Rito super-speciale: giro di boa verso la Corte Costituzionale per l'onere di impugnazione immediata delle ammissioni

22 Giugno 2018

Il TAR Puglia (sez. di Bari) ha sollevato d'ufficio la questione di legittimità costituzionale dell'art. 120, comma 2-bis c.p.a. limitatamente all'onere di immediata impugnazione, a pena di preclusione, degli atti di “ammissione” alla gara.

Il caso. Tre imprese partecipavano ad una gara bandita il 2 agosto 2017 (n.d.R. dunque disciplinata ratione temporis dalla disciplina codicistica come modificata dal decreto “correttivo”) per l'affidamento di (uno dei quattro lotti) del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti. La stazione appaltante pubblicava il provvedimento recante le ammissioni delle tre concorrenti ai sensi dell'art. 29, comma 1, d.lgs. n. 50/2016. Tale provvedimento veniva impugnato da due delle tre imprese ammesse, sicché si incardinavano dinanzi al TAR Puglia (sez. di Bari) due giudizi paralleli in cui le tre imprese si contestavano reciprocamente (anche tramite ricorso incidentale) le ammissioni.

La q.l.c. Con l'ordinanza in epigrafe il TAR Puglia, richiamando il principio di diritto sancito dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 8 del 1963, solleva d'ufficio la questione di legittimità costituzionale dell'art. 120, comma 2-bis c.p.a. primo e secondo periodo, limitatamente all'onere di immediata impugnazione, a pena di preclusione, degli atti di “ammissione”. Il Collegio invoca come parametri di legittimità gli artt. 3, comma 1, 24, commi 1 e 2, 103, comma 1, 111, commi 1 e 2, 113, commi 1 e 2, 117, comma 1 della Costituzione e gli artt. 6, par. 1 b) e 13 della Cedu.

Sulla “rilevanza”. Il TAR afferma che sussiste, ai sensi dell'art. 23, comma 2 l. n. 87/1953, la rilevanza della q.l.c. in quanto l'eventuale declaratoria di incostituzionalità del comma 2 bis, primo e secondo periodo, (nei limiti indicati) comporterebbe l'adozione, di una sentenza di rito (ex art. 35 c.p.a) dichiarativa dell'inammissibilità del ricorso per essere stato impugnato un atto endoprocedimentale non immediatamente lesivo (quale appunto le ammissioni). All'opposto, dal rigetto della q.l.c. deriverebbe, il Collegio, dovrebbe adottare una pronunzia di merito (ex art. 34 c.p.a..) e quindi valutare la fondatezza del ricorso e accertare se effettivamente vi erano o meno i presupposti per l'ammissione alla procedura di gara delle imprese concorrenti.

Sulla “non manifesta infondatezza”. L'introduzione di un'eccentrica ipotesi di “giurisdizione oggettiva”. In primo luogo il TAR evidenzia che l'art. 120, comma 2-bis c.p.a. attribuisce natura “lesiva” ad un atto tipicamente endoprocedimentale (i.e. specificamente le ammissioni), nonostante la relativa impugnazione sia “priva, per sua natura, di utilità concreta ed attuale per un partecipante” il quale “nel momento in cui è costretto - in forza della contestata disposizione - alla proposizione del ricorso giurisdizionale (…) ignora l'esito finale della procedura selettiva”, evidenziando la “rottura” rispetto al sistema processuale previgente, come interpretato dalla giurisprudenza amministrativa.

Il Collegio evidenzia dubbi di compatibilità costituzionale (rispetto ai parametri sopra menzionati) relativamente sulla circostanza che “il risultato utile che il ricorrente deve dimostrare di poter perseguire non può isterilirsi nella semplice garanzia dell'interesse legittimo e, men che meno, nella rivendicazione popolare della legittimità ex se dell'azione pubblica”. In questa prospettiva l'art. 120, comma 2 bis, introduce infatti un'ipotesi di “giurisdizione amministrativa oggettiva” (e cioè avente funzione di oggettiva verifica, di carattere generale, del rispetto della legalità dell'azione amministrativa) “eccentrica rispetto ad un sistema di giustizia amministrativa tradizionalmente impostato sulla giurisdizione / giustizia di diritto “soggettivo” e sul “potere” ex art. 24, comma 1 Cost. (non già sul “dovere”, inteso nel senso di onere economicamente gravoso, pena altrimenti l'incorrere in una preclusione processuale), in capo all'attore (“Tutti possono …”), di “… agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi”.

