Quando si propone la domanda di rimborso delle somme anticipate per il figlio non riconosciuto dall’altro genitore?
13 Giugno 2018
Massima
In materia di mancato riconoscimento del figlio, l'azione di regresso può essere esercitata dal genitore che ha provveduto in via esclusiva al mantenimento del minore unitamente alla domanda di dichiarazione giudiziale della paternità naturale, pur essendo il titolo eseguibile soltanto dopo il passaggio in giudicato della sentenza di accertamento della paternità naturale. Il caso
La decisione che qui si commenta trae origine dal ricorso per cassazione proposto dal Sig. G.D. avverso la sentenza della Corte d'Appello di Brescia (pubblicata in data 16 dicembre 2014) con la quale il giudice di secondo grado era stato chiamato a decidere in merito alla domanda di accertamento giudiziale della paternità promossa dalla Sig.ra C.C. e dalla Sig.ra D.C. nei confronti del Sig. G.D., nonché sulla connessa pretesa al rimborso delle spese sostenute per il mantenimento, oltre al risarcimento del danno esistenziale subito dalle stesse a causa del mancato riconoscimento. La questione
La questione principale affrontata dalla decisione in commento riguarda il delicato tema della relazione intercorrente fra l'accertamento dello status filiationis e l'individuazione del momento di proponibilità della domanda di rimborso delle somme anticipate per il mantenimento del figlio minore nei confronti dell'altro genitore. Le soluzioni giuridiche
La decisione in commento afferma, in linea con l'orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, che il diritto di regresso del genitore per le spese affrontate in adempimento dei doveri connessi alla genitorialità può essere esercitato prima del passaggio in giudicato della sentenza di dichiarazione della paternità anche se l'esecuzione del titolo e la conseguente decorrenza della prescrizione del diritto a contenuto patrimoniale presuppongono la sussistenza del riconoscimento o del giudicato sullo status. Invero, secondo l'insegnamento della giurisprudenza di legittimità, nell'ipotesi in cui al momento della nascita il figlio sia riconosciuto da uno solo dei genitori, tenuto perciò a provvedere per intero al suo mantenimento, non viene meno l'obbligo dell'altro genitore per il periodo anteriore alla pronuncia di dichiarazione giudiziale di paternità o di maternità naturale, essendo sorto sin dalla nascita il diritto del figlio naturale ad essere mantenuto, istruito ed educato da parte di entrambi i genitori. Da ciò consegue, per un verso, che il genitore naturale, dichiarato tale con provvedimento del giudice, non può sottrarsi alla obbligazione nei confronti del figlio per la quota parte posta a suo carico, ma è tenuto a provvedere sin dal momento della nascita, e, per altro verso, che il genitore il quale ha provveduto in via esclusiva al mantenimento del figlio ha azione nei confronti dell'altro per ottenere il rimborso pro quote delle spese sostenute dalla nascita. Tale azione non è tuttavia utilmente esercitabile se non dal momento del passaggio in giudicato della sentenza di accertamento della filiazione naturale (atteso che soltanto per effetto della pronuncia si costituisce lo status di figlio naturale, sia pure con effetti retroagenti alla data della nascita); con la conseguenza che detto momento segna altresì il dies a quo della decorrenza della prescrizione del diritto stesso (Cass. n. 23596/2006; Cass. n. 26575/2007; Cass. n. 17914/2010. Principi confermati da Cass. n. 7986/2014). Detto in altri termini, secondo la Cassazione, nonostante il diritto del figlio al mantenimento e la corrispondente responsabilità genitoriale sorgano per il solo fatto della procreazione (tant'è vero che si riconosce al genitore, che ha sostenuto per intero i relativi oneri, il diritto di agire per la rifusione pro quota delle spese pregresse, sin dalla nascita del figlio), presupposto per l'esercizio di tale diritto è l'attribuzione dello stato di figlio anche nei confronti dell'altro genitore o a seguito di riconoscimento spontaneo o a seguito di