La causa di estinzione del reato per condotte riparatorie deve ritenersi applicabile anche in sede di legittimità
25 Giugno 2018
La Cassazione torna ad affrontare l'applicabilità della causa di estinzione del reato per condotte riparatorie, di cui all'art. 162-ter c.p., introdotta dalla l. 23 giugno 2017, n. 103 anche ai processi pendenti in sede di legittimità al momento dell' entrata in vigore della disciplina. Già chiamata a pronunciarsi sulla questione, la S.C. aveva, invero, “perso l'occasione” di esprimersi in merito dichiarando semplicemente «l'inapplicabilità del beneficio in quanto nel caso di specie si procedeva per un reato non rientrante tra quelli indicati dall'art. 162-ter c.p., evitando, tuttavia, di pronunciarsi sulla questione più ampia della possibilità, per il giudice di legittimità, di dichiarare estinto il reato qualora sopraggiunga l'adempimento di una condotta riparatoria» (O. MURRO, Condotte riparatorie. La Cassazione perde un'occasione per chiarire l'applicabilità dell'istituto in sede di legittimità, nota a Cass. pen., 1580/2018). Con la sentenza n. 26285, depositata l'8 giugno 2018 la VI Sezione penale della Cassazione ha, invece, affermato il principio di diritto secondo cui: «la causa di estinzione del reato di cui all'art. 162-ter c.p. deve ritenersi applicabile anche ai processi pendenti in sede di legittimità al momento di entrata in vigore della relativa disciplina, quando le condotte riparatorie siano già state eseguite nel corso del giudizio di merito». A fondamento della decisione la Cassazione pone una serie di rilievi: in primis, il dato normativo, prevedendo la norma in questione che l'applicabilità della causa di estinzione del reato per condotte riparatorie anche ai processi in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, non può non riferirsi anche ai giudizi pendenti davanti alla Corte di cassazione. In secondo luogo, a confermare l'assunto soccorre , il comma 3, primo periodo, della norma che, in relazione al giudizio di legittimità esclude, espressamente, la sola possibilità di fissare un termine per provvedere alle restituzioni, ai risarcimenti e alle riparazioni e quindi, a contrario, ammette l'applicabilità della causa di estinzione del reato di cui all'art. 162-ter c.p. qualora la condotta riparatoria sia stata già effettuata. Sul punto, osserva altresì la Cassazione, che «il termine indicato dall'art. 162-ter c.p. coincide con il limite procedimentale fissato dall'art. 469 comma 1-bis c.p.p. per l'audizione delle parti e della persona offesa, se comparsa, ai fini dell'applicazione dell'istituto della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, e che, però, la mancata audizione non è stata ritenuta causa ostativa all'applicabilità della causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis c.p. nei giudizi di legittimità pendenti alla data di entrata in vigore della disciplina che ha previsto tale istituto». Infine, dal punto di vista sistematico, il Collegio rileva, invece, la dimensione esclusivamente sostanziale dell'istituto in questione e, di conseguenza, l'applicabilità ai sensi dell'art. 2, comma 4, c.p. della disposizione più favorevole. Riguardo alle modalità di applicazione della causa di estinzione del reato per condotte riparatorie e, più specificamente, quale sia il significato da attribuire all'inciso normativo sentite le parti e la persona offesa la S.C. ha affermato che «nei processi pendenti in una fase successiva alla dichiarazione di apertura del dibattimento alla data di entrata in vigore della l. 103 del 2017, le esigenze sottese alla previsione dell'audizione delle parti e della persona offesa, che attengono alla valutazione della congruità dei risarcimenti e dell'eliminazione, "ove possibile", delle conseguenze dannose o pericolose del reato, possono ritenersi soddisfatte in considerazione delle attività istruttorie compiute nel corso del giudizio di merito». |