Il diritto di accesso dell’appaltatore dopo la risoluzione del contratto di appalto

Anton Giulio Pietrosanti
17 Giugno 2018

L'appaltatore nei cui confronti sia stata disposta la risoluzione del contratto ha diritto di accedere ai contratti stipulati con il nuovo operatore economico, anche prima e al di fuori della promozione di un contenzioso.

A seguito della risoluzione di un contratto di appalto di lavori per grave ritardo e negligenza, la stazione appaltante affidava il completamento dei lavori ad un nuovo operatore economico, mentre il precedente appaltatore agiva davanti al giudice civile (per contestare detta risoluzione) nonché davanti al giudice amministrativo (per impugnare la segnalazione all'ANAC dell'avvenuta risoluzione e, con motivi aggiunti, la comunicazione dell'ANAC di avvio del procedimento di annotazione nel relativo casellario informatico).

Al contempo, il medesimo attore/ricorrente presentava alla stazione appaltante istanza di accesso ordinario (ex art. 22 l.n. 241/90) e civico (ex art. 5, co. 1, d.lgs. n. 33/3013), pure generalizzato (ex e art. 5, co. 2, d.lgs. n. 33/2013), per ottenere copia, anche ai fini defensionali, di tutti gli atti e documenti inerenti all'attività di completamento dei lavori, indicando nello specifico gli atti oggetto della sua richiesta.

Non essendo pervenuta opposizione da parte dei controinteressati, la stazione appaltante consentiva l'ostensione, ma l'istanza di accesso veniva in seguito reiterata al fine di ottenere alcuni documenti che non erano stati ostesi. A fronte del silenzio serbato dalla stazione appaltante, l'istante proponeva ricorso al TAR Lazio e, nel relativo giudizio, l'Amministrazione negava i presupposti per l'esercizio del diritto di accesso, tanto civico quanto ordinario, del ricorrente, ritenendo che l'ultima istanza non avesse alcuna connessione funzionale con l'appalto risolto.

La soluzione.Il TAR ha accolto il ricorso rilevando come il ricorrente siatitolare di un interesse qualificato, diretto, attuale e concreto all'accesso ai documenti richiesti, trattandosi, in particolare, di documenti che appaiono utili per garantire una corretta difesa dinanzi al giudice ordinario relativamente al giudizio sulla risoluzione del contratto di appalto.

Deve inoltre ritenersi – ad avviso del TAR – che, a prescindere dalla concreta utilità della documentazione nell'ambito del contenzioso pendente, l'appaltatore nei confronti del quale sia stata disposta la risoluzione – anche prima e al di fuori della promozione di un contenzioso – abbia un interesse qualificato a conoscere le modalità e le condizioni di affidamento ad altra impresa dei lavori oggetto del contratto risolto in suo danno.

Pertanto, il TAR ha riconosciuto il diritto di accesso del ricorrente ai sensi degli articoli 22 e seguenti della legge n. 241 del 1990, ordinando alla stazione appaltante di consentire entro trenta giorni la visione e l'estrazione di copia di tutta la documentazione richiesta con l'ultima istanza.

Gli orientamenti giurisprudenziali. Nel giungere a tale soluzione, il Collegio ha ricordato che il giudice dell'accesso non è tenuto a sindacare funditus – salvi i casi di manifesta abnormità, strumentalità, inconducenza della richiesta di ostensione – la esattezza e conducenza della linea defensionale che postula la necessaria ostensione dell'atto, dovendo unicamente a verificare se, in relazione all'esigenza prospettata, sussista o meno l'interesse ad accedere alla documentazione (TAR Campania, Napoli, Sez. VI, 28 settembre 2017, n. 4545). Del resto, l'accesso non rappresenta una pretesa esclusivamente strumentale alla difesa in giudizio della situazione sottostante, essendo in realtà volto al perseguimento di un autonomo bene della vita, così che la tutela apprestata dall'ordinamento a favore dell'accesso risulta indipendente non solo dalla sorte del processo principale in cui viene fatta valere la suddetta situazione (Cons. St., Sez. VI, 12 aprile 2005, n. 1680), ma anche dall'eventuale infondatezza o inammissibilità della domanda giudiziale che il richiedente, conosciuti gli atti, potrebbe proporre (Cons. St., Sez. VI, 21 settembre 2006, n. 5569).

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.