dichiarazione giudiziale, in quanto è solo l'attribuzione di tale stato che rende utilmente esercitabili i diritti e le azioni connessi alla filiazione (cfr. Cass. n. 15756/2006; Cass. 2328/2006; Cass. n. 15100/2005; Cass. n. 10124/2004). Il riconoscimento e la sentenza di accertamento giudiziale di paternità hanno natura intrinsecamente costitutiva, in quanto attribuiscono lo status di figlio e costituiscono pertanto il presupposto per l'esercizio dei diritti ad esso connessi, ma dichiarativa sotto il profilo degli effetti che retroagiscono al momento della nascita (Cass. n. 23596/2006). Tenuto conto della connessione esistente tra il diritto del figlio al mantenimento ed il diritto del genitore al rimborso, anche l'esercizio dell'azione di regresso presuppone l'accertamento dello status di figlio e con esso del diritto al mantenimento (Cass. 10124/2004). Pertanto, prima dell'intervento di un provvedimento costitutivo, il genitore adempiente non può far valere il proprio diritto al rimborso, ai sensi dell'art. 2935 c.c., e di conseguenza il termine di prescrizione non può iniziare a decorrere (Cass. n. 23596/2006). A tali conclusioni la Cassazione giunge valorizzando alcune disposizioni contenute nel codice civile, quali, innanzitutto gli artt. 261 (ora abrogato) e 277 c.c. dai quali è desumibile la conferma che solo con il riconoscimento o con la dichiarazione giudiziale di paternità il genitore assume i diritti e i doveri nei confronti dei figli. Osservazioni
Come anticipato, con la decisione in commento la Cassazione torna ad occuparsi del delicato problema del rapporto fra l'accertamento dello status filiationis e l'individuazione del momento di proponibilità della domanda di rimborso delle spese sostenute per il mantenimento del figlio minore nei confronti dell'altro genitore. Più in particolare, nella fattispecie in esame, trattasi di domanda di accertamento dello stato di figlio a mezzo di dichiarazione giudiziale di paternità: in assenza di un riconoscimento spontaneo da parte del genitore biologico, infatti, lo status di figlio nei confronti di quel genitore può essere accertato dal giudice. Tale accertamento è fondamentale per l'acquisizione dei diritti contemplati dall'art. 30 Cost. nonché, in attuazione di questo, dall'art. 315-bis c.c.. L'azione di dichiarazione giudiziale di paternità (e maternità) rientra, dunque, tra le cc.dd. azioni di stato essendo diretta ad accertare lo stato di figlio nei confronti del genitore che non ha effettuato un riconoscimento spontaneo. L'azione è disciplinata dagli artt. 269, 270, 273, 276 e 279 c.c. così come novellati dalla recente riforma sulla filiazione apportata con il d.lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, ed in particolare dagli artt. 30-36 a mezzo dei quali il legislatore ha adeguato le disposizioni sopra indicate al nuovo concetto unitario di figlio introdotto dalla l. 10 dicembre 2012, n. 293 (entrata in vigore il 1 gennaio 2013). A tal riguardo è bene precisare che le modifiche apportate a tale corpo di norme consistono, più in particolare, in un adeguamento terminologico al nuovo statuto della filiazione, restando quindi inalterato l'impianto generale dell'azione in esame. Invero, la formulazione dell'art. 269 c.c., norma che contempla appunto la possibilità di accertamento giudiziale del rapporto di filiazione biologico, differisce dalla precedente solamente per l'eliminazione dell'aggettivo “naturale”. Quanto agli effetti derivanti dalla dichiarazione giudiziale di paternità (o maternità) si ricorda il diritto del figlio al mantenimento verso il genitore accertato ed il corrispondente obbligo di mantenimento a carico di quest'ultimo. Tale obbligo, nascendo dalla stessa procreazione, ha efficacia retroattiva dalla data di nascita e non dalla data della domanda giudiziale (Cass., sez. I, 11 luglio 2006, n. 15756). È questa la ragion per cui colui che si vede notificare una domanda di accertamento della filiazione sapendo di essere genitore biologico, cerca, nella maggior parte dei casi e opportunamente, di addivenire ad un accordo