L'ordinanza sottolinea che il concetto stesso di “tutela degli interessi legittimi”, richiamato espressamente dagli artt. 24, 103 e 113 Cost., “implica necessariamente i menzionati caratteri della personalità, attualità e concretezza del sostrato processuale della posizione giuridica soggettiva dell'individuo (i.e. interesse legittimo) dinanzi all'esercizio del potere autoritativo, poiché solo lui è l'unico soggetto dell'ordinamento che può valutare autonomamente l'utilità del giudizio (nel caso di specie comunque economicamente costoso, trattandosi della materia degli appalti), e non può essere una legge dello Stato ad imporgli la “doverosità” (sempre nel senso di “onere” per evitare il formarsi di una preclusione processuale) di un'azione giurisdizionale priva di alcun vantaggio sul piano soggettivo, almeno nel momento in cui deve essere esperita secondo il censurato dettato normativo”.

Ne discende che se “i caratteri della personalità, attualità e concretezza dell'interesse ad agire caratterizzano il nostro sistema “soggettivo” di giustizia amministrativa, come delineato in Costituzione, l'art. 120, comma 2 bis, primo e secondo periodo c.p.a.. costituisce “una illegittima deviazione rispetto al quadro costituzionale predetto”.

L'estrema onerosità dei ricorsi. In secondo luogo il TAR sottolinea che il contrasto con i menzionati principi costituzionali è ancora più netto se si considera che l'impugnazione nella materia dei contratti pubblici (e quindi anche del provvedimento di ammissione di cui al comma 2 bis dell'art. 120 c.p.a..) è soggetta ad un contributo unificato con importi (sempre più) elevati.

La complessa “irrazionalità” del sistema. Il Collegio evidenzia, infine, che la contestata disposizione risulta, altresì, “irrazionale” alla stregua dell'art. 3, comma 1 Cost. (oltre che degli artt. 24, commi 1 e 2, 103, comma 1 e 113, commi 1 e 2 Cost.) se comparata al terzo inciso dello stesso comma 2-bis, laddove stabilisce l'inammissibilità dell'impugnazione della proposta di aggiudicazione e degli altri atti endoprocedimentali privi di immediata lesività, così “sostanzialmente riconfermando la regola generale tradizionale (i.e. inammissibilità dell'impugnazione giurisdizionale rivolta avverso atti endoprocedimentali non immediatamente lesivi), “irragionevolmente derogata dai primi due periodi del comma 2 bis con riferimento ad un atto endoprocedimentale quale l'ammissione, pur essendo lo stesso privo di immediata lesività dal punto di vista del concorrente”.

L'ordinanza ribadisce quindi che la disposizione in esame pone in capo al partecipante “un onere inutile, economicamente gravoso, ed irragionevole contrastante con il principio di effettività della tutela giurisdizionale “desumibile dal combinato disposto degli artt. 24, commi 1 e 2, 103, comma 1 e 113, commi 1 e 2 Cost. e del principio di ragionevolezza di cui all'art. 3, comma 1 Cost. - rispetto all'interesse realmente perseguito (i.e. conseguimento dell'aggiudicazione dell'appalto)” richiamando e condividendo i contenuti del rinvio pregiudiziale alla CGUE effettuato lo scorso gennaio dal TAR Piemonte (su cui si v. la News:"Netto il contrasto con il principio di effettività sostanziale della tutela": il rito super-speciale al vaglio della Corte di Giustizia dell'UE!”).

Il TAR sottolinea che il sistema del “mini-rito” “determina inevitabilmente, in violazione dei principi di economia processuale e concentrazione”, il proliferare di azioni giurisdizionali avverso plurime ammissioni relativamente alla stessa procedura di gara “con la conseguenza che il contenzioso in materia di ammissioni alle gare pubbliche corre il serio rischio di trasformarsi in una “guerra” di tutti (gli ammessi) contro tutti”.

In conclusione. Il Collegio, solleva questione di legittimità costituzionale dell'art. 120, comma 2 bis, primo e secondo periodo cod. proc. amm. (comma aggiunto dall'art. 204, comma 1, lettera b) dlgs n. 50/2016), “limitatamente all'onere di immediata impugnazione dei provvedimenti di ammissione, per contrasto con gli artt. 3, comma 1, 24, commi 1 e 2, 103, comma 1, 111, commi 1 e 2, 113, commi 1 e 2 e 117, comma 1 della Costituzione e 6 e 13 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, recepita con legge 4 agosto 1955, n. 848, nella parte in cui onera l'impresa partecipante alla gara ad impugnare immediatamente le ammissioni delle altre imprese partecipanti alla stessa gara, pena altrimenti l'incorrere nella preclusione di cui al secondo periodo della disposizione (“L'omessa impugnazione preclude la facoltà di far valere l'illegittimità derivata dei successivi atti delle procedure di affidamento, anche con ricorso incidentale”)”, sollecitando la Corte a “depurare” la suddetta disposizione “dai periodi indicati (primo e secondo) per quanto concerne l'impugnazione delle ammissioni al fine di consentire l'operatività del tradizionale orientamento in forza del quale un atto amministrativo deve essere immediatamente contestato in sede giurisdizionale solo se immediatamente lesivo (e tale non può essere considerato l'atto di ammissione per quanto in precedenza esposto)”.

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