La composizione della crisi da sovraindebitamento nella legge delega e nella bozza di decreto attuativo

Mariacarla Giorgetti
Sergio Nadin
Sergio Nadin
15 Giugno 2018

La disciplina relativa alla composizione della crisi da sovraindebitamento è certamente una delle novità di maggior rilevanza intervenute nella materia concorsuale negli ultimi anni. Rilevanza dovuta, tra gli altri motivi, alla finalità sociale di tali strumenti, con i quali il legislatore consente anche alla persona fisica gravata da debiti una possibile via d'uscita all'emarginazione dovuta alla sfiducia del mondo creditizio.
Lo schema di decreto attuativo della legge n. 155/2017 e il sovraindebitamento

La disciplina relativa alla composizione della crisi da sovraindebitamento è certamente una delle novità di maggior rilevanza intervenute nella materia concorsuale negli ultimi anni. Rilevanza dovuta, tra gli altri motivi, alla finalità sociale di tali strumenti, con i quali il legislatore consente anche alla persona fisica gravata da debiti una possibile via d'uscita all'emarginazione dovuta alla sfiducia del mondo creditizio (per alcune recenti osservazioni sul punto si rimanda a M. Vitiello, “Il piano del consumatore: natura del procedimento e conseguenze del suo inquadramento sistematico”, in questo portale, 8 marzo 2017).

Introdotta dalla L. n. 3/2012 e successivamente modificata, la disciplina del sovraindebitamento ha permesso ai c.d. “non fallibili” l'utilizzo di strumenti che molto hanno in comune con quelli regolati dalla legge fallimentare.

È noto che gli istituti ivi previsti non hanno trovato nel recente passato la diffusione che avrebbero (almeno in astratto) meritato, complici la scarsa propensione dell'imprenditore sotto soglia e del debitore civile a ricorrere a procedimenti – in parte giudiziari – per risolvere una situazione di indebitamento eccessivo, nonché la lacunosa e tardiva normativa secondaria per l'attivazione degli Organismi di Composizione della Crisi (v. D.M. n. 202/2014).

Le problematiche di maggior spessore affrontate dagli esperti nell'interpretazione della nuova regolamentazione si fondano sulla difficoltà di utilizzare gli istituti tipici della legge concorsuale nel contesto di una disciplina che – anche topograficamente – appare distante da quelli che sono i principi fondanti della cura della crisi.

In questo contesto, s'inserisce la legge delega per la riforma delle disciplina della crisi di impresa e dell'insolvenza del 19 ottobre 2017 n. 155, che si propone di riorganizzare l'intera struttura normativa concorsuale, come comprensiva anche della normativa relativa al sovraindebitamento.

Le direttive al Governo previste nella legge citata toccano profondamente l'istituto della ristrutturazione dei debiti del sovraindebitato, sia dal punto di vista sostanziale (si pensi all'ampiamento soggettivo determinato dall'applicabilità del procedimento ai soci illimitatamente responsabili) sia dal punto di vista processuale (in questo caso, si rimanda alla possibilità concessa al debitore meritevole di accedere all'esdebitazione, benché non sia in grado di fornire ai creditori alcuna utilità; per ulteriori approfondimenti della legge delega si rimanda ad Alessandro Farolfi, Sovraindebitamento, in questo portale).

La Commissione di Studio per l'elaborazione degli schemi di decreto legislativo ai fini attuativi della delega ha licenziato due dei tre schemi di decreto legislativo previsti, riguardanti, il primo, il vero e proprio codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza (ossia la disciplina che potrà sostituire l'attuale legge fallimentare e la legge sul sovraindebitamento) e, il secondo, le modifiche al codice civile necessarie e conseguenti.

La collocazione della disciplina e i principi generali

La sistematica dello schema del progetto di decreto prevede la collocazione della disciplina relativa alla regolazione della crisi del soggetto non fallibile nel Capo III del Titolo IV, il quale viene appunto denominato “strumenti di regolazione della crisi”. L'unione – del resto prevedibile e opportuna – della regolamentazione del sovraindebitamento nello stesso articolato che tratta il più ampio tema del diritto concorsuale non può che favorire un'interpretazione omogenea e coerente degli istituti.