con l'attore (il figlio stesso o, come avviene nella maggioranza dei casi, il genitore esercente la responsabilità genitoriale sul figlio): l'accordo avrà ad oggetto il riconoscimento spontaneo del figlio (probabilmente successivamente ad un esame del DNA) e la determinazione del contributo periodico al suo mantenimento futuro, oltre la determinazione forfetaria di una somma di denaro da liquidarsi una tantum a copertura del mantenimento dovuto retroattivamente fin dalla nascita del figlio (R. Rossi, Le azioni relative allo stato di figlio, Giuffrè, 2014, 99). La giurisprudenza ha inteso il mantenimento dei minori come un obbligo che spetta primariamente ed integralmente ai loro genitori, in logica corrispondenza al diritto di quest'ultimi, ugualmente primario ed esclusivo, di indirizzarne l'educazione valorizzandone le capacità, le inclinazioni naturali e le aspirazioni. Di conseguenza, può affermarsi il carattere della solidarietà che lega i genitori nell'adempimento di tale dovere. Pertanto, laddove uno dei genitori non possa o non voglia adempiere al proprio dovere, l'altro genitore è tenuto a far fronte per intero alle esigenze dei figli attraverso tutte le sue sostanze patrimoniali e la propria capacità lavorativa. Ad ogni modo, occorre tener presente che, in tutti quei casi in cui uno dei genitori abbia da solo provveduto integralmente al mantenimento del figlio, questi può ottenere dal genitore giudizialmente dichiarato il relativo rimborso della quota. Invero, sempre dalla data della nascita decorre l'obbligo del genitore dichiarato di rimborsare l'altro che abbia provveduto al mantenimento del figlio con la precisazione che la condanna al rimborso di tale quota, per il periodo anteriore alla proposizione dell'azione, potrà essere pronunciata solo a fronte di un'espressa domanda formulata in tal senso dal genitore iure proprio e non in rappresentanza del figlio, nell'ambito della definizione di rapporti pregressi tra debitori solidali ex art. 1299 c.c. in relazione a diritti disponibili (Cass., sez. I, 6 settembre 2009, n. 2363). Il diritto di agire in via di regresso verso il genitore inadempiente, nonché la relativa prescrizione, sorge dalla sentenza dichiarativa della filiazione. Più precisamente, nonostante tale domanda possa essere proposta nel giudizio di dichiarazione giudiziale di filiazione, per poter mettere in esecuzione il titolo è necessario il passaggio in giudicato della sentenza dichiarativa di paternità (e maternità). Sul tema occorre segnalare le critiche mosse dalla dottrina a tale orientamento giurisprudenziale. È stato osservato, infatti, che la Cassazione pur sostenendo che gli obblighi genitoriali, tra i quali quello di mantenimento, sorgano per il fatto materiale del concepimento e della nascita, pone però come presupposto giuridico per l'esercizio dei diritti e per la proposizione delle azioni connesse, il riconoscimento formale di status di figlio, cosi di fatto facendo derivare siffatti diritti e doveri dalla sua attribuzione e non più dalla procreazione (sul punto v. M. Ortone, Ancora sui limiti temporali dell'esercizio dell'azione di regresso nei confronti del genitore inadempiente” in Fam. e Dir., 2011, 2, 129; Id, Mantenimento del figlio e prescrizione dell'azione di regresso nei confronti del genitore inadempiente in Fam. e Dir., 2007, 11, 1007). In tal modo la Cassazione svilisce l'art. 30 Cost., norma di natura precettiva che, stabilendo l'obbligo dei genitori di “mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori dal matrimonio”, si riferisce, in armonia alla recente riforma del diritto di famiglia, a tutti i figli anche non riconosciuti e non riconoscibili. Il Costituente ha voluto così imporre la “responsabilità dei genitori per il fatto stesso della procreazione”, indipendentemente da atti formali di riconoscimento biologico (R. Di Cristo, Obbligo di mantenimento e regresso nei rapporti tra genitori naturali, in Fam. Pers. Succ., 2008, 11, 919). Sempre secondo tale opinione dottrinale, la Cassazione incorre in una contraddizione non sottovalutabile. Invero, se