No al riconoscimento di adozione disposta all'estero in violazione della normativa italiana

Luca Dell'Osta
23 Maggio 2018

Il Tribunale per i Minorenni di Bologna ha rigettato la domanda di riconoscimento di un'adozione disposta all'estero da parte di due coniugi (il marito cittadino italiano e la moglie cittadina bulgara e italiana, ma entrambi residenti in Italia) i quali avevano fittiziamente spostato la residenza in Bulgaria al fine di accelerare le pratiche adottive.

Nel delicato caso affrontato dal Tribunale per i Minorenni di Bologna i due istanti, marito e moglie, l'uno cittadino italiano e l'altra cittadina sia bulgara sia italiana, entrambi residenti in Italia, chiedevano il riconoscimento di un provvedimento di adozione emesso dalle competenti autorità bulgare. In particolare, nell'atto introduttivo i ricorrenti evidenziavano che l'adozione del bambino era stata originariamente disposta, in Bulgaria, nei confronti della moglie; successivamente il marito aveva spostato la sua residenza proprio nel Paese estero e aveva riconosciuto il bambino come suo figlio. Dagli atti di causa, pertanto, risultava che il minore fosse figlio biologico del ricorrente e figlio adottivo della ricorrente.

Nel corso dell'istruttoria, il Tribunale provvedeva a sentire i coniugi i quali ammettevano di aver seguito questo particolare iter al fine di aggirare la normativa italiana in materia di adozione, sfruttando la cittadinanza bulgara della moglie e riuscendo in questo modo a ottenere l'adozione in poche settimane, senza lunghe attese. Tra l'altro, emergeva che le autorità bulgare, a seguito dell'adozione, avevano iscritto la donna quale madre biologica del minore, stratagemma spesso adottato dalle autorità di quel Paese, come dichiarato dalla donna, con l'unico obiettivo di impedire al bambino, una volta divenuto adulto, di accedere alle proprie origini.

Il Tribunale, da parte sua, evidenzia che ai coniugi devono applicarsi gli artt. 29-bis l. n. 184/1983 e 40 l. n. 218/1995, i quali prevedono che sia applicata la legge italiana nel caso in cui gli adottanti siano residenti in Italia o cittadini italiani residenti all'estero. Non può essere applicato l'art. 36 l. n. 184/1983 dal momento che richiede, quale requisito per poter applicare la legge straniera (in questo caso, per ipotesi, la normativa bulgara), la residenza all'estero prima dell'adozione per almeno due anni.

Ne consegue, pertanto, il rigetto della domanda dei coniugi; in ogni caso, il Tribunale ritiene che, in virtù della situazione familiare di fatto creatasi e del legame affettivo consolidatosi tra il minore e i due istanti, non si possa escludere la possibilità di formalizzare tale condizione di fatto mediante una eventuale richiesta ex art. 44, lett. d), l. n. 184/1983 per valutare, con le modalità ivi indicate, l'opportunità di operare in tal senso ove ciò si riterrà rispondente all'esclusivo e preminente interesse del bambino.

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