Esclusione per grave illecito professionale in caso di risoluzioni e penali contrattuali sub iudice ex. 80, c. 5, lett. c) c.c.p.

Adriana Presti
23 Maggio 2018

La questione affrontata nella sentenza in commento concerne l'interpretazione della lett. c) del comma 5 dell'art. 80, d.lgs. 18 aprile 2018, n. 50, che come noto stabilisce che la stazione appaltante esclude l'operatore economico qualora dimostri con mezzi adeguati che si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità.
Massima

L'art. 80 del d.lgs. n. 50 del 2016 consente di considerare legittima l'esclusione per gravi illeciti professionali a prescindere dalla circostanza che la risoluzione contrattuale sia sub iudice, essendo l'elencazione delle fattispecie ivi contemplate meramente esemplificativa. In tal caso è necessario dimostrare e motivare l'effettività, la gravità e l'inescusabilità degli inadempimenti dell'impresa.

Il caso

Il caso riguarda la riforma di una sentenza di primo grado con la quale era stata confermata la revoca dell'aggiudicazione provvisoria in favore del concorrente primo classificato nonché l'aggiudicazione della gara alla seconda classificata. La revoca impugnata, in particolare, era stata disposta ai sensi dell'art. 80, comma 5, lett. c), D.Lgs. n. 50 del 2016 ed era stata motivata in ragione dell'avvenuta risoluzione per inadempimento - avvenuta pochi giorni prima l'aggiudicazione e oggetto di contestazione davanti all'a.g.o - di un precedente contratto di forniture di dispostivi medici, stipulato tra le parti.

La questione

La questione in esame concerne l'interpretazione della lett. c) del comma 5 dell'art. 80, d.lgs. 18 aprile 2018, n. 50, che come noto stabilisce che la stazione appaltante esclude l'operatore economico qualora dimostri con mezzi adeguati che si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità. Tra questi rientrano: le significative carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata all'esito di un giudizio. Si trattava nella specie di stabilire se:

  1. il provvedimento di revoca fosse sorretto da una adeguata dimostrazione circa il grave illecito professionale in cui in thesi era incorso il concorrente, atteso che la motivazione faceva menzione della sola risoluzione contrattuale (e non delle penali), di modo che da questa derivava l'esclusione automatica dalla nuova gara;
  2. ovvero se la contestazione in giudizio impedisse l'adozione di un siffatto provvedimento.

Le soluzioni giuridiche

Il CGA ha osservato che:

  • il concorrente aveva contestato la risoluzione del precedente contratto dinanzi al Tribunale civile, adducendo in tale sede, la scarsa importanza e non imputabilità dei propri ritardi, e contestando espressamente anche l'entità delle penali inflittele;
  • la Stazione appaltante aveva posto a base della revoca una risoluzione contrattuale disposta appena due giorni prima;
  • tale risoluzione non poteva dirsi “confermata all'esito di un giudizio”, né “non contestata in giudizio” (tale formula implica che al provvedimento di risoluzione debba essere stata prestata un'acquiescenza Cons. St., Sez. V, 27 aprile 2017, n. 1955), dal momento che ricorrente non era stata lasciata alcuna possibilità di adire già medio tempore le vie legali contro la risoluzione;
  • nella specie, non ricorreva in una condizione riconducibile ad alcuna delle esemplificazioni specifiche costituenti il nucleo della norma dell'art. 80, comma 5, lett. c), del d.lgs. n. 50 del 2016;

Il Collegio ha tuttavia osservato che quanto testé evidenziato non fosse sufficiente a concludere che la ricorrente si trovasse tout court al di fuori del campo di applicazione della norma, la cui elencazione è meramente esemplificativa, e in quanto tale consente l'esclusione, invero, al di là delle tipizzazioni che pur ne costituiscono il nucleo (al cospetto delle quali opera un meccanismo di tipo presuntivo), anche in tutti i casi in cui “la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l'operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità.” Ne consegue che a un'impresa non basta aver contestato in giudizio la risoluzione contrattuale subìta per porsi completamente al riparo, per tutta la durata –per giunta, prevedibilmente cospicua- del processo, dal rischio di esclusioni da gare d'appalto indotte dalla relativa vicenda risolutoria.

Anche in presenza di una risoluzione per inadempimento che si trovi sub iudice, infatti, alla Stazione appaltante non è precluso applicare ugualmente la causa di esclusione in discussione, con i necessari supporti probatori, e con motivazione adeguata circa la effettività, gravità e inescusabilità degli inadempimenti dell'impresa, e perciò, correlativamente, la mera pretestuosità delle contestazioni da questa sollevate in giudizio avverso la misura risolutoria, oltre che, naturalmente, la dubbia “integrità o affidabilità” del medesimo operatore.