Per una completa lettura della disciplina del sovraindebitamento è necessario prendere le mosse già dagli artt. 1 e 2 dello schema di decreto.

Il primo articolo citato disegna l'ambito applicativo della nuova normativa, la quale disciplina “in modo unitario le situazioni di crisi o insolvenza del debitore, sia esso consumatore, professionista o imprenditore, che eserciti, anche non a fini di lucro, un'attività commerciale, industriale, artigiana o agricola (…)”.

Nell'art. 2 l'articolato distingue i concetti di crisi, insolvenza e sovraindebitamento, descrivendo quest'ultimo quale “stato di crisi o d'insolvenza del consumatore, de professionista, dell'imprenditore minore e di ogni altro debitore non assoggettabile alla liquidazione giudiziale”.

Il richiamo al concetto di crisi per descrivere quello di sovraindebitamento non rende semplice la definizione del presupposto soggettivo per accedere agli strumenti in discorso, dal momento che lo stato di crisi è definito dal medesimo articolo, al comma 1, n. 1), come “stato di difficoltà economico – finanziaria che rende probabile l'insolvenza del debitore”, specificando che, solo per le imprese, la stessa si manifesta come inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte regolarmente alle obbligazioni. Forse, in questo caso, la condivisibile esigenza di creare forti connessioni tra i concetti di crisi, insolvenza e sovraindebitamento ha impedito di fornire qualche spunto in più per una corretta definizione del predetto stato, come, invece, sembra fare la norma ora vigente.

La competenza dell'ufficio giudiziario non trova nella riforma particolari modifiche. Mentre l'art. 9 della legge vigente prevede che, per quanto riguarda l'imprenditore, la proposta di accordo debba essere presentata presso il tribunale del luogo di residenza o sede principale del debitore e, per quanto concerne il consumatore, il tribunale del luogo ove ha residenza, nel progetto di riforma si fa riferimento al centro degli interessi principali del debitore (art. 30), la quale trova – a seconda delle caratteristiche di tipo soggettivo del debitore – un suo significato pratico.

Viene esclusa l'applicazione ai sovraindebitati della deroga di competenza prevista dall'art. 32 alle sezioni specializzate in materia d'impresa, che molto ha fatto discutere gli esperti del settore per via del riordino degli uffici giudiziari che comporta. L'esigenza di porre a capo del procedimento un magistrato “concorsualista” non ha – evidentemente – trovato terreno fertile per il caso del debitore civile e del piccolo imprenditore. Scelta che, sebbene comprensibile dal punto di vista di gestione dei pesi processuali, costituisce un'ombra scura nel panorama unitario che la nuova disciplina vorrebbe fornire.

A differenza della vigente legge n. 3/2012 che affronta ed organizza la materia relativa al sovraindebitamento secondo un principio di ordine soggettivo, per cui nella stessa si trova la regolamentazione di tutti e tre gli strumenti previsi dalla normativa, nel progetto di decreto la disciplina, ora compatta, segue una sistematica diversa. In questo ordine di idee, nel capo III del titolo IV (dedicato agli “strumenti di regolazione della crisi”) viene previsto il regolamento relativo alla “ristrutturazione dei debiti del consumatore” che, come si vedrà a breve, prende il posto del piano del consumatore, nonché (alla sezione III) il “concordato minore”, istituto che coincide con l'odierno accordo di composizione della crisi.

La ristrutturazione dei debiti del consumatore

Il primo strumento messo a disposizione dal progetto di decreto consiste nella ristrutturazione dei debiti del consumatore (art. 72), il quale prende il posto dell'attuale piano del consumatore, il cui procedimento è disciplinato dagli artt. 12-bis e ss. della L. n. 3/2012.

