relativo contenuto. Per quanto riguarda l'indeterminatezza del contenuto, il Consiglio di Stato rileva che sempre la richiamata Ad. plen. n. 23 del 2017 ha precisato come “non si configuri l'invalidità del contratto di avvalimento allorché una parte dell'oggetto di quest'ultimo, pur non essendo puntualmente determinata, sia “tuttavia agevolmente determinabile dal tenore complessivo del documento, e ciò anche in applicazione degli articoli 1346,1363 e 1367 del codice civile”. La medesima pronuncia viene richiamata dal Consiglio di Stato per precisare, in ordine all'assenza di corrispettivo, che sul presupposto che il contratto di avvalimento presenti un tipico carattere di onerosità, “non potrà automaticamente parlarsi di invalidità del contratto ogni qualvolta in sede contrattuale non sia stato espressamente stabilito un corrispettivo in favore dell'impresa ausiliaria: il negozio manterrà infatti intatta la sua efficacia ove dal testo contrattuale sia comunque possibile individuare l'interesse – di carattere direttamente o indirettamente patrimoniale – che ha indotto l'ausiliaria medesima ad assumere, senza corrispettivo, gli obblighi derivanti dal contratto di avvalimento e le connesse responsabilità (in termini, già Cons. Stato, IV, 4 dicembre 2001, n. 6073)”.

In conclusione. Il Consiglio di Stato ribadisce l'orientamento favorevole all'ammissibilità, a certe condizioni, dell'avvalimento della certificazione di qualità. Permane, dunque, il contrasto con la posizione assunta dall'ANAC che ritiene inammissibile l'avvalimento della certificazione di qualità, giacché questa non risulterebbe annoverabile tra i requisiti di capacità economico-finanziaria o tecnico-organizzativa dell'operatore economico, ma sarebbe, invece, riconducibile a quei requisiti che, pur non essendo elencati nell'art. 38 del Codice (oggi dall'art. 80 del d.lgs. n. 50 del 2016), sono connotati da un'intrinseca natura soggettiva, in quanto acquisiti sulla base di elementi strettamente collegati alla capacità soggettiva dell'operatore e non scindibili da esso (cfr. Delibera ANAC n. 837 del 27 luglio 2017).

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.