Non è possibile escludere dalla gara l’impresa che in buona fede abbia mostrato di volersi adeguare alle previsioni non univoche del bando di gara

Benedetta Barmann
23 Maggio 2018

A fronte della formulazione ambigua della normativa di gara, l'impresa partecipante che abbia, comunque, in buona fede manifestato la volontà di adeguarsi alle previsioni non univoche del bando, formulando l'offerta in adesione a una delle possibili interpretazioni della lex specialis, non può essere sanzionata con l'espulsione dalla procedura di gara. Le offerte, infatti, devono essere interpretate al fine di ricercare l'effettiva volontà dell'impresa partecipante alla gara, superandone le eventuali ambiguità, purché sia possibile giungere ad esiti certi circa la portata dell'impegno negoziale con esse assunte

Il caso. La società Rina Services s.p.a. partecipava quale mandataria di un RTI ad una procedura ristretta indetta da Anas per l'affidamento di taluni servizi di valutazione e revisione di qualità dei sistemi. Nel corso della procedura, la stazione appaltante disponeva l'esclusione della propria offerta, ritenuta inammissibile perché in aumento rispetto all'importo a base di appalto. Nello specifico, la società ricorrente aveva presentato un'offerta economica pari a Euro 1.140.508,50, mentre l'importo a base di appalto era pari a Euro 900.000,00. L'esclusione viene motivata richiamando il punto II 1.5 del bando di gara, a mente del quale «non sono ammesse offerte in aumento». La società richiede l'annullamento di tale provvedimento, ritenendolo viziato sotto svariati profili, primi fra tutti la violazione del bando e del principio di affidamento.

Diritto. Il Tribunale ritiene il ricorso fondato. In particolare, con riferimento alla riferita ambiguità del bando, osserva che «il punto II 1.5 del bando di gara stabiliva che l'importo complessivo dell'appalto era pari a € 1.200.000,00, al netto dell'IVA, ripartito in € 900.000,00 quale “importo a base d'appalto” e € 300.000,00 per l'opzione di rinnovo. Il successivo punto II.2.7 fissava in 36 mesi la durata del contratto, con un possibile rinnovo di ulteriori 12 mesi». Nonostante, dunque, fosse prevista una tale ripartizione dell'importo complessivo dell'appalto, afferma il Collegio che la documentazione di gara non era chiara circa le esatte modalità di presentazione dell'offerta, non essendo plausibile né la previsione di un importo “fisso” per l'opzione di rinnovo né che l'impresa dovesse limitarsi ad indicare nella scheda l'offerta commisurata al solo importo a base di gara, senza tenere conto del valore del rinnovo; difatti, l'offerta economica andava presentata attraverso lo schema reso disponibile dalla stazione appaltante, che consentiva di indicare esclusivamente un'offerta unitaria, con unico ribasso: in siffatto schema non era presente alcun campo che consentisse di specificare l'entità dell'offerta relativa al periodo di rinnovo.

Data l'ambiguità del bando e della documentazione di gara, il Tribunale richiama un orientamento costante della giurisprudenza amministrativa, in base al quale «l'impresa partecipante che abbia, comunque, in buona fede manifestato la volontà di adeguarsi alle previsioni non univoche del bando, formulando l'offerta in adesione a una delle possibili interpretazioni della lex specialis, non può essere sanzionata con l'espulsione dalla procedura di gara (in termini, Cons. St., Sez. V, 24 ottobre 2013, n. 5155)». È stato, inoltre, affermato che “le offerte devono essere interpretate al fine di ricercare l'effettiva volontà dell'impresa partecipante alla gara, superandone le eventuali ambiguità, purché sia possibile giungere ad esiti certi circa la portata dell'impegno negoziale con esse assunte» (Cons. St., sez. V, 27 aprile 2015, n. 2082; sez. III, 27 marzo 2013, n. 1487).

Con riferimento al caso di specie, osserva il Collegio che «l'Anas, nell'imporre ai fini della presentazione dell'offerta economica la compilazione di uno schema in cui non era possibile indicare altro se non il “totale” della remunerazione per i diversi servizi messi a gara e il conseguente “totale generale”, ha indotto la ricorrente a parametrare l'offerta presentata sull'importo complessivo dell'appalto, comprensivo dell'eventuale rinnovo, e non su quello a base di gara». La portata dell'impegno negoziale della ricorrente non può, pertanto, considerarsi dubbia.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.