È noto che l'istituto si sostanzia in un piano da proporre al giudice con il quale il debitore non imprenditore può affrontare e risolvere la propria situazione di sovraindebitamento. Nell'istituto in questione, il voto dei creditori è sostituito dalla valutazione del giudice in relazione alla meritevolezza della proposta del debitore, sotto il duplice profilo dell'assenza di colpa nella causazione del sovraindebitamento e della fattibilità del piano (per un approfondimento sul punto, si rimanda a Arcuri-Bosticco, Il piano di risanamento attestato e il nuovo sovraindebitamento - Giuffrè Editore, 2014).

Si prendono le mosse dal contenuto che la proposta di ristrutturazione deve presentare, notando che, rispetto alla disciplina vigente, non sembrano ravvedersi particolari differenze, salvo l'enfasi posta dall'art. 72 dell'articolato sulla specificità nell'indicazione dei tempi e delle modalità con le quali superare la crisi da sovraindebitamento.

Anche la documentazione che il debitore ha l'onere di allegare alla proposta non trova nell'articolato significative differenze, dovendosi ricostruire con la dovuta specificità e chiarezza la situazione debitoria e quella patrimoniale del sovraindebitato. Non pare essere particolarmente adatta l'espressione utilizzata nell'art. 72, comma 1, lett. c), laddove si richiede l'indicazione degli atti di straordinaria amministrazione compiuti dal consumatore nell'ultimo biennio. Considerate le caratteristiche soggettive dell'istante, forse, non era sbagliata la scelta lessicale del legislatore del 2012, il quale si riferisce agli atti di disposizione compiuti negli ultimi cinque anni.

Rimane, come nella disciplina vigente, la possibilità di sottoporre a falcidia il creditore privilegiato ove ne sia assicurato il pagamento in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti oggetto della causa di prelazione come attestato dagli organismi di composizione della crisi.

Il ruolo di fondamentale importanza riservato all'OCC trova nel recente articolato un adeguato riscontro. L'art. 73, infatti, impone che la proposta di ristrutturazione sia accompagnata da una relazione del suddetto organo, contenente: i) indicazione delle cause dell'indebitamento e della diligenza impiegata dal debitore nell'assumere le obbligazioni; ii) esposizione delle ragioni dell'incapacità del debitore di adempiere le obbligazioni assunte; iii) valutazione sull'idoneità ed attendibilità della documentazione depositata a corredo della domanda; iv) indicazione presunta dei tempi e costi della procedura.

Come noto, anche la vigente disciplina prevede specifici requisiti della relazione formulata dall'OCC, per cui, sulla base di un preliminare esame della normativa, sembra che sia venuto meno il giudizio dell'organo sulla convenienza del piano rispetto all'alternativa liquidatoria.

Nuova, per quel che riguarda la relazione dell'OCC, è la dovuta indicazione del comportamento del soggetto finanziatore e, in particolare, sull'adeguatezza dell'analisi sul merito creditizio del debitore sovraindebitato effettuata dallo stesso finanziatore. Il disposto è strettamente collegato alla previsione dell'art. 74, ove si stabilisce che, ove il creditore abbia “consapevolmente o colpevolmente determinato la situazione di sovraindebitamento o il suo aggravamento e che ha violato i principi di cui all'art. 124 bis T.U.B. non può presentare opposizione o reclamo in sede di omologa, anche se dissenziente, né far valere cause di inammissibilità che non derivino da comportamenti dolosi del debitore”. Il contributo colpevole alla situazione di sovraindebitamento da parte del creditore (la disposizione si riferisce, evidentemente agli istituti di credito) attraverso la concessione di un finanziamento non opportunamente valutato provoca, dunque, l'impossibilità del creditore in questione di sollevare eccezioni alla proposta del debitore. Si comprende la scelta di impedire al creditore non accorto di provocare un giudizio di cram down in ordine alla proposta di ristrutturazione. Si comprende meno perché lo schema di decreto impedisca anche ulteriori eccezioni in ordine all'ammissibilità dell'iniziativa debitoria.