Nella specie tuttavia la motivazione a base della revoca non soddisfava neppure lontanamente gli impegnativi requisiti sostanziali appena richiamati, atteso che fa risalire l'esclusione della ricorrente dalla nuova gara alla precedente risoluzione contrattuale a guisa di automatismo. Una motivazione siffatta, però, sarebbe stata sufficiente solo se la fattispecie fosse rientrata nella cerchia delle esemplificazioni costituenti il nucleo della norma più volte citata, in presenza delle quali opera un meccanismo legale di tipo presuntivo (parere della Commissione speciale del Consiglio di Stato n. 2286/2016 si è parlato di una “semplificazione a fini probatori”; nella sentenza CGA n. 575 del 2017 di un “rilievo patologico ex lege”).

Osservazioni

Su una simile lunghezza d'onda, una recente sentenza del Consiglio di Stato (Cons. St., sez. V, 2 marzo 2018 n. 1299: in ordine alla quale si veda il commento di A.L. Ferrario, Esclusione per grave illecito professionale ai sensi dell'art. 80, c. 5, lett. c) c.c.p.: tassatività o meno delle fattispecie escludenti) aveva già osservato che il pregresso inadempimento, anche se non abbia prodotto gli effetti risolutivi, risarcitori o sanzionatori tipizzati dal legislatore, può rilevare comunque a fini escludenti qualora assurga al rango di “grave illecito professionale”, tale da rendere dubbia l'integrità e l'affidabilità dell'operatore economico, e deve pertanto ritenersi rimessa alla discrezionalità della S.A. la valutazione della portata di “pregressi inadempimenti che non abbiano (o non abbiano ancora) prodotto” simili effetti specifici, fermo restando che in tale eventualità i correlativi oneri di prova e motivazione incombenti sull'Amministrazione sono ben più rigorosi e impegnativi rispetto a quelli operanti in presenza delle particolari ipotesi esemplificate dal testo di legge.

Anche il T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I, 11 aprile 2018, n. 2390 ha affermato che la S.A. può basarsi sul solo inadempimento per qualificare il fatto, inteso come comportamento contrattuale del concorrente, quale grave illecito professionale.

In tal quadro non v'è dubbio che l'interpretazione “estensiva”, adottata dal CGA, miri a rendere effettiva la causa di esclusione in esame, evitando che la contestazione in giudizio della risoluzione contrattuale venga utilizzata dagli operatori economici come escamotage per porsi al riparo, per tutta la durata della causa, dal rischio di esclusioni da gare d'appalto in forza della vicenda risolutoria.

In senso difforme dai citati arresti, il TAR Lazio, Sez. III-quater, con sentenza del 2 maggio 2018, n. 4793, ha abbracciato un interpretazione più “restrittiva” della disposizione, così escludendo che la causa di esclusione di cui all'art. 80, comma 5, lett. c), cit., possa essere oggetto di interpretazioni estensive, dovendo ritenersi che l'elencazione ivi contenuta sia tassativa e non integrabile al di fuori delle fattispecie in essa elencate come sviluppate dalle Linee guida dell'ANAC n. 6.

Ciò nonostante più di un dubbio in dottrina (sulla cogenza delle stesse si v. ad es. A Amore, Le cause di esclusione di cui all'art. 80 D.Lgs., n. 50/2016 tra Linee Guida dell'ANAC e principi di tassatività e legalità, in Urbanistica e Appalti, 6/2017, p. 763) è stato sollevato sulla natura asseritamente non vincolativa delle richiamate Linee Guida ANAC n. 6. Del resto, le medesime Linee non si sono limitate all'indicazione dei mezzi di prova adeguati e delle carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto ma hanno ampliato l'elenco e la casistica degli illeciti professionali, individuando ulteriori ed ultronee ipotesi rispetto a quelle fissate dalla norma di recepimento nazionale (art. 80 c.c.p.) e dalla Direttiva 24/2014/UE. Si pensi ad es. ai § 2.1. e 2.2, che contemplano la possibilità di elevare talune condanne penali non esecutive (diverse da quelle di per sé escludenti di cui al comma 1 dell'art. 80 e non contemplate nella lett. c) del comma 5) a grave illecito professionale. Il che sembra anche travalicare lo spirito del Considerando 101 della Direttiva 24/2014/UE: il quale afferma che le amministrazioni dovrebbero mantenere la facoltà di ritenere che vi sia stata grave violazione dei doveri professionali “qualora, prima che sia stata presa una decisione definitiva e vincolante sulla presenza di motivi di esclusione obbligatori, possano dimostrare con qualsiasi mezzo idoneo che l'operatore economico ha violato i suoi obblighi”.

