Anche al padre libero professionista spetta l'indennità di maternità
18 Giugno 2018
Massima
Stante la natura auto-applicativa della pronuncia Corte cost. n. 385/2005, il libero professionista che adotti un bambino (nella specie, nelle forme dell'adozione internazionale) ha diritto all'indennità di maternità ex art. 72 d.lgs. n. 151/2001, in alternativa alla madre. Il caso
Un avvocato, dopo aver adottato insieme con la moglie un bambino, chiede alla Cassa Forense l'indennità di maternità, che, nel conflitto tra le parti, gli viene riconosciuta nei due gradi del giudizio di merito. La Cassa Forense interpone ricorso per cassazione, che la Suprema Corte respinge. La questione
A seguito della sentenza Corte cost. n. 385/2005, il libero professionista che adotta un figlio, ha un diritto attuale ed azionabile all'indennità di maternità, che la moglie non ha chiesto? Le soluzioni giuridiche
L'art. 70 d.lgs. 28 marzo 2001, n. 151 (testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità) disciplina l'attribuzione dell'indennità di maternità per le libere professioniste che abbiano un figlio e siano iscritte ad un ente che gestisce forme obbligatorie di previdenza. Detta indennità compete per i due mesi antecedenti la data del parto e per i tre mesi successivi. A sua volta, il successivo art. 72 d.lgs. n. 151/2001 estende la predetta indennità per il caso di adozione o affidamento di minore. Con sentenza 14 ottobre 2005, n. 385 la Corte costituzionale ha dichiarato illegittime le norme in questione nella parte in cui non prevedono il principio che al padre, libero professionista, affidatario in preadozione di un minore, o genitore adottivo, spetti di percepire, in alternativa alla madre, l'indennità di maternità, attribuita per legge solo a quest'ultima. Con successiva sentenza 28 luglio 2010, n. 285, la medesima Corte ha invece dichiarato inammissibile la questione di legittimità dell'art. 70 cit., per mancata attribuzione al lavoratore libero professionista, che abbia avuto un figlio biologico, di beneficiare, in alternativa alla madre, della suddetta indennità. Ciò a fronte della diversità del presupposto (genitorialità adottiva, piuttosto che naturale). A seguito delle due decisioni ed in coerenza con esse, si è affermato che la posizione del padre biologico non è assimilabile a quella della madre, alla tutela della cui salute psico-fisica (nel periodo antecedente e successivo al parto) sono poste le previsioni normative sull'indennità di maternità. É stata così negata al padre libero professionista la facoltà di beneficiare di essa (Cass. 30 maggio 2016, n. 11129; Cass. 2 maggio 2016, n. 8594). A diverse conclusioni invece si è pervenuti in caso di filiazione adottiva: l'indennità in questo caso deve intendersi finalizzata a consentire il miglior inserimento del minore nella famiglia adottiva, composta da padre e madre (Cass. 15 gennaio 2013, n. 809). Tale orientamento è stato confermato dalla decisione in commento. Può quindi dirsi che il padre libero professionista ed iscritto ad una cassa di previdenza, ha diritto di fruire dell'indennità di maternità, in alternativa con la madre, solo in caso di filiazione adottiva e non biologica.
Osservazioni
La pronuncia in esame muove dalla qualificazione della citata sentenza della Corte costituzionale n. 385/2005, che aveva censurato l'illegittima disparità di trattamento, in caso di affidamento preadottivo di un minore o di adozione tout court, se internazionale, tra padre libero professionista e madre e tra lavoratori dipendenti ed autonomi. Scopo dell'indennità contemplata dall'art. 72 d.lgs. n. 151/2001 è quello di tutelare non già la salute psicofisica di colei che non ha partorito, bensì di favorire il miglior affidamento del minore adottivo nella sua nuova famiglia, valorizzando i compiti di accudimento e cura che competono ad entrambi i genitori; uno di essi può così maggiormente dedicarsi al figlio, attendendo meno al lavoro, ovvero remunerando chi lo possa coadiuvare. Nel contempo, la Consulta aveva a precisare «nel rispetto dei principi sanciti da questa Corte, rimane comunque riservato al legislatore il compito di approntare un meccanismo attuativo che consenta anche al lavoratore padre un'adeguata tutela». La sentenza qui annotata qualifica la decisione della Corte costituzionale come “additiva di principio” e precisa che pur «nel rispetto della competenza legislativa del Parlamento non può essere contestato che l'affermazione del diritto del padre adottivo libero professionista, in alternativa alla madre, a fruire dell'indennità di maternità ha natura imperativa e deve essere applicato con l'efficacia stabilita dall'art. 136 Cost.». Il ragionamento è del tutto condivisibile. La Consulta, tenendo conto del superiore interesse del minore, ha eliminato un'irragionevole disparità di trattamento fra i genitori, a seconda del sesso. L'esercizio di un diritto non può essere subordinato all'emanazione di una disciplina in materia, dovendosi necessariamente fare riferimento a principi generali, proprio quando, come nella specie, non vi è contestazione fra i genitori in ordine al beneficiario della prestazione. Al giudice spetta dunque il compito di individuare la regola per il caso concreto, che possa rendere operativa la norma imperativa. A tale conclusione, con ampiezza di motivazione, è del resto pervenuta di recente anche la Corte di Cassazione a sezioni unite in relazione alla (diversa) delicata questione dell'accesso del figlio ai dati personali della madre, in caso di parto anonimo: nessuna norma infatti è stata ancora emanata all'uopo, pur dopo la declaratoria di illegittimità dell'art. 28 l. n. 184/1983 (v. A. Figone, In caso di parto anonimo la madre può essere interpellata, lo dicono le Sezioni Unite in IlFamiliarista.it). Il giudice quindi è tenuto a colmare le lacune del sistema, con una funzione suppletiva. |