Strettamente correlato ai requisiti indispensabili della relazione dell'OCC è il vaglio in ordine alla meritevolezza che il giudice ha il compito di effettuare specialmente sulle cause determinanti il sovraindebitamento.

Nella L. n. 3/2012 si ha riscontro di tale giudizio in due punti specifici. Innanzitutto, nella disamina circa l'ammissibilità del piano (funzionale a procedere con il decreto di fissazione d'udienza di causa) il giudice deve verificare l'assenza di atti in frode ai creditori (art. 12 bis). In secondo luogo, il requisito della meritevolezza viene ribadito allorché il giudice, per omologare il piano, deve escludere che il consumatore abbia assunto obbligazioni senza la ragionevole prospettiva di poterle adempiere, ovvero che abbia colposamente determinato il sovraindebitamento, anche per mezzo di un ricorso al credito non proporzionato alle proprie capacità patrimoniali (art. 12 bis).

Sul concetto di atti in frode, non può che rimandarsi, mutatis mutandis, alle analisi svolte dalla dottrina e giurisprudenza in ordine al concordato preventivo (art. 173 l.fall.). Con l'espressione in questione si ripropongono, anche nel piano del consumatore, tutte le perplessità sorte per il caso della procedura concordataria. Si pensi, ad esempio, alla questione relativa alla tempistica rispetto alla quale tali tipologie di atti possano risultare rilevanti per la proposta del consumatore (per approfondimenti sul tema, si rimanda a Jorio – Sassani, “Trattato delle procedure concorsuali”, IV, 265 e ss.); nonché, alla tipologia di atti che possono essere qualificati atti in frode, potendosi, anche per questo, appellare agli studi sul concordato preventivo e specificare il significato della disposizione nell'ottica della correttezza delle informazioni da fornire ai creditori (sulla correlazione tra atti in frode e meritevolezza, v. Trib. Milano 18/11/2016, ove si chiarisce che “La presenza di iniziative o atti in frode ai creditori che siano obiettivamente idonei ad arrecare pregiudizio alle ragioni creditorie a prescindere dalla loro idoneità decettiva incidono sulla meritevolezza del debitore e determinano il rigetto della domanda di omologazione dell'accordo”).

Descritta per sommi capi l'attuale normativa, occorre ora a verificare come il requisito della meritevolezza viene affrontato dal nuovo articolato. La questione è disciplinata dall'art. 74 (denominato “requisiti del piano e condizioni soggettive ostative”), al cui comma 1 si sancisce l'impossibilità del consumatore di accedere alla procedura in questione se è già stato esdebitato nei cinque anni precedenti la domanda, ovvero se ha già beneficiato dell'esdebitazione due volte, ovvero ha determinato la situazione di sovraindebitamento con grave colpa, frode o malafede.

Non pare, innanzitutto, chiaro in quale momento il giudice debba valutare la sussistenza di comportamenti pregiudizievoli del patrimonio. Sembrerebbe che il vaglio possa essere svolto sia in fase di apertura del procedimento, sia in sede di decisione sull'omologazione della ristrutturazione. Pare preferibile, in assenza di elementi normativi che depongano altrimenti, mantenere l'impostazione prevista dalla legge vigente, la quale differiva il sindacato sul comportamento del debitore nell'assunzione delle obbligazioni al momento dell'omologazione, in modo tale che il giudice possa vagliare il requisito anche alla luce delle osservazioni che i creditori potranno inviare in merito alla proposta (sul punto, Trib. Milano, 13/10/2015: “Il momento in cui deve essere valutata l'ammissibilità della proposta di composizione della crisi da sovraindebitamento è quello nel quale detta proposta viene depositata con l'ausilio dell'Organismo di composizione della crisi”).