La Corte di giustizia UE è stata anche da ultimo investita della questione della compatibilità, con il diritto dell'UE, della normativa interna sulle cause di esclusione del concorrente dalla partecipazione a una procedura di gara, in caso di grave illecito professionale (Cons. St., sez. V, ord., 3 maggio 2018 n. 2639; si veda altresì T.A.R. Campania, sez. IV, ord. 13 dicembre 2017, n. 5893). Il Collegio ha dubitato della compatibilità con il diritto dell'Unione dell'interpretazione dell'art. 80, comma 5, lett. c), nella parte in cui richiede che l'esclusione dell'operatore economico possa essere disposta solo nel caso in cui le significative carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione, che ne abbiano causato la risoluzione anticipata, siano non contestate in giudizio o confermate all'esito di un procedimento giudiziario. E ciò in estrema sintesi anche perché la scelta di subordinare l'azione amministrativa agli esiti del giudizio è astrattamente possibile, ma è incompatibile con i tempi dell'azione amministrativa, in quanto: (i) risolto il contratto per grave inadempimento dell'operatore economico, l'amministrazione dovrà indire una nuova procedura di gara per concludere un nuovo contratto; (ii) all'operatore economico inadempiente sarà sufficiente contestare in giudizio la risoluzione per ottenere l'ingresso nella nuova procedura, dovendo l'amministrazione attendere l'esito del giudizio per poter procedere legittimamente alla sua esclusione; (iii) l'amministrazione non può assumere autonomamente la decisione di escludere un operatore, dovendo attendere l'esito del giudizio.

Al Giudice europeo sarà quindi demandato il compito di valutare se il recepimento nazionale de qua sia coerente e conforme alla ratio della fattispecie Di cui all'art. 57, par. 4, Direttiva 2014/24/UE. A tal proposito occorre rammentare che il Considerando 101 della citata Direttiva stabilisce che le amministrazioni hanno la possibilità di escludere operatori che si sono dimostrati inaffidabili, per esempio a causa di gravi violazioni dei doveri professionali, tenendo presente che in tal caso l'amministrazione sarà responsabile per le conseguenze di una sua eventuale decisione erronea. In tal quadro secondo il richiamato Considerando le amministrazioni dovrebbero mantenere la facoltà di poter escludere coloro i quali in occasione dell'esecuzione di precedenti appalti hanno messo in evidenza notevoli mancanze per quanto riguarda obblighi sostanziali (per esempio mancata fornitura o esecuzione, carenze significative del prodotto o servizio fornito che lo rendono inutilizzabile per lo scopo previsto o comportamenti scorretti che danno adito a seri dubbi sull'affidabilità dell'operatore economico). Il tutto secondo il monito che “nell'applicare motivi di esclusione facoltativi, le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero prestare particolare attenzione al principio di proporzionalità. Lievi irregolarità dovrebbero comportare l'esclusione di un operatore economico solo in circostanze eccezionali. Tuttavia, casi ripetuti di lievi irregolarità possono far nascere dubbi sull'affidabilità di un operatore economico che potrebbero giustificarne l'esclusione”.

Ciò posto, da un mero raffronto delle fattispecie tipizzate dall'art. 57, par. 4, della Direttiva 2014/24/UE e di quelle esemplificate dall'art. 80, comma 5, lett. c) del Codice contratti pubblici (oggetto di ampliamento ad opera delle Linee Guida n. 6) non v'è dubbio che nel recepimento nazionale sia stata effettuata un'addizione di fattispecie e finalità diverse.

Sicché non resta che attendere l'interpretazione che la Corte di giustizia fornirà su una querelle interpretativa che è destinata fino ad allora a non sopirsi affatto.

Guida all'approfondimento

A. Amore, Le cause di esclusione di cui all'art. 80 D,Lgs, n. 50/2016 tra Linee Guida dell'ANAC e principi di tassatività e legalità, in Urbanistica e Appalti, 6/2017, p. 763.

F. Cintioli, Il sindacato del giudice amministrativo sulle linee guida, sui pareri del c.d. precontenzioso e sulle raccomandazioni ANAC, in Il Diritto Processuale Amministrativo, fasc. 2, giugno 2017

Miche di Donna, I Cartelli antitrust e l'esclusione dalla gara d'appalto al debutto del nuovo Codice, n Urbanistica e Appalti, 4/2017, p. 554

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