da un lato afferma la possibilità del figlio di conseguire il mantenimento a prescindere da un formale accertamento dello status, ma semplicemente sulla base di un accertamento incidentale del legame biologico, dall'altro richiede come presupposto necessario per esperire l'azione di regresso e di risarcimento del danno il passaggio in giudicato della sentenza sullo status (G. Facci, Questioni controverse in tema di prescrizione nell'ambito della responsabilità dei genitori nei confronti dei figli in Resp. civ. e prev., fasc. 1, 2010). Al contrario, in forza degli artt. 30 Cost. e 279 c.c., che del primo costituisce applicazione diretta, è la mera procreazione, ove positivamente accertata, anche in via incidentale, a rendere i genitori responsabili degli obblighi previsti dagli artt. 148, 315-bis e 316-bis nei confronti del figlio. Di conseguenza l'azione di regresso per il rimborso delle spese già sostenute e quella di concorso alle spese future possono essere proposte a prescindere da un formale riconoscimento o da una pronuncia giudiziale di genitorialità, ma previo accertamento anche solo incidentale del rapporto di filiazione, laddove contestato dal genitore convenuto (M. Ortone, cit.). A sostegno di quanto appena detto si ricordano le recenti modifiche legislative in materia di famiglia. Più in particolare, il d.lgs. n. 154/2013 ha abrogato l'art. 261 c.c. eliminando in tal modo ogni dubbio sul fatto che i diritti e doveri non siano collegati al formale riconoscimento, ma preesistano ad esso per il fatto stesso della procreazione. È stato inoltre modificato l'art. 480 c.c. positivizzando quel principio più volte affermato dalla Cassazione della decorrenza del termine decennale di accettazione dell'eredità, per i figli non riconosciuti, dal passaggio in giudicato della sentenza che accerta la filiazione. Alla base di tale orientamento vi è l'esigenza di favorire il genitore adempiente, quale parte debole e danneggiata. Questi, infatti, potrebbe restare insoddisfatto a causa dell'impossibilità di esperire l'azione di regresso in tutti i casi in cui non si addivenga ad alcun accertamento del rapporto di filiazione (ad esempio nei casi in cui il figlio quattordicenne non dia il consenso al riconoscimento o, ormai maggiorenne decida di non promuovere l'azione di dichiarazione giudiziale paternità o nel caso in cui il figlio non sia riconoscibile o il giudice non autorizzi il riconoscimento tardivo). Al contrario, svincolando l'azione di regresso da una sentenza sullo status passata in giudicato si offre alla parte debole una tutela maggiore, consentendole di ottenere la quota parte anticipata semplicemente previo un eventuale accertamento, anche incidentale, del rapporto di filiazione nel caso di contestazione da parte del convenuto. A tale opinione dottrinale si oppongono quanti hanno osservato che, nonostante alcun dubbio possa essere posto con riferimento al fatto che la procreazione si ponga come fonte di responsabilità genitoriale, è altrettanto indiscutibile che l'acquisizione dello status costituisce un elemento di certezza a partire dal quale il vincolo familiare acquisisce visibilità all'esterno, divenendo in tal modo “opponibile”. Inoltre, la discussione sullo status, permette di affrontare contestualmente e in un'unica sede processuale tutte le questioni ad esso connesse, comprese le modalità del mantenimento e della cura, la gestione effettiva delle responsabilità familiari, e se del caso, quelle relative ai rimborsi e ai risarcimenti connessi al mancato riconoscimento (L. Mormile, Dichiarazione giudiziale di paternità e prescrizione del diritto al rimborso delle spese di mantenimento e del diritto al risarcimento del danno, in www.dirittocivilecontemporaneo.it, aprile/giugno, 2014). C. M. Bianca, La riforma della filiazione, Padova, 2015. A. Cagnazzo, La filiazione. Nuovi orientamenti giurisprudenziali e dottrinali, Giuffrè, 2017. M. Dossetti, M. Moretti, C. Moretti, La nuova filiazione. Accertamento e azioni di stato, Modena, 2017. R. Rossi, Filiazione: cosa cambia, Giuffrè, 2012 |