La disciplina giudiziale prevista dallo schema di decreto

La fase giudiziale del procedimento per ristrutturazione dei debiti viene trattata dal successivo art. 75. Rispetto a quello vigente, l'iter giudiziale risulta maggiormente improntato alla celerità: viene meno la previsione di fissazione dell'udienza di cui all'art. 12-bis, comma 1, L. n. 3/2012 per lasciar posto alla possibilità per i creditori di presentare (entro venti giorni dalla comunicazione del decreto di apertura) osservazioni in ordine alla proposta del debitore. Nel tempo a loro disposizione, i creditori potranno quindi far presenti i vizi che inficiano la proposta di ristrutturazione, nonché la non convenienza della stessa, attraverso una apposita mail pec da inviarsi all'OCC.

Scaduto il termine indicato, sarà compito dell'OCC – che diviene, in questa circostanza, collettore delle istanze del ceto – riferire al giudice di quanto pervenuto all'organismo, proponendo, se del caso, le modifiche al piano ritenute necessarie.

Non presenta particolari modifiche il sindacato richiesto al giudice per l'omologazione del piano. Anche nel progetto di riforma, il vaglio giudiziale copre l'ammissibilità (in realtà già valutata) e la fattibilità dello stesso. Viene meno il sindacato sull'idoneità ad assicurare il pagamento dei crediti impignorabili e i crediti tributari di cui all'art. 7, comma 1, terzo periodo, come previsto dalla legge vigente.

Passando ora all'analisi del c.d. “ombrello protettivo” contro le iniziative individuali creditorie, come nel vigente art. 12 bis, anche l'articolato (art. 75, comma 3) permette al giudice, in occasione del giudizio sull'emissione del decreto di apertura della procedura, la valutazione caso per caso dei singoli procedimenti di esecuzione forzata e, in special modo, i riflessi degli stessi sulla fattibilità del piano. Ove effettivamente da questa indagine emerga una possibile compromissione degli scopi della procedura di ristrutturazione dei debiti, il giudice dovrà – e l'articolato specifica che tale sindacato prescinde da una specifica istanza del debitore – sospendere i procedimenti.

Pare esserci una discordanza tra la descritta disciplina e quanto previsto dall'art. 69 dell'articolato, il quale (trattando di tutti gli strumenti di cui al Capo III) dispone un procedimento diametralmente diverso, ossia: la proposizione di una domanda di ristrutturazione ha l'effetto di sospendere automaticamente le procedure esecutive in corso, salvo il potere del giudice di evitare tale effetto disponendo espressamente in tal senso. Si potrebbe pensare che, secondo il criterio lex specialis derogat generali, per il caso della ristrutturazione dei debiti del consumatore debba trovare applicazione esclusivamente la disposizione di cui all'art. 75, se non fosse che l'art. 69 fa espresso riferimento alla disciplina relativa al consumatore, indicando quale termine finale della sospensione dell'esecuzione proprio il decreto di omologazione.

Per quanto, invece, concerne la fase esecutiva del piano di ristrutturazione, l'articolato sottolinea il ruolo primario dell'OCC (art. 76). L'organismo non solo risolve le eventuali questioni che dovessero sorgere in relazione all'esecuzione del piano e interpella direttamente il giudice nei casi necessari, ma ha il compito di fornire, con decorrenza semestrale, all'autorità giudiziaria una relazione sullo stato dell'esecuzione. La disciplina viene completata dal progetto di decreto con la previsione di una sanzione per l'organismo che non abbia operato diligentemente, diminuendo il compenso dovuto nel caso di revoca della sentenza di omologazione.

La regolamentazione dell'istituto in discorso termina trattando della revoca dell'omologazione. Il provvedimento interviene allorché, i) su istanza di qualsiasi interessato, il giudice ritenga che il debitore abbia commesso qualche atto in frode ovvero di falsità; ii) inadempimento da parte del debitore degli obblighi previsti dal piano; iii) intervenuta inattuabilità del piano.

Si ritiene che in tali ultimi due casi solo i creditori possano vantare la legittimazione a provocare il sindacato in tal senso del giudice.

Ad ogni buon conto, in quell'ottica di semplificazione generale del procedimento – obbiettivo richiesto anche dalla legge delega – l'articolato prevede un solo termine decadenziale di sei mesi decorrente dall'approvazione del rendiconto.